NETTUNO - La strada sterrata che dalle paludi
conduceva al centro del paese. Sullo sfondo
la chiesa della Madonna delle Grazie
NETTUNO - La piazza principale. Sulla sinistra
c'era la caserma dei carabinieri dove condussero
Alessandro Serenelli la sera del 5 luglio 1902
NETTUNO - Il Santuario della Madonna delle Grazie
come lo vide S. Maria Goretti
NETTUNO - Una rara immagine dell'ospedale Divina
Provvidenza al tempo in cui vi morì S. Maria Goretti.
L'ospedale era composto da una sola ala.
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Una decina di chilometri separano Le Ferriere da Nettuno. Il nastro di asfalto si stende tra vigneti e serre. Intorno case sparse e rumori di trattori, simboli chiassosi di una civiltà che cambia.
Dopo il borgo Tre Cancelli, tra gli alberi, si intravede il grattacielo Scacciapensieri, il mare si distende più in là dopo la siepe di case e di chiese.
Marietta ora abita vicino al mare, il suo corpo riposa in una chiesa dal volto candido del travertino, dagli stili diversi ma dal misticismo dei santuari dedicati alla Vergine.
Dall'uomo della strada viene chiamata "chiesa di S. Rocco" ed il ricordo corre a ritroso nel tempo, quando esisteva solo una povera chiesina, dall'aspetto dimesso e cara ai nettunesi, dedicata a S. Rocco e che dal 1550 conserva la statua prodigiosa della Madonna delle Grazie.
Le circostanze e gli avvenimenti straordinari del sec. XVI che portarono a Nettuno la miracolosa statua in legno della Madonna delle Grazie da Ipswich colpirono profondamente i contemporanei.
Da quel giorno l'influenza della spiritualità mariana nella fede cristiana dei nettunesi è un elemento di incisiva creatività.
Per un singolare disegno della Provvidenza, più volte Marietta venne a pregare dinanzi alla sacra immagine.
All'interno le stupende vetrate di Tito raccontano la sua storia e nell'ora del tramonto dimenticano sulle pareti e sui banchi briciole di arcobaleno.
Due scale a chiocciola guidano il visitatore nella cripta, tutta dedicata al piccolo fiore di campo.
La città è tutta lì davanti, con i suoi 50.000 abitanti, le vie, le piazze, il borgo medioevale, la collegiata di S. Giovanni, il porto turistico, il lungomare, salotto civettuolo dove nascono amori e passeggia quella malinconia dai ritmi immutabili e scanzonati.
La cittadina tirrenica, mèta turistica in notevole espansione, è famosa anche per il Cimitero Americano che raccoglie 7.863 soldati caduti nello storico sbarco del 22 gennaio 1944 e per la sua prestigiosa Scuola di Specializzazione di P.S..
Sotto il Colle Paradiso, tra gli oleandri e il mare vi è la Casa della Divina Provvidenza (ex ospedale Orsenigo). Una costruzione massiccia e tentacolare adibita ora a compiti tra i più impossibili.
Maria Goretti vi arrivò la sera del 5 luglio 1902, ferita a morte.
Dopo l'operazione, fatta senza anestesia ma alla "luce della corrente elettrica", Marietta venne portata in una dipendenza dell'ospedale chiamata Casina delle Signore perché riservata alle partorienti. Una stanza a tre letti dove il giorno dopo morì di peritonite settica e di emorragie.
La camera trasformata in cappella contiene molti ricordi di quei giorni e papa Pio XII la rese preziosa con il dono di un altare.
In circostanze provvidenziali è stato rinvenuto anche il tavolo operatorio in cui la piccola Maria fu curata: un tavolo in marmo di oltre 2 metri per 60, sorretto da terra da 2 colonnine.
Rinvenuto negli scantinati dell'Orsenigo, si è salvato perché adibito al trattamento della creta in uno studio di ceramica.
Nettuno vanta un passato illustre. Recenti studi archeologici permettono di affermare che la Antium dei Romani si estendeva proprio nel luogo dove ora sorge la città moderna.
I templi dedicati ad Esculapio ed Èrcole la rendono famosa in tutta l'antichità e mèta di pellegrinaggi. Il suo periodo di decadenza coincide con le invasioni barbariche, tra il sec. X e XI sorse il borgo come fortezza contro i saraceni.
