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UNA REGINA SEDUTA SUL MARE
di ALBERTO SULPIZI

 

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01 PESCANDO NELLA STORIA - 02 LA CARTOLINA - 03 NETTUNO IN CARTOLINA - 04 IL BORGO - 05 IL DIO NETTUNO, PIAZZA MAZZINI ...LE ALTRE PIAZZE - 06 IL FORTE SANGALLO - TORRE ASTURA - 07 IL MUNICIPIO E LA PASSEGGIATA - 08 LA COSTA, LE SPIAGGE E I VILLINI - 09 LEGGERE, SCRIVERE E FAR DI CONTO - 10 TRASPORTI - 11 MILITARIA - 12 FEDE E TRADIZIONE - 13 PLATEA IN PIEDI - 14 LA POSTA 15 RISTORANTI ED HOTEL - 16 LA NEVICATA DEL ‘56 - 17 QUARTIERI, FRAZIONI, PERIFERIE - 18 I GEMELLAGGI 19 MISCELLANEA - IL DIALETTO NETTUNESE - VOCABOLARIO NETTUNESE-ITALIANO

 

09 - LEGGERE, SCRIVERE E FAR DI CONTO

 

Otto e venti prima campana...
Antonello Venditti

 

La prima legge italiana sulla scuola che precede ed accompagna lo Stato unitario è la legge Casati del 13 novembre 1859, la quale di fatto riproduce il disegno di legge di L. Cibrario, ministro della Pubblica Istruzione del Regno di Sardegna dal 1852 al 1855.
Composta di 380 articoli, mira a dare un ordinamento scolastico unitario, organico e completo, per soddisfare le esigenze sociali e culturali del nuovo Stato Italiano che si va formando.
Gradualmente applicata alle nuove regioni, la legge viene estesa a tutto il Regno d’Italia con la n° 3691 del 15 luglio 1877.
L’istituzione elementare avrà ulteriore ordinamento con la legge Coppino sull’obbligo scolastico del 1877, con la legge Granturco del 1896 che istituisce la scuola complementare femminile triennale e finalmente con la legge Orlando del 1904 che al corso elementare di 4 classi aggiunge il “corso popolare” con le classi V e VI; infine con la legge Credano del 1911.
A Nettuno, che a metà ottocento deve superare un imbarazzante episodio che implica il canonico don Innocenzo Farrotti, accusato di percepire una sovvenzione di 12 scudi mensili per una scuola di “umanità e rettorica” totalmente priva di iscritti, l’istruzione elementare maschile è affidata a due maestri stipendiati dal comune sicuramente già nel 1872, come riporta anche il canonico Matteucci: ai due maestri è affidata l’istruzione della calligrafia ed i rudimenti della sublime lingua latina, madre della nostra volgare favella.
Nel 1880 la situazione dell’istruzione comincia ad essere regolarizzata secondo le nuove norme previste dal Regno d’Italia. A Nettuno si inizia la ricerca di nuovi e migliori alloggi per installarvi le scuole, si aumenta il numero dei maestri, si organizzano le scuole elementari in pluriclassi maschili e femminili e l’insegnamento serale per gli adulti. Al tempo sono i maestri elementari ad avere l’incombenza delle scuole serali come si vede in una delibera del 2 maggio 1882 del consiglio comunale di Nettuno: “Domanda dei maestri elementari Scagnoli e Fiorilli per una gratificazione in compenso della loro prestazione alle scuole serali del 1882” (Caneva, Travaglini, Atlante Storico).
Ci riferisce inoltre il prof. Augusto Rondoni in Nettuno, ottocento/900 che fino al 1907 l’istruzione pubblica elementare viene impartita dai fratelli delle Scuole Cristiane, una congregazione che indossa l’abito talare alla francese con un colletto da cui pendono, davanti, due lingue bianche inamidate.
Con l’avvento dell’ordinamento dello Stato Italiano che tende a laicizzare le scuole di ogni ordine e grado, sono indetti concorsi per colmare i quadri vacanti degli insegnanti.
Il comune di Nettuno, per invogliare la scelta sollecita della sede, delibera che ai primi due classificati venga concessa gratuitamente la casa per un venticinquennio.
Il primo maestro che fruisce di tale agevolazione è il giovane Arcangelo Rondoni da Velletri che frequenta un corso di specializzazione a Lodi e vince il concorso per Nettuno nel 1907.
L’anno dopo, sposa Giulia, la figlia di Ercole Visca, il molinaro, da cui ha sei figli. Il secondo insegnante che fruisce della stessa franchigia è il maestro Francesco Sfondrini che si trasferisce con la famiglia da Torino.
Si avvicendano anno dopo anno tanti altri insegnanti come ci ricorda lo stesso prof. Augusto (Ruro) Rondoni: il maestro Rutilio Romagnoli con la moglie anch’essa maestra Lina Pinarelli; il maestro Attilio Penna, il maestro Parisi, la signora Edvige Fiorilli ed il maestro Vassallo. Da Sala Consilina arriva il maestro Benedetto Ventresca, quindi la maestra Lupi e la maestra Fanciulli, madre di Rino Salviati, chitarrista internazionale.
Infine, la signora Giovanna Milazzo siciliana, la maestra Adriana Bozzino ed il maestro Salvatore Di Trapani.
Dopo la prima guerra mondiale, la Direzione Didattica viene assunta dalla prof. Annunziata Cavalli Campari che la tiene fino al 1935; l’ispettore territoriale è il prof. Giammarusti di Velletri.
Tra i bidelli il professor Rondoni ricorda: Ettore Taurelli che controlla la scuola anche esternamente e suona la campanella; Giggia De Franceschi che provvede alla pulizia delle aule ed alla quale si aggiungeranno in seguito i figli di Ettore Taurelli, Mario ed Alessandro.

 

