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BANCA DI CREDITO
COOPERATIVO DI NETTUNO
1899 - 1999
UN SECOLO DI STORIA

Crescita della Banca
Trasformazione della Città

di Stefano Canali

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CAPITOLO I

01 - IL MOVIMENTO COOPERATIVO


 


Via Vitt. Emanuele III anni venti

Le casse rurali costituiscono la più rilevante espressione economica di ti cattolico del composito movimento della cooperazione.
Se sì intende letteralmente, la cooperazione è l'atto del cooperare, cioè dire l'opera prestata in aiuto ed associazione ad altri per realizzare un'iniziativa un'impresa, conseguire solidariamente un obiettivo. Quando però si guarda il t mine cooperazione dal punto di vista storico-sociale, degli istituti economici a cui ha dato vita, emerge, soprattutto per la cooperazione italiana, una estrema varietà di forme ed attività diverse a stento riconducibili ad un unico concetto, forse accomunabili soltanto nelle idee, negli scopi di fondo e nei metodi pratici della solidarietà, della mutualità, dell'appoggio reciproco, dell'associazione e nella natura democratica ed aperta che hanno da sempre caratterizzato le società cooperative.
La cooperazione è infatti un movimento economico orientato in senso sociale, attraverso cui una determinata categoria o classe sociale, non di rado concorrenza con le altre, costituisce al suo interno forme di collaborazione finalizzate a risolvere uno specifico problema economico, la produzione di beni, il commercio e il consumo, il credito.

La società cooperativa include quindi una varietà di forme organizzative che si distinguono dall'impresa tradizionale in quanto le attività da essa svolte sono prima istanza finalizzate al beneficio dei soci stessi; e per il fatto che questi ultimi sono, allo stesso tempo, lavoratori ed imprenditori, partecipando attraverso istituti democratici alla gestione della cooperativa, ai suoi successi, condividendo le responsabilità. Si hanno quindi:

- cooperative di consumo, organizzazioni commerciali che rivendono ai propri soci, a prezzo di costo, i prodotti - in special modo alimentari acquistati da esse all'ingrosso;

- cooperative di produzione, i cui soci vendono direttamente ai consumatori i loro prodotti, scavalcando l'intermediazione e la distribuzione commerciale;

- cooperative edilizie, che nascono per costruire alloggi e assegnarli in proprietà o in uso ai soci;

- cooperative agricole e artigianali, con le quali i soci, per realizzare ecoomie, organizzano la collaborazione per l'acquisto di attrezzi e materie prime per il loro lavoro e la vendita di prodotti finiti, come i consorzi agrari, le cantine sociali, le affittanze collettive;

- cooperative di credito, come le banche popolari e le Banche di Credito Cooperativo, le ex Casse Rurali, come la Banca di Credito Cooperativo di Nettuno, che raccolgono depositi di denaro a cui attingono per concedere crediti ai soci.

Le forme cooperative sopra descritte corrispondono a quelle del cooperativismo puro, quale prevaleva nella fase iniziale del movimento, fino ai primi decenni del Novecento. Il cooperativismo contemporaneo si è evoluto in seguito verso l'estensione, entro certi limiti, della fornitura di beni e servizi verso l'esterno, anche ai non soci, ed adottando in parte forme e metodi di attività e gestione da impresa classica, con una maggiore attenzione verso il mercato, la concorrenza, la competizione all'interno stesso del movimento. In questa forma moderna, il settore cooperativo ha assunto una notevole importanza nelle economie dell' Europa industrializzata, rappresentando in alcuni stati un complesso economico che riesce a competere con il settore pubblico e privato.
La logica di impresa assimilata dalla cooperazione, tuttavia, rimane temperata dalla prevalenza dei fini mutualistici sugli intenti speculativi. La mutualità, cioè a dire, il principio e il metodo di assistenza e aiuto reciproco, infatti, è senza dubbio l'elemento più caratteristico della cooperazione.
Le imprese private hanno come scopo ultimo la "valorizzazione del capitale", vale a dire l'aumento del valore in denaro della ricchezza già posseduta dal titolare. In questa prospettiva, il capitale (cioè la ricchezza investita nell'impresa) è esso stesso il fine ed il fattore dominante, non a caso quindi si parla di impresa capitalistica. Ciò non significa che l'impresa privata sia incapace di produrre effetti diversi dall'arricchimento di chi ha investito in essa il suo capitale.
La valorizzazione dell'impresa e l'aumento del capitale si ottengono con l'impiego di lavoro, determinando così un aumento dell'occupazione e del reddito, della circolazione di denaro, e con l'espansione della produzione di beni e servizi, aumentano il benessere sociale. Tuttavia, per l'impresa capitalistica l'aumento dell'occupazione e la produzione di beni e servizi utili per la popolazione sono soltanto mezzi per raggiungere l'aumento del valore del capitale: suo unico fine specifico. Ed infatti l'impresa capitalistica non si pone il problema dell'occupazione quando sostituisce gli uomini con le macchine; e non esita a cambiare la destinazione degli investimenti dei suoi soldi, sempre più spesso impiegati in attività finanziarie e speculative piuttosto che in attività direttamente produttive di beni e servizi. Questo perché l'impresa capitalistica nasce per l'iniziativa di chi possiede denaro (capitale) da far fruttare, da investire cioè nell'attività più redditizia possibile, quale essa sia.


La chiesa di San Rocco - 1914

La cooperativa sorge invece dall'associazione di un gruppo di persone con l'intenzione di soddisfare in maniera autonoma e con il concorso delle energie di ciascuno, un bisogno comune a tutti i soci. L'impresa cooperativa è così, fondamentalmente, una società di persone, non di capitali, unita da volontà ideali e necessità, valori umani, non dal denaro e dal profitto. Nel movimento cooperativo conseguentemente conta e decide la persona, il socio e per questo la cooperativa è gestita secondo la regola e il metodo democratico "una testa, un voto". Il voto di un socio vale quanto quello di un altro, indipendentemente dalla quota di capitale versato ed al contrario delle società per azioni, dove il peso del voto degli azionisti è proporzionale al numero di azioni possedute, cioè al capitale versato.
Nel movimento cooperativo, in sostanza, viene rovesciata la prospettiva capitalistica: il capitale diviene strumento di progresso materiale e morale, viene usato per la crescita umana dei gruppi che creano le singole imprese cooperative e più in generale, quindi, del territorio, della società civile in cui esse sono inserite.
La cooperazione viene inquadrata dalla carta costituzionale italiana all'articolo 45 proprio in virtù del mutualismo che la contraddistingue: "la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità."

La maggior parte delle cooperative si riconosce oggi nei principi generali riformulati nel congresso dell'Associazione Internazionale delle Cooperative tenu-tosi a Vienna nel 1966. Questi principi includono: 1) adesione volontaria, senza discriminazioni; 2) amministrazione democratica, ossia esistenza di organi di gestione che permettono la partecipazione dei soci all'amministrazione e alla conduzione della cooperativa sulla base del principio "una testa un voto"; 3) interesse limitato percepito dai soci sulle quote di capitale sociale versato e carattere mutualistico della cooperativa (compresi dei limiti alla distribuzione del capitale residuo alla cessazione della attività); 4) destinazione di una quota del valore aggiunto per il rafforzamento del patrimonio della cooperativa.





La pubblicazione dell'opera è stata autorizzata dalla BCC NETTUNO
e dall'AUTORE STEFANO CANALI

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