Nel 1501 venne costruito il castello Sangallo e 49 anni dopo giunse dall'Inghilterra la statua della Madonna delle Grazie. Il 30 novembre 1599 vi nacque il famoso pittore Andrea Sacchi ed il 21 marzo 1624 il celebre oratore Paolo Segneri.
Agli inizi del 1900 le rare fotografie ritraggono un paesotto cresciuto attorno al borgo medioevale, percorso da una stradina bianca e polverosa a precipizio sul mare. Una tipica economia agricola, fiero della sua Madonna e delle sue invidiabili bellezze naturali.
Per chi giunge dal Pianeta delle Zanzare è un angolo di stridente suggestione. L'undicenne Maria Goretti imparò molto presto ad amarla quando veniva a vendere le uova con gli altri prodotti della campagna.
La chiesina di S. Rocco era un appuntamento immancabile; dopo qualche passo, al di là delle mura del convento dei Passionisti, la palude inghiottiva anche l'ultimo sorriso.
NETTUNO - Il Santuario
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I signori della terra di Nettuno
Dopo la caduta dell'impero romano la città di Antium venne saccheggiata e devastata dai goti. I profughi fuggirono sui monti in cerca di sicuro rifugio e si stanziarono sul promontorio dove sorgeva, quasi totalmente distrutto, l'antico tempio del dio Nettuno. Ritenuto questo luogo abbastanza sicuro, grazie alla sua posizione elevata, vi edificarono un castello fortificato con torri e bastioni.
Nell'845 il territorio divenne teatro di nuove scorrerie da parte dei saraceni che saccheggiarono ripetutamente tutto il litorale tirrenico. Donne e bambini saraceni, abbandonati dai loro uomini, trovarono ospitalità nel castello, tramandando i loro costumi al popolo nettunese che ancora oggi ne conserva alcune tradizioni.
Durante il Medioevo, primi signori della terra di Nettuno furono i monaci di Grottaferrata ai quali il feudo venne tolto con la forza da Tolomeo I, conte di Tuscolo, come attesta un ricorso presentato a Innocenze II (1130-1143) dai monaci stessi che ne rivendicavano il possesso.
La popolazione coltivò il terreno prevalentemente a cereali per cui il feudo venne definito "granaio del Lazio". Da un documento del 1163 risulta che il modium, il moggio di Nettuno venne preso come unità di misura per gli abitanti dei paesi e delle campagne circostanti.
Alla fine del secolo XII il feudo passò a Giovanni Gaetano Orsini che lo possedette fino al 1267, data in cui Rinaldo, figlio di Matteo Rubeo Orsini, cedette gratuitamente al fratello cardinal Giovanni ogni diritto e proprietà su tutto il territorio. Si deve agli Orsini l'ampliamento dell'abitato cittadino che fu protetto con una cinta muraria dotata di otto torri.
Con l'ascesa al soglio pontificio di Martino V, il dominio passò alla nobile famiglia dei Colonna che fece compiere ulteriori opere di fortificazione del castello. Nel terzo anno del pontificato di Alessandro VI, Alfonso II, successore di Ferdinando d'Aragona, unitamente alle truppe pontificie capitanate da Virgilio Orsini, invase le terre dei Colonna. I nettunesi però respinsero l'attacco con una strenua difesa. Per vendicarsi della sconfitta subita, papa Alessandro VI, con bolla pontificia del 20 agosto 1501, confiscò tutti i beni dei Colonna dividendoli fra i suoi figli e i nipoti. Vero signore di Nettuno divenne così Cesare Borgia, anche se nominalmente era investito del potere Rodrigo, allora fanciullo di appena tre anni. Dopo la morte di Alessandro VI, al quale si deve la costruzione della fortezza, Giulio Il reintegrò i Colonna nel possedimento di Nettuno, dopo aver vinto e catturato Cesare Borgia. A prendere possesso della città fu inviato Pompeo Colonna.
Giulio II, d'intesa con i Colonna, fece esplorare il territorio nettunese, scoprendo numerosi tesori d'arte, oggi esposti in vari musei italiani e stranieri. Tra questi ricordiamo la statua di Apollo detta del Belvedere, il Gladiatore morente del Museo capitolino, il Nettuno del Museo lateranense e Dositheo da Efeso del Louvre.
