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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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02 - DALLA PARTE DI PONZA


 

L'isola di Ponza
a circa 40 miglia
a sud di Nettuno

Lungo la spiaggia, alle finestre, sui terrazzi di Nettuno, specie in certe sere d'estate, quando l'aria diventa un velo e sembra che il mare immobile, scolorendosi, lentamente si dilegui, e laggiù, dove la linea dell'orizzonte è già un'ombra, all'improvviso comincia a venir fuori la sagoma scura del traghetto che torna da Ponza col suo carico di gitanti, e si resta a veder crescere, avanzare e sfilare la nave davanti a noi, accompagnandola con gli occhi fino all'ormeggio di Anzio, ecco può capitare spesso di concludere che si accostò così la grande flotta dell'operazione Shingle.
La rotta era proprio quella. La navigazione avvenne al buio, con le lampade delle navi oscurate. Già nei preparativi dell'impresa, si era agito con tanta circospezione da occultare ogni movimento nelle basi di Napoli e Salerno. Gli alleati riuscirono a non farsi scoprire dai tedeschi, sebbene si trattasse di prendere il mare con un esercito di 50 mila uomini, centinaia di veicoli anfibi e blindati, carri armati, cannoni e migliala di automezzi.
La flotta, divisa in gruppo "X" (americano) e gruppo "P" (inglese), comprendeva però anche unità navali greche, francesi e olandesi: una forza di quasi 250 navi da carico e sbarco, cinque incrociatori, una trentina di cacciatorpediniere e più di cento imbarcazioni minori. Oltre che dai due porti principali, le navi si mossero alla spicciolata dai porticcioli del golfo napoletano, volgendo sempre le prue a sud (partirono invece da Algeri quattro Liberty col materiale più pesante).
Aveva cominciato a levare le ancore il convoglio americano, alle prime luci dell'alba del 21 gennaio. Lo guidava, a bordo della "Biscayne", l'ammiraglio F.J. Lowry, cui era stato assegnato anche il comando dell'intera spedizione navale. Nel pomeriggio, il turno del convoglio inglese, del quale era responsabile l'ammiraglio T.H. Troubridge, imbarcato sulla "Bulolo".
Il mare era tranquillo, e le previsioni promettevano altri tre giorni di bonaccia. Nessun segno del nemico. Prima che calasse la sera, quando si temeva che le mosse e il raduno della flotta non potessero più passare inosservati, nemmeno un apparecchio della luftwaffe capitò da quelle parti. Sopra coperta, procedendo verso le acque di Capri, un po' tutti indugiarono a godersi lo spettacolo. I corrispondenti dei giornali, abituati a una realtà che non ammetteva divagazioni, finirono nei loro resoconti col cedere spazio ai colori della costa sorrentina e al pennacchio del Vesuvio che s'allontanava da loro.
La sensazione d'una partenza festosa, diffusasi lungo le banchine del porto di Napoli con il passo e i suoni dei reparti che arrivarono a imbarcarsi con la banda in testa, si accentuò all'uscita della baia, mentre un velocissimo cacciatorpediniere s'infilava tra le navi, agitando le bandiere di segnalazione. Ritto sul cacciatorpediniere, c'era il comandante in capo delle forze armate in Italia, il generale Alexander, che salutava e augurava buona fortuna ai suoi soldati.
Fino all'ultimo, tuttavia, nulla fu trascurato per sviare gli osservatori da terra, che non mancavano al servizio di spionaggio tedesco.
Parte delle unità più leggere seguì un'altra rotta, navigando lungo la costa. Sempre allo scopo d'ingannare il nemico, bombardate Terracina e Formia il 20 e il 21, e inviati un incrociatore e due cacciatorpediniere a cannoneggiare il porto di Civitavecchia poco prima dell'ora zero di Nettuno - Anzio.
Ma il grosso della flotta, dopo aver simulato un viaggio all'opposto dei suoi piani, si riunì al di là di Capri e, quando si erano ormai spente le luci del giorno, improvvisamente virò e prese la via del nord, puntando su Ischia e sulle isole pontine, e di lì venne a terra, come il traghetto che ogni sera torna da Ponza.




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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