Il mensile del Santuario
"LA STELLA DEL MARE"
è diffuso e letto in tutto il mondo
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Una delle più efficaci sintesi del Talmud afferma lapidaria: "Chiunque salva una vita è come se avesse salvato il mondo. Chiunque distrugge una vita è come se avesse distrutto il mondo". E Gesù, figlio di quella terra e di quella cultura, farà volare in alto più di tutti quell'amore per la "vita" considerata nei suoi versanti metaforici che includono anche l'idea del "ritorno" e della "casa". L'immagine-simbolo di questo volare alto ci viene offerto dalla parabola lucana del "Figliol Prodigo", sublime "icona" di ogni ritorno.
Il ritratto del padre, offertoci da Gesù, non si affida alle coordinate della giustizia commutativa. Il suo "salvare la vita" si colora di misericordia e di perdono, desidera celebrare "la vita" ritrovata dopo periodi di buio e di oscurità. Nessun processo alle intenzioni che determinano la "fuga" ma gioia per un ritorno lungamente atteso.
Un vero ciclone umano e spirituale che arriva a turbare i delicati equilibri affettivi e familiari. Un approccio alla "vita" che con la sua carica di novità spiazza la sicurezza del "fratello maggiore" tutto casa e lavoro ma ancora neofita sulla lezione della paternità compiuta.
Sarà l'intuizione di questa non logica a guidare come un radar la rotta del ritorno del figlio ormai perduto.
Non è sufficiente il pentimento a far scaturire la nostalgia della teshuwah. Il dispiacere di un passo falso ci mette in crisi con la continuità del passato. Il dolore della colpa ci blocca interiormente, di solito ci guida al pentimento. Una vera cerniera tra passato e presente.
Ma tutto potrebbe finire lì, naufragare tra le sabbie del "senso di colpa" e tante volte condurre alla depressione.
La lezione del padre della parabola lucana ci porta decisamente più lontano. Gesù ci parla di un uomo che non aspetta al varco, non celebra la resa del figlio sulla soglia di casa. I gradini vengono scesi velocemente, il padre "scende e va incontro", conduce per mano quel figlio mai dimenticato e fa sì che il ritorno si concluda in casa e non sulla porta.
Adesso la "vita" torna a rifiorire dopo il grigio inverno dello smarrimento. E quella festa organizzata su due piedi celebra non solo il pentimento di un figlio ormai perduto ma il suo ritorno a casa e alla "vita".
I devastanti avvenimenti del Kossovo chiudono la porta ad un secolo tremendo per l'Europa. Cento anni di fanatismo ideologico e politico che hanno lasciato il nostro continente stremato ed avvilito. Dopo il sec. XIX che aveva garantito passi importanti sulla via della pacifica convivenza e del progresso della scienza, il nostro secolo ha visto la Prima Guerra Mondiale, la rivoluzione sovietica, il terrore delle stragi staliniane, il nazismo, la Seconda Guerra Mondiale, le dittature comuniste nell'Europa orientale ed inoltre la rovina dell'impero sovietico.
Avvenimenti drammatici ed inguardabili che hanno spinto gli uomini alla fuga e alla distruzione di ogni legame con la casa comune della civiltà. La filosofia dell'occhio per occhio e dente per dente ha sacrificato, sull'altare di una certa giustizia, sangue e odio. Pentimento o pentitismo? Ritorno nell'alveo di valori millenari o fuga in avanti? Ritorno a quale casa e da quale padre?
"Il nostro tempo ha bisogno di testimoni e non di maestri", amava ripetere Paolo VI. La santità all'apparenza non sembra avere un rapporto ravvicinato con la storia. Appaiono mondi inconciliabili: da una parte la città dell'uomo e dall'altra quella di Dio. Ciascuno con le sue utopie.
Ad una analisi superficiale la storia di S. Maria Goretti, così anonima e provinciale, sembra non voglia offrire niente. Un palcoscenico il suo, di campagna, in confronto ai grandi siparietti dei palazzi del potere.
Eppure i santi, vivendo radicalmente l'Evangelo, dalla morte sono passati alla vita, dalla memoria alla risurrezione, dal pentimento sono tornati alla pace interiore. Seguendo il Padre della parabola lucana non si sono fermati ai diritti del ruolo o della giustizia commutativa. Hanno sceso le scale dell'orgoglio e della ragione e, sull'esempio di Gesù, hanno favorito il ritorno alla vita. Intorno a loro i germi di morte hanno lasciato il posto a semi di risurrezione. In ultima analisi il loro stile risulta vincente.
Una esistenza racchiusa in un fazzoletto di anni, inserita nel contesto storico dell'Italia fine '800 inizi '900.
Una borsa valori vissuta nella sua pelle e riproposta all'uomo di oggi, più attuale che mai. Una spiritualità la sua che va ben al di là dell'immagine giornalistica della "Santa brava cinque minuti".
Anche Marietta alla sua maniera ci racconta la parabola del "Figliol Prodigo". In lei l'insegnamento di Gesù diviene forza inarrestabile più forte della stessa vita.
Nell'abbecedario di Marietta trovano posto le tre parole ispirazionali proposte dal Vescovo Dante Bernini per celebrare la festa di S. Maria Goretti nell'anno dedicato al Padre. Vediamole nell'ottica spirituale di Marietta.
Padre: il ruolo svolto da papà Luigi fu sicuramente positivo. Valori schietti, decisioni prese con responsabilità, una guida sicura per la sua famiglia. Da Corinaldo a Conca, cuore delle Paludi Pontine. Un avvenire che si preannunciava sereno e che tramonta troppo presto a causa della malaria.
Per Marietta il passaggio dall'immagine positiva del padre terreno a quello Celeste fu spontaneo. Aveva interiorizzato sicurezza e fiducia e tutto questo lo vediamo riflesso nelle sue parole pronunciate in occasione della morte di Luigi: "Mamma, vedrai, Dio non ci abbandonerà. Io prendo il tuo posto nei lavori di casa e tu quello di papa nei lavori dei campi. Camperemo, vedrai...". Parole importanti, un vero inno alla Provvidenza da cui Marietta dipende completamente. La tenerezza della figlia nelle braccia del Padre.
Casa: cuore dell'intimità familiare, angolo della quiete e della preghiera. Il casolare è il simbolo di Marietta. Un richiamo il suo ad una santità vissuta nel quotidiano, da laica. Del suo passaggio sono rimasti testimoni silenziosi ben 3 casolari. La Casa Natale di Corinaldo, Colle Gianturco di Paliano e Cascina Antica di Le Ferriere. Tutti (eccetto Paliano, purtroppo) divenuti luoghi di preghiera e di incontro con Dio, con la sua misericordia e il suo perdono.
Ritorno: il ricordo va subito alla storia di Alessandro Serenelli, il suo uccisore. Una storia di emarginazione e di sconfitte ma anche di recupero e di ritorno alla vita. Non fu la condanna a 27 anni a determinare il recupero di Alessandro. Lo stesso Serenelli svelerà il segreto: "È stato il perdono di Marietta che ha fatto il miracolo della mia conversione". Il"ritorno a casa" è racchiuso in quel gesto del Padre della parabola e che Marietta interpreta in prima persona.
LE FERRIERE - "Cascina Antica"
il luogo dove venne ferita a morte Marietta |
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