Il ritardo della trasformazione economica italiana fu più che altro dovuta alla suddivisione del suolo in tanti staterelli ed all'assenza di un vero e proprio mercato nazionale.
Fino alla metà del diciannovesimo secolo, l'economia italiana fu quasi esclusivamente agricola.
L'avvento e l'uso del vapore, come forza motrice, nell'industria e nell'agricoltura, rivoluzionarono e moltiplicarono le risorse nazionali.
La siderurgia ebbe un continuo crescente impulso; la navigazione a vela fu presto soppiantata da quella a vapore; l'introduzione della macchina a vapore, come mezzo di locomozione, aprì nuove frontiere alla tecnica dei trasporti; l'invenzione del telegrafo promosse con sollecitudine lo sviluppo delle comunicazioni ed infine l'uso del francobollo a tariffa unificata (secondo chilometraggio) pagato dal mittente, non più dal destinatario, esemplificò enormemente lo scambio di notizie, tra paesi e regioni, anche alle classi meno abbienti.
Con l'unificazione territoriale d'Italia, la presa di Roma (Porta Pia 20-9-1870) pose alfine termine al potere temporale dei Papi e la casa Sabauda, coadiuvata dalle due Camere, come da Statuto Albertino, ne assunse il governo. Affiorarono subito grossi e gravissimi problemi nel nuovo Stato per il riordinamento economico-finanziario che gravarono, per alcuni decenni, sui sacrifici della maggioranza del popolo.
La presenza nelle due camere di validissimi economisti e di esperti uomini politici, di tendenza liberale moderna, forgiarono l'Italia del 20° secolo. |