LE SCUOLE RURALI 1900-1920

Intorno a Roma, si estende un territorio immenso, circa trecentomila ettari, malarico, fertile in buona parte ma posseduto da pochi proprietari, coltivato, salvo rare eccezioni, da contadini nomadi che vengono dalle zone montuose della provincia di Roma ed oltre.
La malaria è domata solo in parte dall’apostolato di Angelo Celli e le condizioni di vita agricola e sociale, non consentono ai contadini del Lazio, né una stabile dimora, né un punto fisso per cominciare a tessere rapporti ed interessi di vita civile ed umana.
L’agricoltura è ridotta, nella maggior parte del territorio, alla vegetazione spontanea di boschi e prati. I prodotti principali sono il fieno, i legnami ed il carbone; poche le zone coltivate a grano, biada e granturco. Si pratica anche l’allevamento degli ovini.
La vita sociale di questi nomadi, che arrivano ad ottantamila unità, con salari irrisori, che hanno per abitazioni alcuni cameroni o fetide capanne fumicose, come unica risorsa l’acqua del fosso e come cibo abituale la pizza di granturco, è inesistente.
I medici del comune di Roma e della Croce Rossa visitano di quando in quando, in carrettino o a cavallo, le vaste zone assegnate ma con pochissima possibilità di pratica igienica seppur elementare.
Abbastanza curata, specie sul finire della primavera la profilassi antimalarica dovuta alla tenacia di Angelo Celli, vero bonificatore e redentore dell’Agro e della Palude.
La scuola, pericoloso strumento che desta le coscienze e con esse aspirazioni, sentimenti e diritti, malvista dai pochi ricchi proprietari terrieri.
A malincuore si permette l’ingresso del maestro, ma se possibile lo si osteggia, gli si nega il passaggio, l’abitazione: l’opera delle scuole dei contadini è una dura prova di pazienza, sacrificio e fede.
La funzione di queste scuole ambulanti richiede elasticità e libertà di movimenti, adattamento e specializzazione di mezzi, particolare disciplina e fervore quasi apostolico nell’operare.
Esse sono in genere a corso serale, ma sorgono anche quelle diurne. Hanno vita annuale, da ottobre a maggio, la dove si riscontra la possibilità di raccogliere trenta-quaranta alunni di ogni età e sesso, di avere un ricovero per tenervi lezione, di trovare un mezzo di trasporto per l’insegnante che vi si deve recare.
Dal 1907 al 1917 la scuola viene portata in settantotto località dell’agro e della palude. Nel 1917, il Comitato per la “coltura popolare” dispone di dieci capanne-scuola, dieci padiglioni smontabili, un edificio scolastico, unico esistente in tutta la provincia di Roma per le scuole rurali.
I maestri, quasi tutti insegnanti nelle scuole diurne del centro, si recano in campagna servendosi di treni, trams o carrettini, spingendosi per decine di chilometri.
Ma per le località molto distanti, impossibili da percorrere di notte in carrettino, vengono istituite scuole con maestro fisso con corsi diurni e serali come nei villaggi di capanne tra i boschi dei Colli Albani e delle selve delle Paludi Pontine. I maestri si chiudono nella selva, fanno vita comune con i contadini e coi pastori ed abitano nelle capanne.
Queste scuole, che richiedono ai maestri spirito di abnegazione, danno ottimi risultati dal punto di vista didattico e morale e sono assiduamente frequentati. Inoltre, dove è possibile, si tengono lezioni domenicali di cucito per le bambine, per le giovinette, per le madri del villaggio.
Dopo la mietitura in giugno, contadini e pastori tornano ai loro paesi di origine in montagna e, dove è possibile, sono aperti corsi estivi per dar modo a chi ha frequentato la scuola invernale di non perdere il contatto con l’alfabeto.
Il programma didattico è quello del corso elementare inferiore, con qualche variante che restringe ad esempio il programma delle nozioni varie, grammaticali e storiche ed amplifica quello delle nozioni di aritmetica fino alle superfici ed ai poligoni regolari, alle regole d’interesse, alle frazioni; la geografia deve essere chiara soprattutto nella conoscenza del Lazio nei suoi aspetti fisici, sociali ed agricoli; infine gli ordinamenti legislativi ed amministrativi del Regno.
Prevale, in tutto l’insegnamento delle scuole per i contadini, la parte strumentale e le maggiori cure sono rivolte alla prima classe, dove, se gli alunni sono assidui, pur lottando contro difficoltà di pronuncia e dialettali e contro la durezza muscolare di mani callose, si raggiungono risultati completi.
Si attende alla compilazione di uno speciale sillabario e di un compimento. Poco o nulla invece si può fare nel campo dell’istruzione agricola; fino a che il contadino sarà condannato ad una vita nomade, ad un lavoro cieco e bestiale parlare di bonifiche, concimazioni, macchine agricole, è pura ironia. Si esige almeno, in quanto all’igiene, la pulizia personale che si pratica nella scuola, acqua permettendo; si segue con cura la profilassi antimalarica.
Vengono istituiti due asili a corso annuale ed uno a corso estivo in montagna introducendo in questo, in via sperimentale per le ristrette condizioni di ambiente e finanza, il sistema Montessori.
Le scuole ambulanti per i contadini sono vigilate e visitate dai R.R. Ispettori scolastici. In esse si consegue fin dal 1911 il certificato di compimento e quelle diurne sono sede di tirocinio magistrale. Nel mese di maggio infine, si celebrano in varie località dell’agro e della palude le feste scolastiche, ove convengono gli alunni di tutte le scuole ambulanti istituite nei dintorni.

 

