Quindi, la scontata conclusione di Vaughan-Thomas: "Quali che fossero le loro ragioni di non spronare Lucas all'azione, il generale Alexander e il generale Clark abbandonarono la testa di sbarco nel pomeriggio, lasciandosi dietro l'impressione che fossero molto soddisfatti dei progressi e che approvassero la tattica di attendere il contrattacco tedesco... Vennero, videro, approvarono".
Basta questo a scagionare Lucas di fronte a qualsiasi tribunale. Da tutta la faccenda, soprattutto Alexander non ne esce bene. È stato scritto, per giustificarlo, che le sue disposizioni non furono rispettate e che proprio Clark gli cambiò le carte in tavola (effettivamente, il suo ordine che assegnava alla spedizione il compito di "tagliare le comunicazioni del nemico nella regione dei colli Albani, a sud-est di Roma, e minacciare le retrovie del XIV corpo d'armata tedesco" era stato modificato da Clark e girato il 12 gennaio a Lucas nel seguente modo:
"1°) costituire una testa di ponte nelle vicinanze di Anzio;
2°) consolidarne il possesso;
3°) avanzare verso i colli Albani"). Non contento di questo, Clark si spiegò meglio col suo generale, raccomandandogli a quattrocchi: "Non esponetevi troppo, perché io lo feci a Salerno e mi trovai nei guai".
Sembra una barzelletta dell'esercito borbonico. Se non sapeva farsi rispettare, che comandante era Alexander? Su questo, non bisogna però calcare la mano. Anche la decantata disciplina della wehrmacht non risparmiò a Kesselring analoghe trasgressioni dei suoi ordini, "sfortunatamente mutati", scrisse, o non eseguiti sia a Cassino che sul fronte di Nettuno.
Churchill tirò comunque le orecchie ad Alexander: "Mi sembra che non vi siate valso della vostra autorità, dovendovi rivolgere a soldati americani, e abbiate perciò piuttosto sollecitato l'avanzata che ordinato d'avanzare. Voi avete però pieno diritto di emanare ordini".
Si fa presto a dirlo. Succede pure coi direttori dei giornali che, sulla carta, hanno tutta l'autonomia che gli spetta e, in pratica, devono fare i conti con l'editore che, nonostante statuti e contratti di lavoro, può cacciarli e sostituire come vuole, magari per una linea politica diversa. Nella sudditanza, sia ben chiaro, è maggiormente rifulsa la grandezza di Churchill. La superiore personalità e la diplomazia - unite alla lealtà di Roosevelt, che per altro non si interessava molto delle questioni militari, rimettendosi al generale Marshall - non l'hanno mai lasciato indietro, anche se, come nel nostro caso, a qualche compromesso si è dovuto prestare. Quando però gli toccò di scontrarsi con la cocciutaggine di De Gaulle, che faceva addirittura lo sprezzante con Roosevelt, lo mise in guardia con uno di quegli avvertimenti che non concedono vie d'uscita: "Non si rendeva conto che ciò accresceva ancora le sue difficoltà nei rapporti con gli Stati Uniti? Non sapeva che
11 Presidente era assai in collera con lui e che tutti dipendevamo dall'aiuto e dal buonvolere dell'America?".
Di questa realtà non poteva non risentire Alexander, per quanto Clark e la quinta armata fossero a lui sottoposti. Inevitabile il condizionamento. Non è stato in ogni modo da gran generale quel giochetto dello scaricabarili con cui, unitamente a Clark, ha in pratica firmato la condanna del subalterno Lucas. Perché nemmeno una parola di solidarietà presso Churchill? Il quale, naturalmente cauto con gli americani, si sfogava invece con i rappresentanti dei governi che gli erano più vicini. |