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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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33 - IL "SIGNOR CROCE"



Benedetto Croce

Doveva essere furibondo, per arrivare a espressioni come i "cosiddetti sei partiti" e il "signor Croce " (l'intemerato filosofo che non era mai sceso a compromessi col fascismo e che, per le sue opere, ben altro atteggiamento avrebbe meritato sia da Churchill che da Harold Macmillan, l'alto commissario che seppe dire di lui ch'era un "professorucolo sui 75 anni" somigliante a "uno gnomo", dopo aver cercato d'ingraziarselo con questo biglietto da visita: "Vengo da lei per conto della casa inglese editrice dei suoi libri").
Ormai, saltato il self-control, non si andava per il sottile. Sul conte Sforza, che Roosevelt avrebbe subito preferito a Badoglio, il giudizio di Churchill non fu proprio una carezza: "Vecchio vanesio, sciocco, buono a nulla". Rincarò la dose Macmillan: "Chiacchierone e teatrale". Al presidente degli Stati Uniti non rimase che rendere omaggio a Vittorio Emanuele: "II vecchio signore, mi si dice, funziona solo prima di pranzo".
Ma che cosa decise il Gabinetto di Guerra, convocato d'urgenza? La relazione che ne fece Churchill per Roosevelt, può essere condensata nei seguenti punti:
1} che, come minimo, bisognava attendere la conquista di Roma, prima di far fuori il re e Badoglio;
2) che, liquidandoli, si sarebbe complicato il compito agli eserciti alleati;
3) che era da dimostrare che i sei partiti rappresentassero effettivamente la democrazia e la nazione italiana;
4) che gli stessi sei partiti non avrebbero potuto agire meglio del re e di Badoglio che, dal giorno dell'armistizio, avevano lealmente collaborato con gli anglo-americani;
5) che la Gran Bretagna non condivideva i telegrammi mandati in giro dal generale Wilson;
6) che, infine, dopo il passo compiuto dai russi a Brindisi, nulla doveva trapelare delle divergenze tra Londra e Washington.
Tutto questo, per rientrare nei binari della cronologia, avveniva due mesi dopo lo sbarco: nella preparazione del quale, gli inglesi ebbero pertanto più d'un motivo per non trascurare il re di Brindisi. Questi, sottoposto al governo militare alleato (che non si disinteressava dell'amministrazione civile, intervenendo con i viveri e anche con la valanga di carta che fu l'emissione delle am-lire), non disubbidì mai e, spinto e rispinto da Badoglio, si fece abbastanza coraggio per comunicare a Hitler, attraverso l'ambasciatore di Spagna, che alle ore 15 del 13 ottobre 1943 l'Italia scendeva in campo contro la Germania.


Lo scrittore Inglese
Releigh Trevelyan

La partita, con il governo di Salò che conduceva il gioco opposto,si era fatta spigolosa. Come non preoccuparsi di ristabilire la legalità nelle regioni da liberare? Alexander inoltrò a Badoglio una richiesta di uomini e materiale, tenendolo però all'oscuro dell'operazione Shingle; e così una rappresentanza italiana fu inclusa nel VI corpo d'armata. La rappresentanza - ha tenuto a segnalarlo l'inglese Raleigh Trevelyan, uno dei più giovani ufficiali, appena ventenne, calatesi col suo plotone nelle trincee tra Tor S. Lorenzo e Ardea ai primi di marzo, e quindi autore di "Roma '44", il libro pubblicato in Italia cinque anni fa da Rizzoli - era "un contingente di centocinquanta preoccupati carabinieri, che avevano il compito di mantenere l'ordine pubblico tra la popolazione civile di Anzio e Nettuno, dopo l'arrivo degli alleati".
Consisteva pure, la nostra rappresentanza, in un'altra squadra di centocinquanta militari, non armati però e impiegati come scaricatori di porto: segufti in marzo da una settantina di artieri e altrettanti autieri (i primi, per lo più romani, tra i quali l'abruzzese Giuseppe Falcone, comandati dal tenente Giovanni De Paoli; gli altri, condotti dalla Sardegna dal capitano Cominotti e messi a rifornire la prima linea con i camion a dieci ruote, erano tutti settentrionali, meno il sottotenente romano Franco Roviglioni).
Ma dove stava la popolazione? I rangers, dalla riviera Zanardelli, si aprirono a ventaglio verso il porto e villa Borghese, mentre i paracadutisti del 509° battaglione, anch'essi americani, raggiungevano il piazzale della Divina Provvidenza, la balconata del Belvedere, il villino Talenti, il muricciolo e il cancello del Sangallo. Erano al centro di Nettuno. Prima d'affacciarsi in piazza Mazzini, rimasero a lungo carponi, come velocisti ai blocchi di partenza per la finale dei cento metri.
Non dovettero compiere alcuno scatto. Attorno a loro, diradandosi il buio della notte, emergeva il teschio delle case aperte e disabitate. L'unico suono umano fu l'eco degli altoparlanti che, dalle navi, guidavano a riva gli altri reparti, che completarono l'occupazione del paese, risalendo da San Rocco e dalla spiaggia delle Sirene.
Adagio, adagio, si rialzarono i paracadutisti e presero a far rumore, appostati a destra e sinistra dei portoni, poiché il loro compito specifico - arrivando per primi a Nettuno - era di stanare il nemico e rastrellare, ripulire, secondo il gergo militare, ogni fabbricato. Con le torce elettriche, e facendo crepitare le inferriate delle finestrelle a pianterreno con le canne delle loro armi, avevano già adescato in via Granisci, fuori d'una delle palazzine sul mare, quattro o cinque stralunati tedeschi che tutto s'aspettavano, meno che gli americani fossero lì. I corpi di quei tedeschi giacevano sul selciato, cento metri prima della casa degli Angeli Custodi.
Con la luce del giorno, "gli ufficiali cominciarono a riconoscere quel che avevano visto nelle fotografie aeree: una torre saracena, sili, fattorie. Ma tutti questi luoghi erano deserti.
Era come sbarcare in un paese fantasma, in cui però gli spettri potevano rivelarsi letali".11 Anche a causa di queste sensazioni - per cercare di capire l'assurdo - può capitare che non ci si pensi un attimo a premere il grilletto contro un uomo inerme, che fatica a tirarsi fuori da una Lancia Augusta.
La paura del silenzio, del vuoto, del nulla, provocò più d'un errore. Dov'era, però, la gente? La risposta, all'albeggiare del 22 gennaio, non potevano darla i rangers di villa Borghese. Appresero in ritardo ciò che noi sappiamo: la storia di Nettuno-Anzio sotto i tedeschi, con le deportazioni, gli ordini di sfollamento, le fucilazioni, i saccheggi, la popolazione nelle capanne.
Trovarono in casa, i rangers, soltanto don Steno che era già in piedi. Li vide dalla loggetta, e gli andò incontro, mentre stavano per sparare al suo cane, incautamente corso ad abbaiare agli estranei. Fece in tempo a salvarlo, senza poter evitare che i mitra venissero puntati contro di lui e i domestici, subito allineati al muro. Insieme con loro, fu poi arrestato e trattenuto un giorno nell'improvvisata prigione del Paradiso anche il vigile urbano Rodrigo Taurelli, presentatesi a prendere ordini dal principe, come al solito. Siccome non risultava che altri del posto fossero sul posto, Trevelyan ne ha desunto che "c'era ben poco da fare per i 150 carabinieri portati da Napoli".




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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