II movimento cooperativo muoveva i suoi primi passi verso la metà dell'Ottocento, parallelamente all'avvio della seconda rivoluzione industriale e alla impetuosa espansione dell'economia capitalistica, cui contrapponeva un modello di rapporti economici e sociali alternativo nelle forme organizzative, nella cultura e nei valori etici di fondo, negli obiettivi ideali. La cooperazione era una delle manifestazioni della voglia di riscatto, emancipazione e di progresso degli strati di popolazione ai margini dello sviluppo o che più direttamente avevano sopportato il costo dell'industrializzazione e delle profonde trasformazioni socio-economiche ad esso legate: operai, contadini, piccoli artigiani.
Patria della rivoluzione industriale e del capitalismo mondiale, l'Inghilterra doveva inevitabilmente diventare il paese natale della prima cooperativa della storia. Nel 1844, una trentina di tessitori della cittadina di Rochdale, un sobborgo di Manchester, il prototipo delle nuove città industrializzate, si costituivano in cooperativa aprendo un magazzino per la vendita di alimentari e vestiti ai soci. Nell'atto costitutivo, inoltre, i "Probi pionieri di Rochdale" si proponevano inoltre una serie di attività per il miglioramento della vita dei soci e per lo sviluppo stesso del movimento cooperativo, come: la costruzione di case sane e comode, la fabbricazione dei prodotti più necessari, la ricerca del lavoro per i disoccupati, l'acquisto di terre con gli eventuali profitti per farle coltivare ai soci disoccupati, la fondazione di stabilimenti, scuole e biblioteche per la crescita delle società cooperative, l'impulso alla costituzione di altre società cooperative.
La prima elaborata esposizione teorica e pratica del movimento cooperativo veniva - non a caso - direttamente dal sistema della fabbrica, dall'industria inglese. Nella prima metà dell'Ottocento, Robert Owen (1771-1858), promuoveva il primo grande esperimento dì cooperazione dei lavoratori nelle sue officine tessili di New Lanark. L'idea di riforma sociale di Owen partiva dalla semplice constatazione che il carattere dell'uomo è un prodotto dell'ambiente sociale in cui vive. Di conseguenza, il nuovo ordine del capitalismo industriale, nel quale veniva esaltata la concorrenza e la ricerca del profitto e che imponeva ai lavoratori condizioni di lavoro e di vita degradanti, veniva da lui criticato in quanto responsabile della formazione di "cattivi caratteri" e del prevalere di sentimenti egoistici, violenti ed antisociali. Come rimedio all'"immorale concezione economica" che si andava affermando, Owen proponeva un nuovo sistema fondato su villaggi cooperativi, con l'abolizione del lavoro salariato, del profitto e l'autogestione della produzione a soli fini sociali, e dove l'istruzione sarebbe stata impartita, attraverso il mutuo insegnamento, per tutto l'arco della vita. Owen fondava alcune comunità del genere negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Messico, ma i suoi esperimenti fallivano. Il suo insegnamento, tuttavia, dava un potente impulso all'avvio e dello sviluppo del movimento cooperativo e sindacale inglese ed europeo.
Altra grande figura ispiratrice del movimento della cooperazione è quella del francese Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865). Proudhon attaccava allo stesso modo il capitalismo e lo statalismo comunista, entrambi colpevoli, a suo dire, di espropriare le libertà umane: il primo attraverso lo sfruttamento economico, il secondo attraverso lo schiacciamento della società e degli individui nello stato, stato che in aggiunta doveva diventare unico proprietario dei beni, dei servizi e degli strumenti di produzione. Ed era precisamente la proprietà, secondo Proudhon, l'origine dei guasti e dei mali sociali. Nello scritto del 1840, Che cos'è la proprietà, egli aveva infatti affermato che "la proprietà è un furto". Proudhon comunque non condannava la proprietà in sé, giudicata anzi necessaria, ma solo la sua forma attuale, che rendeva possibile ai detentori di beni e di ricchezze esercitare un indebito prelievo - sotto forma di interesse, rendita o profitto - ai danni dei non abbienti. Si trattava allora di eliminare le contraddizioni economiche della società liberale e capitalistica a partire dalla schiavitù dell'interesse, agendo soprattutto sul credito e sulla circolazione delle ricchezze. Egli proponeva così la creazione di una banca di scambio che avrebbe dovuto assicurare ai lavoratori singoli e soprattutto associati il credito gratuito, senza interesse, cioè i capitali necessari per riscattare dai proprietari il possesso dei mezzi di produzione. In questa maniera, i contadini privi di terra si sarebbero trasformati in proprietari, e gli operai, gli artigiani dipendenti si sarebbero uniti in libere associazioni produttive, in cooperative, scambiandosi direttamente beni e servizi a prezzi di costo e senza l'intervento della moneta, realizzando i principi del mutualismo economico e il modello della società senza stato a base contrattualistica, pluralistica e associazionistica.
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