Mio padre ci condusse sfollati a Piscina Cardillo e siccome eravamo una famiglia numerosa, metà li sistemò presso una baracca ed il rimanente presso un capannone che dividevamo con la famiglia Nocca.
Però di giorno la famiglia era sempre riunita. Una sera, quando ci riaccompagnò alla capanna dove vivevamo con lui e mio fratello, fu prelevato con armi spianate da 3 tedeschi. Noi entrammo e lui fu portato via di forza. Il giorno dopo ci raccontò d'averla scampata bella. Che per fortuna era tempo cattivo e piovoso e le fu più facile squagliarsi.
Il tedesco l'obbligò a rubare le galline presso i pollai degli sfollati, facendogliele infilare dentro un sacco. Ad operazione finita gli preannunciò che gli avrebbe sparato. Mio padre
cercò di fargli capire che aveva famiglia, gli offrì pure una sigaretta che accese con mani tremanti dalla paura ed il tedesco con fare deciso gli concesse di correre verso la marana dove gli avrebbe sparato. Conosciuta l'intenzione, mio padre prese a correre a serpentina, attraversando l'acqua come una biscia e proseguendo a risalire l'argine per non essere colpito.
Trovò finalmente un anfratto dove si nascose ritrovandosi gomito a gomito con un suo conoscente, E.M., che accovacciato stava facendo un bisogno. Tornò da noi solo la mattina successiva. |