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UNA REGINA SEDUTA SUL MARE
di ALBERTO SULPIZI

 

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01 PESCANDO NELLA STORIA - 02 LA CARTOLINA - 03 NETTUNO IN CARTOLINA - 04 IL BORGO - 05 IL DIO NETTUNO, PIAZZA MAZZINI ...LE ALTRE PIAZZE - 06 IL FORTE SANGALLO - TORRE ASTURA - 07 IL MUNICIPIO E LA PASSEGGIATA - 08 LA COSTA, LE SPIAGGE E I VILLINI - 09 LEGGERE, SCRIVERE E FAR DI CONTO - 10 TRASPORTI - 11 MILITARIA - 12 FEDE E TRADIZIONE - 13 PLATEA IN PIEDI - 14 LA POSTA 15 RISTORANTI ED HOTEL - 16 LA NEVICATA DEL ‘56 - 17 QUARTIERI, FRAZIONI, PERIFERIE - 18 I GEMELLAGGI 19 MISCELLANEA - IL DIALETTO NETTUNESE - VOCABOLARIO NETTUNESE-ITALIANO

 

12 - FEDE E TRADIZIONE

 

Prima di amare impara a camminare
sulla neve senza lasciare traccia.
Antico detto turco

 

 

IL COSTUME

Dopo aver risolto il primo bisogno naturale, quello di offrire una protezione, una difesa al corpo dai vari agenti esterni che in vari modi insidiano i primi uomini nel loro quotidiano, dalla temperatura agli insetti, dagli animali più grandi e pericolosi alla vegetazione, inizia un processo, continuato negli anni, arrivato ai nostri giorni che non troverà fine: la ricerca di un coprimento adatto a tutte le necessità. Il vestito, figlio della necessità di prima protezione del corpo dall’esterno, formato, forgiato e realizzato secondo i bisogni della zona ed in base alle diverse possibilità di reperimento di materia prima, vegetale o animale, diventa una realtà per tutti, in tutte le latitudini, con poche eccezioni.
Iniziano così le prime differenziazioni anche sessuali del modo di vestire, che portano i due sessi a coprirsi in modo differente, una differenza biologica.
Una volta che il vestito ha assolto al suo primo scopo quello di coprire il corpo, inizia la ricerca della differenziazione del vestire, di colui che indossa un abito.
I colori, la foggia, il tipo di tessuto, l’occasione, porterà dalla primitiva copertura alla ricerca del vestito adatto alle diverse necessità: nascono le uniformi, identificative di una appartenenza ed avendo acquisito un valore simbolico in relazione alle condizioni sociali soprattutto le classi dirigenti ne fanno un mezzo di differenziazione da altri ceti.
Ma anche ai ceti popolari non basta più coprirsi in modo dignitoso, essi attraverso il costume tendono a soddisfare esigenze legate alla religione, al mito, al folclore, creando una tradizione anche nel vestire.
A partire dall’età medioevale il modo di vestire, insieme a tutte le arti maggiori e minori, diventa un momento determinante del gusto di una particolare epoca in un particolare territorio.
Il rapporto di scambio fra arte e forme d’abbigliamento è sempre più evidente e se nel passato è sancito solo dalla necessità e dalla spontaneità, da adesso in poi sarà sancito dalla moda, dal gusto, dalla creazione degli stilisti.
