Innsbruck: Georg ha un anno e mezzo quando
sua madre, un giorno, porta in casa due topolini.
La madre gli racconta poi che lui ci si affeziona
subito e che li cerca continuamente facendo: ”Pi-pi”.
Georg non parla ancora ma, sempre
secondo i racconti di Elisabeth, rimane
sconvolto dalla loro assenza quando la madre,
pensando che non gli interessassero più, li
eliminerà. La sua seconda esperienza con gli
animali sarà il suo “primo cane italiano”. Sta
costruendo barchette in una cantina nei pressi di
piazza Pia, ad Anzio, quando una ragazza entra
con una scatola e gli chiede se può tenerla “per un
pochino”. Al suo sì, ringrazia e se ne va. Non
ritorna più e Georg aprendo la scatola vi trova un
cucciolo di cane. Lo porta a casa e, con l’aiuto
della madre, utilizzando un biberon e tanta
pazienza, riesce a salvarlo. Decide di tenerlo con
sé: è Wolfi.
E’ l’inizio della primavera del 1953,
nella monocamera al Bottaccio non c’è posto per
un cane ma Georg, anche contro il parere della
proprietaria, lo prende con sé. Sono mesi
bellissimi con il cucciolo Wolfi che cresce e non si
allontana mai da Georg.
Diventano una figura unica, Georg costruisce
barchette ed il cane accanto a lui, appollaiati
sull’altura dell’Arco muto, “quando tutto era
ancora come madre natura ed il mare
decidevano”.
Qualche mese dopo il cane viene avvelenato.
Georg non riesce a capire come, e lotterà
strenuamente per salvarlo. Latte contro il veleno,
medicine degli uomini, coperte calde, tanto
affetto, ma dopo un giorno ed una notte di
sofferenze il cucciolo muore. Georg lo seppellisce
proprio all’Arco muto e ritorna lì quasi tutti i
giorni a fare barchette, lì dove ha passato tanti
bei momenti adesso offuscati dal ricordo che
lì vicino “ruht für immer ein lieber Freund”, riposa
per sempre un caro amico. Georg racconta in
tedesco questo momento così importante della
sua vita. La madre per consolarlo cercherà un
altro cane.
Il direttore del mattatoio di Anzio,
Luigino Casaldi, gli regala un cucciolo femmina
anche questo di pastore tedesco di tre mesi,
questo però di razza. E dal mattatoio arrivano
avanzi di carne a volontà. La cagnolina segue
Georg e la madre nel trasferimento a Nettuno e
Georg la porta con sé nelle sue lunghe
passeggiate per il paese, sia lungo le spiagge che
nelle sue scorribande in campagna. Georg, non
sa che la sua cagnetta è in calore fino al giorno in
cui la vede tornare “attaccata” ad un brutto cane
bastardo nero. Darà alla luce sei o sette cuccioli,
Georg “non ricordo bene quanti”, comunque “erano tanti, troppi”. Una coetanea chiede di
averne uno e con gli altri Georg farà “come si
faceva in Austria, senza problemi”, un colpo in
testa per stordirli e poi si annegano, per non
mandarli incontro ad un futuro disperato.
L’amica poi gli restituisce il cucciolo e questo
Georg lo terrà. “Allevavo i cuccioli con
responsabilità, quando potevo”.
Nella nuova casa
dove si trasferiscono, nella zona di Cretarossa
accadrà ancora una volta “il fattaccio”: un cane
randagio, dopo aver saltato il recinto divisorio del
giardino di Georg, ingravida la sua cagnetta.
Georg se ne libererà come la prima volta. Ma
qualcuno questa volta lo denuncia. Arrivano da
Roma due agenti della Protezione Animali che gli
chiedono come se ne sia sbarazzato. Georg,
pensando che la cosa sia permessa come in
Austria, racconta per filo e per segno della botta
in testa, per non farli soffrire, e del secchio
d’acqua per annegarli. Il seguito sarà una
denuncia alla Pretura di Anzio “per aver
soppresso crudelmente sette cuccioli neonati”.
L’avvocato Verlezza, amico dei fratelli Barattoni,
consiglierà a Georg di fare opposizione.
