Da alcuni storici, si è ipotizzato che i Saraceni, sbarcati sulle coste laziali, prima di spingersi verso Roma, abbiano lasciato a Nettuno quelli che i Latini chiamavano "impedimenta" dell'esercito: cioè donne, salmerie, munizioni.
Dopo la loro sconfìtta, uccisi o fatti prigionieri gli uomini, donne e fanciulli rimasti, avrebbero formato il nucleo della popolazione di Nettuno: ne resta qualche traccia nei tratti fisionomici di alcune donne nettunesi e, soprattutto, nei loro costumi che per originalità, varietà di forme e colori, hanno un carattere fortemente orientaleggiante.* Il Tassoni, che evidentemente ne era rimasto affascinato, nella "Secchia Rapita", così scrive:
...le donne di Nettuno stanno sul lido in gonna rossa e col turbante in testa.
L'abate C.B. Piazza, in "Gerarchia Cardinalizia", del 1703, così descrive il costume delle donne di Nettuno:
"Le camicie anzitutto di queste donne, aperte sul petto, sono circondate da un merletto di loro speciale lavoro, che dal collo discende oltre i capezzoli, donde vien chiamato capezzo. Sopra la camicia usano di porre una veste da esse assai ben appellata "guarnaccia", senza maniche, che dalle spalle giunge fino alle calcagna. E nella parte superiore la stringono ai fianchi, rimanendo aperta nel petto e ricchissima di pieghe nella parte inferiore. Sopra di questa veste portano un corsaletto alla vita, aperto similmente nel petto, che chiudono con pezza di drappo ricamato, o con due ordini di trine d'oro od argento se maritate, con uno se zitelle. La "guarnaccia " e il corsaletto sono di scarlatto finissimo, orlate all'estremità con merletti o trine d'oro od argento. Le zitelle portano invece un nastro verde, immagine della speranza. I loro capelli sono intrecciati di nastro rosso se maritate, verde se zitelle, paonazzo come nell'abito, se vedove o in lutto. Calzano ai piedi una foggia di pianelle ricoperte di panno rosso, o di pelle inargentata, ad uso di sandali pontificali. Fino al 1600 le bende del loro capo, chiamate "matricelle", si avvolgevano a guisa di turbante, tessute in oro o in seta di svariati colori nelle due estremità, ricadendo sugli omeri. Dopo questo tempo, ricominciarono ad usare le stesse bende ripiegate a mantile sopra la testa".
Nettuno, primi anni '50. Interno Forte Sangallo. Maria Teresa Zaino in Sacchi con il tradizionale costume nettunese, indossato innanzitutto in occasione dei festeggiamenti di N.S. delle Grazie nel mese di maggio ed anche in altre solennità civili e religiose. Nel 1931, il costume nettunese partecipa a Londra al festival dei Balli folcloristici vincendo il primo premio. ** (g.c. Bruno e Domenico Sacchi). (Augusto Rondoni, Nettuno, '800/'900, Fotolito Ischia, 1985.)
Due cartoline del costume nettunese dei primi anni del '900. Sotto, una stampa su carta lucida cm. 29 x 21, tratta dalla serie dei costumi popolari. Fine quattricromia di Emma Calderini, eseguita nel 1934.
L'opera da cui è tratta la stampa suddetta, rappresenta la più importante e rigorosa ricerca iconografica realizzata nel '900 sul nostro costume tradizionale, popolare. Curata in ogni dettaglio dell 'abbigliamento e degli ornamenti viene realizzata in collaborazione con il Comitato Nazionale per le Arti popolari ed il contributo di molti studiosi locali.
Appare più dimesso l'abito nettunese (da lavoro), un tempo indossato quotidianamente. Tavola tratta dall'opera sui "Costumi popolari italiani" ideata e diretta da G. G. Górlich, con disegni eseguiti dai pittori Aldo Fornoni e Maria Angela Grassi, che ne hanno curato la stampa in soli cinquecento esemplari, su carta filigranata e coloritura a mano. Gli elaborati, si basano su esemplari d'epoca del museo della Scala ài Milano o su studi di collaboratori locali. Molto accurati nei particolari ed assai decorativi.
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