Tra Teatro e Cinema la progressiva consacrazione al successo di Antonio Rezza
Eugenio Bartolini
“Nato a Novara nel 1965, dopo solo un anno si è trasferito a Nettuno (RM) e attualmente vive ad Anzio. Da solo o in collaborazione con Flavia Mastrella è stato autore di testi teatrali e cinematografici. Le sue opere, i cui estratti sono stati trasmessi in tv su Rai2 e Rai3 (all'interno di programmi come Blob, Fuori Orario e Tunnel) sono state premiate nei maggiori festival nazionali della comicità. Nel 1996 ha presentato alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il lungometraggio EsCoriandoli, che riflette la vena surreale della sua produzione creativa. Nel 2002 dirige il suo secondo lungometraggio Delitto sul Po. È inoltre attivo come attore, autore (e regista) teatrale e come scrittore. Ha pubblicato quattro romanzi: Non cogito ergo digito (1998), Tisquamo (1999), Son[N]o (2005) e Credo in un solo oblio (2007), oltre a sceneggiare ed interpretare diverse opere teatrali, tra cui Pitecus (1995), Io (1998), Fotofinish (2004), Bahamut (2006)” (Wikipedia, enciclopedia del web).
Fa un certo effetto vedere annoverato nell’ambito degli artisti di fama un nostro concittadino, nonché un amico, ma nel caso di Antonio Rezza la cosa non deve stupire affatto ed è meritatissima. Ciò che può in parte stupire è che del clamore dei suoi successi nel nostro contesto locale giungono solo gli echi. Ciò è dovuto al carattere riservato dell’artista nonostante il suo essere estroverso, ma soprattutto alla dimensione nazionale della sua arte. Anzi, come egli afferma in una intervista a Luigi Farina dopo la rappresentazione palermitana di Fotofinish, la sua è un’arte internazionale che stenta ad affermarsi, come egli vorrebbe, nel nostro Paese, per una condizione della nostra cultura non più al passo con i tempi. Un’ arte per l’arte la sua che non vuole trasmettere nulla ma è concepita in sé. Nella medesima intervista egli afferma che “l'artista che crea un ponte fra se e il pubblico non è un'artista. […] Tutta l'arte che prevede il giudizio del pubblico a priori è arte misera, è l'arte a cui siamo abituati”. “Mi piace far ridere il pubblico, non compiacerlo. E la fantasia è l’arma di cui mi servo”. Assai positivi, in questi anni di sperimentazioni artistiche, teatrali e cinematografiche, i giudizi della critica; dice di lui Silvia Ballestra su Cuore: “Antonio Rezza sperimenta, elabora un linguaggio cinematografico che è un precipitato di surreale anarchia, spietata visionarietà fulminante poesia”. Dicono invece a proposito del suo teatro Marco Lodoli e Paolo Repetti su l’Unità: “il viso alienato di Antonio Rezza e la sua comicità sublunare, la sua mimica schizoide fanno bene agli occhi e all’anima. Quella di Rezza è una vibrazione elettrica che attraversa i generi comici e li polverizza dentro una maschera che riesce a fondere la parodia, la gag, la provocazione, la reiterazione che sfocia nell’assurdo, l’idiozia metafisica”. La sua carriera di artista teatrale inizia assai precocemente, ricordo di aver condiviso con lui le prime esperienze sotto la sapiente regia di Leonardo Bragaglia e poi quelle insieme a Mauro Fratini nel trio dei Trimurti. Ma è l’incontro artistico con Flavia Mastella a segnare l’inizio della sua attività professionistica. Insieme hanno realizzato dal 1987 sette opere tetrali, “Nuove parabole”(1988), “Barba e cravatta”(1990), “I vichinghi elettronici”(1991), “Seppellitemi ai fornetti”(1992), “Pitecus”(1995), “Io”(1998), “Fotofinish in bianco e nero”(2003). Numerosi i riconoscimenti ottenuti: il primo premio al Fano Festival per il cortometraggio “Suppietij”, due Gabbiano d’oro al Festival di Bellaria in due diverse edizioni per i cortometraggi “Il vecchio dentro” e “Confusus”, il Primo premio Bolzano opere nuove per la “Divina Provvidenza”, il Primo premio a Torino Cinema Giovani per “Il piantone”, solo per citarne alcuni. E la carriera artistica di Antonio Rezza è ancora agli inizi…
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