Quella mattina d’inverno del 1954 è particolarmente
bella la marciaronda che corre in basso,
intorno alle mura del Borgo medioevale del
paese, schiaffeggiata dalle onde di quel mare
azzurro che qualche secolo prima vede l’approdo
di N.S. delle Grazie e la storia d’amore del
pescatore Alceo e della bella Eurilla.
L’inverno a
Nettuno possiede il fascino della normalità, un
clima mite, magnifiche giornate di sole, una vita
semplice e spontanea, angoli che sembrano
dipinti, piazze e piazzette dove il tempo sembra
fermarsi per riprendere poi con un ritmo tutto
suo, accompagnato dal lavoro della gente e degli
artigiani del Borgo.
Georg non pensa certo che
Nettuno, quel paesetto così diverso da tutti i
luoghi che ha incontrato, diventerà il suo paese,
per sempre! Georg e lamadre Elisabeth viaggiano
molto. Forse pensano che Nettuno, dopo un anno
trascorso nella vicina Anzio, sia solo un ulteriore
e non definitivo luogo di passaggio. Un bel luogo
di transito dove fa piacere, nelle lunghe e calde
giornate estive, passeggiare nelle polverose
strade di campagna, appena fuori dell’abitato,
piene di filari di viti e di alberi da frutta,
arrampicarsi facilmente su un albero di fichi per
assaporare quei dolcissimi ed appiccicosi frutti
che Georg conosce solo a Nettuno. E solo a
Nettuno impara ad amare altri frutti, le more ad
esempio, che lo attirano nel passaggio dal colore
verde, al rosso fino al nero della maturità e dal
sapore dolce ed accattivante.
Lunghe passeggiate
in bicicletta senza le ripide e faticose strade di
montagna austriache. Le visite a Torre Astura e
alla sua pineta, “gite indimenticabili” su strade
piene di buche come dopo un bombardamento ed
attraversate quasi esclusivamente da automezzi
militari. In bicicletta anche sul monte Circeo, a
visitare le mura ciclopiche e l’angolo fiabesco di
Torre Paola con l’indelebile ricordo dell’intenso
profumo di resina delle conifere.
Quel clima è così diverso e gli inverni non solo più miti di
quelli austriaci ma anche più vari. Si passa da
giornate fredde e ventose a momenti soleggiati e
caldi e la pioggia stessa, per quanto insistente,
non porta alla esasperazione delle lunghe
giornate piovose che preparano al bianco inverno
austriaco. Gli manca, forse un poco, il candore
rassicurante della neve, che in Austria scende
lentamente imbiancando prima le montagne ed
ovattando poi le valli, le foreste ed i piccoli paesi
che cambiano aspetto e colore.
A Nettuno, nota
Georg, cambiano anche gli odori ed i rumori
insieme alle stagioni. Le passeggiate lungo la
spiaggia hanno un sapore particolare. E’
rilassante osservare il volo dei gabbiani, così
diverso da quello maestoso dei falchi e delle
aquile delle montagne austriache. Dà un senso di
pace restare ad osservare i pescatori, seduti
accovacciati, chiusi nei loro pensieri con gli occhi
fissi sulle loro canne in attesa di quel piccolo
movimento che in fondo rompe la tranquillità:
rimane solo il rumore delle onde ad osservare la “gara” tra il pescatore ed il pesce. La pesca non gli è mai piaciuta “sono animalista al cento per
cento”. Non sopporta il pesce in agonia e ricorda
ancora di quella volta, quando a Klagenfurt, in
Austria, i pesci che pesca suo nonno e che lui
dovrebbe custodire, se ne tornano da soli in
acqua, scodinzolando sulla terra, sicuri della
direzione da prendere per riguadagnare il
proprio elemento; uno spettacolo che affascina
Georg “… e non mi sembrava giusto fermarli”.
Il mare di Nettuno, tra il porto di Anzio fino a
Torre Astura e, con il bel tempo ed una buona
visibilità, fino al monte Circeo, è presente in
tante sue opere.
Ora è così diverso però da quello
conosciuto al suo arrivo a Nettuno dopo i tanti,
troppi tentativi fatti per rovinarne l’immagine, la
magìa, la poesia che accompagna i suoi lineamenti.
Georg racconta i dirupi, le scogliere, la costa, le
case, le mura del Borgo e del Sangallo nelle sue
opere; questo mare diventerà il proscenio delle
sue battaglie navali, di innumerevoli tempeste
oceaniche e di grandi e piccole navi con le vele al
vento.
Quello che non riuscirà ad esprimere con
le parole, italiane o tedesche, Georg lo esprimerà
al meglio con le sue numerose opere che
sostituiranno così sia la lingua italiana che quella
materna. La lingua italiana non sarà un problema
per Georg se non nei primi mesi. La madre
conosce bene l’italiano perché prima della guerra
è istitutrice presso varie famiglie italiane a Roma.
Georg invece non ha nessun contatto con la
lingua italiana e la sola conoscenza dell’Italia è
legata ad un album di foto di sua madre scattate
a Roma durante un primo soggiorno dal 1934 al
1938 e dai suoi racconti sugli italiani nei quali
trova una gentilezza e una bontà d’animo a lei
sconosciute e che le sono sempre mancate.
Una
umanità per lei nuova, “più aperta e gentile”. |