La ricostruzione della storia di questo primo cinquantennio di vita della Banca è estremamente difficile. Lo sbarco e lo sfollamento durante la seconda guerra mondiale distruggevano e facevano smarrire ogni documento, ogni carteggio; perfino l'atto costitutivo con cui la Cassa veniva legalmente fondata nel 1899 risultava perso e i primi amministratori del dopoguerra ne ritornavano in possesso chiedendone copia alla Banca d'Italia.
Il borgo, presso cui la Cassa Rurale aveva la sua sede, aveva subito danni enormi, soprattutto a cause delle mine tedesche, piazzate e fatte brillare per ostacolare lo sbarco anglo-americano. La sede stessa, in via San Giovanni 19, al primo piano dello stabile unito alla Chiesa Collegiata, risultava parzialmente distrutta e doveva essere ristrutturata.
Il 24 dicembre 1944, alle ore 14,30, nella prima riunione del consiglio di amministrazione dopo lo sfollamento obbligatorio, il segretario della cassa Anni-baie Andolfi faceva presente che "per effetto degli eventi bellici tutto il carteggio, gli atti, i registri, il mobilio e quanto altro era di proprietà della Cassa Rurale è andato completamente distrutto, quindi occorre riorganizzare l'ufficio, e come suoi dirsi ricominciare da capo."
Il presidente Dino Cavalli ribadiva l'argomento informando i soci nella relazione del consiglio di amministrazione sui bilanci degli esercizi anni 1943-44-45 letta nella prima assemblea generale ordinaria del dopoguerra, il 31 marzo 1946, alla presenza di 87 soci su 157 iscritti:
"Qui è necessario far rilevare che per effetto dello sfollamento obbligatorio effettuato dalle autorità militari tedesche, tutto il nostro archivio e quanto altro era di proprietà, come mobilio, arredamento ufficio, registri contabili etc., fu dovuto lasciare ed al rientro a Nettuno, avvenuto dopo la liberazione di Roma, nulla venne ritrovato, e quindi si è dovuto nuovamente iniziare da capo.
Le difficoltà incontrate, in parte vennero potute eliminare ed altre sono in via di sistemazione, come per esempio la ricostruzione dello statuto sociale, l'atto costitutivo della società, di cui nessuna copia è stata ritrovata e traccia degli stessi non è stata rinvenuta nella cancelleria del tribunale di Velletri, nell'Ufficio Registro di Albano Laziale e nell'ufficio della Federazione delle Casse Rurali, uffici questi, che come noi, hanno subito disastri e devastazioni."
È possibile riferire invece alcune note biografiche dei fondatori più in vista della Cassa Rurale di Nettuno, innanzitutto del primo Presidente, Don Temistocle Signori.
Temistocle Signori
fondatore e primo presidente |
Temistocle Signori era nato a Nettuno il 18 aprile 1850, nel 1882 diventava arciprete Parroco della Chiesa Collegiata, impegno che mantenne fino alla morte, av-1 venuta il 20 settembre 1919. Assisteva, nell'ospedale Orsenigo, Maria Goretti negli ultimi momenti di vita, il giorno che doveva portarla alla morte, il 6 luglio 1902. Ne riportava le impressioni sul registro dei morti, scrivendo a pagina 478: "Fanciulla timorosa di Dio, crudelmente aggredita presso Conca [attuale Borgo Montello n.d.a.], resistendo fortemente per conservare la sua purezza, cadde trafitta da dieci pugnalate. Trasportata all'ospedale dai Frati Ospedalieri (di Nettuno) e amorevolmente accolta, si è confessata, ha ricevuto il Santo Viatico ed è stata confortata col Sacramento dell'Unzione degli infermi amministratele dal cappellano Regio Padre Martino Gujano. Morì nel bacio del Signore perdonando al proprio carnefice." Sacerdote colto ed attivo, devoto e studioso della Madonna delle Grazie, di cui scrisse le "Memorie storiche", collaborava con i Padri Passionisti alla costruzione del Santuario della Madonna delle Grazie inaugurato nel 1914.
