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ANDREA SACCHI

di Antonio d'Avossa

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3 - Due quadri Barberini

a) Giostra del Saraceno a Piazza Navona 1634, olio su tela, cm. 300x220, Roma, Museo dì Roma, Palazzo Braschi;

b) Festa nel Gesù per l'apertura dell'anno secolare 1639, olio su tela, cm. 336x227, Roma, Museo di Roma, Palazzo Braschi

a) L'occasione di questa festa fu il soggiorno del principe polacco Alessandro Carlo a Roma all'inizio del gennaio del 1634 (35). Ma a causa di alcuni disaccordi lasciò la città il 23 gennaio e non aspettò la festa progettata in suo onore. Fu il Cardinale Antonio Barberini a decidere, a preparazioni già fatte, che la festa si svolgesse anche in sua assenza il 25 febbraio.
"Quell'elaborato pastiche di usanze medievali"
nella volontà del cardinale era costruito per "veder ravvivato nella gioventù romana il primiero gusto de' cavaliereschi eserciti..."(36)
Il mantenitore della giostra fu Cornelio Bentivoglio, ferrarese esperto di questioni cavalieresche. Esecutori furono un gruppo di persone erudite e artisti che provenivano per la maggior parte dalle corti del nord Italia. Il letterato Fulvio Testi, insieme ad alcuni collaboratori, curò l'invenzione letteraria e la composizione dei cartelli per le sfide, i motti e i sonetti. Francesco Guitti realizzò la scenografia. Ad Andrea Sacchi venne affidato l'incarico di preparare i disegni per le incisioni di alcuni dettagli della festa, e successivamente di rendere eterno tutto lo spettacolo con il suo quadro(37).
Nel barocco le giostre e i tornei hanno solo il compito di dimostrare la potenza dell'aristocrazia. I combattimenti non sono combattimenti ma spettacoli di combattimenti, forme simboliche, per glorificare il passato cavalieresco di Roma come una parte del glorioso passato della famiglia Barberini (38)
. E la politica dei Barberini si può facilmente leggere da alcuni particolari della macchina scenica della festa: la giostra si conclude a sera con l'ingresso in campo di una nave con ninfe e pastori che suonano e ballano... "sulla pruna campeggiano un'ape d'oro, un sole e una colonna..." (39)
. Il messaggio è evidente: l'età d'oro che viene sotto il segno dei Barberini ha unito vecchio e nuovo. Questa tendenziosa macchina di propaganda è anche il risultato della politica espansionistica della famiglia che ha provocato la povertà e la decadenza di tante altre famiglie nobili. Con legami matrimoniali e con acquisti di poderi, titoli e diritti feudali i Barberini hanno allargato il proprio potere ed hanno reso sempre più forte la loro posizione a Roma (40).
Del resto l'assenza del principe polacco, al cui onore si sarebbe dovuta svolgere la festa, e il suo identico svolgimento sono il segno più esplicito che il vero motivo della manifestazione era solo la conferma del primato della famiglia Barberini nel mondo dell'aristocrazia romana.
Il quadro, controllato e coordinato da Sacchi durante la realizzazione, doveva fissare questo momento nel suo aspetto politico più esplicito, cioè nel momento dell'apparizione della macchina scenica nel "teatro". Perciò l'osservazione e la riflessione del quadro non può fermarsi al documento o all'opera ma deve inevitabilmente andare verso la lettura del soggetto di propaganda e a tutte le implicazioni del programma politico dei Barberini.

 

b) II 27 settembre del 1640 i gesuiti festeggiarono un secolo dalla prima approvazione dell'ordine. I principali committenti di tutte le celebrazioni e manifestazioni festive per dimostrare la potenza dell'ordine e il trionfo della riforma cattolica erano i Barberini. Questa festa finale fu aperta un anno prima, il 27 settembre del 1639, con una grandiosa manifestazione nella chiesa del Gesù. Antonio Barberini, mecenate per la costruzione di questa chiesa, viene definito "una figura centrale fra i committenti di feste e spettacoli" (41).
A precedere la festa erano concerti, sermoni, distribuzioni di pani ai poveri, girandole e fuochi sulla piazza e, il 2 ottobre del 1639, la festa raggiunge il culmine con la visita di Papa Urbano VIII nella chiesa (42).
Antonio Gerardi, contemporaneo e testimone oculare degli avvenimenti, con queste parole descrive la visita del papa nella chiesa del Gesù: "alli 2 ottobre circa 21 hore con numerosa cavalcata di Principi e Baroni Romani, del sig. Principe Prefetto di Roma, e seguito di dieci cardinali e gran numero di Prelati: dove fu ricevuto dal Reverendiss. P. Generale con tutti li suoi Padri..." (43)
Così, mentre fuori, sulla piazza davanti alla chiesa, la massa si divertiva guardando lo spettacolo pirotecnico sul tema della Virtù che vince il Tempo, l'interno della chiesa, in un ambiente più moderato e maestoso, era riservato al più stretto cerchio dell'alto clero e dell'aristocrazia romana. Il dentro e il fuori dell'avvenimento rappresentavano i due aspetti sociali, politici e culturali del consumo e della destinazione di questi spettacoli.
Il quadro, di cui probabilmente Sacchi ha dipinto solo le figure, presenta l'interno della chiesa così come si mostra all'osservatore senza il nascondimento della principale facciata. Da una parte il quadro è un prezioso documento dell'interno della chiesa dell'ordine gesuita prima che il severo classicismo di Vignola e il suo disegno architettonico fosse nascosto dagli illusionistici affreschi e dalle monumentali decorazioni di Giovanni Battista Gaulli (44).
Questo tipo di chiesa, église bianche, in cui la cupola e le volte erano lasciate vuote e non decorate per non disturbare l'attenzione dei devoti, era l'esempio architettonico del severo ideale controriformistico (45).
Ma l'ironia del caso fu che proprio nel periodo del pontificato di Urbano VIII si venne definendo la separazione da questa tradizione e si dette sostegno all'illusionismo monumentale tipico dell'alto barocco. Anzi, la chiesa del Gesù, dalla metà del secolo divenne il palcoscenico centrale di una nuova forma di sacro teatro e dei grandiosi spettacoli scenici quarant'hore che ebbe il suo culmine alla fine del secolo nei ricchi e fantastici progetti di Andrea Pozzo (46).
Ma da un'altro lato, accanto al suo sicuro e grande valore di documento, occorre tentare l'osservazione del quadro nel contesto storico dal quale è nato e nell'accordo con la funzione che gli era stata in precedenza destinata. In questo senso è possibile dare solo poche indicazioni. Aprendo lo spazio interno della chiesa viene data la possibilità alla scena per la strada, davanti alla chiesa, di potersi legare con lo stesso avvenimento interno. Si sviluppa così una pratica visiva di trasparenza e di separazione. Inoltre, le ricche carrozze e il seguito, che non si incrociano nei due sensi, indicano il momento della visita del papa spiegata da Gerardi. Nel centro ideale del quadro si trova, dunque, la famiglia Barberini e lo stesso Urbano VIII come mecenate che apre la celebrazione dell'anno di giubileo dell'ordine gesuita. Così la festa del più potente e autorevole ordine cattolico viene trasformata in un'altra occasione per evidenziare l'importanza e la posizione che i Barberini hanno raggiunto nella gerarchla d'ella chiesa. Il quadro è perciò l'ulteriore argomento visivo nella funzione delle aspirazioni ecclesiastiche e politiche della famiglia Barberini, e da questo punto di vista diventa il più preciso riscontro al quadro Giostra del Saraceno che le stesse aspirazioni esprime sul piano del profano e del politico.