Edificio bombardato in piazza Mazzini
durante lo sbarco |
Ricostruire era l'imperativo comune della città, che aveva vissuto sul suo territorio, sulla pelle della gente, con lo sbarco e i duri mesi della tenace resistenza tedesca, uno degli episodi cruciali della Seconda guerra mondiale. La guerra aveva lasciato dietro di sé una scia lunga di distruzione, di macerie materiali e morali,! Ferite psicologiche profonde: il ricordo dei freddi giorni vissuti nelle campagne e nelle grotte, da sfollati, i raid tedeschi; la città svuotata e militarizzata, senza vita urbana, con le sue vie e gli incroci, gli accessi al mare, dove la gente poteva passeggiare, vivere, fare amicizia, amarsi e lavorare, privi di qualunque significato civile, classificati soltanto in base alla letale funzione strategica per la guerra; lo sradicamento, per molti il viaggio al meridione verso l'accoglienza dei parenti e degli amici nelle città già liberate dagli anglo-americani.
Le cave di via S. Barbara |
La liberazione della città e il ritorno alla vita normale dall'estate del 1944 avevano però sprigionato anche le forze e gli entusiasmi della popolazione: iniziava un periodo intenso, faticoso, ma esaltante come forse nessun altro nella storia italiana e di Nettuno. La città, aprendosi a chi aveva aiutato molte delle famiglie sfollate, diventava meta di una consistente immigrazione dal meridione e cresceva, uscendo dallo stallo demografico degli anni della guerra.
Il 3 marzo 1945, il comune di Nettuno, retto da Pietro Comastri, riprendeva la sua autonomia amministrativa separandosi da Anzio, al quale era stato unito, sotto il nome di Nettunia, dal regime fascista col decreto legge n 1958 del 17-11-1939.
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