100libripernettuno.it




QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

HOME - OPERE

INDICE -
01 - 02 - 03 - 04 - 05- 06 - 07 - 08 - 09 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29 - 30 - 31 - 33 - 34 - 35 - 36 - 37 - 38 - 39 - 40 - 41 - 42 - 43 - 44 - 45 - 46 - 47 - 48 - 49 - 50 - 51 - 52 - 53 - 54 - 55 - 56


46 - I CANNONI NELLA GALLERIA



Il maggiore Tompkins

Nel frattempo la propaganda tedesca trasmetteva da Radio Roma uno slogan martellante: "Testa di sbarco, testa di morto". Ma tutto era martellante a Nettuno-Anzio, a cominciare dai due grandi cannoni che, montati su carrelli ferroviari, sbucavano dalla galleria della linea Roma-Frascati, sparavano e rientravano nel loro antro, beffandosi dei cacciabombardieri, inutilmente volteggianti, nell'attesa di piombargli addosso. Battezzati "Leopold" dai tedeschi e soprannominati "Annie di Anzio" ed "Espresso di Anzio" dagli alleati, anche quando si pensava che si trattasse d'un unico pezzo, erano dei bestioni che richiedevano l'assistenza di dieci serventi e che, a ogni botta - la botta necessaria, nel nostro caso, per scaraventare a 46 chilometri una granata di 255 chili - facevano registrare una scossa di terremoto in tutto il comprensorio castellano.
Per il loro effetto psicologico, possono essere paragonati alle bombe volanti e ai primi missili, i V2, che negli ultimi mesi di Hitler terrorizzarono Londra con il sibilo e gli schianti a qualsiasi ora del giorno e della notte. Chi è stato sotto "Annie" ed "Express", ne ha riportato lo stesso shock: "Dapprima si udiva come un colpo di tosse lontano, quasi discreto, oltre le linee nemiche; quindi c'era una breve pausa, durante la quale si sapeva che la granata era in viaggio. La paura ti afferrava le viscere... Poi sopravveniva l'esplosione e infine il suono svaniva come quello d'un treno della sotterranea che esce dalla stazione... Non sempre la granata arrecò notevoli danni materiali, ma non c'era dubbio che lasciasse il segno sui nervi e sul morale delle truppe".14 Al maggiore Tompkins, l'attivissimo agente al servizio della quinta armata, sicuramente quello meglio introdotto nelle faccende e negli ambienti italiani (una menzione, gliel'ha accordata anche Benedetto Croce, descrivendo nel diario di "Quando l'Italia era tagliata in due" la visita che lui gli fece a Capri il 22 settembre del '43, insieme col generale Donovan e il giornalista Whitaker, allo scopo di organizzare l'insurrezione dei napoletani contro i tedeschi), sia Clark che Truscott chiesero di scoprire il nascondiglio dei due cannoni ferroviari, dopo aver provato con il radar, allora insufficiente a ricostruire la traiettoria delle granate fino al punto d'origine. Tompkins li localizzò: ma gli aerei alleati non ebbero mai il tempo di pizzicarli in picchiata e nemmeno tentarono
- forse perché non si prestò fede abbastanza alla spia a Roma
- di metterli a tacere con un bombardamento a tappeto che ostruisse l'ingresso e l'uscita della loro galleria.
Il sospetto è alimentato anche dalla discordanza dei corrispondenti di guerra che, nella convinzione di premere il dito - qui e qui - sui punti in cui i cannoni tiravano fuori le loro bocche, hanno tutti dato delle indicazioni - Marino, Castelgandolfo, Albano, Lanuvio, Cecchina, Campoleone - che facevano a pugni con quelle degli altri. Vaughan-Thomas, nel suo libro pubblicato diciotto anni dopo lo sbarco, ha continuato a permanere nel mistero: "Chissà dov'erano nascosti". Erano nascosti, uno dietro l'altro, sullo stesso binario e nella stessa galleria: quella antica di villa Senni che fu l'orgoglio di Pio IX all'inaugurazione - il 7 luglio del 1865 - della Roma-Frascati, la prima ferrovia dello Stato Pontificio.
