Qui giunti fummo ricoverati al Carminiello, uno dei pochissimi edifici rimasti in piedi. Più tardi qualche ragazzo prese la scabbia, per cui ci fu un sollecito intervento delle crocerossine americane che, con i loro mezzi, ci trasportarono altrove e ci disinfestarono prontamente, rivestendoci da capo a piedi e riportandoci alle nostre famiglie dopo alcuni giorni. Poi, per via ferroviaria, raggiungemmo Catanzaro soffrendo maledettamente la sete lungo il viaggio, tanto che, durante una fermata intermedia vicino ad una fontana, più di qualcuno rimase a terra mentre si riforniva d'acqua. Arrivati a Catanzaro, fummo ospitati dapprima in un cinema, dal quale avevano tolto le sedie, poi, a causa dello stato avanzato di gravidanza di mia madre, il sindaco ci ospitò al manicomio dove ci fu riservato un trattamento che non avremmo mai sognato. Letti con materassi di lana, cucina propria e servizi igienici in quantità. Dopo, ci trasferirono a Petiglia Policastro, in Sila, dalla parte di Crotone, dove, in piena estate, potevamo addirittura prendere i bagni di mare. Nonostante la lontananza, ce la passammo discretamente, quando venne il tanto sospirato rimpatrio. Transitammo di nuovo per Napoli, sempre sostando al Carminiello. Quindi, venne il nostro turno per ripartire per Nettuno. Alcuni arrivarono prima di noi, perché partirono a piedi o con mezzi di fortuna. |