Dal punto di vista teologico sono soprattutto due i problemi sollevati dalla vicenda di Maria Goretti: la giovane età e l'autenticità del martirio.
La giovane età
Mancando il supporto delle scienze antropologiche, la cautela della Chiesa è dettata soprattutto da motivi di opportunità.
Ma in un contesto teologico il problema della giovane età non sembra essere giustificato.
Nella Sacra Scrittura sono innumerevoli gli episodi che vedono come protagonisti uomini e donne in giovane o addirittura tenera età.
Illuminante il passo biblico tratto dal libro della Sapienza: "Vecchiaia non è quella di lunga vita, né quella che si misura con il numero degli anni; ma la sapienza costituisce la veneranda canizie dell'uomo e vera età senile è una vita immacolata" (Sap. 4,8-9).
Isacco, che significa colui che ride, è il figlio della promessa finalmente compiuta che riempie di gioia Abramo e Sara (Gn 21, 1-2) ed è ancora il fanciullo Isacco destinato al sacrificio a prefigurare quello dell'Unigenito Gesù.
Paolo VI dinanzi a S. Maria Goretti
il 14 settembre 1969
Giovanni Paolo II in preghiera nel Santuario
di Nettuno il 1° settembre 1979
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Aveva solo 17 anni (numero simbolico per dire giovane età) Giuseppe figlio di Giacobbe venduto dai fratelli (Gn 37,28). Le sue sofferenze servono nei piani di Dio a dare al popolo eletto un luogo tranquillo in cui potrà fermarsi e crescere. Giuseppe venduto e tradito è un'altra raffigurazione veterotestamentaria del Messia.
La potenza ed il volere di Dio si manifestano in modo esplicito nel racconto dell'infanzia di Mosé (Es 2,1-13) e sarà la morte dei piccoli primogeniti a far crollare il faraone e permettere l'uscita del popolo eletto dall'Egitto (Es 11).
Il segno dell'appartenenza a Dio è inoltre la consacrazione dei primogeniti come Dio dice esplicitamente a Mosé (Es 13).
Il piccolo Samuele, figlio di Anna ed Elcana (1 Sam 3,1-21) diviene strumento nelle mani di Dio per annunciare al sacerdote Eli la punizione di Dio per il tradimento dei suoi figli.
Sono pagine di intenso misticismo quelle che descrivono il servizio al tempio, l'aprire la porta all'alba, il risveglio notturno, i dubbi da parte di Samuele che "ancora non riconosceva la noce del Signore" (1 Sam 3, 7).
David giovanissimo viene consacrato re dal profeta Samuele (1 Sam 16,1-13) e confidando nel solo aiuto di Dio affronta e vince il gigante Golia nel drammatico duello nella valle di Terebinto (1 Sam. 17,31-51).
Tra i profeti Daniele, testimoniando fin da fanciullo la sua fedeltà alla legge di Dio (Dn 1,10-20) viene premiato dal Signore con il dono di interpretare i sogni.
Un vero cantico delle creature ante-litteram quello dei 3 giovani gettati nella fornace ardente per ordine del re Nabucodonosor, perché si erano rifiutati di adorare un dio diverso dall'unico Dio di Israele. Un canto di sublime fedeltà che Dio ricompensa con il prodigio del fuoco che non brucia (Dn 13,45).
Ancora una prova di fedeltà al Dio unico Signore del mondo viene dai giovani Maccabei che mettono il rispetto della Sua legge al di sopra della stessa loro vita (1 Mac 2).
Nel Nuovo Testamento Gesù continua a specchiare il suo insegnamento nel mondo dei piccoli. Attraverso di essi il Messia manifesta la sua divinità come nel miracolo della resurrezione della figlia di Giairo (Mc 5) e del figlio della vedova di Naim (Lc 7,11-17).
Sono i bambini uccisi a Bethlem per ordine del re Erode a testimoniare per primi, con il loro sangue, la nascita del Redentore.
Gesù sceglie le qualità più tipiche della giovane età e ne farà condizioni irrinunciabili per l'ingresso nel regno dei cieli (Mc 10, 13-16 / Lc 18,15-17/Mt 19,13-15 e 18,2-5).
Un ragazzo, il figliol prodigo, è protagonista della parabola più toccante del vangelo di Luca (Lc 15,11-32).
Giovanni, quarto evangelista, il discepolo prediletto è giovanissimo quando segue Gesù e sul suo vangelo narra il miracolo della guarigione del figlio di un dignitario di corte, collegandolo con uno dei più significativi insegnamenti in materia di autentica fede in Dio (Gv 4,46-53).
Gesù stesso nobilita l'infanzia della sua vita con l'episodio della nascita in una grotta nella più completa povertà (Lc 2,7), la consacrazione a Dio (Lc 2,21-24), la disputa con i dottori nel tempio (Lc 2,41-50) e la testimonianza di una vita intessuta di lavoro ed obbedienza (Lc 2,51-52).
Nella millenaria storia della Chiesa, molti gli episodi e gli esempi significativi che vedono i bambini protagonisti.