Altro autorevole fondatore della Cassa Rurale di Nettuno era Giuseppe Brovelli Soffredini, nato nel 1863 e morto nel 1936, cui si deve la più accurata indagine sulla storia, soprattutto moderna, della nostra città. Giuseppe Brovelli Soffredini era anche uno stimato pittore. La sua opera in questo campo è ancora visibile in un dipinto a tempera su intonaco situato a metà della navata destra della Chiesa di San Francesco, oggetto, tra l'altro, degli interventi di restauro alla Chiesa stessa realizzati a partire dall'autunno 1989 con il contributo della Cassa Rurale di Nettuno.
Dalle testimonianze orali raccolte sull'identità e il funzionamento della Cassa Rurale di Nettuno nel primo quarantennio di vita emerge nel complesso una realtà piccola, poco conosciuta, strettamente associata alla vita della Collegiata San Giovanni, per la collocazione urbana, per gli uomini e la cultura che la reggevano.
Ricordo per la spremitura dell'uva anni '30 |
La Cassa Rurale di Nettuno era un'istituzione ristretta, che serviva una cerchia non grande di umili agricoltori, i pochi che avevano il coraggio e l'intraprendenza di fare appello ad essa per risollevarsi, in un'epoca in cui il prestito veniva considerato ancora ratio estrema, quando non infamante, a condizioni di bisogno economico.
Il ricordo degli anziani, fermo già agli anni Venti, rievoca le immagini sbiadite di una piccola sede aperta solo nel tardo pomeriggio e a cui si accedeva con fatica salendo una ripida rampa di scale, come per tutte le case del borgo medievale. Un solo impiegato, un segretario-cassiere, socio-collaboratore della Cassa, che da dietro un bancone concedeva i prestiti deliberati dal Consiglio di presidenza sulla base della fiducia personale, sull'intima conoscenza delle famiglie che lo richiedevano, sulla loro "probità morale": contadini soprattutto, ma anche piccoli artigiani e operai che tentavano di mettersi in proprio. Vestiti con il loro unico abito buono, un po' gualcito e stazzonato, essi si recavano quasi di nascosto verso la sede, con la vergogna, il riserbo e il timore che affliggono la persona onesta in difficoltà che chiede aiuto ed è consapevole di andare incontro ad ulteriori sacrifici. Erano in quell'epoca sentimenti esasperati da una cultura arcaica e moralista che guardava alle attività finanziarie con un misto di biasimo e di sospetto e che considerava ancora il prestito come un peccato, lo stigma del fallimento di una vita.
Il rapporto diretto, la collaborazione finanziaria, con la comunità e con l'amministrazione locale erano scarsi, limitandosi al solo sostegno delle manifestazioni per le ricorrenze e le celebrazioni religiose più importanti, come i festeggiamenti per la Madonna delle Grazie, e delle attività benefiche gestite dalle Chiese e dai religiosi. A differenza di quanto fatto poi in seguito nel secondo dopoguerra, nei suoi primi decenni di vita la società della Cassa Rurale risultava poco aperta al territorio; pur svolgendo in esso una essenziale funzione di supporto creditizio e quindi di sviluppo delle piccole realtà produttive, da sempre nerbo del tessuto economico nettunese.
La preminenza della micro impresa, dell'azienda familiare, nel panorama complessivo delle attività produttive nettunesi, caratteristica peraltro tipica della gran parte del territorio italiano, faceva sì che la Cassa Rurale, per vocazione più vicina alla piccole realtà imprenditoriali del sistema bancario privato, accompagnasse da vicino la crescita e lo sviluppo dell'economia cittadina. Essa infatti era l'unico strumento di finanziamento per i piccoli operatori economici che, pur dotati di iniziativa e di progetti di investimento validi, non venivano presi in considerazione dalle tradizionali imprese bancarie.