L’avvocato Verlezza difende Georg che ancora
ricorda una sua frase: ”Loro, i Keil, sono meglio
di noi. Noi abbiamo i mezzi e facciamo poco per i
cani abbandonati, loro non hanno i mezzi ma li
aiutano ugualmente”. Nel frattempo si viene a
sapere che “gli ignoti” che hanno denunciato
Georg altri non è che il signore ebreo, già loro
padrone di casa che non ha accettato le proteste
della famiglia Keil la quale, arrivata l’estate e i
villeggianti con i soldi, viene relegata in una
soffitta isolata, calda e piccola, dal difficile
accesso con una scaletta a chiocciola, non
rispettando gli accordi presi. Ad ogni loro giusta
recriminazione li apostrofa quali “nazisti”.
Spesso, per non incontrarlo, Georg entra in casa
da una finestra.
Ricorda che quando la madre va a protestare
con il signore ebreo lui le risponde con una frase
che Georg ancora rammenta “Chi ha il colpo in
canna spara, adesso ce l’ho io”. Arriva il giorno
del processo per la soppressione dei cuccioli.
Oltre all’avvocato Verlezza in qualità di difensore,
c’è anche una delegazione del Consolato
Austriaco di Roma, presente al processo “per
contribuire a difendere un cittadino austriaco
denunciato per vendetta”.
I Barattoni andranno
da un loro amico, il maresciallo in pensione Ripa,
per raccontare come i Keil siano tutt’altro che
nazistima, a loro modo, vittime del nazismo. Sarà
il maresciallo a spiegare al padrone di casa: “Fate
un grosso sbaglio, quelli sono vittime della
guerra”. Georg non sa come, ma i due agenti della
Protezione Animali, al processo, dichiareranno di
aver forse capito male la deposizione di Georg o
forse Georg ha compreso male le domande.
Tutto
terminerà con un nulla di fatto: problemi
linguistici. La sentenza, a due anni
dall’accaduto, è: “Assoluzione per mancanza di
prove”. Georg, ad anni di distanza, ci tiene a
precisare, addirittura con un suo scritto:”…sono
un uomo pieno di difetti ma appassionato
conoscitore della storia, perciò senza paraocchi
ideologici o razziali.
Ho lavorato più volte per persone di origine
ebraica, più o meno dichiarata, con pregi e difetti
esattamente come tutti noi. E quando prevalgono
i pregi, sono persone meravigliose “Wunderbare
Menschen. Noi tutti, cristiani e non, dobbiamo
tanto al popolo della diaspora: religione, scienza,
musica, economia, psicologia, arte, letteratura e
storia”.
E la permanenza della famiglia Keil a
Nettuno continua come continuano i loro
traslochi.
Nel 1957 traslocano in casa di un
dottore, una casa modesta ma con un giardinetto.
C’è anche un bel cane lupo donato poi nel 1960 al
reparto cinofilo della Polizia di Nettuno che, di
solito, non prende cani da privati. I cani di Georg
intanto diventano una ventina e nella piccola
Nettuno questo tedesco adesso è conosciuto come “il cagnaro”. Anche un commissario di Polizia
andrà più volte a controllare. Non capisce il
motivo per cui quella madre e quel figlio,
stranieri, che non sembrano certo ricchi,
raccolgano tutti quei cani. La madre di Georg
mostrerà il permesso di soggiorno a tempo
indeterminato con la motivazione ed il
commissario non si farà più vedere.
Nelle sue
lunghe passeggiate sulla spiaggia, Georg porta
senza guinzaglio solo la sua prima cagnetta con il
suo cucciolo. Un giorno è oggetto di una fitta
sassaiola da parte di ragazzi che stanno sulla
parte alta della costa, nella zona allora
denominata “l’americana” per una villa in rovina
che pare fosse appartenuta ad una signora
americana. Georg ed i cani si riparano sotto la
rupe scoscesa, dove oggi sorge il complesso di
Scacciapensieri e, a sassaiola finita, mentre risalgono,
racconta Georg, il cucciolo riconosce due dei
ragazzi autori della sassaiola e li attacca, senza
però alcun danno. Il padre dei due, lo spazzino
acchiappacani del posto, non potendo però
“acchiappare” il cane perché “in ordine con la
documentazione”, denuncerà Georg. Prima
conseguenza: obbligo di tenere il cane al chiuso.