Molti artisti nel passato guardano con interesse a questo fenomeno e ne tramandano le conoscenze: nobiluomini e popolani vengono immortalati nei dipinti ed il vestito è lo specchio di un momento storico o di un luogo o di una condizione di vita ed in questo ambito la figura della donna in costume, nobile o popolana, monopolizza gli interessi degli artisti ma anche di storici, scrittori, cronisti dell’epoca che, tramite la penna, descrivono come i pittori fanno col pennello un modo di essere, di vestirsi, di mostrarsi, mantenendo viva la memoria di quegli aspetti della vita quotidiana prima dell’avvento della fotografia.
I costumi segneranno il senso di appartenenza sociale e l’orgoglio della propria identità, la pittura diverrà un archivio iconografico con immagini che pur concedendo qualcosa alla fantasia conserverà comunque i tratti fondamentali della realtà tramandandoci un tesoro culturale prezioso.
Le regioni, le campagne d’Italia, la campagna romana ed in particolare la campagna nettunese, da sempre fornisce stimoli narrativi per le scene dipinte. Aspetti indigeni si mescolano nelle ricostruzioni storiche – religiose, dando talora un’interpretazione popolaresca anche ad immagini di culto.
Nel secolo dei lumi e del rilancio neoclassico delle vestigia del passato, scrittori e artisti viaggiatori vanno alla ricerca di una realtà pittoresca fatta di paesaggi naturali e di immagini folcloristiche. Disegnando dal vero, questi viaggiatori, sia locali che stranieri, portano e riportano una gran quantità di appunti e disegni, incisioni e litografie dando vita ad un vasto repertorio di pubblicazioni sia in Italia che all’estero.
Artisti locali, come Giuseppe Brovelli Soffredini o di grande fama come il Pinelli, ritraggono sovente nei loro quadri personaggi in costume popolare, sia civettuole ragazze che briose contadine o compassate matrone.
Questo filone prosegue nel novecento e molti pittori resteranno affascinati dal tema popolaresco e manterranno viva la tradizione disegnando, quel modo di vestire dettato da necessità, possibilità, figlio del gusto locale ma anche delle ingerenze esterne, saracene o provenienti dalla fusione con costumi ischitani secondo le varie interpretazioni degli storici locali.
Inoltre, dalla fine dell’ottocento in poi, la memoria del costume locale diverrà appannaggio prima della fotografia immortalata sia da grandi fotografi locali come Valeri Mancinelli o i Barattoni sia da grandi fotografi di valore internazionale come gli Alinari e quindi della cartolina primo veicolo di comunicazione di massa che ci lascerà un prezioso patrimonio culturale nel quale certamente grande importanza ha il costume della donna di Nettuno.

