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Bruno Conti
Il mio Mundial

A tutti i tifosi italiani

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CAP. 15 - I MIEI AVVERSARI

Il mio è stato un mundial esaltante anche dal punto di vista degli scontri diretti. Dovete sapere che io gioco per professione, è chiaro, ma anche perché del calcio sono un vero malato. A casa, da quando ho comprato il videotape, ho una videoteca che forse non può vantare nemmeno la Rai. Avrò registrato non meno di trecento partite, tra quelle dei nostri ultimi campionati e quelle di calcio estero.
Me le riguardo in continuazione, quelle del torneo brasiliano le conosco a memoria.
Ebbene, per un mese mi sono trovato faccia a faccia coi fuoriclasse che avevo ammirato alla tivù. No, non crediate che io sia uno di quei provinciali che si emoziona perché davanti si ritrova Kaltz o Maradona.
L'emozione, in me che tutto sommato a certi livelli internazionali avevo giocato ancora poco, nasceva dal fatto di potermi finalmente cimentare con campioni di quel calibro, senza complessi, senza restare a bocca aperta davanti alle loro prodezze, ma con la voglia di farmi conoscere a mia volta.
Dicevo dei miei avversari diretti: il più forte è sicuramente Junior, il brasiliano. Un terzino atipico, un difensore-centrocampista-attaccante, secondo la regola più pura del calcio moderno: ti marca senza mollarti mai, ti anticipa e rilancia. Scatta di continuo, sulle fasce o negli spazi che si creano al centro dell'attacco, così ti raddoppia le preoccupazioni perché oltre che a cercare di sfuggirgli, bisogna pure inseguirlo dappertutto, per non mettere in crisi gli altri reparti.
Per me, che credo di averlo impegnato a fondo, non si è trattato comunque di una sorpresa. L'avevo visto alla tivù, me ne aveva parlato Falcao e sapevo che sulla mia strada avrei trovato un marziano, insomma. Anche Tarantini mi ha impressionato: pensavo fosse calato un po', rispetto ai mondiali di Buenos Aires, e invece l'ho trovato persino più forte nelle proiezioni (di palloni ne ha sempre sprecati pochissimi) e cattivo, implacabile nei tackles, disposto a picchiare per novanta minuti.
Briegel, mio avversario nella finalissima, mi ha naturalmente spaventato per il fisico. Era più alto di me di almeno venti centimetri, sulle palle alte mi sono rassegnato subito a non saltare nemmeno: perché sprecare energie per non toccare mai una palla? Ho preferito riservarmi il fiato per andargli via in velocità. Impresa non agevole, visto che questo decathleta ha davvero una marcia in più, ma in due o tre occasioni (come quella del goal di Altobelli) è andata benissimo. Una grande soddisfazione, vedere in ginocchio un gigante così. A fine partita, mentre lo vedevo scuotere il capoccione pieno di ricci, mi veniva di consolarlo rammentandogli la storia di Davide e Golia. Ma, col mio tedesco, non credo proprio ci saremmo capiti.
Junior, Tarantini, Briegel, insomma. Questi i terzini che mi hanno costretto a sudare di più, ma, tutto sommato, mi ritengo un privilegiato: non fossi stato italiano, allora sì che avrei avuto dei problemi; contro Gentile, Bergomi, Cabrini e Collovati non passa nessuno, chiedetelo a chi ha avuto la sfortuna di trovarseli contro.
Avrei voglia di approfondire questo capitolo. Parlare dei grandi campioni che ho sfidato in Spagna mi entusiasma ancora oggi, ma, se lo facessi, toglierei troppo spazio al resto del mio racconto. E non mi sembra giusto.
Posso dire però, come ho avuto modo di ricordare in precedenza, che nessuno mi ha impressionato quanto Zico. Falcao lo conoscevo, di Zico, un mio idolo da sempre, speravo fosse vero quanto si diceva in Italia: cioè che fuori dal suo ambiente rende il quaranta per cento del suo valore. In Spagna ha dimostrato il contrario, e certo non soltanto per i cinque goal che il numero dieci del Brasile ha spedito alle spalle dei portieri in cui s'è imbattuto. Solo con Zoff, a pensarci bene, è rimasto all'asciutto, ed è l'ennesima prova che Dino è stato una volta di più semplicemente formidabile.
Dopo Zico e Falcao, metto Rummenigge. Ha giocato con un gamba sola, ma ha insidiato fino all'ultimo a Rossi il record di cannoniere assoluto del mundial. Quello che ha fatto nei supplementari di Germania-Francia, poi, mi sembra degno di entrare nella storia del calcio.
È un trascinatore, oltre che un fantastico solista: non so quanti, prima di questi mondiali, lo conoscevano anche sotto quest'aspetto.
Nella prima fase, sarebbe ingiusto non parlarne, mi avevano impressionato soprattutto due giocatori. Il centravanti Milla e l'ala Smolarek. L'attaccante del Camerun, quello che gioca da qualche stagione nel campionato francese, è stato una autentica rivelazione: non solo è un eccellente tiratore e un ottimo colpitore di testa, ma è anche mobile, fa gioco, sa lanciare i compagni di linea alla perfezione.
È un Pruzzo nero, un goleador nato. Non mi stupirebbe trovarmelo davanti, nel campionato italiano, magari tra un anno: è una punta che non sfigurerebbe anche in un torneo duro come il nostro.
Del polacco, di questo Smolarek che piace tantissimo anche a Liedholm, mi hanno colpito la progressione e il dribbling. È un'ala sinistra che ha raccolto con pieno merito l'eredità di Gadocha, un attaccante pieno di estro, spesso assolutamente imprevedibile. Forse ha il suo unico limite nella scarsa precisione nel tiro: ma è giovane, e migliorerà senz'altro. In ogni caso sarebbe sciocco giudicarlo soltanto in base a quello che ha fatto vedere in Spagna. In Polonia è da almeno due anni un tiratore scelto, e forse la prima esperienza a livello internazionale lo ha frenato un po' al momento delle conclusioni.
Ottima impressione mi hanno fatto anche il portiere del Camerun, N'Kono, e quello dell'Honduras, Arzu, ma una volta visto Dasaev , il sovietico, mi sono convinto che anche questi eccellenti numeri uno fossero su un piano leggermente inferiore.
Ecco, il mio elenco potrebbe essere ancora lunghissimo. Meglio fermarsi qui; per completare il discorso, mi limiterò a stilare quella che, secondo me, può esser considerata la nazionale ideale di questo mundial.
Escludo da questa squadra, naturalmente, i miei compagni: dovrei in tutta franchezza inserirceli tutti, visto che, nei loro singoli ruoli, non sono stati inferiori a nessuno.
Dunque, fossi il C.T. di questa immaginaria formazione mondiale, io schiererei Dasaev; Gerets, Junior; Pezzey, Falcao, Passarella; Littbarski, Maradona, Boniek, Zico, Rummenigge.
Restano fuori almeno altri quattro giocatori che ritengo fortissimi, due tedeschi, Briegel e Dremmler, e due brasiliani, Socrates ed Eder, ma purtroppo a calcio si gioca in undici. Chiedete a Bearzot quant'è difficile lasciare certa gente in panchina.




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