Col passare degli anni, inoltre, la Cassa Rurale riusciva a guadagnarsi l'identità di banca "della" comunità locale, e facendo leva sul sentimento di appartenenza, sul forte municipalismo dei Nettunesi, attirava soci e consensi. La solidità così raggiunta veniva testimoniata dalla capacità della Cassa Rurale di Nettuno di attraversare la grave crisi del movimento cooperativo e del sistema bancario italiano provocata dall'ostile politica fascista verso il piccolo credito e verso il mutualismo democratico. Gli effetti del programma fascista di concentrazione e monopolizzazione del credito e dell'abbattimento della cooperazione cattolica (quella di ispirazione socialista era stata soppressa dalle violenze delle squadracce e da provvedimenti di bando) sono drammaticamente misurabili nella radicale riduzione del numero di Casse Rurali nel Ventennio, come qui di seguito riportato: 3.540 casse rurali nel 1922; 2.545 nel 1926; 1.748 nel 1937; 804 nel 1947, due anni dopo la fine della guerra. Passata la bufera fascista, più di una Cassa Rurale su 4 in Italia era sparita, incorporata da altre, liquidata, costretta al fallimento da commissariamenti imposti d'autorità, ai sensi del R.D.L. n. 64 del 24 gennaio 1924, con il quale ai Prefetti veniva conferito il potere di intervenire e controllare le amministrazioni delle società cooperative e di decidere lo scioglimento degli organi sociali, ove lo ritenessero opportuno.
Per contrastare il credito cooperativo cattolico, inoltre, il Regime aveva promosso l'apertura di numerose Casse Rurali direttamente controllate dall'apparato politico fascista in seguito all'emanazione del Testo Unico delle leggi sulle Casse Rurali e Artigiane (Regio Decreto 26 agosto 1937 n. 1 706), che limitava le operazioni effettuabili e restringeva l'esercizio del credito ad agricoltori e artigiani. La prima di queste Casse Rurali sorte in Italia dopo il Testo Unico veniva costituita nella vicina città di Anzio. Inaugurata con una cerimonia ufficiale il 2 ottobre 1938, la Cassa Rurale di Anzio corrispondente della Banca Nazionale del Lavoro, era presieduta dall'avvocato Giacomo Di Giacomo e diretta dal ragionier Ezio Ambrosini. La cerimonia veniva aperta col saluto al Duce, "fondatore dell'impero", cui faceva seguito la benedizione dei locali della sede da parte del Parroco di Anzio, che illustrava il significato del rito e, "naturalmente", le provvidenze del regime a "favore del popolo". Dopo un discorso d'occasione del presidente Di Giacomo, prendeva la parola il presidente della Federazione Nazionale delle Casse Rurali che elogiava la nuova legge, salutava la città di Anzio e leggeva infine un telegramma indirizzato al duce, "primo rurale ed artigiano d'Italia: Duce fondatore impero - Roma
Celebrandosi Anzio costituzione Cassa Rurale et Artigiana primo promettente frutto testo unico da voi concesso come tipica legge corporativa verso il popolo, autorità et soci intervenuti desiderano esprimervi da questa significativa adunanza la riconoscenza di tutti rurali et artigiani che in ogni momento guardano fiduciosi a Voi sanno confermare la loro saldissima fede pronti ad offrire alla Patria con il lavoro anche i risparmi e la vita. - Fantini, Presidente Federazione Nazionale - Di Giacomo, Presidente Cassa Rurale et Artigiana di Anzio"
La Cassa Rurale che, secondo le parole di Fantini, doveva "custodire gelosamente i sudati risparmi dei depositanti e dispensare con saggezza il credito che sarà richiesto dalla popolazione di Anzio" chiudeva i battenti dopo pochi anni, spazzata via dalla guerra e dalla avverse sorti del regime che l'aveva creata, dimostrando la debolezza della artificiale ed antidemocratica cooperazione di credito fascista contro la resistenza e la vitalità dell'istituto cooperativo di depositi e prestiti liberamente fondato e poi democraticamente mantenuto in vita a Nettuno.
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