 

IL COSTUME DI NETTUNO IN CARTOLINA

Anche se già nel settecento viaggiano cartoncini variamente illustrati per auguri, utilizzati da una piccola cerchia di persone appassionate di cose artistiche, l’uso della cartolina per corrispondenza, inizia nella seconda metà dell’ottocento. Dapprima prevalentemente a carattere floreale, decorativa e disegnata da artisti famosi, in seguito illustrante vedute paesaggistiche o costumi tradizionali, inizia il suo cammino, fatte debite eccezioni nel 1895, anno in cui Umberto I ne autorizza con apposito decreto l’edizione, la diffusione, la vendita, fino a diventare al giorno d’oggi oggetto di spasmodica ricerca e collezione.
Una certa tradizione vuole il pistoiese Torello Marini come il progettista di un tipo di cartoncino adatto ad esser spedito, ma la prima idea di affidare alla posta non solo delle lettere sigillate, ma anche dei cartoncini, più leggeri e sbrigativi, è attribuita al barone Von Stephan, che la sottopone all’esame delle Poste Imperiali, tanto che il primo ottobre 1869 l’Amministrazione Postale Austriaca metterà in vendita la Corrispondenz Karte; di lì a poco, tutto il mondo adotterà questo sistema: è l’anno zero della cartolina.
In Italia, bisognerà attendere il primo gennaio 1874, ma subito dopo l’emissione dell’intero, data l’estrema praticità dell’oggetto postale per comunicazioni commerciali, una grandissima percentuale di ditte lo adotterà sovrastampandolo per caratterizzarlo.
Trattandosi di un mezzo molto agile e sbrigativo per inviare messaggi, tutto è raccolto in un solo cartoncino e qualche anno dopo l’invenzione delle cartoline postali, un pittore tedesco Franz Borich creerà una cartolina con alcune vedute di località turistiche svizzere: nasce la cartolina regionale destinata ai viaggiatori per l’usuale saluto che non conoscerà più tramonto, grazie anche al clima relativamente tranquillo dell‘Europa di seconda metà ottocento, alla voglia di viaggiare e all’evolversi dei mezzi di trasporto.
Sulla cartolina si spazia con disinvoltura, in una caleidoscopio di tematiche, grazie a straordinari disegnatori che ci lasciano: affascinanti donnine, auguri di buon natale o di nuovo anno, bambini, umoristiche, militari, pubblicitarie, commemorative e pur avendo un carattere apparentemente effimero non si nota ancora la capacità nascosta di diventare un giorno un documento.
Tra gli aspetti più ricercati, quello del costume, atto a distinguere regione da regione ma soprattutto simbolo del proprio paese: ecco quindi la donna, molto più spesso dell’uomo, abbigliata col costume tradizionale, con in risalto la ricchezza delle stoffe, la gonna spesso ampia, il corpetto ed i numerosi e vari gioielli che incorniciano il petto, adornano le mani, la capigliatura spesso raccolta, con ai lobi orecchini pendenti e l’aspetto da antica matrona romana. Quasi tutti i paesi del Lazio hanno nel loro patrimonio cartolinistico la donna in costume; ovviamente Roma, i tanti paesi della Ciociaria e Nettuno che vanta uno dei più belli e ricchi fra i costumi del patrimonio nazionale.
Le cartoline dedicate al costume di Nettuno sono, per le mie conoscenze e ricerche condotte nella storia della cartolina locale per circa un trentennio, una ventina, non prendendo in considerazione le fotocartoline private.
Queste se dotate di una didascalia o ancor meglio se viaggiate sono da considerarsi tali a tutti gli effetti, ma per il nostro capitolo prendiamo in considerazione solo il periodo che va dalla nascita della cartolina agli anni cinquanta e quelle cosidette da tabaccaio.
Le prime cartoline con il costume di Nettuno, la priora, risalgono alla serie azzurrina, del fotografo Valeri Mancinelli, attivo fra la fine dell’ottocento ed i primi anni del novecento, durante i quali ricopre anche cariche amministrative nel nostro paese ed è annoverato in un elenco dei migliori artisti operanti in Italia da Piero Becchetti.
La più antica riproduce una priora volta verso destra di profilo, formato splash, mentre altre due sono presenti nelle cosiddette saluti da… composte, da una piccola immagine della priora con altre immagini del paese poste a finestrella. Risalgono probabilmente a negativi del 1893/95 e sono stampate in modo artigianale, in tiratura di poche centinaia di pezzi, la stampa litografica non consente una alta produzione, virate nel classico colore che da il nome alla serie, stampate intorno al 1899. Nelle cartoline locali dei primi anni del novecento sono rappresentati anche personaggi ed aspetti della civiltà contadina o della pesca presenti nella realtà locale, l’andata in campagna con l’asinello e il trasporto del carbone, la vendita degli ortaggi per le strade e il mezzo di trasporto più comune il carretto, quindi i ritratti: dalle popolane alla fonte, ai gruppi di cacciatori, i ritratti di famiglia patriarcale, le famiglie aristocratiche in gita o semplici gruppi di amici; commemorazioni, in cui fa bella mostra tutto il paese con autorità civili e religiose, le processioni con paggetti ed angioloni e le nostre priore.
