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QUEI GIORNI
A NETTUNO

22 GENNAIO - 26 MAGGIO

di
FRANCESCO ROSSI
SILVANO CASALDI

Edizioni Abete

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13 - LE NOTTI DELLO SCERIFFO


Nelle boscaglie, dove si nascondevano in maggioranza i giovani minacciati dalle retate, i tedeschi evitarono sempre di metterci piede. Giravano a largo, e di notte si rintanavano tutti. Dell'ordine pubblico, affidato ai carabinieri, alle guardie di finanza e agli agenti di polizia rimasti al loro posto, finirono tuttavia con l'occuparsene in prevalenza i pochi vigili urbani di quei tempi, cui era demandato il buon funzionamento del servizio che più contava: quello annonario, ossia la distribuzione dei viveri sottoposti a razionamento.
Il corpo dei vigili urbani, chiamati allora guardie o agenti municipali, constava di dieci elementi: cinque nettunesi e cinque anziati, come imponeva l'amministrazione unica di Nettunia che, dovendosi fondare sulla centralità, aveva scelto per sede il bianco Paradiso della riviera Zanardelli.
Il comandante dei vigili era il maresciallo Giovanni Simeoni, papa del sindaco Antonio: che, primo cittadino di Nettuno dal 1970, può essere considerato un po' figlio d'arte nella sua investitura comunale, che rappresenta ormai un'istituzione da proporre per il Guinness dei primati. Del padre, è ancora agli atti la dolente lettera del 7 gennaio '44 al commissario prefettizio di Nettunia, Ignazio De Matteis, dalla quale si deve partire per uno spaccato della miserrima condizione dei nettunesi, afflitti per sovrappiù dalle speculazioni di chi ne approfittò per arricchirsi.
Sotto questo aspetto, purtroppo, anche Nettuno fu infestata dai pescicani. La denuncia, come vedremo, venne da Giovanni Simeoni. Alle sue dipendenze - oltre agli anziati, dei quali rendeva conto il brigadiere Giulio Novara - erano i compaesani Ligorio Ricci, Bruno Belleudi, Rodrigo Taurelli e Fernando De Franceschi (quest'ultimo richiamato alle armi). Dopo l'8 settembre. Giovanni era sfollato con la famiglia agli Zucchetti, per disposizione dello stesso De Matteis che aveva proposto e ottenuto dai tedeschi che un solo vigile restasse in circolazione a Nettuno e uno solo ad Anzio.
S'inizia così l'avventura di Ligorio Ricci, un brav'uomo, obbligato a non togliersi la divisa e trasformato di fatto in sceriffo, con il cinturone, la rivoltella nella fondina e il bracciale con la scritta "Kriminal Polizei". Era lui, dal coprifuoco fino alle luci dell'alba, ad aggirarsi per Nettuno col passo del padrone, badando tuttavia a non accorgersi delle ombre che lo sfioravano e s'infilavano nei portoni.
La maggior parte dei nettunesi non si era subito arresa all'ordine di sfollamento, emesso per la prima volta il 23 settembre del '43. L'ordine era di sloggiare e starsene a più di cinque chilometri dalla costa. Migliaia di persone si erano rifugiate altrove, per lo più a Roma. Gli altri, attaccati alla terra, alle vigne, l'orto, la campagna, che era l'unica sensazione di libertà, preferirono rischiare.
Per quanto vicina, la guerra pareva sempre lontana e, finché non piovvero le bombe delle fortezze volanti (la prima incursione aerea alleata risale al 19 ottobre), ci si illuse che non potesse mai toccarci. Soltanto i più vecchi, consapevoli della sorte, avevano fatto la loro scelta: qui sono nato e qui devo morire.
I tedeschi si servirono di uomini d'ogni età per la semina delle mine, e acchiapparono pure le donne, per ripulire gli uffici e sbucciare le patate. Cominciò così quella vita da cani randagi - di giorno alla macchia e di notte in cantina e nelle grotte - che fino alla liberazione di Roma fu lo scampo dei nettunesi (pochissimi, all'ultimo) che non dissero addio al loro paese. Lo sceriffo, ripetiamo, sapeva stare dalla loro parte e chiudere un occhio. Si diede anche da fare per non lasciarli a stomaco vuoto, dato che dai contadini non si rimediava più niente, e non tutti potevano ricorrere alla borsa nera. Quante mamme, attraverso rischiosi viaggi a Roma, hanno ottenuto l'olio per la padella e qualche chilo di pasta, in cambio delle lenzuola e degli orecchini d'oro.




OPERA APPARTENENTE AL FONDO BIBLIOGRAFICO
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