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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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44 - LA PALMA DI LUCAS



Il generale O'Daniel

Il passo decisivo, fu Alexander a compierlo il 15 febbraio, proprio il giorno della distruzione dell'abbazia di Montecassino. Tra l'altro, il precipitare delle cose nella testa di sbarco - con Lucas e la sua armata all'ultima spiaggia e la necessità per gli alleati d'un diversivo che costringesse Kesselring ad allentare la morsa - è stato addotto come una delle giustificazioni del terribile bombardamento. Almeno questo, sia subito chiaro, si guardò bene Alexander dall'addebitarlo a Lucas. Ma, dopo aver in più occasioni detto di lui ch'era "il migliore dei generali americani", lo servì di barba e capelli, rimettendo al proprio ministero della guerra quanto segue: "Sono deluso dal comandante del VI corpo d'armata. È inerte, e gli fanno difetto l'energia e l'entusiasmo necessari per assolvere il suo compito. A quanto sembra, gli avvenimenti l'hanno sopraffatto. Quello di cui abbiamo bisogno è un uomo audace e deciso come George Patton, assistito da uno stato maggiore capace. Oppure si sostituisca l'intero vertice del VI corpo con un comandante e uno stato maggiore inglesi. La seconda soluzione ha un aspetto decisamente drastico, e mi piacerebbe sapere da Eisenhower quali reazioni, secondo lui, susciterebbe".
Le reazioni furono queste. Alan Brooke rispose ad Alexander che si togliesse subito dalla testa l'idea della cabina di regìa inglese. Soltanto come soluzione d'emergenza, aggiunse, "Eisenhower sarebbe stato disposto a cedere Patton per un mese, ma a suo giudizio gli uomini adatti a sostituire Lucas erano, nell'ordine, Truscott, Eagles, Harmon". La strada era aperta, e ci si doveva muovere in quel senso. È stato presentato come un saggio della diplomazia di Alexander l'intervento con cui, a questo punto, fece breccia nell'animo di Clark: "Ormai, la situazione è grave. Potremmo essere ributtati in mare. Sarebbe un grosso guaio per entrambi, e tu verresti certamente rimosso dal comando".
A questa minaccia - definita dallo stesso Alexander "una gentile ingiunzione" - lo statunitense si arrese. Che fare? Silurare Lucas o farsi silurare per lui? Clark, che non aveva la vocazione del martire, nemmeno soffrì del dilemma di Amieto. Agì per gradi. Il 17 febbraio, disponeva con un comunicato notturno che Truscott cedesse il comando della III divisione a John W. O'Daniel per divenire il vice di Lucas, unitamente all'inglese V. Evelegh; cinque giorni più tardi, intervenne di persona a Nettuno e, alle otto di sera, sedutosi al suo tavolo nello scantinato della villa di don Steno Borghese, nella quale stava per trasferire il quartier generale della quinta armata, fece accomodare Lucas: "Mi dispiace. Cerca di capirmi. Non riesco più a oppormi ad Alexander e Devers. Dicono che sei stanco. Devo sostituirti".
Lucas obiettò: "Siamo tutti stanchi". Partì da Nettuno l'indomani. Clark, nel promuovere Truscott, gli aveva detto che si sarebbe portato Lucas a Caserta, come suo vice. Gli accordò, invece, tre settimane di riposo a Sorrento e il ritorno a casa con il contentino del comando della quarta armata, una specie di territoriale, all'interno degli Stati Uniti.
Da quel momento, Clark non si sarebbe più stancato di scagionarsi, mostrando in ogni occasione di cavarsi il cappello di fronte al valoroso compagno d'armi: "La mia impressione era che Johnny Lucas risentisse, fisicamente e mentalmente, delle lunghe responsabilità in battaglia. Morì pochi anno dopo. Non ho mai inteso compiere niente che potesse offendere l'uomo che aveva tanto contribuito ai nostri successi da Salerno in poi".13
E lui? Non era stato sorpreso dall'ostracismo di Alexander. Accusò, invece, il colpo basso di Jacob L. Devers, un americano come lui. Non poteva aspettarselo. Appena una settimana prima, il vice-comandante del Mediterraneo era venuto a rinnovargli la fiducia a Nettuno, e nulla ne faceva presagire il voltafaccia. Anche Clark provasse a rileggere il messaggio che, alla notizia che i carri armati americani avevano respinto per sempre i tedeschi, gli indirizzò immediatamente. Il testo di quel messaggio ("Complimenta Harmon per il successo. Voglio dirti di nuovo che i risultati che hai ottenuto oggi sono eccellenti. Continua così") lo aveva illuso: "Mi sembrava d'avere in mano qualcosa che assomigliava a una vittoria".
Non era che il benservito. Lucas uscì dalla scena a testa alta: "Con il VI corpo d'armata, lasciavo i migliori soldati del mondo; e l'onore di averli comandati nell'ora del loro massimo travaglio non potrà essermi sottratto". Oltre l'onore delle armi, gli spetta una delle due palme che, al n. 16A di piazza del Mercato, hanno finito negli ultimi anni col mettere il ciuffo al di sopra del tetto. La sua è la più alta: quella dell'onestà, che il 31 gennaio, dopo il disastro dei rangers, lo portò a confessare: "... Clark ne ritiene responsabile Truscott. Dice che sono stati impiegati stupidamente... Né io né Truscott sapevamo della posizione difensiva organizzata in cui si sarebbero imbattuti. Ho detto a Clark che la colpa è mia, perché avevo visto il piano d'attacco e l'avevo approvato".
Questa onestà, nessuno la ebbe con lui.




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO"
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