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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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25 - DAL BALCONE DI PIAZZA VENEZIA


Giovanni ebbe il suo quarto d'ora di popolarità, in occasione della liberazione di Roma. Fu il primo degli americani a spalancare il portone di Palazzo Venezia e salire di corsa le scale, per una scena che doveva essergli venuta in mente a Hollywood. Chi ha visto Charlot nella parodia di Hitler e Jack Oakie nei panni di Mussolini, può figurarsi Giovanni. L'inviato del settimanale "LIFE" cominciò così il suo servizio da Roma, pubblicato il 19 giugno 1944: "I carri armati americani sono entrati nella città tutta addobbata di fiori. La jeep ha raggiunto San Pietro, mentre piccoli aeroplani volavano nel cielo. Il sergente John Vita di Port Chester, N.Y., per una promessa fatta alla madre, si è affacciato dal famoso balcone di Palazzo Venezia e ha pronunciato un discorso"; che però, come ha voluto precisare l'interessato, non si concluse con il grido: "...e per gli alleati, eja, eja, alala!". Come si concluse? "Diciamo
- è stata la risposta di Giovanni
- come è cominciato. Erano le 7 del mattino del 5 giugno. Prima d'aprire la finestra del balcone, dovetti fermarmi. L'altezza, la lunghezza, la larghezza della sala di marmo verde. Una cosa impressionante. Grande e alta anche la scrivania di Mussolini. Quando mi sporsi dal balcone, non c'erano che poche persone, alle quali cominciai a lanciare delle caramelle di menta. Così la gente si radunava, e la piazza a poco a poco si popolò. Siccome stavano tutti col naso in su, aspettandosi qualcos'altro da me, cominciai il discorso. Poche parole, però. Dissi: vincere, vincere, non per Mussolini, ma per gli alleati. E conclusi: non vi daremo olio di ricino, ma caramelle, pane e pasta". A Nettuno, per la verità, sbarcato al seguito del generale Truscott, non era mai parso uomo da discorsi. Si capisce come, bazzicando quelli del comando, avesse il dovere di tacere. Lo abbiamo riveduto dodici anni fa. Spiegò d'essere tornato per un bicchiere di vino con gli amici. Alla villa dei Donati, dove per quattro mesi non aveva semplicemente dato il cambio ai tedeschi, ma era diventato di famiglia, non lo trovarono affatto cambiato: lo stesso riserbo di quando ci si chiedeva il perché della guerra che non finiva mai, e lui stava a sentire,come se la cosa non lo riguardasse; e se veniva interrogato, si stringeva nelle spalle, lasciando cadere subito l'argomento. Soltanto una sera, spazientito da chi accusava gli americani d'essere sbarcati con gli occhi bendati, non si trattenne più, e all'improvviso parlò della pattuglia giunta alle porte di Roma. Come non chiedergli la conferma? Al suo telefono di Port Chester, 001/914/9393542, è capitato spesso di coglierlo col boccone tra i denti, per via del fuso orario.


Il sergente
John Vita

- Scusa per l'ora Giovanni...
"Niente scusa. Dispiace a me di non poter farvi assaggiare la mia pasta e fagioli".
- Grazie. Ma è vera la storia delle jeep a Roma, la mattina dello sbarco?
"Vera".
- Sicuro? Da chi l'hai saputa?
"Da nessuno. C'ero io, quando l'ufficiale avvertì che la strada era sgombra...".
- E voi? Cosa rispose il comando?
"Di tornare subito indietro: come back".
- E poi?
"La pattuglia rientrò a Nettuno. Non erano ancora le undici. In tanti attorniarono l'ufficiale. Credo che abbiano fatto in modo che riferisse direttamente a Truscott".
- Perché allora non vi siete mossi?
"Non dovevamo muoverci. Clark l'aveva spiegato bene. Il nostro compito era di tenere impegnati i tedeschi".
Lo stesso Clark, d'altra parte, si era trovato sul posto il 22 gennaio. Alle tre del mattino, aveva ricevuto dalla "Biscayne" il primo messaggio di Lucas: "Parigi-Bordeaux-Torino-Tangeri-Bari-Albania". Significava, secondo il cifrario: "Cielo chiaro, mare calmo, poco vento, nostra presenza non scoperta, sbarchi in corso, imminenti rapporti da terra". Due ore più tardi, in compagnia di Alexander, salì su un cacciasommergibili alla foce del Volturno per raggiungere Nettuno-Anzio. Pensate che i due, impazienti, eccitati dalle notizie, mentre s'avvicinavano a gran velocità, non si ponessero la domanda: e adesso che facciamo?
Ecco quello che fecero, secondo la registrazione di Vaughan-Thomas, che seguì da vicino Alexander. Lo vide sfilare nel lungomare su una jeep, da Anzio a Lavinio: elegante, il giubbotto di pelle col bavero di montone, gli stivali, i guanti, il cappello con la visiera. L'accompagnava l'ammiraglio Troubridge, sceso per lui dalla "Bulolo". Alexander si fermò a scambiare qualche parola con soldati e ufficiali, distribuendo ovunque la sua approvazione: "Ali right". Con le stesse parole, prima di rimettersi in mare per Napoli, lui e Clark salutarono Lucas: "Ali right".




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