Sono dei primi anni del secolo scorso, un acquerello anonimo ma databile primi novecento per l’impostazione delle righe del retro cartolina, con sullo sfondo il Circeo e coeva di quella che ritengo la più bella cartolina del Costume di Nettuno opera di Alterocca, la n° 5950 spedita da Josephine con much love e thanks rigorosamente scritto sul verso.
Il formato iniziale della cartolina è di centimetri 9 per 13, il dritto è riservato alla fotografia, un piccolo spazio è riservato al messaggio che altrimenti va sull’immagine stessa, il dorso è riservato solo all’indirizzo del destinatario. Questo inconveniente sarà eliminato dall’amministrazione postale che nel 1905 provvederà a suddividere il retro della cartolina in due parti uguali: la metà di destra riservata all’indirizzo del destinatario, quella di sinistra al saluto, l’immagine occuperà come d’uso ancor oggi tutto il recto.
La cartolina di Nettuno con processione e donne in costume davanti la pasticceria liquori e panificio di Nunzio Ricci è edita da Enea de Gregori di Roma e si può considerare tra le prime del novecento. E’ invece della Tipografia Pistolesi, sempre primi novecento, la cartolina della processione che si tiene in onore di Nostra Signora delle Grazie nel mese di maggio con breve scorcio dell’isolotto in piazza dei Pozzi di grano.
Le tre priore precedono l’arciprete don Giovanni della Canfora, a San Giovanni dal 1866 al 1882 ed un confratello con la paletta onoraria, il bastone di comando usato un tempo dai dirigenti della Confraternita del Carmine di Nettuno. Fortunatamente, come visto, non sono presenti nel panorama nettunese solo cartoline da studio fotografico, in posa, interessanti spesso per i particolari ma fredde; nell’ambito del panorama regionalistico locale, peraltro vastissimo, sono presenti in processione o in celebrazioni religiose, mentre devotamente sfilano, donne che orgogliosamente portano il loro tradizionale costume ed anche nelle cartoline di Genzano, durante la tradizionale infiorata, troviamo nascosta tra la folla, appena visibile, con il suo bel costume rosso porpora, la donna di Nettuno.
Anche l’editore A. Auda, con sede e studio ad Anzio in via Nettuno n°6 ed autore di una serie di splendide cartoline in cui posa l’obbiettivo sull’attività quotidiana dei più umili, guardando con passione e compassione quei momenti anonimi di duro lavoro, tramandandoci un mondo trasformato o addirittura scomparso che aveva commosso ed ispirato anche i pittori del Grand Tour, darà in stampa per Nettuno: il costume, in un curioso ed unico viraggio rosso-bruno.
La donna di Nettuno fa parte di una serie pubblicitaria del Grand Hotel de Russie in Roma, edizione riservata, stampata da Richter di Napoli con didascalia in inglese, per turisti.
Esistono inoltre, alcune immaginette assimilabili più a delle figurine tipo Liebig che a cartoline ma meritevoli di esser citate soprattutto per le due che riproducono Nettuno celibe e Nettuno sposa.
Nell’immediato dopoguerra le cartoline diventano grandi, di formato 10 per 15 e la carta verso i primi anni cinquanta prevalentemente lucida, per un po’ ancora stampate in bianco e nero prima di passare ai colori all’anilina; la presenza del costume di Nettuno in cartolina, assume minore importanza, quindi il costume tradizionale tenderà a scomparire per ripresentarsi di nuovo in quest’ultimo decennio grazie a fotografi ed editori locali sensibili, protagonista nella nuova cartolina con formato 12 per 17, ironicamente detta tovagliolo dai puristi che amano solo la piccola; un prodotto comunque molto valido.
Certo è che, come la cartolina si è rivelata un notevole strumento didattico iconografico, un modo per valorizzare le proprie radici, il proprio costume, così la cartolina fotografica può contenere una informazione reale, concreta, sostituendosi in parte alla pittura.
Si rivela insostituibile nella ricerca e nella documentazione etnografica, sociale ed urbanistica. Si può affermare che la cartolina illustrata dalla sua origine fino all’avvento della televisione sia stata il mezzo principale nella comunicazione di massa, l’unico che abbia trasferito immagini di città e paesi da un angolo all’altro della penisola, diffondendola tra le classi più varie non solo dell’aristocrazia, consentendo di custodire, archiviare testimonianze di un passato variamente vissuto. Oltre a riproporre alcune delle più belle immagini di priore nettunesi in questo capitolo del libro, non resta altro che rimandare gli appassionati cultori di questa tematica al recente volume Il costume popolare di Nettuno di Vincenzo Monti, opera completa e con una straordinaria rassegna di dipinti, foto, cartoline, in elegante veste editoriale.