Il medico ed il maestro:
malaria, ambulanza C.R.I. e scuole rurali

Una rilevazione sistematica sugli effetti della malaria tra la popolazione temporanea e residente nell’Agro Pontino viene condotta nel biennio 1912 – 1913 dalla Croce Rossa Italiana nelle stazioni sanitarie, fra queste quelle di Campomorto e Acciarella che fanno parte dell’Agro Romano.
La diffusione delle febbri malariche nelle stazioni sanitarie di Acciarella e Campomorto nell’estate del 1912 è particolarmente intensa, la morbilità è rispettivamente dell’88 e del 126 per mille.
La lotta alla malaria nell’agro pontino riceve un indirizzo sistematico e scientifico nel 1918 con l’istituzione della Scuola di Malaria nel poligono di Artiglieria di Nettuno.
Dal 1917 a San Rocco, località a qualche chilometro dal poligono, insegnanti ed allievi giungono da Roma per compiere osservazioni ed esercitazioni di piccola bonifica.
Siccome i sopralluoghi sono frequenti e costosi, la scuola viene trasferita a Nettuno che, tra l’altro, avvicina i docenti e gli alunni ad Acciarella, Tre Cancelli, Torre del Padiglione e Ferriere di Conca, zone ideali per la didattica.
Il laboratorio batteriologico diretto dal professor Gosio ospita dal 22 al 26 maggio 1923 la commissione medica che rappresenta la Società delle Nazioni di Ginevra al convegno di Malariologia tenutosi a Roma dal 21 maggio al 21 giugno 1923; successivamente la Commissione visita le Paludi Pontine.
Si organizzano quattro corsi annuali riservati ad 80-100 allievi fra infermieri, maestri e maestre elementari di zone malariche e medici.
Il passaggio obbligato per la lotta alla malaria è la scuola, per risanare l’agro pontino occorre il maestro, una figura, secondo Angelo Celli, fra il missionario e l’esploratore.
I primi maestri arrivano nelle paludi pontine nel 1911, si stabiliscono presso gli uomini delle lestre, condividono la loro vita, li seguono in ogni spostamento.
Anna ed Angelo Celli, Giovanni Cena ed Alessandro Marcucci con fede e dedizione, di giorno istruiscono i bambini, la sera gli adulti.
La loro opera richiama nella palude scrittori ed artisti, rivoluzionari e sognatori, gente che da vita alla più straordinaria stagione civile nell’agro pontino.
Le prime sperimentazioni nella lotta antimalarica vengono fatte nel 1919 dai malariologi di Nettuno, presso la scuola elementare di Tre Cancelli che è quasi deserta. Ricorda il direttore A. Missiroli:la scuola sorge in mezzo ad un villaggio di capanne abitate da una popolazione nomade che scende nell’autunno dai monti Lepini. Scegliemmo la località non solo per la vicinanza a Nettuno, ma anche per i caratteri fisici e sociali della popolazione.
La gente pratica l’agricoltura e la pastorizia in forma primitiva, è piena di pregiudizi ed infiacchita dalla malaria che non può esser vinta solo con il chinino, l’istruzione, l’educazione igienica e l’opera di alfabetizzazione ma occorre puntare anche ad un miglioramento economico.
Maestro e medico cominciano ad agire di concerto nelle Paludi Pontine. Accanto alla scuola sorge l’ambulatorio e la scuola elementare di Tre Cancelli, che costituisce un prototipo, fa da laboratorio per la sperimentazione pratica.
Il complesso è costituito da due baracche: una funge da aula, l’altra da alloggio per l’insegnante. I bagni sono sistemati in una tenda. In seguito si aggiungono altre baracche, una per il servizio medico-scolastico, una per l’asilo ed un’altra per la cucina e la refezione dove si svolge anche la scuola serale.
Il complesso scolastico è servito da un pozzo profondo dodici metri.
La scuola di Tre Cancelli inizialmente è frequentata da 10 – 15 bambini. Al momento in cui viene aperto l’ambulatorio la popolazione è di cento scolari.
Nelle scuole più lontane il servizio sanitario viene garantito una volta al mese da un ispettore medico che vi si reca a cavallo o col calesse (Annibale Folchi, L’Agro pontino ).
Per gli esami parassitari sul sangue, le scuole dei contadini fanno capo al centro diagnostico di Ferriere di Conca, istituito nel 1922 col compito, tra l’altro, di compilare la “carta anofelica” e di studiare l’habitat della palude con ricerche sulla flora e sulla fauna. L’obiettivo è scoprire se e quali piante o animali abbiano nei confronti dell’anofelismo un potere “antagonistico oppure determinante”.
La ricerca viene svolta nella valle del Loricina nel territorio di Nettuno.
Con l’aiuto di alcuni botanici vengono raccolte e catalogate le piante con cui allestire, presso la scuola di malariologa di Nettuno, due erbari, uno allo stato umido e l’altro allo stato secco per individuare le piante favorevoli allo sviluppo della larva dell’anofele e quelle sfavorevoli.
Negli anni venti la situazione organizzativa antimalarica del Lazio è tra le più progredite ma anche la più frammentata e scoordinata.
Ad occuparsi della malaria sono la C.R.I., l’Opera contro l’analfabetismo, il Comune di Roma, la provincia di Roma e la Stazione sperimentale per la lotta antimalarica, creata con il contributo della fondazione Rockefeller da don Gelasio Caetani.
Nello stesso periodo, la C.R.I. gestisce nelle paludi pontine, sulla sinistra dell’Appia, cinque stazioni sanitarie permanenti, assistendo una popolazione di circa dodicimila individui all’anno.
Infine, nella stazione di Acciarella, è allestito un servizio di infermeria per il ricovero d’emergenza degli ammalati ed un servizio di autotrasporto per i malati gravi dalle singole ambulanze agli ospedali più vicini. Inoltre, decentrati dalle cinque stazioni sanitarie, sono in funzione ventotto servizi di assistenza medico-scolastica e cinque ambulatori antimalarici.

 

Colonie scolastiche marine

Nel 1907, con lo scopo di dare un nuovo indirizzo all’assistenza scolastica, non limitandola, come in passato, alla somministrazione della refezione, di calzature, libri e quaderni agli alunni poveri delle scuole elementari, ma volgendola soprattutto a mantenere, migliorare, rinvigorire la salute degli scolaretti gracili, deboli, predisposti ad infezioni, sorgono le colonie marine, la prima delle quali con sede a Giulianova.
I sessanta fanciulli accolti il primo anno, diventano più del doppio il secondo; venti costituiscono la prima colonia appenninica di Nocera Umbra.
Nel 1913 s’introduce la cura della tubercolosi, con l’istituzione di colonie permanenti, che accolgono i fanciulli senza limite di tempo, sino a quando il bisogno lo richiede.
Essendosi presentati in detto anno alla visita di Commissione medica 953 alunni bisognosi di cura, il Comitato si trova nella necessità di procedere ad una dolorosa selezione, escludendone 224; tra questi una cinquantina con tubercolosi iniziale negli apici, con cutireazione e sputi positivi.
Fatto presente ciò all’opinione pubblica, diversi giornali s’interessano del caso e soprattutto il Messaggero fa propria la causa, aprendo una campagna in favore dei bambini tubercolosi.
In poco tempo si raccolgono circa 20.000 lire, quanto basta per non lasciarli senza soccorso.
La colonia sorge sulla spiaggia di Nettuno in un ampio e comodo attendamento che il 13 agosto 1913 accoglie la schiera di fanciulli tubercolotici, funzionando meravigliosamente.
I risultati che si ottengono sono sorprendenti: dei cinquanta fanciulli ammessi, ben trentatrè, malati quasi tutti di forme ossee, dopo circa un anno di cura sono riconsegnati alle famiglie interamente risanati; gli altri diciassette rimangono in cura e ad essi si aggiungono nel 1914, altri bambini che presentano lesioni tubercolari polmonari allo stato incipiente. Questi, nei caldi mesi d’estate, rimangono sotto le tende a Nettuno, nella stessa località dell’anno precedente, vicinissima al mare e nei mesi freddi alloggiano ad Anzio, in un padiglione concesso dall’Opera Pia degli Ospizi Marini.
Il 2 maggio 1915, non permettendo le condizioni finanziarie di assolvere ai bisogni specifici di questa colonia, dopo accordi fra il Sindaco di Roma ed il presidente dell’istituzione, avviene il passaggio della “Colonia permanente per i fanciulli tubercolotici il Messaggero” al Comune di Roma.
A Nettuno come a Cingoli, Giulianova e Pescara nel 1914 tornano i fanciulli poveri di Roma, mentre, causa la guerra, i fanciulli bisognosi nel 1915 rimangono privi delle cure marine. Nel 1916 il Comitato delle Colonie pone particolare attenzione ai figli dei richiamati, dando loro la precedenza a parità di condizioni fisiche e la precedenza assoluta nel caso di: a) orfani di genitori morti in guerra, b) fanciulli che, avendo il padre sotto le armi, sono comunque privi di assistenza materna, c) mancanza del beneficio del sussidio governativo.
I moltissimi che si presentano alla visita medica, 450, (228 femmine, 222 maschi), sono accolti nelle colonie marine di S. Marinella, Ladispoli, Anzio e Nettuno; altrettanti circa, nelle colonie montane di Cingoli, Roccapriora e Monte Porzio Catone.
Molta parte del buon andamento delle colonie si deve all’opera disinteressata di medici non remunerati. Esaminano gli alunni, prima e dopo la cura, redigono per ciascuno di essi una scheda anamnestica completa, stabiliscono di anno in anno, secondo le più recenti vedute scientifiche sull’alimentazione, la tabella dietetica in proporzione al valore nutritivo delle sostanze, allo stato di denutrizione dei diversi fanciulli ed alle speciali esigenze della cura. Dettano norme di igiene, di elioterapia, di balneoterapia e di dietetica che vengono stampate e distribuite, volta per volta, alle direttrici dei vari turni.
Visitano le colonie periodicamente, osservando negli alunni tutte le manifestazioni in atto e lo svolgersi dei fenomeni fisici ed il miglioramento di ogni manifestazione morbosa. Valido aiuto trovano i medici nelle maestre delle colonie che con grande abnegazione sacrificano le loro vacanze per un lavoro intenso e non compensato.
Apparentemente non si fa scuola nelle colonie; i bimbi giocano tutto il giorno con la maestra e mentre conversano con lei, non s’accorgono che la colta e buona signorina dà loro varie nozioni istruttive; sotto la guida della maestra, scrivono alla famiglia lontana, spesso spezzata per la lontananza del padre.
I grandi risultati raggiunti si devono più al buon volere, all’abnegazione ed alla fede di poche persone che alla disponibilità di mezzi, scarsamente forniti dalla carità pubblica e privata, resi ancora più scarsi in periodo di guerra.
Peraltro, la spesa per l’esercizio delle colonie è minimo, nonostante il caro-viveri, per la cautela parsimoniosa che viene usata, trattando sempre comunque i fanciulli con vitto sano ed abbondante. La spesa di amministrazione poi è quasi zero, perché le colonie, tranne un piccolo salario agli inservienti, non pagano stipendio a nessuno e quanto ad esse perviene, sotto qualsiasi forma, è impiegato per gli scopi.

