(63) P. Van Laer
Mendicanti alle porte di una chiesa
Hazzlit Gallery - Londra
(64) P. Van Lear
Il Portatore d'Acqua
Galleria Naz. - Roma
(65) P. Van Lear
La sosta all'osteria
Gall. Spada - Roma
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La collaborazione di Miel al quadro di Urbano VIII ci introduce ad un'altra polemica del periodo. Al di fuori dei dibattiti dell'Accademia di San Luca si svolgeva un'altra questione, quella sui bamboccianti e Pieter Van Laer, detto il Bamboccio, che ne era la loro guida ideale. I soggetti rappresentati da questi artisti erano scene della vita quotidiana che per il gusto del tempo apparivano volgari e grottesche perché degradavano l'arte sino all'insignificante vita comune di ogni giorno. Bellori ne fu uno dei critici più severi:
"La natura... è tanto inferiore all'arte, che gli Artefici similitudinari, e del tutto imitatori dei corpi, senza elettione, e scelta dell'idea, ne furono ripresi: Demetrio ricevè nota di esser troppo Naturale, Dioniso fu biasimato per hauer dipinto gli huomini simili a noi... Pausone, e Pirreico furono condannati maggiormente, per hauer imitato li peggiori e li più vili, come in questi nostri tempi, Michel Angelo da Carauaggio fu troppo naturale, dipinse i simili e il Bamboccio i peggiori...". (26)
Sacchi non la pensava diversamente e Sutherland Harris ci dice che, dopo l'esperienza del quadro di Urbano VIII al Gesù, avesse fatto tornare Miel ai suoi bamboccianti perché non aveva studiato diligentemente Raffaello. Insieme a Sacchi sono schierati Francesco Albani, Guido Reni, Salvator Rosa e insieme a Bellori c'è Passeri.
Dai carteggi degli artisti e dalle Vite di Bellori e di Passeri emergono queste definizioni:
"... un Barone che si cerca li pidocchi, ed un altro che beve la minestra a una scudella: una Donna che piscia, e che tiene una capezza d'un asino che raia, un Bacco che vomita, ed un cane che lecca..." (Lettera di Andrea Sacchi a Francesco Albani); "... lordi cenci... esecrandi sozzidumi... nelle taverne dunque, nei postriboli, nei porcili..indegnità da questi quadri... una eterna vergogna..."
(Lettera di Francesco Albani ad Andrea Sacchi);
"... s'impiegarono a dipingere li più vili, e bassiaccidenti della natura con espressioni abiette e stomacose, cagioni che partorivano più risate che meraviglie: cosa del tutto contraria a così maestosa professione..."
(Vita di Jean Miei di Passeri);
"Haveva - Guido Reni - sommamente in odio la viltà di quei Pittori, li quali impiegano le loro fatiche, e gli studi maggiori nella espressione di soggetti bassi, e di accidenti plebei..."
(da Passeri);
"Vi è poi talun che col pennello trascorse a dipinger faldoni e guitterie, e facchini e monelli e tagliaborse, vignate carri calcate osterie, stuolo d'imbriaconi e genti ghiotte, tignosi tabaccar! o barberie..."
(Salvator Rosa nella Terza Satira sulla Pittura).
Ora, quest'infelice stato della pittura, come viene definito da Albani, ha anche i suoi corrispondenti positivi: prima di tutto in Sandrart, poi in Baldinucci e più di recente in Lanzi, Burckardt e Hoogewerff, sino al recupero del caravaggismo operato da Longhi che ha inevitabilmente trascinato con sé un positivo giudizio su Van Laer e Cerquozzi (27).
La polemica era dunque vivace e trova la sua motivazione di fondo nella difesa dell'ideale classico perseguito da tutta quella tendenza di cui, del resto, Sacchi si fa promotore anche contro Cortona e Bernini |