Eravamo sfollati nel Casale dei Due Pini, la terra dei napoletani, alla salita di Poca Ciccia, quando mio padre, seduto nell'aia, vide che le cannonate, sparate dai Colli Albani dai tedeschi, avvicinavano sempre più i loro tiri. Diede subito l'allarme a no i ed alle altre quattro famiglie per mandarci tutti al ricovero: il tiro era sempre più aggiustato per far saltare il casale. Tutti si precipitarono al riparo. Mio padre, con mio fratello Ugo ed altri 6 0 7 Americani rimasero lì, presso una trincea, quando una granata cadde e fece un disastro.
Solo mio fratello, gravemente ferito, si salvò e più tardi fu ricoverato presso l'ospedale americano di Foglino. Mio fratello riuscì ad avvisarmi solo il giorno seguente perché mi trovavo altrove, ed io feci molti giri prima di riuscire a rintracciare la salma di mio padre.
Ricordo,. chiesi anche al custode del cimitero che mi rispose di non averlo visto arrivare tra i morti. Mi disse però che avrei trovato gli effetti personali, di tutti i civili che aveva seppellito il giorno prima nella cappelletta, entrando a sinistra del cancellone. In mezzo ad una quantità di cose varie, riconobbi le scarpe, il cappello ed una scatoletta che mio padre aveva con sè, contenente un pronto intervento per la medicazione. Mi disse poi il custode che non lo aveva riconosciuto in quanto la scheggia l'aveva colpito in pieno viso sfigurandolo. Era 1'8 di marzo 1944. |