 

Colonie marine negli anni cinquanta

Ancora negli anni cinquanta, Nettuno è sede di colonie estive per bambini bisognosi gestite dalla Pontificia Opera di Assistenza.
I bambini sono alloggiati presso la Casa Divina Provvidenza, allora sotto egida del Vaticano. I piccoli quando giungono alla stazione di Nettuno, spesso con treni speciali, vengono accuditi da personale religioso e scortati da agenti della Pubblica Sicurezza.
Quotidianamente poi, interminabili file di fanciulli bianco vestiti attraversano la nostra cittadina per raggiungere la spiaggia libera di San Rocco-Cretarossa, ove sono loro assegnati alcuni arenili, circoscritti da un triste reticolato.
Il fenomeno scomparirà nel decennio successivo col progresso della popolazione prodotto dal “miracolo economico”.

 

 

Le maestre pie Filippini

Nate nel Settecento, con lo scopo di fornire istruzione gratuita alle ragazze del popolo, le maestre pie Filippini dopo aver svolto la loro attività a Roma, la estendono in seguito in tutto il Lazio, giungendo a Nettuno nel 1758 con tre maestre, invitate dall’arciprete della Collegiata don Ambrogio de Massimi, per volere del Cardinal Nereo Corsini che a sue spese fornisce l’edificio scolastico ubicato in via Andrea Sacchi e la donna che fa da inserviente per le maestre, dotandole inoltre di una abitazione.
In un verbale della Sacra Visita, fatto dal Cardinal Cavalchino nel 1759, si fa menzione dell’istituto delle maestre pie come già eretto ed aggiunge che queste, “non disponendo ancora di propri locali sono ospitate gratuitamente in una casa del marchese Nunez, ma si nutre speranza che possano costruirne una per loro propria abitazione”.
L’edificio viene costruito ben presto, come risulta da scrittura privata del 6 aprile 1768 fra le maestre pie ed il muratore Francesco Casaldi per dei lavori di scavo in una grotta sotto la casa delle suore.
Le ragazze vengono così istruite nella religione, nel leggere e scrivere e nei lavori domestici. Ai religiosi che assicurano l’educazione dei giovani di Nettuno, la Camera Apostolica corrisponde un assegno annuo che è integrato dagli emolumenti versati dalla comunità.
Le maestre pie Filippini diventano titolari, alla fine del Settecento, di un assegno annuo di cinquanta scudi, ripartito in trenta scudi per le spese scolastiche e quelle di vitto e vestiario e venti scudi da destinare alla cura di una compagna ottuagenaria, gravemente malata.
Nel verbale della Sacra Visita del 1804, eseguita dal Cardinal Luigi Valente, è detto esplicitamente che da principio le maestre abitano in locali in affitto, ma più tardi costruiscono a proprie spese una casa mediante due sovvenzioni. Il fabbricato è prospiciente da una parte il mare e dall’altra la via pubblica.
Dopo circa cinquanta anni dall’apertura della scuola, l’edificio, versando in condizioni disastrose ha necessità di urgenti lavori di riparazione come testimoniato in una lettera del 23 settembre 1808 alla Camera Apostolica (Caneva, Travaglini, Atlante Storico).
Nel 1819 si ricava dalla relazione della visita diocesana che in Nettuno vi è “… il maestro di scuola per i fanciulli, e le maestre pie dette “del Gesù” per le fanciulle.
Il primo ha scudi quaranta annui dalla popolazione, e settantadue dalla Camera Apostolica (…); le seconde godono dell’assegno annuo di scudi novantotto dei quali quarantotto dal suddetto erario popolare, e cinquanta dalla Camera Apostolica ottenuti dall’eminentissimo Valenti”.
Nel 1871 il Governo Italiano nomina alla reggenza delle scuole comunali le maestre pie fornite di diploma. L’insegnamento prende forma regolare a norma della legislazione italiana sull’istruzione primaria. Dopo il bando di concorso del 1893 le maestre pie che risultano vincitrici del concorso continuano ad insegnare nei suddetti locali, adottando i programmi governativi.
Nel 1915, per l’insufficienza di ambienti, l’istituto viene trasferito nel nuovo edificio scolastico comunale, presso l’ultimo piano del municipio da poco inaugurato, mentre la propria casa, viene rimessa a nuovo ed è destinata ad orfanotrofio. La nuova scuola comprende anche le abitazioni delle religiose oltre al refettorio ed alla cappelletta.
Al 10 ottobre 1926, le religiose insegnanti aventi diritto di abitazione nel palazzo Comunale sono: suor Caterina Pesci (1893), suor Anna Ceccarini (1920), suor Annunziata Ferrani (1923), nonché suor Annamaria Latini e suor Annamaria Massimiani. Nel 1928 suor Clotilde Ricciarelli sostituisce suor Latini (scomparsa) e rimane in servizio fino al 1937; infine nel 1935 giunge suor Concetta Pazzaglia.
Le insufficienti aule comunali, dovute al sensibile aumento della scolaresca, portano alla decisione di costruire un edificio moderno rispondente alle normative igienico-sociali.
L’edificio sorgerà su terreni acquistati dalle suore fin dal 1919 in via Durand de la Penne ed in seguito ampliati con l’acquisto di altri lotti confinanti.
Nel 1932 iniziano i lavori che si concludono nel giro di tre anni sotto il vigile controllo di suor Caterina Pesci, come ricordano nel bellissimo volume Le maestre pie Filippini, Una storia di 230 anni, edito nel 1991, Bonomo e Rocchi. L’edificio scolastico, modello per scuola elementare-media e magistrale è inoltre in magnifica posizione sul mare. Nel 1951 viene ampliato con una ala laterale. Tra i molti docenti che in questo periodo vi svolgono attività didattica ricordo la professoressa di matematica e fisica Ignazia Privitera, in seguito tra le colonne storiche dell’insegnamento anche in altri istituti di Anzio e Nettuno.
Non si può non sottolineare la dedizione delle maestre pie nell’educazione della gioventù nettunese ed il modo con cui hanno sempre adeguato mezzi e metodologie educative all’esigenza della persona e del suo ambiente.
Le maestre pie Filippini sono presenti a Nettuno con le seguenti istituzioni: l’asilo infantile e scuola materna (1915), la scuola elementare parificata (1935), l’istituto magistrale quadriennale (1949), il V° anno integrativo (1988) ed infine anche con il liceo classico insieme al liceo socio-psico pedagogico.