CHIESA DEL SA.MO SACRAMENTO

Racconta il Canonico Giovanni Matteucci, in Cenni Storici dell’Anzio antico, Nettuno e Porto d’Anzio, del 1872, che la Confraternita del Ss.mo Sacramento e Morte, addetta alla parrocchia e dipendente dal parroco, ha origine nel 1530 mentre quella del Carmine nel 1630.
Queste due Compagnie hanno due cappelle nell’antico Duomo e nelle Domeniche e nelle Feste assistono a turno nel Coro alla Messa cantata, ponendovi del proprio sei candele all’altare maggiore in tempo di Vespero e Messa.
Nell’antica chiesa del Ss.mo Sacramento e Morte, vi si officia la Messa tutte le domeniche, durante l’ottavario dei morti ed anche in altre ricorrenze, quando si effettua il “mezzo giro di processione”, che consiste nel percorrere la via Sacchi ed il suo vicolo, via del Baluardo e rientrare poi a piazza Colonna.
Di fronte all’ingresso di tale chiesa, tra via Sacchi e via Stefano Porcari (oggi, una yougurteria), vi e’ il magazzino in cui si ripongono gli stendardi, le palette, le tuniche, le croci, ed i crocioni con altri arredi, tra questi le barelle, che vengono adoperate dagli spazzini comunali, in camicione nero, per portare in spalla le salme prelevate dalle loro abitazioni, nella chiesa per le ultime esequie.
La maggior parte delle arciconfraternite dedicate alla devozione del Cristo in Sacramento vengono alla luce nell’arco di tempo che va dal 1494 al 1530, infatti a Roma la prima arciconfraternita viene fondata nel 1501 in San Lorenzo in Damaso.
Intorno al 1620, la confraternita del Ss.mo Sacramento assorbe quella di San Rocco con l’obbligo di provvedere all’officiatura del piccolo Santuario di Nostra Signora delle Grazie e di amministrare le poche rendite.
Anche la presenza delle cosiddette Priore ha un legame con il Ss.mo Sacramento come svela Monsignor Vincenzo Cerri in una intervista rilasciata per la pubblicazione, La festa di Nostra Signora delle Grazie a Nettuno: La Confraternita del Santissimo Sacramento, anticamente, aveva anche la sezione femminile; e come ogni anno si eleggeva il Priore tra gli uomini, si usava eleggere anche la priora tra le donne. Questa, con due assistenti, interveniva alla processione di maggio e a quella del Corpus Domini indossando, per l’occasione, il tradizionale e bellissimo abito festivo delle donne maritate.
Nell’anno santo 1700 un gran numero di Nettunesi, guidati dalle Confraternite del Carmine e del Ss.mo Sacramento, si recano in pellegrinaggio a Roma con la venerata statua di Nostra Signora delle Grazie per acquistare il santo Giubileo indetto da Papa Innocenzo XII (Pignatelli).
Grazie all’ottimo studio di Baiocco Laura e Giancarlo in “Le Chiese perdute” edite nei quaderni di memorie di Nettuno (pagg. 31,32), possiamo attingere altre interessanti notizie: La confraternita, istituita a Nettuno nel 1530, aveva raggiunto in breve tempo una certa capacità economica, tanto da poter nel 1601 sostituire quella di San Rocco nella gestione della Chiesa dell’Annunziata ed i confratelli, che univano al culto del Sacramento le opere di beneficenza e la mutua assistenza, cercavano nell’Istituzione la certezza che dopo la morte sarebbero state celebrate messe di suffragio per le loro anime, e per questo la gratificavano con lasciti testamentari.
La chiesa del Ss.mo Sacramento, occupa parte di piazza Colonna e chiude con la sua struttura l’attuale via del Mare, al tempo vicolo della Mola.
Un corto vicolo la separa dalla rocca di Nicola Orsini verso la quale è posto l’altare; la parete laterale nord aveva finestre rettangolari, limitate da una semplice cornice, ed è allineata con la porta piccola della rocca; l’ingresso si apre in linea con il limite della facciata monumentale del Palazzo Pamphilj.
L’accesso al vicolo della Mola viene assicurato da un passaggio posto a lato del palazzo Pamphilj e da una ripida scaletta sul retro della chiesa. Ricordano Baiocco Laura e Giancarlo inoltre, che la chiesa è sicuramente preesistente al palazzo Pamphilj del 1650: il principe Camillo e la potente Olimpia Maidalchini non avrebbero certo tollerato il disturbo prospettico. Nel 1698, in occasione della visita a Nettuno di Innocenzo XII, gli edifici della piazza, giudicati troppo umili dai principi di famiglia, vengono coperti con delle quinte teatrali.
La chiesa del Ss.mo Sacramento, verrà distrutta nel 1944 a seguito degli eventi bellici che investiranno Nettuno, secondo gli autori di “Le chiese perdute”, perché minata ed abbattuta dall’esercito tedesco nel tentativo di chiudere l’accesso dal mare del borgo medioevale, insieme ad altri edifici ed al lato del palazzo Pamphilj che si affacciano sul vicolo della Mola. Secondo noi, non risultando altresì attendibile l’ipotesi che possa esser stata demolita nel 1937 nell’ambito di una riorganizzazione urbanistica della città voluta dal Commissario Prefettizio Aurelio Leoni, riteniamo, anche grazie all’ausilio delle testimonianze ed ai ricordi personali riferiti da Antonio Simeoni per oltre quattro lustri sindaco di Nettuno e da alcuni nettunesi che hanno vissuto quegli eventi, nonché da studi condotti dal ricercatore Pietro Cappellari, di poter suggerire in alternativa alla prima tesi, che dal punto di vista strategico-militare ci sembra poco plausibile, quella che la vuole abbattuta durante un bombardamento aereo militare alleato tra il novembre e dicembre del 1943 in vista dello sbarco del 22 gennaio 1944.

