Sfollati presso il Santuario di San Rocco
in attesa dell'imbarco |
La mia famiglia ed io pernottammo a Santa Teresa il 9 aprile, per imbarcarci in mattinata per Napoli. Ricordo benissimo; era il giorno di Pasquetta. Al Cottolengo subimmo un bombardamento, poi fummo reimbarcati per la Sicilia, dove, davanti alla costa di Siracusa, un sommergibile tedesco silurò una nave affiancata alla nostra. Il mare era grosso, spaventosamente grosso, quando il sommergibile riaffiorò issando bandiera bianca ed arrendendosi. Un caccia torpediniere lo agganciò rimorchiandolo fin dentro il porto di Siracusa.
Entrando in porto, ci fu detto dagli altoparlanti del ponte d iella nostra nave di prepararci con le nostre povere cose allo sbarco e che, una volta scesi, saremmo stati sottoposti ad un bagno caldo di pulizia e, di lì, condotti alla mensa per una minestra calda. La prima grande sorpresa l'avemmo quando ci dissero di spogliarci interamente, maschi, femmine, vecchi e bambini per avvicendarsi alle docce tutti promiscuamente. Fu una reazione simultanea. Ci opponemmo a tale ordine, che determinò solo una lievissima modifica: quella di fare la doccia contemporaneamente vecchi e giovani da una parte i maschi e dall'altra le femmine. Dopo esserci asciugati, ci furono restituite le sacchette della nostra biancheria debitamente disinfettata e sterilizzata. Ma lo spettacolo, nonostante la divisione dei sessi, fu ugualmente deprimente. Rivestiti che fummo, ci apprestammo alla mensa, dove provammo altrettanta delusione.
Noi sfollati di Nettuno, fin dall'arrivo degli Americani, avevamo presto dimenticato la fame sofferta sotto i Tedeschi. Ogni ben di Dio ci venne profusamente somministrato o lasciato dalle truppe statunitensi. Ma al Sud non eravamo più in zona di operazioni ed il cibo, per la gran popolazione sfollata da sfamare, era razionato. Infatti ci vedemmo somministrare una gamella di polentina coi fagioli. Dopo ci smistarono: chi andò a Canicattì, chi a Regalbuto noi a Favara. Fummo veramente fortunati a capitare in quel pese pieno di gente onesta.
Ricordo ancora una vecchietta come ci accolse: si presentò con poco meno di mezza pagnotta di pane dicendoci: " E' tutto, quello che ho, prendete! ".
Nell'amarezza, lontani da casa e dalle nostre cose, che avevamo lasciato alla mercè della guerra, conservo ancora intatto l'affetto per quelle persone che tanto premurosamente ci accolsero e ci sopportarono per cinque lunghi mesi. |