Divenuto cardinale, Pompeo Colonna lasciò la signoria di Nettuno a suo fratello Ascanio e, nel 1527, invase Roma con il contestabile di Borbone e le truppe imperiali, saccheggiandola. Clemente VII, fuggito a Castel Sant'Angelo, fu costretto a venire a patti con l'imperatore per ottenere che il Colonna lasciasse la città. Infine, il Colonna, pentito, mediò il riscatto del pontefice. A Nettuno intanto Ascanio, in seguito a contrasti con la Santa sede, venne privato del feudo e al suo posto fu inviato un governatore.
Seguì un breve periodo di dominazione dei Carafa, poi il feudo tornò ai Colonna nella persona di Marcantonio, figlio di Ascanio e di Giovanna d'Aragona. Egli compì numerose opere tra le quali la realizzazione di una nuova cinta bastionata a protezione del borgo. Dopo la morte di Marcantonio Colonna, avvenuta a Medinaceli (Spagna) nel 1584, il feudo venne acquistato da Clemente VIII e, per esso, dalla Camera apostolica. Terminato il dominio dei Colonna, i nettunesi si trovarono così sottoposti alla Santa sede. Tra l'altro, nella speranza che il papa migliorasse le loro condizioni economiche, trasferirono alla Camera apostolica una certa quantità di terreno boschivo. Ma le loro aspettative furono deluse.
Le condizioni di vita dei nettunesi cominciarono a migliorare dopo la morte di Urbano VIII avvenuta nel 1664. Durante il pontificato del suo successore, Innocenzo X, vennero infatti emanati ordini severissimi contro gli arbitrii e le angherie degli affittuari camerali.
Nel 1656 si abbattè su Nettuno il flagello della peste che ridusse la popolazione a circa ottocento persone. Nel timore che l'epidemia potesse ulteriormente diffondersi mediante vecchie carte, si bruciarono libri, registri e documenti antichi. Da Roma giunse un inviato della Camera apostolica che cercò di arginare l'epidemia con severe norme d igiene e con l'isolamento dei casi più gravi.
Per lenire le conseguenze economiche di tale flagello, venne istituito, nel 1668, un Monte Frumentano con le offerte in grano dei contadini più facoltosi.
Ne erano amministratori i priori della comunità che distribuivano il grano ai richiedenti per mezzo di due incaricati eletti dal pubblico consiglio detti "abbondanzieri". Il grano veniva dato a "quartarella rasa" e doveva essere restituito, dopo il raccolto, a "quartarella colma". La differenza era a vantaggio e mantenimento della benefica istituzione.
Nel 1697 papa Innocenzo XII, pressato dalle richieste dei nettunesi e dei napoletani, suoi concittadini, decise di adempiere alle promesse fatte nel 1594 da papa Clemente VIII in merito alla ricostruzione, almeno in parte, del porto neroniano. Con una commissione di dodici cardinali e gli architetti Carlo Fontana e Alessandro Zinaghi, si recò a Nettuno, ospite della famiglia Pamphili. Seguito da buona parte della popolazione si recò poi a Capo d'Anzio per studiare il luogo più adatto alla realizzazione dell'opera. Dopo aver consultato ed esaminato il progetto di valenti ingegneri del tempo, scelse quello di Alessandro Zinaghi che, invece di ripristinare il porto neroniano, aveva presentato un piano del tutto nuovo.
Alle opere di costruzione ed alla suddivisione delle spese, parteciparono anche i nettunesi in previsione dei benefici di cui avrebbero potuto godere in futuro. Nell'aprile del 1699 il papa, diretto ad Anzio per l'inizio dei lavori, si fermò a Nettuno dove si svolse una simbolica cerimonia con l'offerta dei sette pani o focacce di grano. Al termine della cerimonia Innocenzo XII si recò ad Anzio per presenziare all'avvio dei lavori.
Al compimento dell'opera, la spesa sostenuta superò di gran lunga il preventivo, ma i risultati furono assai deludenti poiché il nuovo porto, denominato Innocenziano, era soggetto a frequenti insabbiamenti. I nettunesi, che avevano contribuito con lavoro e denaro alla sua realizzazione, dovettero necessariamente sottostare all'amministrazione di Anzio che non concesse loro alcun diritto, privandoli inoltre anche del permesso di vendere il loro pesce.
Fino ai primi anni del XIX secolo il nuovo porto e la zona costiera di Nettuno furono soggetti alle improvvise scorrerie dei pirati turchi che con i loro sciabecchi arrembavano le navi che incontravano sulla loro rotta.
NETTUNO - Interno del Santuario nell'anno 1957
NETTUNO - Veduta aerea e notturna del Santuario
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