Le barchette sono piccoli e graziosi modellini
di antichi velieri, ricavati dal tenero legno di abete
al quale le agili mani di Georg danno forma.
Riproduce lo scafo e l’alberatura semplicemente
con un coltello, poi rifinisce il tutto con vele
bianche e cordame, aiutato spesso da sua madre.
Le costruisce velocemente, fino a 15 al giorno, con
un gusto e una maestria che denotano la sua predisposizione
artistica. All’inizio le vende ai
tabaccai poi, visto che la vendita è poco
redditizia, forse per il prezzo molto più alto delle
cento lire che Georg riceve per ogni barchetta, lui
e la madre cominciano a rifornire i vari ristoranti
sulla costa che ne fanno usi diversi: alcuni li
offrono insieme al conto, quando questo è forse
un po’ salato, altri chiedono a Georg di scrivere il
nome del locale per farne pubblicità.
La vendita delle barchette va così bene che la
madre limiterà molto il suo lavoro di maglieria
diventando un’esperta rappresentante venditrice
di barchette lungo tutta la costa a nord e a sud di
Roma, da Santa Marinella fino a Napoli.
Georg
progetta, costruisce, crea: Elisabeth vende.
Così Elisabeth ha modo di conoscere Anzio e
Nettuno. La decisione di trasferirsi sulla costa
viene di conseguenza. Il territorio offre maggiori
possibilità di commercio, gli affitti ed i prezzi in
generale sono più bassi che a Roma, il clima e l’ambiente
migliori e poi c’è ilmare, che entrambi amano.
La scelta iniziale cade su Anzio, dove, nella
primavera del 1953, Elisabeth e Georg si
trasferiscono. Il primo alloggio è proprio nella
zona centrale di Anzio, in via XX Settembre, in un
appartamento del farmacista Cicconetti. D’estate
però l’appartamento è troppo caro, i villeggianti
pagano molto di più, perciò si trasferiscono al
Bottaccio, periferia di Anzio.
La proprietaria del piccolo appartamento del
Bottaccio è gentile con loro ma non vuole il loro
cane che, dopo alcuni mesi, muore…avvelenato.
Al Bottaccio restano circa un anno e Georg
conserva ancora oggi bei ricordi del periodo
trascorso ad Anzio.
Georg ha diciotto anni.
Una delle immagini più chiare rimaste dei
primi tempi ad Anzio sono le lunghe nuotate a
rana, tutti i giorni, anche d’inverno e le
passeggiate spensierate lungo le spiagge delle
due riviere ornate da vecchi palazzi patrizi,
da antiche rovine romane e da pittoreschi dirupi
scoscesi.
Indelebili le serate sul molo di Anzio al
ristorante della signora Gina Tulli. Là gustano
una meravigliosa zuppa di pesce.
Mangiano spesso in quel ristorante perché
Georg preparamolte barchette per loro, ed inoltre
Elisabeth, talvolta fa l’interprete per i clienti del
locale. Pagano un prezzo scontato e qualche volta
sono ospiti della proprietaria, sempre molto
cortese con loro. “La ricordo volentieri. Passavo
spesso da lei quando avevo necessità di vendere qualcosa e lei mi ha comprato una grande
quantità di barchette, Lo faceva per aiutarmi.
Conosceva il mio bisogno di guadagnare quattro
soldi”.
Ad Anzio Georg conosce e frequenta “Garzia padre” proprietario del ristorante
“Garda”, che dà sul porto. “Ennio Silvestri, altro mio estimatore ed
acquirente. Non aveva tanto tempo per me,
sempre occupato come direttore dell’Ente
Turismo di Anzio, ma avevamo un ottimo
rapporto”.
“Ho tanti bei ricordi legati a diverse persone:
Amerigo Salvini, un benemerito, molto
importante per me e che ha parlato di me alla
radio locale, grazie a lui, mi sono state
commissionate delle vedute di Anzio; ne ho
preparate quattro, in una cartella, ma purtroppo
non le hanno poi volute ed io le ho regalate a Don
Vincenzo Cerri.
E poi Patrizio Colantuono, già da allora
impegnato con le sue ricerche di fotografie,
libri e storie di Anzio, e anche suo fratello, Ennio,
che gestiva il Bazar in piazza Pia, altro importante
acquirente di barchette”.
Georg non dimentica il molo di Anzio, l’arrivo
dei pescatori, la gente del porto, le grida incomprensibili
in dialetto, gli odori, dove quello del
pesce sovrasta tutti gli altri in tutte le stagioni
dell’anno. Gli piace, come gli piace ancora oggi, “l’ambiente marinaro”, un ambiente che gli
fornisce l’ispirazione per molte opere.
La gente di Anzio è cordiale con loro anche se
qualcuno, a sproposito, esclama: ”Sti tedeschi!”.
La reazione di Georg e sua madre è sempre: ”Siamo austriaci!”. A questa risposta Georg
ricorda le facce perplesse dei “portodanzesi” e il
commento di alcuni:”Ah, non sono tedeschi”,
dimostrando i propri limiti geografici e storici. “Ma tutto si calmava e tutto andava bene”.
Passa molto tempo nella parte alta dell’Arco
muto, là dove lo sguardo può spaziare senza
limiti e senza confini, sempre con il suo
fedele cane. Lì si appollaia a intagliare gli scafi
per le barchette che poi a casa rifinisce.
Una cosa che colpisce molto Georg è il
disinteresse verso la magnificenza dei resti
romani dell’Arco muto, oltraggiati dall’incuria e
dalla spazzatura che, in un periodo, viene
addirittura gettata “a camion” dall’Arco muto fin
giù, in acqua. “Lo scenario delle mie giornate ad Anzio era
l’Arco muto con i suoi ruderi che mi
affascinavano, poi Tor Caldara e Lavinio” la costa
dei Cesari intrisa di romanità fino al midollo.
A Tor Caldara Georg scava e trova il fondo di una
lucerna con raffigurate tremaschere del teatro greco. |