Questo libro è un atto d'amore verso Nettuno, che ha vissuto la più grande tragedia della sua storia nell'evento bellico comunemente ricordato come lo sbarco di Anzio.
Forse non si tratta proprio d'un libro: nel senso che ci è sembrato di scrivere il più lungo articolo-inchiesta della nostra vita di giornalisti. Lo spunto, ce l'hanno dato:
1) il fatto che il nome di Nettuno, tanto citato durante la guerra, fosse stato poi tanto ignorato da costringere il principe Stefano Borghese a intervenire nel novembre del '47 presso il ministero degli interni affinchè gli aiuti destinati dalla cittadina di Dunkirk, New York, alla popolazione di Anzio venissero divisi con i nettunesi; sbaglia pertanto chi da allo sbarco il nome di Anzio, come sbaglierebbe chi volesse dargli soltanto quello di Nettuno: si deve dire lo sbarco di Anzio-Nettuno o Nettuno-Anzio;
2) l'ingiusto trattamento riservato al generale Johnny Lucas, fatto passare per responsabile dei quattro mesi trascorsi dagli alleati nella testa di sbarco: i responsabili furono altri;
3) l'amarezza dei reduci, tradotta in maniera lapidaria nel libro "Roma '44" dell'inglese Raleigh Trevelyan: "Ad Anzio ero stato comandante di plotone, appena ventenne, e come tutti attorno a me avevo creduto che i disagi e le morti avessero un senso, e che gli uomini i quali avevano nelle loro mani i nostri destini sapessero quel che facevano e non commettessero mai errori, che mai fossero stanchi, o afflitti da vanità, gelosia o megalomania";
4) la capacità di critica e autocritica dei popoli liberi: "Noi americani - ha scritto il maggiore Theodore Reed Fehrenbach - non ricordiamo le grandi vittorie, ma i tempi duri, i giorni che misero alla prova il nostro spirito: Valley Porge, Alamo, Bastogne, Pork Chop Hill, Anzio";
5) l'ammonimento di Benedetto Croce: "...Per mio conto sono pervenuto al convincimento che questa non è la guerra per la libertà, ma come tutte le altre, per l'indipendenza, per il dominio e per il vantaggio economico e politico, e che la guerra per la libertà si dovrà combattere poi, e con mezzi più vari e più adatti che non siano le armi";
6) a constatazione, infine, che non sempre la storia - chiamata a rendere conto di un conflitto mondiale - può se fermarsi sulle vicende d'una piccola comunità: il nostro scopo è anche quello di dare risalto alle situazioni più difficili in cui ognuno dovette confrontarsi con altri popoli.
Il libro, sottoposto alla simultanea traduzione in inglese per un passaporto che lo aiuti a uscire dai confini nettunesi, è dedicato a tutti i caduti, particolarmente a quelli che riposano nel cimitero americano di Nettuno, nei cimiteri britannici di Anzio e delle Falasche, nel cimitero tedesco di Pomezia: la speranza è che venga accolto come un gesto di fratellanza.
Silvano Casaldi
Responsabile del Museo dello sbarco di Nettuno
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