Seguirà la visita del dottor Piccolino, direttore del
mattatoio e veterinario autorizzato ai controlli, il
quale, dopo aver visitato il cane ed averlo trovato
sano e senza problemi, decide per un periodo di
controllo di due settimane durante il quale il cane
non avrebbe dovuto dare alcun segno di
aggressività. Il “cagnaro tedesco” sarà, per alcuni
giorni, l’argomento di chiacchiere dei nettunesi di
Cretarossa e di tutto il paese ma i rapporti con gli
autoctoni continueranno come sempre: pochi
rapporti con la maggior parte della gente e “buon
giorno, buona sera” con gli altri.
Pochi i
conoscenti e ancor meno gli amici, ad eccezione
dei fratelli Barattoni, che va spesso a trovare nel
loro laboratorio fotografico. Porta da loro ogni
sua opera importante e c’è un continuo scambio
di opinioni, critiche delle sue opere e spesso, nel
loro laboratorio, incontra altre persone
interessanti dal punto di vista artistico. Con Elfo
Barattoni si vede anche sulla spiaggia. Elfo sa
unire sapientemente l’utile, il suo lavoro di fotografo, al dilettevole, la sua passione per le
barche a vela. A Guido Barattoni, fratello di Elfo,
piacerebbe che un orafo locale prendesse Georg
come apprendista, così da usufruire della sua
vena artistica. Non se ne farà nulla nonostante
l’orafo abbia bisogno di un apprendista e Georg
di un lavoro ma, secondo Georg, “bisognava dare
lavoro ad un nettunese e non ad uno straniero”.
Buoni anche i rapporti con il professor Antonio
Pagliuca che frequenta la casa dei Keil e quella
vicina, della maestra Pischel. La maestra Pischel,
come detto, è stata amica di Cesare Battisti, l’eroe
trentino ucciso dagli austriaci e questo “imponierte
sich”, fa enorme effetto sul professor Pagliuca che
visita spesso le due case intrattenendosi con la
famiglia Keil, con la quale può esercitare il suo
tedesco e con la signora Pischel verso la quale ha
una deferente ammirazione.
Durante una sua
mostra presso il Santuario di N.S. delle Grazie,
alla fine degli anni novanta, la signora Ester
Polverari, organizzatrice della mostra, racconterà
a Georg che un visitatore, molto interessato ai
suoi quadri, all’improvviso con stupore
esclamerà: ”Ma questo è il cagnaro!”. Georg sa
che Ester si arrabbierà molto per quello che lei
riteneva “un epiteto” ma non gli svelerà mai il
nome di quel signore. Ora ha “solo” cinque cani,
ed è molto affezionato a tutti. Ognuno ha un
nome e Georg dice che ognuno ha proprie
specifiche peculiarità: Milo, un meticcio di
Rottweiler, Nerone un terranova molto piccolo, il
piccolo Jack, un volpino, la vecchia Dora, una
meticcia dal pelo lungo e Ulisse, un
maremmano brontolone. “Ogni cane ha una sua
personalità. E’ un individuo” dice con sicurezza
Georg.
Per lui il rapporto del cane con la vita
inizia nei primi mesi di vita per questo vanno
trattati bene da subito e rispettati. Non vanno
trattati come “usa e getta”ma come esseri viventi. “Meritano di essere aiutati”. Se vedete Georg in
giro per Nettuno, lungo le spiagge e nelle
campagne circostanti, ed è facile incontrarlo, lo
vedrete solo con Milo e Nerone, gli altri restano a
casa.
Georg non è più il “cagnaro”. Solo alcuni
vecchi nettunesi lo ricordano forse come tale. Per
tutti gli altri Georg è l’artista e il pittore dei quadri
della Madonna, di Santa Maria Goretti, di ritratti
e di paesaggi nettunesi. Quando Georg racconta
della sua vita con i suoi cani non vorrebbe
smettere più. Storie, aneddoti, avventure, gioie e
dolori.
Ricordi di momenti importanti della sua
vita. In italiano, quando si sofferma sui racconti,
i fatti, le persone, ed in tedesco quando i
sentimenti, le emozioni e le sensazioni prendono il
sopravvento. Passa da una lingua all’altra così,
senza problemi, senza pause, lasciando ad ognuna
la propria importanza ed il proprio ruolo, proprio
come le due lingue e le due culture lo sono state
per quasi tutta la sua vita. E conosce bene tutte e
due le lingue, anche nei modi e nelle forme
necessarie a materializzare per l’ascoltatore i
propri momenti più intensi, più intimi… |