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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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22 - UNO STRUMENTO PER I CODICI


Una delle più discusse decisioni della guerra in Italia, quella del bombardamento che il 15 febbraio distrusse l'abbazia di Montecassino, sarebbe stata provocata dall'errata traduzione in inglese d'una parola, nello scambio di brevi battute tra una postazione e l'altra della wehrmacht, intercettato per radio. Un po' poco per una decisione mortale. L'abate Gregorio Diamare, 82 anni, uscito dalle rovine con un grosso crocifisso di legno, alla testa d'una diecina di superstiti, non perdonò mai gli alleati: particolarmente, gli inglesi e Bernard Freyberg, l'impulsivo comandante dei neozelandesi.
Ma se Alexander, messo alle strette, aveva bisogno d'una spinta per ordinare il fuoco, forse quella intercettazione - presentata come la prova della presenza dei tedeschi nel monastero lo fu per lui.
Invece a Nettuno, dove Lucas abitava al numero 16A di piazza del Mercato, e aveva la sede del comando al numero 9, adesso 13, di via Romana (l'ingresso dell'antica osteria dell'artigliere, che ha poi ceduto il locale a una rosticceria, poi al magazzino di Porfiri, poi al circolo dei marinai e infine alla drogheria di Giovanni Mantelli, il nipote di Noè), le intercettazioni non avrebbero mai sgarrato d'una virgola. Se ne compiacquero gli inglesi, inventori dello strumento, denominato Ultra, che decifrò i codici tedeschi. Di qui, un altro capo d'imputazione a carico di Lucas: "Dato che, subito dopo lo sbarco, gli erano stati tradotti gli appelli con cui Kesselring sollecitava i rinforzi dal nord e da oltre l'Italia, perché se ne stette con le mani in mano?".


Harold Alexander

Perché ormai era tardi: bisognava saperlo almeno dieci giorni prima. Ma Ultra funzionava in prima linea, e non si poteva certo attendere dalla signora Tortora, infiltratasi a Nettuno tra gli ufficiali del comando di piazza Mazzini, il quadro esatto della situazione di Kesselring. Né bastarono, evidentemente, i servizi degli agenti segreti, per lo più italo-americani, che i sottomarini avevano mandato a terra di notte con i gommoni (non quelli che, pochi giorni e poche ore prima dello sbarco, vennero a rendersi conto della profondità dell'acqua, delle caratteristiche della costa e fornire un punto di riferimento ai mezzi anfibi). Della presenza degli agenti segreti, che si erano mescolati a loro, i nettunesi non ebbero subito coscienza. Si trattava di facce nuove, ma in possesso d'una convincente carta d'identità: quella dei profughi provenienti dai paesi del Garigliano, dove infuriava la guerra. Questi profughi sparirono all'arrivo degli alleati, e poi i nettunesi se li ritrovarono davanti con tutt'altra autorità, nella divisa dell'US Army.




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
"100 LIBRI PER NETTUNO"
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