Stavamo sistemate durante lo sfollamento in una baracca in mezzo alla pineta della Campana, c'erano Chiara, Mimma, Rosetta, Pina e Adelaide e facemmo presto amicizia. Non ricordo però i loro cognomi.
Eravamo una trentina di persone suddivise in più famiglie. I viveri erano scarsissimi. Cercavamo di comprare il pane a " borsa nera " da un camioncino che veniva di tanto in tanto frettolosamente, quando non aveva i tedeschi alle calcagna, perché c'era un individuo che faceva spesso la spia. Già da qualche giorno eravamo senza viveri quando decidemmo di prendere il treno per Roma e fare la spesa a Piazza Vittorio. La Befana era ormai vicino e volevamo rifornirci un poco. Partimmo alle otto della mattina, e ritornammo verso le cinque. Ci andò bene, anche se impiegammo più della metà del tempo nel viaggio di andata e ritorno. Era un'avventura: ogni tanto il treno si fermava, ora per una coincidenza, ora invece per una perquisizione che operavano i tedeschi con controllo di documenti. Visto che nonostante tutto ci andò bene, ripetemmo il viaggio il 16 0 17 gennaio. Partimmo alla stessa ora, saremmo state una quarantina di persone, tra cui alcuni uomini e dei ragazzi. Il viaggio d'andata, tra un'interruzione, un trasbordo ed un tratto percorso a piedi andò bene, ma al ritorno, dopo la spesa, quando ci accingemmo a prendere il treno alla stazione, ci fu detto: " Potete salire, ma non sappiamo quando arriverete. La linea è interrotta in più punti. Partimmo e arrivammo fino a Campoleone solo con un pò di ritardo. Lì, trovammo le S.S. che, con mitraglie, fermarono il treno. Ci fecero scendere tutti: c'era una incursione. Le bombe caddero molto vicino al convoglio e i tedeschi cominciarono a sparare contro alcuni viaggiatori, altri li arrestarono. Noi, una ventina di persone, in maggior parte donne, scappammo per la campagna. Pioveva a dirotto e, nella fuga, ricordo, di aver perso anche una scarpa oltre alla spesa. Ci allontanammo più che potemmo e, verso Campo di Carne, al limitare della macchia, ci rifugiammo in una capanna dietro dei covoni di paglia. Credevamo d'averla fatta franca, quando sopraggiunsero i tedeschi con alcune camionette, con sopra quella spia che aveva viaggiato insieme con noi e ci caricarono tutti. Ci condussero nei pressi della Campana e ci consegnarono ad altri della S.S. Durante il viaggio, quella spia ci spaventava ripetendoci continuamente " Kaputt ".
A piedi, ci portarono a Nettuno presso il comando, nelle stalle sottostanti. Ci legarono tutti con corde agli anelli infissi nel muro.
, In serata vennero le S.S: e scelsero tre-donne che furono portate via. II secondo giorno prelevarono due ragazzi ed una donna; il terzo, due donne ed un ragazzo. Ci trattavano come bestie: ci davano un tozzo di pane con un pezzetto di formaggio ed un bicchiere d'acqua. Tutto lì. Ci portavano alle latrine tutti insieme e promiscuamente, sotto il loro sguardo. La quarta sera eravamo rimasti in dieci-undici persone e stavamo in trepidazione per la scelta' che avrebbero operato, ma non vennero. Dopo un po' ci assopimmo, per essere poi svegliati dal rumore incessante di un pesante bombardamento, che durò fino alla mattina. Erano già quattro giorni che io non andavo al gabinetto per la vergogna. Quando vennero giù all'alba, ci prelevarono tutti; ci slegarono e ci condussero* fuori. Tra noi dicevamo: " E' la fine ".
Io dissi a me stessa che era meglio così, però ci accorgemmo subito che i modi di quei soldati erano più " morbidi ": ci fecero salire al piano superiore per la salita di Via Duca degli Abruzzi e, nel chiarore dell'alba, ravvisammo che non erano tedeschi. Erano i primi fanti Americani che, sbarcati a Nettuno, ci avevano liberato. Dapprima ci fecero fare una doccia all'ultimo piano, poi ci diedero degli indumenti usati, ma puliti, da indossare. Ricordo che a qualcuna di noi: capitarono mutande maschili. Anche gli zoccoli ci diedero. Rivestiti che fummo, ci somministrarono una minestra calda, carne in scatola, formaggio, cioccolata ed il caffè. Solo allora ci rendemmo conto di averla scampata bella. Dalle finestre vedemmo un nugolo di palloni e il mare nero di navi. Era il 22 gennaio 1944: lo sbarco degli Americani. Poi, più tardi, ci caricarono su camionette " jeep " e ci riportarono presso le nostre baracche. Passando lungo il cimitero, davanti al cancello vedemmo deposto, tra altri morti, anche colui che ci aveva perseguitato facendo sempre la spia. |