a} Madonna col bambino, S. Ignazio, S. Francesco Saverio, S. Cosma e S. Damiano, affresco, cm. 300x100, Vecchia Farmacia del Collegio Romano, Roma;
b) Agar e Ismaele, o/io su tela, cm. 96x92, National Museum of Wales, Cardiff;
c) II suicidio di Didone, olio su tela, cm. 139x148, Musée des Beaux Arts, Caen;
d) Dedalo e Icaro, olio su tela, cm. 147x117, Galleria di Palazzo Rosso, Genova;
e) L'angelo custode, olio su tela, cm. 242x149, Duomo, Rieti.
a) L'affresco è situato sul soffitto dell'ex farmacia del Collegio Romano, luogo che deve aver certamente determinato il suo soggetto. In primo piano sono presentati S. Ignazio e S. Francesco Saverio: il primo, istitutore e legislatore dell'ordine gesuitico con il principale attributo, il libro della sua Regola, e l'altro, grande missionario, che, nella posa che diventerà tradizionale, scopre il suo petto per diminuire il fuoco della devozione che gli brucia dentro. I due santi erano già stati presentati in un modo simile, ma in piedi, sul foglio grafico pubblicato per la loro canonizzazione del 1622 (47).
In alto, sopra di loro, sul trono è seduta la Madonna col bambino. La sua posizione è determinata, fìsicamente e simbolicamente, dal ruolo apologetico che l'iconografia cattolica barocca ha assegnato alle immagini mariane. Tra la Madonna e il bambino da un lato e tra i due santi dall'altro si stabilisce una quieta, ma emotivamente intensa, comunicazione. S.Francesco Saverio sta prendendo il giglio che gli porge il piccolo Gesù. La posa è più distinta nella replica ad olio, ma Bellori, l'unico dei biografi che commenta quest'opera di Sacchi presenta il movimento nell'altro senso: "S. Francesco Saverio... presenta un giglio al Bambino..."(48).
E abituale, invece, che Gesù Bambino porga il giglio come simbolo di castità ad uno dei santi. Tuttavia molti santi gesuiti si presentano spesso con questo attributo, ma che non è permanente in S. Francesco Saverio. S. Ignazio è voltato verso la Madonna, come se le si stesse rivolgendo e, contemporaneamente, mostra la mano destra rivolta in basso, verso l'osservatore.
La presenza dei santi medici, protettori dei farmacisti, spiega il carattere di questo rapporto. La scena mostra come i santi gesuiti, da rappresentanti dei malati e degli infetti, si rivolgano alla Madonna pregandola di dare protezione e aiuto. La presenza di S. Francesco Saverio è ancora più illuminante in questo senso: famoso per le miracolose cure che faceva nei suoi viaggi mtssionari, era rispettato anche come protettore dei malati di peste (49).
Diventa ancora più comprensibile il gesto espresso dalla mano di S. Ignazio che, intercedendo presso la Madonna, indica i malati che sono venuti a cercare medicine e aiuti nella farmacia del Collegio. Le dieci figure dei leggendari fondatori dell'antica medicina nelle lunette delle sale della farmacia sono l'ulteriore riscontro del ruolo che i due santi gesuiti hanno ricoperto (50).
E' evidente che l'abilità degli antichi medici qui è legata alla cura delle anime che i gesuiti avevano come scopo. Cioè la salute non è soltanto quella fisica e l'attività missionaria dei gesuiti poteva essere concepita come frutto della preoccupazione per la salute spirituale di tutto il genere umano.
b) II racconto dell'antico Testamento della serva di Sara, l'egiziana Agar e di suo figlio Ismaele che partorì da Abramo, è un tema frequente nella pittura barocca (51).
Il quadro di Sacchi presenta uno degli episodi di questo racconto, quando cioè Agar, per la seconda volta fuori della casa di Abramo, nel deserto viene soccorsa dall'angelo che le si presenta mostrando la fonte di acqua sul bambino già indebolito dalla sete (52).
L'incontro del messaggero di Dio con Agar è il momento di più profonda carica teologica, caratteristica pure negli altri incontri tra angelo e uomo descritti dalla Bibbia. Del resto, il soggetto dava ai pittori l'occasione per presentare la figura dell'uomo nella natura del paese dei primi patriarchi e quindi in una regione che superando l'ambiente, adatto solo ad una scena del genere, viene caricato di tutta la forza simbolica e teologica che esige. Il racconto biblico viene usato invece più per indicare sull'esempio di Agar e Sara l'antitesi tra Antico e Nuovo Testamento, oppure, per indicare la differenza tra loro due, la differenza tra Sinagoga ed Ecclesia. La discesa della divina pietà su Agar, la serva pagana, doveva essere la trasfigurazione della promulgazione dell'insegnamento evangelico a tutto il genere umano. Per questa interpretazione resta infatti fondamentale lo scritto di Van De Waal, Magar in theWilderness by Rembrandt and his School del 1947, che pur essendo dedicato all'analisi dei lavori degli artisti nordici, si dimostra la più praticabile ipotesi di riflessione (53).