 

Le figlie della Croce

A Nettuno, accanto alla scuola elementare, sul finire dell’ottocento, è presente una scuola per bambine in classe unica, retta dalle Suore della Croce, come risulta dal prospetto dell’Ispezione dell’anno 1888-1889, redatto dall’Ispettrice Marietti Guerrina.
Invitate dal Principe Borghese, le suore della Croce si stabiliscono a Nettuno ed aprono un asilo d’infanzia per le bambine, di cui Nettuno sembrerebbe sprovvista.
Il Principe fornisce alle suore il locale, pagando anche il vitto delle bambine dell’asilo e lo stipendio a tre suore. L’istituto è, in realtà, diviso in: “ educatorio privato colla scuola anche per esterne”, costituito da cinque classi (infantile, 1°, 2°, 3°, 4°) con un totale di nove alunne interne e venti esterne; “una scuola popolare gratuita a spese del Principe Borghese”, in un’unica classe, in tre sezioni, con un totale di cinquanta alunne esterne; un “asilo d’infanzia” per centoventi bambini, metà a spese del Principe Borghese e metà del Municipio di Nettuno, con un totale di sessanta femmine e sessanta maschi, tutti esterni.
A proposito dell’asilo d’infanzia, va detto che il progetto del Principe prevede inizialmente solo sessanta posti per le bambine. E’ il comune a premere affinché l’asilo funzioni anche per i maschi e, nel 1880, in accordo con la Superiora delle Suore della Croce, riesce a raggiungere un compromesso ottenendo l’ingresso dei bambini, come risulta nella delibera del 27 settembre 1880, “Progetto della Superiora delle figlie della Croce per l’istituzione dell’asilo infantile anche ai maschi”.
Le condizioni del locale sono discrete. Buone le stanze per le scuole, molto bella la terrazza per la ricreazione. Un po’ ristretto il locale per l’asilo e sufficiente la scuola per le alunne esterne e gratuite.
Al momento dell’ispezione nell’istituto, si nota una disparità di materiale didattico, fra la dotazione dell’educatorio, fornito di “quadro peso e misure, mappamondo, Europa, Italia, Provincia di Roma, Pianta di Roma” e quella della scuola gratuita e dell’asilo, che ha comunque “materiale scolastico sufficiente”.
Suor Monica soprintende e dirige tutto, mentre Suor Buzzi risponde “dell’educatorio all’Autorità scolastica” (Caneva, Travaglini, Atlante Storico).
Anche il canonico Matteucci sostiene che a Nettuno, alla fine dell’ottocento, vi sono maestre pie nostrali per le fanciulle, nonché maestre pie Francesi della principessa Borghese, da lei mantenute, ed allocate nel suo bel palazzo, una volta Pamphili.
Per la retta educazione, premura, e zelo, degne tutte queste ottime maestre di meritato elogio.
Inoltre il canonico Matteuci suggerisce che “per render, robuste e colorite quelle care figlie non v’ha ezzo più atto che la corsa in aperto, ed in casa l’innocente saltarello, (…) innocente, cioè fra loro (…) saltarello, o ballo comune, come natura di quel sesso leggiero (…) a render quindi robusta e sana l’odierna infievolita gioventù, a tutti sana morale, frugalità, ogni cibo; ai maschi il circo, la corsa, la forza, al debol sesso, la corsa, il casalingo ballo a porte chiuse (…) detto perciò: ballo di salute”.
Più precisamente, Vincenzo Cerri ricorda nel volume Nettuno che le suore giungono nel paese già nel 1864 dietro invito della principessa Teresa Borghese che, come detto, fino al 1890 concede l’uso gratuito dei locali ed un generoso contributo mensile.
Oltre che curare l’educazione religiosa e civile dei ragazzi e delle fanciulle, istituiscono un laboratorio interno di cucito, ricamo e taglio, una scuola di canto che presta servizio nella Collegiata. Insieme con le maestre pie Filippini sviluppano la bella tradizione degli angioloni e quindi dei paggetti, questi ultimi, già presenti nella congregazione del Santissimo Sacramento con colore azzurro e banda trasversale, in seguito rossi quelli delle Filippini e neri quelli delle figlie della Croce, contribuiscono a dare gioia e colore alla festa, durante l’annuale processione della Madonna delle Grazie.
Dopo 121 anni di attività scolastica nella scuola materna ed elementare, per motivi interni alla loro congregazione, nonostante la viva opposizione dell’Arciprete-Parroco, il 31 luglio, alle ore 12,30, le Suore figlie della Croce, dette Francesi, lasciano Nettuno.
La gestione della scuola passa alla Parrocchia di san Giovanni già dall’anno scolastico 1982-1983. Alla Congregazione delle figlie della Croce va il ricordo affettuoso e la riconoscenza infinita della popolazione nettunese.
Diretta erede della tradizione delle figlie della Croce, la scuola di San Giovanni, situata nel borgo medioevale di Nettuno, occupa il piano terra ed il primo piano del palazzo Doria Pamphilj.
Comprende quattro sezioni di scuola materna e cinque di scuola elementare per un totale di undici insegnanti tra curriculari e insegnanti specialistiche.
Finalità di questa scuola in ambito didattico educativo è di offrire a tutti gli alunni l’opportunità di sviluppare le potenzialità intellettive, emotive, razionali e cognitive in un ambiente stimolante con scambio di esperienze ed attività comuni fra i diversi ordini di scuola e con le istituzioni del territorio. Inoltre si punta sull’accoglienza e la continuità realizzando percorsi disciplinari condivisibili dai due ordini di scuola e percorsi didattici operativi per ciascuna classe. Le prime classi della scuola materna sono situate al piano terra, dotate di ampie finestre che si affacciano sul mare e consentono un costante ricambio d’aria.
Accanto alle aule vi è una comoda palestra per gli spazi ludici ed una sala mensa che si affaccia sul mare. Particolare rilievo viene dato alle attività educative in relazione con la religione cattolica ed al rapporto scuola-famiglia. Nell’ultimo periodo dell’anno scolastico vengono effettuate delle gite culturali per ampliare gli orizzonti conoscitivi dei bambini.

