Ero un ragazzino, e mi trovavo in piazza insieme con un dipendente della stazione ferroviaria dove lavorava mio padre, quando quella mattina i Tedeschi, in compagnia di alcune ragazze, svaligiarono il negozio di Porfiri. C., che ne era commesso stava dentro e si oppose, ma con uno spintone fu messo presto alle strette e se ne dovette andare. Uscito dal negozio andò a fermarsi davanti il bar Mennella, dove eravamo anche noi, per continuare a sorvegliare da lontano. Dopo un pò, una signorina uscì dal negozio portando via molta biancheria e C., vedendola, l'apostrofò ferocemente dicendole a voce alta che poi avrebbe fatto i conti a cosa finita. La ragazza riferì immediatamente ad un Tedesco la minaccia e l'ingiuria, originando la reazione fulminea di questo, che tuttavia non fece in tempo a raggiungerlo.
Compresa la mala parata, C. se l'era data a gambe levate come un levriero: girò per Via Santa Maria, infilò Via dei Latini e si rifugiò in una grotta vicino alla vecchia forma. A nulla valse la caccia del Tedesco, in camicia nera, per acciuffarlo: tutti l'avevano visto fuggire ma, girato l'angolo, non l'aveva visto più nessuno. Solo di notte uscì dalla grotta ed andò a nascondersi nella propria vigna alla Seccia. Lasciò detto che si " squagliava " perché lo ricercavano i Tedeschi.
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