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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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35 - IL GIOCO DELL' ELMETTO



Generale Badoglio

II generale Clark è stato giudicato in tanti modi. Nativo di Madison Barracks, New York, non nascondeva la sua appartenenza alla religione cattolica; ma, così alto, ossuto, apparve agli inglesi come un capo apache, guerriero e stregone insieme, uscito dal West con l'arco, l'accetta, il totem. Su quest'ultimo, hanno tutti concordato, ravvisandovi il suo ininterrotto culto per la vetrina personale e le pubbliche relazioni. Nel maggio del '44, quando la quinta armata passò il Garigliano, era perciò da aspettarselo sui giornali di Napoli un articolo con la sua firma: che, nella città delle eroiche quattro giornate, non cadde a sproposito.
Il ringraziamento di Clark, rivolto agli italiani che combatterono con lui, non significava però che si dovesse chiudere un occhio sulle manchevolezze. Chi, per esempio, aveva equipaggiato i carabinieri del capitano Pezzella? Da Nettuno a Cisterna, Aprilia, Anzio, Tor S. Lorenzo, non c'era un punto in cui, come minimo, non volassero le schegge; e loro si presentarono con i capelli al vento, o quasi. Non avevano altro che la lucerna, il classico cappello a barchetta, con la foderina grigioverde, meno Pezzella che portava la bustina, un po' calata sull'orecchio destro.
Lucas, che era di quelli che non si toglievano l'elmetto nemmeno a tavola, ne restò scandalizzato. Badoglio, Badoglio... Aveva forse pensato di partecipare a una sfilata? Non sarebbe stato d'altronde illogico che, con i suoi precedenti e il successo iniziale dello sbarco alleato, la corte di Brindisi si fosse apprestata a un'altra marcia su Roma in carrozza, come quella del cugino di Vittorio Emanuele. Realisticamente, limitiamoci ad addebitare l'episodio al pressappochismo e a quanto di degradante hanno impartito in Italia i responsabili del fascismo.
Gli americani, insofferenti del re, che avrebbero voluto mettere alla porta, come sappiamo, si fecero sentire anche in quella circostanza. Badoglio non poteva che accusare il colpo. Figuriamoci gli strilli, dal regno di Puglia a Napoli, finché non partì per Anzio un carico di elmetti dell'esercito italiano. Adesso Pezzella e i suoi, a parte l'indubbio vantaggio di starsene con la cuticagna al coperto, non dovevano più farsi commiserare o prendere in giro. Ricevettero anzi in regalo, proprio dagli elmetti made in Italy, una soddisfazioncella inaspettata, che li tirò su di morale.
Ogni pausa, a Nettuno, era di solito per gli americani l'occasione per cavare dalle sacche i guantoni e le mazze da baseball: lo sport preferito che li aiutava a svagarsi. Gli venne pure l'idea d'un altro gioco, come notarono che il copricapo dei carabinieri era differente dal loro. La scommessa
- perché di questa si trattava
- consiste nello sbattere un elmetto contro l'altro e vedere quale fosse più duro. Si ammaccò sempre quello americano. "Almeno in una cosa - si consola tuttora il tenente colonnello in pensione - eravamo più forti e non dovevamo invidiare gli alleati".
La vicenda dei carabinieri non è finita: sarebbe incompleta, se non comprendesse quella dei -loro commilitoni di Nettuno che, spogliatisi della divisa l'8 settembre, l'avevano rivestita durante l'occupazione tedesca, almeno un mese prima dello sbarco. Erano otto: il brigadiere Giuseppe Pitruzzello, siracusano di Melilli, il vicebrigadiere Raffaele Di lorio, gli appuntati Antonio Kammerloher, Bigon, Gori, Merletta, Ovidi e un altro di nome Peppino. Nella loro stazione - una delle palazzine di via S. Maria, sulla destra, da dove si è trasferita in via Palermo, dopo il palazzo comunale - vi fu l'irruzione dei tedeschi; ma essi avevano già preso il largo.




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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