Concretamente nel quadro di Sacchi è possibile, benché senza argomenti determinanti, e perciò solo sul piano ipotetico, a mio avviso, indicare un legame che potrebbe risultare rilevante anche rispetto alla funzione e allo speciale significato della stessa opera: la relazione tra la cornice e l'opera. L'ottagono è, da un lato, la forma che tradizionalmente si lega al Battesimo. Difatti anche le versioni successive hanno questa forma, come quella di Leningrado che pure in cornice rettangolare oggi ha mantenuto i segni che mostrano l'originale cornice ottagonale (54).
Da un altro lato, nel miracolo angelico che si svolge per Agar l'acqua svolge il suo ruolo religioso principale: le braccia dell'angelo protese verso il paesaggio indicano chiaramente la "fonte battesimale" per il bambino e la possibilità per la serva di rendere il figlio uguale ad Isacco, figlio di Sara. Bellori, che è l'unico dei biografi a ricordare questo quadro, non ci fornisce indicazioni con cui si potrebbe ipotizzare il significato ultimo di questa tela circa la sua originale sistemazione e il determinato ambiente spaziale per il quale era stato ordinato. È possibile che proprio la forma del quadro ed il suo soggetto relazionati all'originale spazio di collocazione, possano fornire, in ulteriori indagini, la risposta a queste domande
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c) Pur non essendo questa la versione originale descritta nell'inventario di Casa Sacchi come "un quadro senza Cornice con Didone con la spada in petto", tuttavia il quadro è accettato come certamente di Sacchi (55).
La rappresentazione del suicidio di Didone, descritto nel quarto capitolo dell'Eneide di Virgilio, è una delle numerose varianti sul tema della morte di propria volontà, come le rappresentazioni di Lucrezia e Cleopatra. Del resto il suicidio degli eroi dell'antichità, come dimostrazione della forza della volontà e della ragione rispetto alle passioni, divenne uno dei classici esempi di virtù (exemplum virtutis) sopratutto nel prisma dei profondi interessi per il pensiero storico. Certamente è difficile inserire il suicidio della mitica regina di Cartagine nell'ordine dei "suicidi filosofici" definiti nelle "Epistole" di Seneca, ma non è senza significato il fatto che l'interesse per le idee neo-stoiche era una delle caratteristiche dell'ambiente intellettuale romano nella prima metà del seicento (56).
Come possibile coordinatore di queste opinioni tra gli artisti Wittkower indica lo scultore Orfeo Boselli (1600-1667), allievo di Duquesnoy, autore di un trattato sulla scultura antica e grande esperto di letteratura classica, di filosofia e di arte (57).
Difatti in un passo del suo trattato fa risaltare Sacchi come uno dei maestri dell'epoca, perciò non è da escludersi la possibilità che al momento della scelta del tema, Sacchi fosse ispirato dalle idee e dalla competenza di Boselli, o forse, da qualche altro suo erudito amico e consigliere.
d) Il famoso racconto di Icaro, che non ubbidendo al consiglio del padre Dedalo precipita perché si è avvicinato troppo al sole, nell'interpretazione di Sacchi è pensabile in relazione con la contemporanea situazione storica. In mancanza di argomenti di valore documentativo, come unica indicazione in tal senso, può essere utile la datazione dello stesso quadro. Basandoci sull'analisi stilistica di Ann Sutherland Harris che situa l'inizio della composizione tra il 1644 e il 1645 si rileva che è questo il periodo dell'inizio della decadenza della famiglia Barberini (58).
Conclusione questa, più rassicurante, per il soggetto derivato da Ovidio delle "Metamorfosi" (cap. VIII) e "De Arte Amandi" (cap. II), dell'analisi di Venturi che data questo quadro al 1635 o 1636, dipinto per il modenese G.B. Ingoni, nel periodo in cui Sacchi lavorava nel Nord Italia (59).
