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ANTOLOGIA DI RICORDI

di Augusto Rondoni

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INDICE - Prefazione - Ringraziamenti - 1) antefatto - 2) la "Piave" - 3) l'allarme - 4) "cedete le armi" - 5) la trappola - 6) la "Donati" - 7) al Poligono - 8) alla "Tofano"- 9) in Piazza - 10) i rivoltosi - 11) nel Borgo - 12) la finta partenza - 13) il Dictat - 14) tutti al forte - 15) tra le campane - 16) l'ultimatum - 17) senza complimenti - 18) le razzie - 19) dalla terrazza - 20) gli antifascisti - 21) i ferri del mestiere - 22) la decisione - 23) dalla "Carraia" - 24) il campanile - 25) tra le persiane - 26) al Sanatorio - 27) la minaccia - 28) i quadrimotori - 29) lo schiaffone - 30) l'avvertimento - 31) il plotone d'esecuzione - 32) il recupero - 33) l'arraffamento - 34) i pifferi - 35) Cincinnato - 36) via dei Latini 25 - 37) "papiren" - 38) i martiri
39) il padre del palletta- 40) i bombardieri - 41) i fornari - 42) le galline - 43) la fortezza volante - 44) suor Eletta - 45) Radio Londra - 46) la fame - 47) il monumento - 48) Coriolano - 49) la "grazzia" - 50) prologo - 51) patema - 52) "altro che buon riposo?" - 53) don Pietro - 54) all'alba - 55) le jeeps - 56) Cirillo è arrivato - 57) il binocolo - 58) la vacca grassa - 59) i palloni - 60) "so Salvatore!" - 61) i morti in fila - 62) la bara - 63) la lezione - 64) le cavallette - 65) i canadesi - 66) le capocce di villa Donati - 67) i bonaccioni - 68) i sorci de Totozzo - 69) lo stuka - 70) ponte smerdino - 71) la gallinella - 72) pallino - 73) l'F.B.I. - 74) per una foto - 75) la stretta - 76) tra i tumuleti - 77) le rancitelle - 78) a Tre Cancelli - 79) i gentlemen - 80) mio padre - 81) a sangue freddo - 82) "che botta" - 83) la mamie - 84) Ernesto - 85) sfollati e spidocchiati - 86) l'arma segreta - 87) cacarella a vento - 88) "you no strng" - 89) Incoscienza - 90) P.G.R. - 91) l'alza bandiera - 92) pasquetta '44 - 93) la fucilazione - 94) "mi nonna" - 95) la capanna bruciata - 96) allegro ritorno - 100) la coltellata - 101) campo minato - 102 Armandino - 103) i teschi - 104) il cap. Taylor - 105) come andarono le cose - 106) la verità - 107) la conferma della verità - 108) Fido - 109) La rabbia del '44 - 110) uno strano americano