 

 


Acquerello di Yildirim Orer ispirato ad una cartolina d’epoca in cui le tre priore precedono don Giovanni della Canfora ed un confratello con la paletta onoraria usata un tempo dai dirigenti della Confraternità del Carmine di Nettuno

 

 


idem – Via Conte di Torino: priore assistono ad un saltarello ballo consueto nelle nostre zone

 

 


Due acquerelli molto suggestivi di Yildirim Orer ispirati a stampe o disegni d’epoca

 

 


Cartolina edita da Valeri Mancinelli, serie azzurrina, fine ottocento

 

 


Stampa ottocentesca di costumi dei dintorni di Roma, prima a destra, donna di Nettuno

 

 


Bartolomeo Pinelli, Ballo a Villa Borghese presso il tempio di Diana, 1830, a sinistra costume di Nettuno

 

 


Acquerello di scuola inglese, prima metà dell’ottocento, priore con sullo sfondo, a matita, Nettuno

 

 


Primo piano di stampa ottocentesca con in evidenza i gioielli che incorniciano la bella priora

 

 


Disegno della pittrice Vittoria Presiutti di Lavinio, 2000, ispirato ad un celebre dipinto di Arthur John Strutt

 

 


Stampa di donna in costume nettunese, interno borgo, autore Henry Williams. Il più fecondo e competente fra i pittori inglesi. La sua produzione rappresenta opere di paesaggi romani, scene di vita quotidiana, gruppi di contadini dei dintorni di Roma e delle paludi pontine. Si trasferisce a Roma nel 1827 e qui scompare quasi novantenne nel 1885

 

 


Due bellissime immagini di costumi di Nettuno distanti un secolo: una, edita da Alterocca, n. 5950 e spedita da Josephine con much love e thanks, fine ottocento e l’altra, priora dei nostri giorni, Maria Raffaela Raffaele di Nettuno che fa capolino dietro una bifora

 

 


Il costume di Nettuno con sullo sfondo il Circeo, cartolina a colori

 

 


Stampa tratta dai Costumi popolari italiani, opera di G.G. Gorlich, disegni eseguiti
da Aldo Fornoni e Maria Angela Grassi: l’abito nettunese indossato quotidianamente

 

 

 


Due foto di costumi: quello maschile, foto Simonetti e quello più consueto femminile
accompagnato dalla banda musicale, foto Barattoni

 

 


Foto processione Madonna delle Grazie. I legionari nettunesi alla loro grande madre

 

 

 


Foto di una processione di N.S. delle Grazie

 

 

 

 


Santa Maria Goretti in un santino, in una cartolina e in un opuscoletto.
Colpita a morte il 5 luglio 1902 presso Ferriere di Conca, muore il giorno successivo nell’Ospedale Orsenigo di Nettuno. Monsignor Temistocle Signori la assiste e scrive nel registro dei morti: Fanciulla timorosa di Dio, crudelmente aggredita presso Conca, resistendo fortemente per conservare la sua purezza, cadde morendo trafitta da dieci pugnalate. Trasportata all’ospedale (…) amorevolmente accolta, si è confessata (…) è stata confortata col Sacramento dell’Unzione degli Infermi amministratole dal Cappellano R. Padre Martino Gujano. Morì nel bacio del Signore perdonando il proprio carnefice

