Eravamo sfollati da Cadolino a Melito Portosalvo, a 30 Km. da Reggio Calabria, sullo Jonio, quando gli Americani liberarono Roma.
La smania di rientrare a Nettuno, per cercare di ritrovare le cose abbandonate, fu grande, per cui, senza indugi e solo, mi accinsi alla partenza. Partii alla spicciolata, con un fagottello, su di un pianale di treno-merci diretto al Nord. Addossato ad una cassa di materiale viaggiai due giorni, a tappe, per arrivare solamente a Salerno. Di lì proseguii in autostop su autocarri americani fino a Napoli Poi presi il trenino per Aversa, dove, non volendo, assistetti alla fucilazione di un soldato alleato sulla grande piazza del campo di concentramento americano. Fu una vera e propria esecuzione giudiziaria: dove più reparti di tutte le armi e colore vi presero parte; poi, nella loro lingua furono letti i capi d'accusa, indi un picchetto armato, all'ordine di un ufficiale, fece fuoco. Il soldato, con un cappuccio nero in testa, crollò lungo un palo. Una scena che non cancellerò mai più dalla mia memoria.
In quel frangente, mi ritrovai con due bersaglieri nettunesi, reduci dalla campagna di Russia, che come me, intendevano raggiungere Nettuno. Mi unii a loro ed a marce forzate raggiungemmo Capua-Latina-Nettuno percorrendo la fettuccia di Terracina. Mi sembra ancora di sentire quella asfissiante puzza di cadaveri tedeschi carogne d'animali abbandonati e relitti d'ogni genere ammonticchiati nel letto del fiume, semiaffogati nell'acqua. |