75) la stretta


Quando i Tedeschi, quella sera dell'8 settembre, udirono il proclama dell'armistizio inscenarono una finta manovra, per andarsene; ma rimasero.
A seguito di ciò avvennero i fatti della resistenza nettunese, la capitolazione ed infine, dopo pochi giorni, l'apparizione di quei quattro manifesti che ordinarono alla popolazione di sfollare in zone limitrofe. La mia famiglia ed altre tre, preferì allontanarsi ancora di più, presso le Ferriere, a 100 metri dalla casa di Maria Goretti, nel podere di un nostro conoscente. Era una zona piena di verde e di bestiame. I1 proprietario, un certo Morelli, ci disse che saremmo stati bene, ch'era una zona tranquilla, che si correva solo il rischio che i Tedeschi si presentassero per razziare un pò di galline, com'era già successo ai suoi vicini. Alcuni giorni il nostro arrivo, notammo sorvolare la zona da alcuni aeroplani, con la calotta rossa, che volavano molto bassi. Più tardi sapemmo essere ricognitori americani in perlustrazione. Una sera il silenzio fu rotto da un rumore lontano ma sempre più crescente: erano i mezzi cingolati. La mattina seguente scorgemmo tra gli alberi della macchia
. -vicina una gran quantità di carri armati in sosta, ancora lordi di sangue. Provenivano dalla battaglia di Cassino e si riposavano nascosti fra gli alberi, coperti da teli e da tende mimetiche. Ripresero la strada per il Nord due giorni dopo, ma durante la loro permanenza si scatenarono. Il secondo giorno, 4 0 5 Tedeschi ubriachi si presentarono nel nostro casale bussando alle porte, armati, noi cercammo di arroccarci alla meglio. Volevano le donne! Mio padre pensò subito di calarmi dalla finestra del retro perché andassi ad avvisare il loro comando, insediato presso due poderi più oltre; quindi si armò d'un bastone e si unì agli altri: Angelo R., detto Ciocco, s'era armato di un coltellone da macellaio ed era appostato dietro la porta, altri due, presso l'altro ingresso, armati di attrezzi da stalla, erano pronti a parare l'irruzione.
Stavano facendo un gran schiamazzo lì fuori battendo contro le porte coi fucili ed altro quando, per fortuna, arrivarono alcuni loro superiori che, per farli desistere, dovettero ingaggiare un vero e proprio conflitto a fuoco, a seguito del quale gli ubriachi ebbero la peggio. Furono disarmati e riportati nelle loro tende, mentre noi finalmente potemmo riacquistare la calma. All'alba, la colonna corazzata ripartì verso Roma imboccando la Via Appia dove gli alleati, che notarono il loro movimento, li bombardarono facendone una gran strage.
Nei giorni successivi i bombardamenti massicci continuavano a rimbombare nelle nostre orecchie, mentre le notti erano piene di cupi boati e lampi improvvisi fin quando avvenne lo sbarco.
Di buon'ora ci trovammo circondati dalle prime avanguardie di Rangers che penetravano sulla terra ferma per dirigersi verso il canale Mussolini. In men che non si dica, il nostro podere venne a trovarsi in mezzo alla linea di fuoco tra cannonate, bombe, mine e scoppi. Un inferno difficile a descrivere. Di sera e durante la notte eravamo in mani tedesche; andavamo a dormire per quanto fosse possibile, circondati dai Tedeschi e ci risvegliavamo in mani americane. Ormai dovevamo deciderci: o andare via, o morire ammazzati. Prendemmo le poche cose rimasteci e ci dirigemmo verso l'interno, non c'era altra possibilità. I1 primo ostacolo lo trovammo presso 1'Astura, dove avevano fatto saltare il ponte. Per passare sull'altra sponda fummo aiutati dai fanti americani, che ci tiravano con corde legate alla cintola, per assicurarci l'attraversamento. Proseguimmo sempre per tratturi di campagna alla volta di Tre Cancelli, dove facemmo sosta da Loreto. Ci rifocillammo un po', ma dovemmo andarcene a causa delle cannonate tedesche sparate dai Colli Albani. Ci facemmo forza e ci spingemmo fino alla Seccia: lì trovammo la nostra vigna tutta occupata dagli sfollati, che vedendoci ci guardarono anche male. Unica soluzione rimasta, era quella di spingerci fino a Nettuno. Sempre attraversando le campagne giungemmo presso le Monache del Sole dove pernottammo per una sola notte, nelle grotte. Lì trovammo radunati molti compaesani, collaboratori dei Tedeschi, sotto vigilanza dei Carabinieri; ci salutammo e ci rallegrammo a vicenda di essere ancora vivi. Il giorno dopo proseguimmo per arrivare in Via Romana, dove avevamo una grotte che per fortuna non era stata occupata. Ci installammo al sicuro e ricominciammo a dormire finalmente.
Eravamo tutti laceri e poiché nel nostro gruppo c'erano due sott'ufficiali, si pensò di andare a vedere se nella sartoria militare c'era qualcosa da indossare: io rimediai una giacca tedesca che indossai subito. Mio padre, insieme con Sigismondo M. trovò un lavoro per gli inglesi: dovevano trasbordare medicinali dalle navi; noi intanto rimanevamo sempre al riparo nella grotte a causa dei bombardamenti. Un giorno più calmo degli altri, mi azzardai a mettere fuori la testa dalla grotte, quando un americano mi puntò il mitra minacciosamente. Lì per lì non capii. L'americano, vedendomi con quella giacca, smagrito e allampanato, credeva di avere a che fare con un autentico tedesco. Per fortuna le donne fecero blocco, consentendo a mia nonna di correre a scapicollo da mio padre per avvisarlo: si precipitò e riuscì a dimostrare che io ero suo figlio. Non fu facile però. Dopo questo fatto mi rintanai per lungo tempo, senza indossare mai più quella giacca. Passato lo schoc, cominciai a rimettere fuori il naso, quando fummo costretti a traslocarci in un'altra grotta, dall'altra parte della strada, a causa di alcune bombe cadute nell'immediate vicinanze della nostra entrata. Anche questa nuova dimora non si rivelò tanto sicura e dovemmo trasferirci nella grotta di Andrea M. in Via 25 Luglio angolo via Romana. La grotta era veramente capace e comoda, ospitava anche altre famiglie Un giorno si affacciò un sergente americano che cercava giovani che collaborassero: insieme con M. A. decisi di prendere servizio il giorno successivo.
Ci vestirono come gli americani, ma sulla manica destra avevamo il distintivo tricolore. I1 lavoro era lo stesso che faceva mio padre, ma noi lavoravamo per gli americani Ci venivano a prendere verso le sette in jeep e ci riportavano a casa la sera, a lavoro finito. Una pacchia, alla quale si aggiungeva la grascia del mangiare; stavamo insieme con loro a mensa. Un giorno, recandoci in jeep sul lavoro, vedemmo delle mastodontiche macchine gialle mai viste. Erano i Bulldozer che con le loro enormi lame taglienti radevano al suolo tutte le case e casette, male in arnese, di Piazza Regina Margherita; ne chiesi il perché all'americano e mi rispose: " Strade! ".
Avevano necessità di creare massicciate lungo le strade di rifornimento al fronte e, tutte fangose, acquitrinose, e, quando andava bene, piene di renaccione. Le macerie delle case venivano portate presso queste arterie, per 'costituire il cassonetto sul quale sovrapponevano delle enormi lamiere forate per renderle percorribili.
Non passò molto tempo, però, che mio padre ci fece un discorso pressappoco di questo tenore; " Le cose vanno proprio male al Fosso della Moletta. C'è il pericolo che i Tedeschi ricaccino in mare gli Alleati, perciò, anziché ricadere nelle loro mani, è meglio che ce ne andiamo via prima. Sfolliamo finché siamo in tempo. Non vorrei trovarmi un'altra volta come alle Ferriere. Si era, forse, il 18 febbraio.
` C'imbarcarono sopra una corvetta americana e ci sbarcarono a Pozzuoli, da lì andammo al Cottolengo e poi a Cava dei Tirreni, dove ci disinfettarono tutti. Alcuni furono avviati a Sala Consilina, altri a Padulla - Teggiano. Durante la navigazione, davanti Gaeta, fummo cannoneggiati dai Tedeschi, da una batteria a lunga gittata, posta sulla montagna.
A Padulla avemmo la sorpresa di incontrare di nuovo tutti quei collaborazionisti che erano stati concentrati nelle grotte delle Monache della Casa del Sole.

 


Volantino sul "dio Nettuno"

Volantino tedesco
Testa di sbarco testa di morto

 

 

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