Da questa galleria, la cui imboccatura è situata dopo tre chilometri da Ciampino, i due "cannonissimi" uscivano abitualmente di sera oppure al mattino, nelle giornate piovose, per andare a sparare dalla medesima stazione di Ciampino, dove - disponendo di più binari - potevano essere manovrati. Un anziano ferroviere, Remo Tempesta, ancora residente a Ciampino, li vide in azione dalla sua finestra: "Ce li avevo sotto gli occhi, perché abitavo sopra la ferrovia, alla torre dell'Acqua Sotterra, a metà strada tra la stazione e la galleria. Uno alla volta, tiravano sei colpi per ciascuno, con pochi minuti d'intervallo. Spesso scapparono in fretta e furia, dopo uno o due colpi, dato che c'erano degli aerei alleati in vista. Facevano impressione soprattutto di notte, quando la loro granata volava via come una palla rossa".
La testimonianza è suffragata dalla ricerca fatta dal prof. Raimondo Del Nero, insegnante d'italiano e storia all'istituto E. Fermi di Frascati. L'imbeccata, gliela diede un suo bidello, Giuseppe Martinelli, anch'egli spettatore nel 1944 del gran movimento nella galleria di villa Senni. Pubblicista e redattore della rivista "Castelli Romani" - diretta da un giornalista, Nello Nobiloni, che compie tuttora scavi da archeologo tra le pietre e le tradizioni di Frascati e dintorni - il prof. Del Nero pubblicò nel luglio-agosto 1985 un articolo che era un invito all'ascensione del Maschio di Lariano (m. 891), nella catena dell'Artemisio, alle spalle di Velletri.
Scrisse, tra l'altro: "Fu nel '44, in seguito allo sbarco alleato ad Anzio, che il Maschio di Lariano fu riscoperto per la sua importanza strategica. I tedeschi vi installarono un osservatorio, i cui muretti sono ancora decifrabili, che dirigeva il tiro della loro artiglieria sulla testa di sbarco. In particolare, offriva i dati di tiro e le correzioni ai due cannoni ferroviari nascosti nella galleria presso Frascati".
Un'altra conferma, seppure indiretta, è venuta dalle testimonianze raccolte dal presidente della Pro Loco di Marino, Andrea Caracci; da Mario Fabrizi, capostazione di Campoleone e Ciampino, adesso in pensione a Marino; da Paolo Emili, presidente della "Castrum Candulfi", l'associazione erettasi a salvaguardia dei tesori di Castelgandolfo: tutte testimonianze che, scartate le ipotesi di Campoleone, Cecchina, Lanuvio, insostenibili, escludono che anche un solo cannone potesse celarsi nella galleria della collina De Paolis, a due chilometri da Marino, o in quella del bosco di Ferentano, all'uscita di Marino, o in quella di villa Barberini, fuori della stazione di Castelgandolfo, al passaggio a livello sulla riva del lago, o in quella di villa Doria, all'ingresso di Albano: lo escludono, perché nelle gallerie, a partire dal bombardamento aereo di Marino del 2 febbraio, vissero gli sfollati fino all'arrivo degli americani.
Con esattezza, si sa pure come e dove sono finiti "Annie" ed "Express". Secondo Trevelyan, "Annie" venne rinvenuta in un tunnel di Nemi, dove i tedeschi in fuga avevano incendiato il museo delle due navi di Caligola, che andarono distrutte. Può darsi che negli ultimi tempi almeno uno dei cannoni fosse stato spostato. Il tunnel, doveva però trovarsi non proprio a due passi dalla cittadina delle fragole, per la quale non passava e non passa la ferrovia. Ma era proprio "Annie"? O era "Express"?
Con lo sfondamento in maggio della linea Gustav, la conquista di Cassino, il ricongiungimento con l'armata di Nettuno-Anzio, l'avanzata verso Roma, gli alleati costrinsero il nemico a ritirarsi senza uno dei due grossi cannoni, che fu sabotato prima di venire abbandonato. Dev'essere quello di cui parla Trevelyan. L'altro finì più tardi nelle mani degli americani, che lo catturarono intatto alla stazione ferroviaria di Civitavecchia in giugno. Clark fece raccogliere le parti principali del primo che, stivate in una Liberty unitamente al secondo, attraversarono l'oceano. Di "Express" e dei resti di "Annie" o viceversa, è stato ricomposto un esemplare, attualmente custodito dal poligono di tiro di Aberdeen, nel Maryland: che lo tiene in bella mostra per il pubblico, dopo averlo provato ed esaminato pezzo per pezzo.




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO"
AUTORIZZAZIONE PER LA PUBBLICAZIONE
CONCESSA DALL'AUTORE SILVANO CASALDI

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta e trasmessa in qualsiasi forma
o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta
dei proprietari dei diritti.