 

Istituto San Francesco d’Assisi

Le prime notizie riguardanti l’istruzione scolastica nel territorio di Nettuno risalgono alla metà del settecento.
La Reverenda Camera Apostolica stipendia un appartenente all’ordine dei Padri Conventuali che ha la cura di insegnare ai ragazzi a leggere e scrivere impartendo inoltre rudimenti di matematica e lingua latina.
I Padri sono presenti a Nettuno dall’epoca di San Francesco d’Assisi, cui si attribuisce la fondazione del loro piccolo convento adiacente alla Chiesa, una volta dedicata a San Bartolomeo Apostolo.
Dirigono dal primo dopoguerra, presumibilmente fine anni quaranta, una scuola media-ginnasio-liceo classico intitolata a San Francesco. Fino agli anni settanta nella sede adiacente piazza San Francesco sita in viale della Vittoria, poi nell’ampia ed accogliente sede in via dei Gigli, località Santa Barbara. Quest’ultima sede viene costruita su un terreno donato l’undici luglio del 1949 da Augusta Agostini vedova Bazzichelli alla provincia romana dei Frati minori conventuali con il vincolo che l’ordine donatario è tenuto ad adibire il terreno a scopo di educazione, di istruzione e di culto, cosa che avverrà per circa un ventennio. Il trasferimento dalla vecchia sede di via della Vittoria, attualmente residenza della polizia municipale, avviene all’inizio dell’anno scolastico 1970. Il San Francesco svolgerà attività didattica fino a metà degli anni ottanta curando egregiamente l’istruzione classica di tanti giovani presso il nuovo istituto dotato peraltro anche di bellissima palestra e campi di calcio, basket e pallavolo.
In seguito, alla gestione dei frati subentrerà quella di Comunione e Liberazione che chiuderà la storia di questo glorioso istituto nel 1996. Successivamente i francescani affitteranno l’edificio alla Regione Lazio per svolgere dei corsi professionali ma si tratta dell’ultimo atto che si concluderà il 5 luglio 2002 con la vendita dell’intero complesso ad un privato. Attualmente l’istituto sembrerebbe destinato a diventare una casa di cura per anziani.
Il mio personale ricordo va ai molti professori, tutti di grande disponibilità e professionalità, che mi hanno seguito nel corso delle medie e del liceo classico nonché alla splendida figura del preside Marino Lazzari del quale seguirà un bellissimo omaggio dell’amico dott. Giovanni Cappella.
Ricordo in particolare alle scuole medie il prof. Marigliani (Scienze, Educazione fisica, Applicazioni tecniche), la professoressa Di Cola (Lettere), il prof. Padre Mazzoni Michele (Matematica) ed il professore e grande arbitro di baseball De Franceschi Sante (Educazione fisica).
Insegna al liceo classico, Padre Alberto Tomassi che, nato a Segni nel 1921, entra giovanissimo a far parte della famiglia francescana dei Minori Conventuali. Consegue a Roma la licenza in Teologia presso la facoltà di Teologia di San Bonaventura svolgendo in varie forme un’intensa attività pastorale. Molti a Nettuno ricordano la “sanguigna” dialettica nell’omelia della domenica mattina ella chiesa di San Francesco e i suoi alunni le fin troppo erudite lezioni di filosofia. Laureatosi prima in lettere poi in filosofia presso l’università di Napoli si dedica all’insegnamento ed inoltre partecipa a vari concorsi nazionali di poesia contemporanea.
Inoltre, Padre Angelo, Padre Francesco Tummolo (Lettere, Latino, Greco), il “temutissimo” e preparatissimo prof. Pancrazio De Franceschi (Latino e Greco), la professoressa Molle (Matematica), il “mitico” prof. Ettore De Franchi (Storia dell’Arte) ed infine il professore dell’ora più attesa, grande appassionato di basket, Luciano Tulli (Educazione Fisica).

 

 

Ricordo di un caro amico

E’ difficile se non impossibile tracciare una sintesi della figura di Marino Lazzari.
Non ricordo con esattezza in quale circostanza ebbi il piacere di conoscerlo, ma certamente quell’incontro segnò l’inizio di una relazione che divenne presto amicizia profonda.
Durante il fascismo era stato, dal 1938 al ’43, a capo della Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, dando a tale organismo una notevole impronta personale.
Per aver ricoperto tale incarico fu sottoposto al giudizio della Commissione Centrale di Epurazione, he tra l’altro gli contestò di avere senza concorso nominato alcuni artisti ad occupare Cattedre di stituti Artistici: trattavasi di nomi che avrebbero raggiunto notorietà internazionale, Carrà, Manzù, Guttuso, Rosai, certamente non simpatizzanti del Regime.
La sua profonda fede di cattolico praticante non gli impedì di entrare in polemica con la Curia e con alcuni alti prelati, in particolare sulla concezione restrittiva dell’arte, allora dominante, per cui si era giunti a mettere in discussione il valore, tra gli altri, di Manzù e Guttuso. Accettò l’incarico di Preside del Ginnasio-Liceo San Francesco e dedicò a tale Istituto la sua esperienza di organizzatore, il suo entusiasmo quasi giovanile, la sua vasta cultura.
Era impressionante constatare, nei lunghi e frequenti incontri che avevo con lui, quale patrimonio di nozioni possedesse nei campi più vari: la letteratura italiana, la storia, l’arte, per giungere fino al teatro (era aggiornato sugli ultimi lavori in corso di rappresentazione, con attori e regia), fino al cinema e non ultimo il campionato di calcio. Conosceva quasi a memoria I Promessi Sposi di cui ogni giorno rileggeva qualche pagina.
Viveva per i suoi ragazzi, sempre pronto a giustificarli, dando ad altri la responsabilità di eventuali loro errori. Per lui la scuola era la fucina che doveva temprare gli allievi, sì negli studi ma soprattutto nello spirito.
Allorché un destino impietoso ed ingiusto lacerò il suo cuore di padre, togliendogli l’unica figlia (e fui io a dovergli dare la triste notizia), seppe dare ai suoi alunni e non solo a loro un esempio incancellabile di come un uomo spiritualmente forte può affrontare anche gli eventi più dolorosi.
In quella circostanza il suo amico, critico d’arte prof. Carlo Argan così tra l’altro gli scriveva: “…hai sempre dato, con animo aperto; hai sempre voluto bene con una virtù veramente cristiana, e posso dirlo io laico, la vera virtù dei forti, quando sono tali per la loro capacità di comprendere ed amare…Tu credi, Marino, hai una forza che io non conosco e che ho perduto…”.
Passò a miglior vita a 92 anni, il 25 dicembre 1975, quasi di nascosto, quasi a non voler turbare l’atmosfera natalizia.
Era solo, nell’obitorio dell’Ospedale Barberini, tra quattro ceri che illuminavano un volto sereno di chi certamente aveva già raggiunto la pace eterna, premio ad una vita così operosa.

