Quando il brasiliano Coelho strappò dai piedi di Bergomi il pallone sollevandolo al cielo e, con tre rapidi colpi di fischietto, ci consacrò campioni del mondo, gli occhi dei centoventimila del Santiago Bernabeu e quelli delle decine di milioni di persone che ci seguivano dai teleschermi, si concentrarono al centro del campo.
Lo staff azzurro, giocatori, tecnici, massaggiatori, medici, si abbracciava, piangeva, urlava, si baciava, dando pieno sfogo alla gioia, alla felicità, liberando tutta la tensione che per quaranta giorni era stato costretto a tenere dentro.
All'appello, però, mancava una maglia azzurra, la numero sedici, la mia; infatti io, al fischio finale, scattai come un centometrista (ancora oggi mi chiedo dove diavolo abbia trovato quegli spiccioli di fiato) verso la curva dove sapevo che si trovavano i miei tifosi. "Ma come" direte voi "i tuoi tifosi erano dappertutto!".
Sì, è vero, ma vi sono alcuni tifosi per i quali confesso di avere un debole, debole per cui spero nessuno me ne vorrà.
Sono i miei amici di Nettuno, quelli che conosco da quando sono nato, quelli con i quali ho tirato i primi calci ad un pallone, con cui ho passato sin da ragazzine gli splendidi giorni dell'infanzia. Sono quelli per cui, da sempre, io sono "Brù".
Da Nettuno sono venuti a soffrire a Vigo, a sperare al Sarria, a sognare al Nou Camp, a piangere di gioia assieme a me al Santiago Bernabeu.
Mi hanno aiutato, incitato, sostenuto; hanno sofferto e gioito con me, mi sono sempre stati vicini con un tifo cieco, passionale, e, ciò che più conta, con affetto fraterno.
I nomi di questi miei super tifosi? Eccoli: Giuseppe Polverini, Maurizio e Giovanni Colantuono di Anzio, e poi la schiera dei nettunesi.
Claudia, Alessandra e Piero Nocca; Francesco e Stefano Di Magno; Franco Bordin, Franca Moroni, Anna De Carolls; Fabio e Giancarlo Ludovisi; Anna Lunetto, Claudio Franceschini, Giorgio Dalla Bella, Paolo Di Pietro, Pino Strazzeri, Gigi Fazi, Tommaso Sblano, Alberto Faraone, Remigio Aimati, Mauro Borgia, Angelo Sanetti, Claudio Franco, Emilio Mastrofini.
A tutti grazie, ancora grazie dal vostro