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L'installazione dei due generatori di corrente, a gas povero, nei locali della Società Laziale di Elettricità, in Via S. Maria, nel 1890, non risolse celermente l'elettrificazione del paese. Fu un lavoro lento ed alacre quello affrontato dagli elettricisti per creare le linee aeree della distribuzione. Comunque i primi utenti a fruirne furono gli artigiani, che trovarono nell'industrializzazione con motori elettrici e nel riammodernamento dei loro impianti, seppur costosi, una esemplificazione notevole dei lavori ed una moltiplicazione sulla produzione e sui loro redditi. Tra questi vi erano i molinari, i falegnami, i fabbri, tutti gli uffici statali, i comandi e le caserme e qualche allaccio a privati delle civili abitazioni. Era questione di linee aeree, pali, impianti, con l'assorbimento di enormi quantità di materiale impiegato, che a volte era difficile reperire tempestivamente.
L'illuminazione pubblica, nella sua immensa estensione territoriale, lasciò molto a desiderare, tanto è vero che fin verso il 1906 ed oltre, si vedeva ancora circolare il << lampionaro>>, con scala, canna e stoppini catramati, per accendere i lampioni a petrolio disseminati per il Borgo e fuori. Gli anziani ancora lo ricordano (molto pochi). Il lampionaio era Isaia Restante, alto e stereotipato, un calzolaio nativo di Cori, che aveva il deschetto su Via Romana, prima dell'incrocio di Via Cavour; abitava in una baracca, nella vigna di Melchiorre De Franceschi, prima della Villa che in seguito acquistò il capitano Donati. |