Nettuno, novembre 2004, Giovanni Cappella

 

 

Durante il ventennio

In una relazione Politica ed Amministrativa di Nettuno, fatta dal commissario Prefettizio e Segretario Politico Alfredo Duranti all’Assemblea della Sezione del P.N.F., il 15 marzo 1930, il commissario Prefettizio poteva con orgoglio dichiarare: “ Mi sta molto a cuore l’educazione e la fortificazione dei piccoli. Perciò sono stato largo di aiuti alla Direzione Didattica; e per quanto mi è stato possibile, non ho negato alcuna delle richieste pervenutemi.
Mercè il valevole aiuto di Sua Eccellenza il Prefetto si sono istituite ben tre classi nuove, togliendo l’inconveniente che i bimbi o frequentassero classi molto affollate, con grave pregiudizio all’insegnamento, o scuole con orario ridotto”.
Il Commissario aggiungeva inoltre di aver provveduto alla “istituzione delle scuole serali per adulti, che è stata frequentatissima”.
In una lettera datata 2 novembre 1939, firmata da padre Agostino Fioravanti, parroco della Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Nettunia alla Segreteria Particolare del Duce, il parroco fa presente che “una grande parte delle case della sua parrocchia è formata da baracche, ove vivono, contro ogni legge di moralità e d’igiene intere famiglie”.
Duce mi permetto di farVi presente un altro bisogno del popolo della zona affidata alle mie cure pastorali. In questa zona si trovano cinque borgate (Pocacqua, Tre Cancelli, Rovenne, Campo Cerreto, Villa Segneri) nelle quali vivono, in povere capanne, circa cinquecento famiglie. Tutte queste borgate sono prive di Asilo per bambini e, se si eccettuano la borgata di Tre Cancelli e quella di Pocacqua, della scuola. I fanciulli perciò vivono e crescono privi di qualsiasi cura, dovendo i loro genitori recarsi a procurare il necessario sostentamento. Sono stato, o Duce, parecchie volte a visitare dette borgate ed ho trovato i bambini sperduti in campi oppure alle soglie della capanna senza che alcuno li guardasse. Duce! Sono certo che il Vostro cuore si aprirà a vantaggio delle povere famiglie abitanti nelle borgate in parola e farà sì ch’esse abbiano una conveniente abitazione ed un luogo in cui i bambini possano esser educati come vuole l’Italia nuova di cui Voi siete il Duce invitto (Caneva, Travaglini, Atlante Storico).
Da segnalare in questo periodo l’arrivo a Nettuno di nuove scuole: nel 1934, si stabiliscono in paese, iniziano a dirigere una scuola materna, le suore della Sacra Famiglia. Si occupano anche della catechesi dei giovani che si accostano al sacramento della comunione e della cresima.
Il panorama scolastico del paese si arricchisce dell’Istituto “Sante Rotondo” al cui interno è attiva la scuola media ed un Istituto Tecnico.
Delibera n. 2811, del 14 novembre 1940, “Conferma per un biennio del contratto con l’Ente Nazionale Insegn. Medio per la gestione dell’Istituto Tecnico Inferiore Sante Rotondo”.
Dal 1942 curano l’educazione cristiana e l’istruzione della gioventù femminile della Parrocchia di S.Anna, le Suore Stimmatine. Oggi l’Istituto Sacre Stimmate – Scuole Elementari parificate, primo circolo, ha sede in via della Liberazione.

 

 

Gli anni sessanta

Ricordi della maestra Anna Gianuizzi, ferrarese

Il periodo del mio insegnamento a Nettuno, va dall’anno scolastico 1960/1961 all’anno scolastico 1974/75. Ho iniziato alla Casa della Divina Provvidenza dove da quell’anno, tre delle cinque classi elementari erano diventate statali. Avevo una II classe mista, di circa 40 bambini!
Mia collega ed in seguito cara amica, era Letizia Prozzo da Morione (BN). Io provenivo da Ferrara, vincitrice del concorso a Roma nel 1958/59.
Il direttore didattico di quell’anno scolastico ’60/’61 si chiamava Pio Simonelli, veniva da Roma.
Di lui conservo un ottimo ricordo. Suor Alda, suor Vittoria e Ida Perci D’ Arcangelis, oltre a Letizia Prozzo, furono le colleghe di quel mio primo anno d’insegnamento a Nettuno.
Nell’anno scolastico 1961/62 e fino al 1966/67, se la memoria non mi inganna, ho insegnato a Nettuno capoluogo, nelle scuole allora ospitate all’ultimo piano dell’edificio del Comune.
Aule brutte, alle quali si accedeva salendo numerosi scalini, aule senza riscaldamento, con imposte dalle quali entrava il vento, particolarmente fastidioso e freddo in inverno.
Di quel periodo ricordo alcune insegnanti alla soglia della pensione: le maestre Palazzotti, Zerella, Polidori, i colleghi Santaniello, Di Paolo, Flamini, Salvatori, Fanfoni ed Antonio Pagliuca.
Nel 1961/62 avevo una prima maschile tra i cui alunni c’era il futuro sindaco di Nettuno, Vittorio Marzoli; in quell’anno ebbi la visita dell’Ispettore Alfio Corti. A quei tempi per entrare definitivamente in ruolo, occorreva, dopo due anni, il benestare dell’ispettore.
Dal 1962/63 e fino al 66/67, ho insegnato in una classe femminile, sempre la stessa, portando le bambine dalla II alla V (ricordo, tra le altre, Mirella Azzolina e Dalia Pietrangeli). Colleghe di quegli anni: oltre Letizia Prozzo, la maestra Elisei, Gina Salvatori, insegnante a Tre Cancelli, le maestre Roveri, Federici, Coppola, Ottavini, Fernanda della Portella, Ivana Domignoni (allora supplente).
Dal 1967/68 ho insegnato a Cretarossa, la mia sede definitiva. Lì ho insegnato con Gina Salvatori, Celsina De Cesaris e il maestro marito della Eufemi, in seguito direttore didattico: Franco Nicolò. Come maestrine appena entrate in ruolo, insegnò per un anno a Cretarossa, anche Maria Votta, che ha seguito fino all’ultimo nella sua malattia, la mia cara amica e collega Gina Salvatori. Ora è alle soglie della pensione. Il mio ultimo direttore didattico, in quel di Nettuno: Vincenzo Maiorana.

