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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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04 - IL PARERE DEL CREMLINO



Giuseppe Stalin

Figuriamoci Churchill, che per giunta in quei giorni non se la passava bene, benché si trovasse in un posto incantevole: la villa di Eisenhower, che sembrava scelta apposta per l'ispirazione e il riposo del condottiero. La vista del golfo di Tunisi, le palme, il biancore delle case piene di sole e, insieme, il silenzio dei ruderi di Cartagine. Churchill era stato però messo a letto da una polmonite, forse contratta durante la conferenza di Teheran (29 novembre-1° dicembre '43), dove aveva discusso con Roosevelt e Stalin delle ultime mosse della guerra.
Fosse dipeso dal dittatore del Cremlino, lo sbarco di Anzio e Nettuno non ci sarebbe stato. Reclamava dagli anglo-americani l'apertura del secondo fronte in Francia, e disse che avrebbe preferito starsene sulla difensiva in Italia, anziché pensare a prendere Roma. "Risposi - è il racconto di Churchill - che non saremmo diventati per nulla più forti rinunciando ad avanzare su Roma e che anzi, se avessimo conquistato la città, ci saremmo venuti a trovare in una posizione migliore per il fatto di aver distrutto o ridotto a mal partito dieci o undici divisioni tedesche. Inoltre, avevamo bisogno degli aeroporti situati a nord di Roma per bombardare la Germania. Ci era assolutamente impossibile rinunciare a Roma, dato che ciò sarebbe stato universalmente considerato un gravissimo scacco e il Parlamento britannico non avrebbe neppure tollerato l'ipotesi di tale rinuncia".
Era anche una questione di prestigio, come si vede. Adesso però, andato a vuoto sul fronte italiano l'attacco di dicembre, come evitare che il parere di Stalin contagiasse il suo amico Roosevelt? La malattia non impedì a Churchill di farsi sentire dai capi dello stato maggiore con una nota di servizio che era una lavata di testa: "Attendo ansiosamente la lista completa di tutti i mezzi da sbarco esistenti attualmente nel Mediterraneo, con l'indicazione del loro stato e del loro impiego; desidero soprattutto sapere se sia vero che molti di essi vengono impiegati in semplici operazioni di trasporto e sono così distolti dai loro specifici compiti militari. Non v'è alcun dubbio che il completo ristagno delle operazioni sul fronte italiano sta diventando scandaloso... Il fatto d'aver trascurato completamente le operazioni anfibie lungo la costa adriatica e di non essere riusciti a effettuarne con successo su quella tirrenica ha avuto conseguenze disastrose".


Dwight D. Eisenhower

Se la prese maggiormente con Alexander, e non fu che il primo passo per riesumare l'operazione Shingle. A distanza di millenni, il destino di Roma si decideva di nuovo sulle sponde di Carthago, per quanto le posizioni non fossero più quelle di Annibale e Scipione l'Africano. Riunitosi a Natale con i capi militari (mancavano soltanto Clark e Lucas: proprio i due che avrebbero dovuto condurre la spedizione), non faticò Churchill a convincerli. Con uno sbarco di almeno due divisioni, si sarebbe potuto mettere in crisi lo schieramento nemico e quindi aiutare la quinta armata ad avere ragione della linea Gustav, senza dover attendere che si facesse avanti da sé, come nel precedente piano.
Il giocatore d'azzardo non era però di quelli che, allettati dal grosso piatto, non sanno a poker astenersi dal bluff. Diciamo che, per il suo modo di comportarsi davanti al pericolo, avesse invece le doti del bridgista che non trascura il gioco di sicurezza. Al di sopra di tutto, in ogni caso, la coscienza dell'uomo abituato a rispondere dei propri atti. Nell'istante in cui otteneva il sì di Eisenhower, ecco i suoi scrupoli. Si doveva, secondo lui, impiegare nell'impresa due divisioni britanniche distaccate dall'ottava armata: "Ritenevo che l'operazione anfibia comportasse gravissimi rischi per le truppe sbarcate e preferivo perciò affrontarli con truppe britanniche, dal momento che io ero responsabile verso il popolo di Gran Bretagna".




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO"
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