Maria Goretti in un francobollo
emesso dal Vaticano nel 1952
NETTUNO - Papa Paolo VI visita
il Santuario il 14 settembre 1969
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Gli anni tra le due grandi guerre sono caratterizzati da una diffusione estesa di ricerche sui problemi dell'infanzia e dell'età evolutiva.
Dapprima gli studi psicologici si orientano sulla problematica dei cosiddetti "bambini difficili", poi ai fini di una riorganizzazione degli studi in materia le ricerche si indirizzano verso una sistematica e rigorosa analisi dei vari aspetti dell'intera questione.
Negli ultimi anni gli studi di psicologia dell'età evolutiva raggiungono traguardi considerevoli.
Pertanto senza la presunzione di voler risolvere tutti gli interrogativi, siamo in grado di portare un serio contributo al dibattito in base alle recenti acquisizioni circa il mondo psichico del bambino e dell'adolescente, condotti sapientemente dal Piaget, uno degli psicologi più geniali del nostro tempo.
"Nell'ambito di una indagine teorica e sperimentale dello sviluppo qualitativo della struttura mentale, Jean Piaget ha scritto una pagina fondamentale nella storia della psicologia" (54).
Ciò che colpisce in lui è l'abbondanza di discussione teorica che accompagna la presentazione dei dati. L'originalità della sua opera non consiste tanto nel fatto che Piaget scopre che il pensiero infantile non differisce solo quantitativamente, ma anche qualitativamente dal pensiero dell'adulto.
Piaget va più in là, egli constata la differenza e ne analizza le conseguenze sul piano della visione del mondo e delle spiegazioni dei fenomeni fisici.
Piaget è certo ben conosciuto come il "Signor psicologia infantile", come colui cioè che più di ogni altro ha contribuito allo studio dell'universo mentale del bambino. Egli è in particolare noto per avere elaborato l'idea che l'intelligenza umana si sviluppa, dalla nascita all'età adulta, attraverso stadi successivi, ciascuno dotato di una sua autonomia e specificità.
In buona sostanza, è noto per avere cominciato a farci capire come e perché il bambino, in differenti età, riesca in certi compiti e non in altri.
Piaget ha cercato un metodo di indagine e di osservazione che fosse in grado di preservarci da quella "fallacia dello psicologo" che, già alla fine del secolo scorso, William James individuò come la più pericolosa fonte di "indovinelli imbrogliati"; la confusione, che lo psicologo fa tra il proprio modo di vedere e il modo del "soggetto" che è oggetto della sua indagine. Un esito importante di questa ricerca è senz'altro l'aver consentito di concepire il bambino non come una copia in miniatura e difettosa dell'adulto ("completo"), ma come uno specifico e coerente sistema cognitivo, autonomo creatore del suo mondo e dei suoi significati.
Lo scienziato svizzero tenta di delineare il mondo del bambino distaccandosi dalle norme dell'adulto.
Piaget distingue 3 stadi essenziali dello sviluppo intellettuale del bambino:
- stadio dello sviluppo senso-motorio, da O a 2 anni
- stadio delle operazioni concrete, 2-11 anni
- stadio delle operazioni formali, dopo gli 11 anni.
Considerando il significato della parola "stadio", dei limiti che impongono i termini "processo di formazione" e "forme di equilibrio", a noi interessa per ovvi motivi la dinamica dello sviluppo mentale del 3° stadio, che cronologicamente corrisponde all'età in cui Maria Goretti compì i suoi gesti più significativi.
Mettiamo subito in guardia da un'applicazione tout-court dei presupposti piagetiani ad una situazione che non ci permette un'esauriente possibilità di indagine come è quella della Goretti.
A noi interessa accertare le reali possibilità mentali di una dodicenne, causa questa di tanti dubbi e di tanti pregiudizi ed analizzare di conseguenza il comportamento di Marietta.
L'ultimo stadio dello sviluppo intellettuale del bambino è caratterizzato dall'apparizione delle operazioni formali (operazioni che si riferiscono a proposizioni, operazioni "pure" senza contenuto relativo ad oggetti fisici).
Diversamente dallo stadio precedente, strettamente legato alla realtà ed al presente, ora il ragazzo è in grado di riflettere il suo pensiero, la sua riflessione oltrepassa il presente stesso.
La caratteristica del pensiero formale fondamentale consiste nel capovolgimento del ruolo tra il reale ed il possibile. Il possibile, subordinando a sé il reale, da luogo ad un mutato atteggiamento verso i problemi cognitivi. Non più teso ad organizzare la realtà immediata, l'adolescente ha la possibilità di immaginare tutto ciò che potrà accadere. È quindi più sicuro di trovare tutti i dati presenti.
Egli affronta l'esame di un determinato problema, cercando di prospettare fin dall'inizio tutte le relazioni possibili inerenti al problema stesso e poi tenta, tramite l'azione ed il ragionamento, di scoprire quali di queste relazioni possibili si avverino concretamente.
Se si vuole scoprire il reale nel possibile bisogna però che il possibile sia concepito come una serie di ipotesi, che i fatti in seguito possono smentire e/o confermare.
"La strategia cognitiva del pensiero formale è dunque fondamentalmente di natura ipotetico-deduttiva. La deduzione in questo caso non riguarda più la realtà percepita, ma gli enunciati ipotetici, cioè le proposizioni che formulano le ipotesi:
Essa consiste allora nel legare tra di loro queste assunzioni tirandone le conseguenze necessarie" (55).
