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ANDREA SACCHI

di Antonio d'Avossa

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11 - Lo stile e l'uomo


(82) P.P. Naldini
Tomba di A. Sacchi
San Giovanni in Laterano
Roma


(83) C. Maratta
Ritr. del Card. Cybo
Museo - Marsiglia


(84) C. Maratta
Natività San Giuseppe
dei Falegnami - Roma

Ma come era Sacchi ? E ancora Bellori che ci viene in aiuto: "Fu Andrea alto di statura, e nobile apparenza, e ben complessionato di corpo, e di buon colore, rubicondo con fronte magnifica, neri i capelli, e neri gli occhi, ma alquanto enfiati. Aveva del pari maniere nobili e gravi nei suoi discorsi col decoro dovuto nel trattare coi Prencipi, ed Uomini Grandi, che volentieri l'udivano discorrere".(37)
Una descrizione sufficientemente gradevole dunque, che già introduce ai modi colti che appartenevano a Sacchi. Per questo basterà scorrere i titoli della sua biblioteca trascritti nell'inventario redatto dopo la sua morte. Vi troviamo libri di poesia, religione, botanica, fauna, dizionari di lingue straniere, architettura, favolistica, musica, storia e medicina. Così come nell'inventario degli oggetti lasciati in eredità, si può rilevare che Sacchi era di sicuro un collezionista di cose d'arte, i quadri e le statue descritte sono innumerevoli, gli oggetti d'arte pure. Di tutto ciò, che sicuramente era un segno della cultura dell'epoca, divenne, di diritto e di fatto, erede Carlo Maratta, il suo più fedele allievo e continuatore. La passione al collezionismo e alla raccolta di disegni, bozzetti, quadri e sculture fece diventare la sua casa "qualcosa tra la Galleria e il negozio dì autentiche e pregevoli rarità. Dappertutto abbozzi, cartoni, libri d'arte, oggetti rari e preziosi".(38)
Una raccolta preziosa dunque quella di Maratta di cui il fondo principale è costituito dalla collezione di Sacchi. Pochi artisti, allora e dopo, potevano vantare un corredo di quella superbia, e la presenza di opere dei maggiori tra gli artisti del Cinquecento e del Seicento: Raffaello, Tiziano, Giulio Romano, Perìn del Vaga, Lanfranco, Bellini, Correggio, Reni, i Carracci, Andrea del Sarto, Dolci, Guercino, Domenichino, Rubens, Poussin, Michelangelo, Algardi.
Un patrimonio enorme che era prima di tutto il segno della cultura dell'artista e del suo allievo, ma anche l'indicazione di un collezionismo che nasce al di fuori dell'aristocrazia e del clero: un vero segnale di modernità.(39)
La sua non attività degli ultimi anni è un fatto noto. Pare che per una sedicente "sovraoccupazione" avesse rifiutato il titolo dì Principe dell'Accademia dì San Luca nel 1656 e Posse ricorda che sia stato nominato Conservatore delle mura del Borgo sino alla morte. Negli ultimi anni non realizzò nessuna delle ordinazioni avute dal fedele patronato del Cardinale Antonio Barberini. Questa sorta di pigrizia creativa è tipica di Sacchi e l'episodio ripreso dal libro mastro Barberini, ampiamente descritto da Passeri, e narrato da Incisa della Rocchetta nelle sue Notìzie inedite, è emblematico dello stile di un uomo che nulla più ha da dire dopo le grandi espressioni con cui si era mostrato soprattutto negli anni trenta e quaranta
La sua strana pigrizia risulta addirittura deleteria per il prestigio acquisito: prima del 30 dicembre 1658 aveva ricevuto la somma di 500 scudi per un pagamento di due quadri dipinti per l'appena elevato al trono Papa Alessandro VII che aveva vivamente manifestato al Cardinale Antonio Barberini il desiderio di conoscerlo. Il Cardinale si affrettò a presentarglielo e il Pontefice, dopo averlo accolto, gli fece capire che desiderava possedere qualche opera di sua mano. Sacchi, tornato a casa, invece di fare un quadro originale, raccozzò, dice Passeri, due vecchie tele da lui dipinte, e ne fece una sola, indegna di quella commessa. Vi aveva introdotto parte di quell'opera della Divina Sapienza, dipinta da lui nel Palazzo Barberini, e parte di quella di San Romualdo dei Camaldolesi, veramente ambedue uscite da suo pennello, che non si rendevano singolari, per essere già altrove pubblicate. Sembra che il Papa non si accorse del "trucco" e che mostrò la tela ad altre persone che gli dissero essere di quelle copiacce non di mano di Sacchi ma di qualche scolaro. Il nuovo Papa ne fu disgustato e perse tutta l'ammirazione e l'affetto per Sacchi che a sua volta non si risentì, ritenendo solo un dispetto il giudizio espresso sul quadro.(40)
II suo ultimo lavoro conosciuto furono gli schizzi per l'arcata della chiesa di San Luigi dei Francesi, pure commissionato dal Cardinale Antonio Barberini. Nell'inverno del 1661 Sacchi è confinato a letto, senza ricevere alcun sollievo dalle medicine per la gotta, indebolendosi nel giro di pochi mesi, sino a morire il 21 giugno 1661.
Nel testamento aveva espresso il desiderio di essere seppellito a San Giovanni in Laterano vicino alla tomba del Cavalier d'Arpino e che il monumento tombale fosse progettato da Bernini. (41)
Ma al posto di Bernini, realmente "sovraoccupato", il ritratto in marmo fu eseguito da Pietro Paolo Naldini, suo allievo in pittura. A Bellori fu data la cura dell'iscrizione:

D.O.M.
ANDREA SACCHIUS ROMANUS
HIC EST
QUI CUM DIO AETERNITATI PINXERIT
VEL MORTUUS IN HOC TUMULO, FAMAE ETERNUM VIVIT
DIVINAE SAPIENTIAE MYSTERIA DIVINIS PENE COLORIBUS
IN BARBERINIS AEDIBUS EXPRESSIT
BASILICAM VATICANAM, BAPTISTERIUM LATERANENSE
PICTURIS SUIS DECORAVIT.
INDE
URBANI VIII. PONT. MAX.
AC
EMINENTISS. PRINC. CARDINALIS ANTONIJ BARBERINI
BENEFICIENTIAM, ET GRATIAM PROMERITUS
OPERUM, ET NOMINIS GLORIA APUD SUOS
EXTEROSQUE SUPERSTES.
PICTURAE, AC VITAE LINEAS ABSOLVIT
DIE 21 JUNIJ A. M.D.C.LXII.