Firenze, 15 novembre 2004, ore 17,00 Anna Gianuizzi

 

Amalia Piscel

Una santa laica di Nettuno

La maestra Piscel era la bontà in persona e la sua vita è stata un atto di completa dedizione al prossimo. Che fosse un po’ “cocciuta”, come ogni buon montanaro che si rispetti, non potrei negarlo, ma che, oltre alla cocciutaggine, possedesse le più belle virtù di questo mondo posso giurarlo!
Viveva per il prossimo, trascurando fino all’incredibile la sua persona ed i suoi interessi, al punto che gli zoticoni, i superficiali e le “comari” la ritenevano una sciocca e ne ridevano dietro le spalle.
Nelle opere era una “cristiana” al cento per cento, ma mi confessava con rammarico di non aver raggiunto una grande fede; ne cercava gli spunti, le motivazioni, gli incitamenti, le dimostrazioni vere ed autentiche, ma non gliene erano arrivate che di sbiadite, di opportunistiche, di bacchettone…
Ne cercava le motivazioni nei discorsi della gente, nelle prediche dei sacerdoti, nelle pagine dei mille libri letti, nelle sue meditazioni, ma non ne trovò di esaurienti e convincenti; questo anche per la sua posizione mentale, nutrita in parte dall’agnosticismo dell’ambiente familiare, in parte dal suo pragmatismo…
Eppure, con gli alunni, con gli studenti, con i poveri, con le mamme, con tutti era un angelo, e non solo a parole: a noi, alla mia famiglia che la considerava come un componente del nucleo familiare, consta che la maestra Amalia Piscel, dopo gli adempimenti scolastici trascorreva ore ed ore del pomeriggio ad aiutare, a casa sua, frotte di alunni bisognosi di ripetizione. Aiutava anche gli studenti delle scuole superiori per i quali acquistava a sue spese i libri necessari alla loro preparazione.
Spessissimo procurava vestiario e cibarie per le famiglie più povere ed impegnava il suo stipendio per far fronte alla scadenza di cambiali di chi non poteva pagare: il suo altruismo non sarà dimenticato, specialmente dagli abitanti di Cretarossa.
E’ capitato, a mia moglie ed a me, di vederla ridotta agli estremi delle forze, sbiancata in volto, per non aver messo nulla sotto i denti. Al nostro affettuoso rimprovero rispondeva di aver donato tutto il suo stipendio a famiglie disperate!
Era di cultura profonda e relativamente eclettica alla quale molto spesso son dovuto ricorrere. I miei figliuoli l’adoravano, perché lei si rendeva loro coetanea in ogni circostanza, soprattutto durante il gioco, anche quando il suo precario stato di salute, la costringeva a sforzi eccezionali per adeguarsi alla parte che le avevano scelta. Se esistono – ed io credo che esistano – santi non cattolici nel paradiso dei Santi, io credo fermamente che fra loro c’è la maestra Amalia Piscel, trentina di nascita e nettunese di adozione.

Professore Antonio Pagliuca, da Rovere di Roccadimezzo

 

 


Cartolina illustrata, interno di una scuola di campagna, fine ottocento

 

 


Quaderno, classe II, della Scuola per i contadini dell’Agro Romano e delle Paludi Pontine

 

 


Quaderno, periodo fascista, Regie Scuole Rurali

 

 


Retro di una cartolina scritta da Nettuno il 19/12/1916, cordiali saluti Franceschina S., insegnante Nettuno

 

 


Cartolina della Torre del Padiglione, millenaria torre; sede della didattica antimalarica negli anni venti

 

 


Cartoncino pubblicitario antimalarico Arsichinina

 

 


Una veduta generale della scuola di Tre Cancelli, edizione Laboratorio Fotografico
della Direzione Generale della Sanità Pubblica, anni venti

 

 


Due rarissime cartoline della scuola di Tre Cancelli, edizione
Laboratorio Fotografico della Direzione Generale della Sanità Pubblica, anni venti

 


 


Due fotografie di colonie marine: esterno chiesa di San Rocco, foto Barattoni,anni trenta;
l’arrivo alla stazione di Nettuno, 1951, Archivio Fotografico Polizia di Stato, collezione dott. Paolo Blasimme


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Esterno ed interno di una foto Barattoni, maggio 1938; III elementare dell’Istituto S. Lucia Filippini, con la maestra suor Mariettina

 

 


Le Scuole Femminili e il Municipio in due cartoline del 1926

 

 

 

 

Tre cartoline anni quaranta dell’Istituto maestre pie Filippini

 

 

 

 

 


Cartolina delle madri francesi, il maestro di scuola, anni venti, interno di una classe

 

 


Foto Gianni Gregorovich, anni settanta, il borgo, il palazzo che ospita le suore francesi; il ristorante pizzeria

 

 

 


Scuola media statale, anno 1958, maestra Bedetti Zaira in Coppola,
g.c. dott. Giovanni Cappella e prima elementare a Cretarossa con la maestra Anna Gianuizzi

 

 

Tre foto anni cinquanta e sessanta di classi delle suore francesi, nelle prime due la maestra è Suor Giulietta

 

 

 


Due cartoline del Convitto San Francesco, Scuola media – ginnasio – liceo nella prima sede di viale della Vittoria

 

 


Tre cartoline dell’Istituto San Francesco nella sede di via dei Gigli, zona S. Barbara

 

 

 

 


Foto del preside Marino Lazzari e la III liceo Classico,1968/69

 


 


Articolo di giornale che illustra le attività della scuola

 

 


La locandina della premiazione di fine anno scolastico 1972/73

 

 

 


Cartolina del 28 novembre 1982, Mostra didattico culturale, XXIV Giornata del francobollo

 


Una lettera scritta da Giovanni Cena il 24 marzo 1918 nella quale conclude dicendo… ringraziamo di essere stati eletti a vivere ora e meritiamocelo. Il poeta ed Angelo Celli sono le due figure principali della lotta antimalarica, divengono gli apostoli della redenzione morale e sociale dei contadini e collaborando fra infinite difficoltà offrono insegnamento e protezione ai piccoli abbandonati

 

 


Cartolina del 3° Circolo Didattico, festa di fine anno, scuola in piazza, 30 maggio 1992

 

 


Interno della cappelletta delle suore dette francesi

 

 


Paggetti con lo stendardo del Ss.mo Sacramento

 

 


Un gruppo di suore delle figlie della Croce

 


 

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ALBERTO SULPIZI

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