Ricordiamo i piccoli martiri dell'Antica Roma, come Tarcisio ed Agnese, per arrivare alle rivelazioni di Bernadette Soubirous e dei piccoli pastorelli della Conca di Iria vicino a Fatima, che il Magistero ha riconosciuto come autentici. Protagonisti ancora i ragazzi nelle apparizioni di Medjugorje e di Kibeho.
Nessuna pregiudiziale dunque è posta da Dio circa le varie fasi della vita dell'uomo. Ogni stagione del vivere può divenire un momento importante nella costruzione del regno di Dio e gli episodi della storia sacra ci confermano che gli anni ed il tempo sono limiti umani.
Uno spazio decisivo è lasciato alla libera risposta da parte dell'uomo.
La fede in Gesù non è una specie di movimento caratterizzato da una spinta al suo inizio, ma non ben definita nelle sue mete. Richiede metodi ed atteggiamenti che vengono lasciati alla creatività ed alla possibilità dell'uomo in qualsiasi momento della sua esistenza.
Conta la disponibilità senza condizioni al Piano di salvezza preparato da Dio. Il tipo di ruolo, la qualità del lavoro svolto, la quantità di tempo richiesto non sono categorie discriminanti per un Signore che ama dare la sua ricompensa all'operaio della prima, della seconda, come dell'ultima ora (Mt 20,1-16).
La disponibilità all'amore di Dio, la meta definitiva della storia dell'uomo e del mondo non possono prescindere dalla dimensione escatologica della speranza cristiana.
"Io penso che le angosce del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che Dio ci manifesterà. Tutto l'universo aspetta con grande impazienza il momento in cui Dio mostrerà il vero volto dei suoi figli.
Il creato è stato condannato a non aver senso, non perché esso l'abbia voluto ma a causa di chi ve lo ha trascinato. Vi è però una speranza; anche esso sarà liberato dal potere della corruzione per partecipare alla libertà dei figli di Dio" (Rm 8,18-21).
Il mistero della morte e della vita di coloro che Dio ama e che corrispondono al suo disegno di amore è questa misteriosa realtà di vivere e di morire, di amare e di soffrire, in una dimensione che sfugge ai canoni dell'etica mondana.
"Non cerchiamo di capire; - scrive Ignazio Silone - il destino di certi santi da vivi è tra i misteri più oscuri della Chiesa" (61).
In Maria Goretti, alla luce del tempo che trascorre, la disponibilità e la speranza escatologica si immergono nella sua giovane vita. Di essa hanno il colore e la fragilità, ma anche il rifiuto di qualsiasi compromesso.
Il sentiero che percorre è il cammino dei grandi della Bibbia, annuncio profetico di una creazione nuova, rivelazione di una salvezza che è vicina e segno della presenza di Dio nella storia.
Autenticità del martirio
S. MARIA GORETTI:
uno dei ritratti più noti
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Dopo il problema dell'età per Marietta, un altro scoglio da superare è quello dell'autenticità del suo martirio.
Il martire è un testimone e nella terminologia cristiana è la persona che ha reso testimonianza a Gesù Cristo con il sangue.
Primo elemento è il fatto provato della morte violenta. Non è sufficiente che essa sia stata minacciata o decretata se poi per qualsiasi motivo non si è verificata. La morte poi deve essere dipesa da una causalità responsabile estrinseca e distinta dalla vittima.
Il terzo elemento è la causa, la ragione della morte. Il martire deve morire per un motivo di fede o di virtù morale riferibile o riferita a Dio.
Motivo della morte può essere la fedeltà al Magistero della Chiesa e ad un precetto morale e naturale in quanto sancito dalla autorità di Dio. Ricordiamo il detto di S. Agostino: "Martires non facit poena sed causa".
Vi è infine un elemento psicologico che integra la figura del martire e lo manifesta vero testimone di Cristo. La morte deve essere consapevolmente accettata e subita con particolari disposizioni spirituali che sono la costante fortezza e la serena mitezza, ispirati a principi di ordine soprannaturale.
Nella storia di Maria Goretti la sensazione di trovarsi dinanzi ad una vera martire è presente fin da quel 6 luglio 1902: "Dopo le timide parole di conforto - ricorda mamma Assunta - passano alle congratulazioni, basandosi sulla fine angelica e santa e sul martirio della Marietta" (62).
Già il primo monumento eretto due anni dopo la morte, per iniziativa del settimanale "La vera Roma", la raffigura nell'atteggiamento di S. Cecilia del Maderno.
Estrema chiarezza anche sulla causalità della morte: "Ho, no, è peccato, il Signore non vuole, tu vai all'Inferno" (63) implora la Marietta.
Il perdono poi concesso prima di morire al suo uccisore, oltre a rivelare il livello della sua maturità cristiana, dimostra la serenità con cui accetta la morte. Il perdono nel nome di Cristo è il sigillo finale alla piena identificazione alla morte e resurrezione del Signore.
L'autenticità del martirio di Maria Goretti viene ufficialmente riconosciuta dal papa Pio XII il 25 marzo 1945.
NOTE
(61) IGNAZIO S1LONE: L'avventura di un povero cristiano, ed. Mondadori, pag. 249, ed. 1968
(62) PROC. INF.f. 53.
(63) PROC. INF.f. 84-158-169-174, |