Altra caratteristica del pensiero formale è la combinatoria. Il ragazzo nel suo ragionamento non fa più riferimento a dati concreti della realtà, ma ad affermazioni, formulazioni, in generale a proposizioni che contengono i dati stessi.
Egli ora non è solo capace di compiere le operazioni di classificazione e di seriazione, ma di porre anche delle relazioni sui risultati delle operazioni concrete.
"In altre parole ora si sottopongono tutte le variabili di un problema ad una analisi combinatoria, un metodo che garantisce molto bene che il possibile sarà inventariato in modo esaustivo" (56).
Un'altra proprietà precipua del pensiero formale è quella di essere proposizionale, di fondarsi cioè su elementi verbali anziché sugli oggetti. Spesso questo è l'aspetto più distintivo del pensiero formale.
Tuttavia Piaget insiste nel mettere in risalto che la peculiarità del terzo stadio non può consistere solo nel suo aspetto verbale, per il fatto che anche questo si assoggetta alla preminenza del possibile sul reale.
Questa in sintesi è la dinamica mentale potenzialmente presente dopo gli undici anni, anche se è ovvio premettere che non si può esigere che uno "stadio" si presenti immediatamente nella sua forma più evoluta.
Pertanto nella pratica è d'obbligo distinguere una fase di formazione ed un periodo di compimento.
Ma è sempre la struttura d'insieme che caratterizza il comportamento del soggetto.
In ultima analisi si tratta di una intensa e ben strutturata attività mentale che permette al ragazzo operazioni cognitive complesse.
Al termine di questa breve esposizione del pensiero piagetiano sulle capacità mentali del terzo "stadio", ci possiamo legittimamente chiedere:
"Dai documenti, dalle testimonianze, dai brani di dialoghi in nostro possesso, possiamo veriftcare se Maria Goretti rivela la presenza di tali capacità mentali e psichiche nella sua personalità?'.
Più che soffermarci ad una esegesi in chiave psicanalitica di tutti i dati che compongono il ritratto psichico della Goretti, è la visione d'insieme che ci permette di valutare in termini affermativi la nostra ipotesi.
"La personalità - scrive Piaget - esiste, a partire dal momento in cui si forma un 'programma di vita' (Lebensplan) che sia ad un tempo origine della disciplina per la volontà e strumento di cooperazione; questo programma di vita suppone però l'intervento del pensiero e della libera riflessione e può quindi essere elaborato soltanto quando si veri-ficano determinate condizioni intellettuali quali il pensiero formale o ipotetico-deduttiuo" (57).
Nella vita di Manetta emerge chiarissima la bozza di un progetto.
Il "programma di vita" è una realtà dai lineamenti precisi ed invalicabili, una trama sottile che ispira le sue scelte di fondo: "Mamma, piuttosto che dire una sola di quelle parole, mi faccio..." (58), condizionerà l'accettazione di un valore invece di un altro: "Alessandro, che fai, vai all'inferno" (59), combinando situazioni e comportamenti: "La Marietta cercava di non rimaner sola con me per..." (60), che in certo qual modo sono determinanti ai fini della sua realizzazione.
Pur con tutte le cautele della situazione, possiamo affermare che Marietta è nella fase dello sviluppo mentale che Piaget chiama del "pensiero ipotetico-deduttivo", con tutti i suoi complessi dinamismi e la sua precisa autonomia.
Un altro dato che ci permette di valutare in questa direzione la personalità di Maria Goretti è la qualità della reazione di fronte ad una serie di situazioni conflittuali come la morte del padre, l'inserimento produttivo in un ruolo familiare non proprio suo, la strategia difensiva attuata per aggirare le proposte di Alessandro.
Non si ha un adattamento così creativo se non si è in possesso di una personalità ben strutturata e dallo sviluppo psichico non compromesso.
Alla luce di queste acquisizioni la personalità della Goretti esce ritratta in termini finora inediti, che lasciano cadere molte ombre sulla credibilità dei suoi gesti più significativi.
Vogliamo infine mettere in guardia da un possibile malinteso. I progressi delle scienze comportamentali, ed in special modo della psicologia dell'età evolutiva, hanno contribuito ad una visione più profonda e reale di tutta la problematica circa l'infanzia.
È un arricchimento che apre orizzonti nuovi dei quali ora bisognerà tener conto quando si parla di personaggi e santi troppo facilmente etichettati come "piccoli-uomini o piccole-donne".
La tentazione di adultizzare la loro storia così tipica di certa letteratura è una ingiustizia che non ha scusanti.
Pur in una età così giovane l'organizzazione della attività mentale ha una sua precisa e autonoma identità.
NOTE
(54) FLAVELL: La mente: dalla nascita alla adolescenza dei bambino nel pensiero di J. Piaget.. Roma Astrolabio 1971.
(55) DEL GATTO-MARTINCICCI-NENCl-SDINO: L'adolescenza, ed. Bulzoni, pag- 214.
(56) FLAVELL J.H.: La mente: dalla nascita alla adolescenza nel pensiero di J. Piaget, pag. 258.
(57) J. PIAGET: Lo sviluppo mentale del bambino, ed. PBE, pag. 74.
(58) PROC. INF. f. 82-96.
(59) PROC. INF. f. 84-158-169-178.
(60) PROC. INF. f. 168 |