 

 


Processione del Corpus Domini e passaggio di Caproni, cartolina Barattoni, 1924, l’arciprete don Temistocle Signori porta processionalmente il Santissimo in via Conte di Torino; i primi due confratelli che sorreggono il baldacchino sono: Pietrantonio Brovelli a sinistra ed Amedeo Combi a destra

 

 


Maria Ss.ma delle Grazie in solenne venerazione nella Collegiata di Nettuno, 1892

 


Cartolina serie azzurrina con la statua di N.S. delle Grazie, fine ottocento

 

 


Coppia in costume nettunese alla Fiera di Roma. Foto cartolina Barattoni

 

 


Foto Pietrantonio Brovelli Soffredini, Parrocchia Sacro Cuore, infiorata del Corpus Domini,
11 giugno 1939; (g.c. Signora Ester Martufi)

 

 


Chiesa del Sacro Cuore edizione G. Monaco. Voluta dall’arciprete parroco Monsignor Nicola De Franceschi con richiesta a S.E. Cardinale Gennaro Granito Pignatelli di Belmonte, vescovo di Ostia e di Albano, per l’assistenza religiosa della popolazione della periferia e delle campagne. La costruzione inizia nel 1935 e termina nel 1937: il 21 agosto è aperta al culto e dal 28 novembre diviene definitiva sede di una nuova parrocchia, la seconda di Nettuno, già istituita il 1° ottobre 1936 e provvisoriamente ospitata nella cappella di San Giacomo. La cura delle anime è affidata ai frati francescani minori, primo parroco, padre Agostino Fioravanti, la cui presenza si conclude il 1° settembre 2002, ultimo parroco, fra Giorgio Cinque, dopo sessantasei anni di apostolato, lasciando un vuoto incolmabile

 

 


Cartolina di Nettunia: la cattedrale, edizione Ada Valeri, anno XVIII E.F. La costruzione della Collegiata, dedicata ai SS. Giovanni Battista ed Evangelista, inizia nel 1736 su progetto dell’architetto Carlo Marchioni ed ultimata nel 1749. Nel 1937, su iniziativa del commissario prefettizio Aurelio Leoni, per isolare il sacro edificio, si demoliscono le casupole antistanti ed il piccolo, antico oratorio del Carmine, situato a lato

 

 


Acquerello di Yildirim Orer della Chiesa del Ss.mo Sacramento in piazza Colonna con donne di Nettuno in costume

 

 


Due cartoline della chiesa detta di San Rocco, forse risalente ai primi anni del XVI secolo. Nel corso del novecento viene più volte restaurata e manipolata. La nuova chiesa riaperta al culto il 14 maggio 1914 è costruita su progetto di Fratel Costanzo Dodet e dell’ingegnere G. Venarucci. Il campanile che sovrasta l’abside viene innalzato nel 1930/31

 

 


Un certificato della Confraternita del Santissimo Sacramento
in Nettuno, 1890; (g.c. Vincenzo Monti)

 

 


Due interni oramai scomparsi della chiesa di San Rocco, anni sessanta

 

 


Cartolina commemorativa del 25° Anniversario della Incoronazione di Maria SS.ma della Grazie,
protettrice di Nettuno riproducente un quadro di Giuseppe Brovelli Soffredini; (g.c. Vincenzo Monti)

 

 


Nostra signora delle Grazie in un santino ed un cartoncino pubblicitario

 

 


Due inconsuete cartoline del santuario della Madonna delle Grazie,
Collegio Padri Passionisti, anni trenta, edizione C. Pirro

 


 


Foto delle campane di San Giovanni; (g.c. Gianni Gregorovich)

 

 


San Francesco: la chiesa e la piazza antistante; anni settanta

 

 


Cartolina dei ruderi di Torre Astura con veduta della chiesuola S. Mariae, Ss.mi Salvatoris edita a metà anni dieci

 


 

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ALBERTO SULPIZI

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