Infatti se prendiamo per certa la o testimonianza di Bellori (non assolutamente sicura), che indica il quadro commissionato dal Cardinale Antonio Barberini, dobbiamo concludere che per questa ordinazione l'ipotesi più facile, ma anche la meno evitabile, è questa: i Barberini decadono o sono decaduti perché hanno volato troppo in alto, perché si sono avvicinati troppo al Sole. Il valore di questa ipotesi diventa così notevole se teniamo presente l'importanza del simbolismo solare nel mondo delle idee di Urbano VIII, così come diventa difficile trascurare in una trattazione dì questo tipo le implicazioni simboliche legate a questo soggetto.
e) Bellori descrive questo quadro senza tuttavia darne precisa collocazione. L'Angelo Custode viene per la prima volta menzionato negli Archivi della cattedrale di Rieti nel 1777, dove viene attribuito a Sacchi. La celebrazione e il rispetto per l'Angelo Custode venne riattivato con più profonda intensità in tutta l'Europa cattolica del Seicento. Questo culto, che ebbe il suo primo impulso in Spagna, si stabilì, con l'ufficiale sostegno dei papi, a Roma durante il Seicento e il Settecento. Infatti molte chiese, cappelle e altari furono dedicate all'Angelo Custode, e numerose confraternite religiose che si istituirono lo scelsero come protettore. Particolarmente nel Settecento il culto ricopriva valore apologetico quando la devozione dei cattolici si scontrava con l'aggressività dei luterani e dei calvinisti. In ambito cattolico i gesuiti furono i più assidui cultori dell'angelo custode la cui lunga tradizione deriva dai primi scritti cristiani. Essi furono pronti e capaci a sottomettere in fretta il riattivato culto alle loro ambizioni e ai loro bisogni. Del resto i gesuiti, soprattutto con gli istitutori dell'ordine Ignazio Loyola e Pietro Faber, sostennero il culto trasformandolo insieme a quello per la Madonna e per Gesù Bambino nella più forte arma della loro battaglia religiosa e politica. C'è anche .da dire, che già prima di questa ufficiale affermazione, l'angelo custode era soggetto di intima e profonda devozione popolare. Tutto il fenomeno può addirittura essere considerato come una tipica manifestazione del sentimento religioso del barocco(60).
Lo studio di Gombrich "Tobias and the Angel" presenta il tema come particolarmente popolare nel Quattrocento italiano. Per cui la presenza dell'angelo custode iconograficamente fissata durante il Settecento altro non è che lo sviluppo della vecchia presenza dell'arcangelo Raffaele e Tobiolo che presenta il giovane seguito dal suo custode sulla strada di casa verso Neftali. La formula ritrovabile in Verrocchio, Botticelli e altri si è gradualmente sviluppata per trasformarsi alla fine del seicento nella presenza dell'angelo custode. Questi due temi, indirettamente legati hanno nel loro sviluppo numerosi esempi del carattere iconografico del passaggio della formula nei due sensi (61).
L'arcangelo Raffaele è infatti il prototipo dell'angelo custode (62).
In molte versioni del Settecento l'angelo custode viene presentato come dignitoso e tranquillo protettore dell'anima umana simbolicamente presentata con la figura di un bambino che anche da solo è sicuro perché gode della protezione di questo onnipotente figlio della luce. Ci sono invece esempi in cui, come nel quadro di Sacchi, tutta la scena raggiunge un effetto drammatico. Il demone in agguato si lancia sull'anima ma l'angelo, giunge in tempo, salva il bambino Impaurito. La dettagliata interpretazione di Danielou ci ricorda che una delle denominazioni dell'angelo custode come "messo della pace" proviene dalla frase di Isaia. Infatti particolarmente invocato dai catecumeni prima del loro battesimo, cioè nei momenti in cui furono esposti agli attacchi del demone che con tutta la sua forza cercava di dissuaderli dall'intenzione di conversione alla giusta religione, il tema si presenta assai favorevole e funzionale al luogo in cui si trova e per il quale è stato probabilmente ordinato, cioè per una Chiesa Cattedrale. Il concetto del cattivo demone che segue sempre l'uomo come l'angelo buono è il più legato alle dottrine tradizionali. L'eterna battaglia tra le forze del bene e del male, tra le forze della luce e del buio, cui è esposta l'anima umana, era il tema principale di tutto il pensiero religioso dell'epoca. Infatti la meditazione delle "due bandiere", tema del quarto giorno della seconda settimana degli "Esercizi Spirituali" di Sant'Ignazio di Loyola, raccomanda di guardare a come "Cristo, nostro signore, chiama e vuole tutte le genti sotto la sua bandiera, mentre Lucifero dall'altra parte vuole tutti sotto la sua perché il cattivo superiore convoca un'infinità di demoni... eliminando una ad una oggi città, una dopo l'altra, in tutto il mondo, non tralasciando nessuna regione, nessun posto, nessun periodo della vita, nessuna persona" (63).
A questo punto, a mio avviso, diventa non priva di fascino, alla luce delle parole di S. Ignazio di Loyola, l'osservazione del quadro di Sacchi.
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