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CIAK, SI GIRA!
Anzio, Nettuno e dintorni...

a cura di:
VINCENZO MONTI
ALBERTO SULPIZI

Progetto grafico e impaginazione
ALESSANDRO TOFANI


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INDICE -
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22 - NETTUNO:
SALE CINEMATOGRAFICHE

La prima sala cinematografica a Nettuno, è in legno e sorge a fianco del Forte Sangallo. Non è una struttura fissa, forse prevalentemente estiva, primi anni del secolo scorso, proprietà, secondo il prof. Augusto Rondoni, di un certo Moneta di Roma. Di fronte a questa struttura verrà costruito negli anni venti un bellissimo cinema dalle forme liberteggianti, il “mitico” Sangallo su via Roma, angolo Piazza San Francesco, attivo fino agli anni sessanta.

Tra i cinema storici del paese ricordiamo il Giardino, in via Romana, all’altezza dell’incrocio con via IV Novembre dove ora sorge un anonimo palazzone con delle discutibili colonne in cemento. Nel cinema, forse costruito verso il 1936, secondo una immagine pubblicata da Silvano Casaldi in Come eravamo…, si proiettano spesso i primissimi film di Franco e Ciccio e quelli di kung fu, in seguito ospita delle interessanti riunioni pugilistiche. Viene abbattuto negli anni ottanta, dopo esser stato chiuso per qualche tempo. E’ stato un cinema-teatro molto grande, con ampia platea e galleria, di quelli che oggi non si vedono più, sostituiti da multisale più piccole e raccolte, a cui vengono affidate le sorti del cinema italiano e della produzione del popcorn. Nel cinema Giardino, oltre al teatro dove si realizzano anche performance teatrali o di avanspettacolo, vi è anche una arena estiva, in terra battuta che, nonostante le sedie in legno durissime, in estate si riempie di nettunesi e villeggianti.

Sempre su via Romana, qualche centinaio di metri verso la piazza, è situato il cinema Capitol, detto anche pidocchietto, di piccole dimensioni, costruzione forse di poco antecedente rispetto al Giardino.

Anch’esso è dotato di arena estiva, con un muro di cinta sormontato da un fitto filare di edera e bouganville che in estate emana un gradevolissimo profumo: è per tutti i ragazzini di Nettuno il profumo dell’estate e della chiusura delle scuole.

Dietro il palazzo comunale, in piazza Cesare Battisti, angolo via Dalmazio Birago, vi è l’arena Ariston, del comm. Della Fornace, precisamente dove ora sorge via Alcide De Gasperi, in un’area caratterizzata da bellissimi villini liberty con i loro giardinetti, con caratteristiche simili a quelli che delineano via Durand de la Penne fino al santuario di San Rocco. E’ un cinema all’aperto, estivo, circondato da platani secolari e palme, la zona viene in seguito pesantemente edificata e quindi l’arena soppressa, più o meno insieme ai villini di via Cristoforo Colombo ed a quelli del lungomare.

Una nuova arena all’aperto sorge su via Santa Maria dietro l’attuale palazzo dove è sito il bar Company e via Napoli n. 25, in una zona dove un tempo era la caserma dei carabinieri, all’altezza dell’attuale parcheggio “Berlinguer”.
Avrà scarsa fortuna, non per il pubblico che numeroso assiste ai film, specialmente quelli di Totò, ma perché l’area ad alta densità abitativa non può a lungo tollerare un corpo estraneo nel tessuto urbanistico in rapida crescita.

Un’altra arena estiva, l’Astura, sorge per un periodo in località Scacciapensieri, negli anni settanta all’altezza della gelateria Le Streghe: si sposterà in seguito in via Ponserico fino a metà degli anni ottanta, segno oramai che a Nettuno si fa cinema solo per i villeggianti, ma anch’esso avrà poca fortuna.

Nel luglio del 1961 nel piazzale antistante la stazione, angolo con via Palermo, apre il cinema-teatro Roxy voluto dal comm. Ugo Barracchia.
Moderno, di media grandezza, con poltroncine e dotato di platea e galleria. In estate è possibile aprire il soffitto e la sala si trasforma in un’arena all’aperto. Da alcuni anni anche l’ultimo dei cinema di Nettuno sopravvissuto ha ceduto il posto, come sottolinea il dott. Chitarrini in un articolo apparso su Il Litorale, quindicinale locale, ad una bizzarra costruzione in vetrocemento, completamente decontestualizzata rispetto alla situazione arredo-urbanistica locale.
Il comm. Barracchia, che ha gestito locali cinematografici in Eritrea ed in Etiopia, ad Addis Abeba costruisce il più bel locale dell’Impero.

Da ricordare anche le sale parrocchiali ed in particolare quella del Sacro Cuore, cinema Lux, ora trasformata in salone per le feste, nonché le sale cinematografiche prevalentemente per proiezioni ad uso interno presenti sia nella struttura del Poligono Militare in località Cretarossa che nella Caserma Piave in località S. Barbara.
Di quest’ultima sala negli anni settanta sono ancora nitidi i ricordi della proiezione del sabato pomeriggio ad uso dei figli dei dipendenti e con grande magnanimità della Polizia anche dei loro amici. La sala molto ampia è sempre affollatissima ed oggi sembra sia diventata estremamente moderna ed accessoriata.

La televisione, la crisi del cinema, l’avvento dei dvd, fanno in modo che questo prodotto sia superato.

Le enormi sale, platee, gallerie, la folla del sabato e della domenica, le sale fumose, i posti in piedi, sono sostituite da multisale che offrono contemporaneamente diverse scelte insieme all’offerta di shopping, pizza, bowling e quant’ altro.

Di fatto la Nettuno degli anni sessanta, cittadina di diecimila abitanti, ha come abbiamo visto diversi cinema, sala teatro, arene, mentre oggi non solo non vi sono né cinema, né teatro, ma neppure una biblioteca, in totale controtendenza con le vicine cittadine di Anzio, Aprilia, Pomezia tutte dotate di multisale e di altre strutture ricreativo-culturali (basti pensare che nel raggio di venti chilometri ci sono diciotto schermi divisi per quattro multisale).

Gli anni novanta che vedono a poco a poco la chiusura di tutte le nostre sale cinematografiche, registrano un’unica realtà positiva della zona, la nascita del cineclub La Dolce Vita e della sua rassegna cinematografica che attualmente si tiene presso il cinema Astoria, grazie alla passione ed all’ entusiasmo dei responsabili Eros Razzano e Gianmatteo Piersanti e alla disponibilità del gestore Alessandro Leoni. Grazie a loro per molti anni si sopperisce all’assenza dalla nostra zona di film d’autore, se vogliamo di nicchia, ma che ci consentono di assaporare quei film altrimenti esclusi da un mercato tendenzialmente commerciale e che garantisce prevalentemente gli incassi e la propria sopravvivenza.

 

 

 

 

 

 

 

 


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ALBERTO SULPIZI

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