Lavoravamo con la ditta Farabollini, facevo il palombaro ed avevo tre aiutanti. C. di Nettuno ed altri due di porto d'Anzio. Il lotto appaltato partiva dal Cantiere Lazzaroni fino all'altezza della Capitaneria di porto.
Il nostro compito era di liberare le acque del porto da tutti i relitti affondati, per dare il via alla ricostruzione delle banchine. Sul fondo v'era di tutto: dal fasciame di una quantità di pescherecci, ai relitti vari, ai fusti d'olio e di benzina. Nel lavoro era compreso anche la rimo/ione della mota, onde consentire la gettata della massicciata di fondazione dei nuovi moli. Ricordo d'aver raccolto in mezzo a tale melma più di ottanta teschi di soldati alleati che, per l'opera selettiva da me operata sott'acqua, il comando mi pagò per compenso un dollaro l'uno. |