"Vogliono ancor le greggi meste passar di là... Non ci lasciar avanti la Porta chiusa erranti come vane parole". Con una coinvolgente poesia nata all'alba del sec. XX, Giovanni Pascoli sulla scia di pellegrini illustri come Dante e Petrarca, con abili pennellate lascia la sua impronta al giubileo del 1900. Il titolo della poesia è LA PORTA SANTA: 9 strofe che esortano papa Leone XIII a tener sempre aperto l'uscio del perdono.
In un'epoca contrastata e lacerata, come Io era quella dell'Italia del post-risorgimento, con enormi problemi sia a livello politico che religioso, il poeta romagnolo trova in quella Porta l'ideale più alto. L'unica luce in quell'inizio di secolo che nulla di promettente lasciava presagire.
"Non ci lasciar nell'atrio del viver nostro, avanti la Porta chiusa... ".
La breccia di Porta Pia aveva aperto il varco ad un'Italia Unita che trovava così la sua capitale, ma non fu quella porta che unì l'Italia delle coscienze. Leone XIII, nell'indire l'Anno Santo del 1900, respirando a pieni polmoni l'aria avvelenata da quelle controversie, indicò la via del ritorno alle ragioni del cuore partendo dal Cuore di Cristo, unica ancora di salvezza del mondo. Non furono "quattro straccioni pidocchiosi", come era nelle previsioni di certa stampa radical-massonica, i pellegrini che giunsero a Roma. Quello del 1900 non fu un Anno Santo dalle grandi folle, ma nella Città Eterna vennero credenti da tutto il mondo.
Quella Porta, nonostante tutto la "voglion passare ancor le greggi meste" perché quella Porta è l'icona di quella misericordia che ogni uomo di qualsiasi ideologia cerca e desidera. L'incontro con Dio tiene conto delle luci e delle ombre della persona umana ma alla fine si desidera la porta Santa della divina misericordia.
Giovanni Pascoli, al di là delle sue personali convinzioni in materia religiosa, si fa portavoce del desiderio di perdono e di misericordia nascoste nel cuore di ogni uomo.
La Porta descritta dal Pascoli è quella dell'unico Giubileo di Marietta, quello dell'Anno Santo del 1900. Quell'Italia descritta è anche quella della Goretti.
Non sappiamo se Marietta sentì parlare del Giubileo. Il Pianeta delle Zanzare era un universo a sé, tagliato fuori dai grandi eventi. Marietta aveva 10 anni ed era arrivata da appena 10 mesi nella zona di Conca. I Goretti andavano qualche volta a Nettuno a vendere le uova e i polli. Un contatto inevitabilmente superficiale con un ambiente, tra l'altro chiuso e piccolo. I treni che percorrevano la Roma-Napoli, arrivando a Cisterna, avevano l'ordine di tener chiusi i finestrini per via della malaria e il fetore.
L'unica finestra aperta sul mondo era quella della fede. I pulpiti di Campomorto e Conca fungevano da cattedra e da gazzettino, ma erano gestiti solo nel periodo estivo, quando la palude allentava la morsa.
I Passionisti del Santuario, gli unici ad avventurarsi in questo angolo del pianeta, iniziarono anche delle piccole scuole di alfabetizzazione oltre che a garantire i sacramenti. Un Breve di Papa Pio X riconoscerà l'alto valore umano e spirituale di questo apostolato (14 gennaio 1911).
E' possibile che in questo contesto la parola "giubileo" venisse ascoltata dai rudi uomini della Palude. Roma non è lontana fisicamente ma distante anni luce dal mondo di Marietta.
Certamente le parole come indulgenza, Porta Santa, Perdono arrivarono anche tra i banchi della chiesina dell'Annunziata di Conca dove abitualmente la famiglia Goretti si recava. Marietta, ricorda mamma Assunta, non perdeva nulla di quegli insegnamenti.
In quell'anno giubilare morì il 6 maggio Luigi Goretti, il papa di Marietta, e quell'Anno Santo inevitabilmente rimase incancellabile nei ricordi della famiglia Goretti. Ma il suo vero giubileo Marietta lo celebrerà in quella cameretta dell'Ospedale di Nettuno. La porta dell'Orsenigo sarà la sua Porta Santa.
Il giorno prima, il 5 luglio, si era consumato l'orribile scempio di Cascina Antica, un vero sacrilegio su quel corpo trafitto da un punteruolo. Un delitto che attraverso il tam-tam del porta a porta giunse negli angoli più dimenticati del Pianeta delle Zanzare.
Momenti convulsi e frenetici, l'ambulanza, la strada per Nettuno, l'arrivo all'ospedale, l'intervento chirurgico, la notizia che guadagna le cronache di un giornale romano, la resa davanti alla gravita delle ferite. "Non c'è più nulla da fare" diranno i dottori dell'Orsenigo. Su questa frase Marietta non è daccordo, lei viaggia su una lunghezza d'onda diversa, scorge altri orizzonti, sprizza una luce che non è di questo mondo. "Perdono Alessandro, non mi interessa che lo chiamano il mostro, so bene che sta viaggiando verso la galera, sento ancora sulla carne il ferro che mi ha trafitto, ma io voglio varcare quella Porta Santa del mio personale giubileo. Invoco su di lui la misericordia di quel Dio nel cui regno lo voglio avere vicino".
Non sappiamo se Giovanni Pascoli venne a conoscenza del delitto di Cascina Antica, certamente Marietta non potè leggere quella poesia. Realtà troppo diverse ed inconciliabili. Di sicuro Marietta chiuse gli occhi senza "lasciare nell'atrio avanti la Porta Chiusa" Alessandro Serenelli.
Dopo molti anni, racconterà l'uccisore, sarà proprio quella porta della misericordia a permettere ad Alessandro di girar pagina nella sua tormentata esistenza. La sua sarà una storia di un uomo che ha sbagliato duramente ma che poi ha saputo risorgere e portare frutto.
Tracce di questo "giornale dell'anima" lo possiamo leggere nel suo famoso testamento scritto qualche anno prima della morte avvenuta nel 1970 nello stesso giorno e nello stesso mese (6 maggio) della morte di Luigi Goretti. |