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Progetto grafico ed impaginazione
ALESSANDRO TOFANI

 


GEORG KEIL
“NETTUNO È IL MIO PAESE
IST MEIN ZUHAUSE”

 

GIORGIO PAGLIUCA
ALBERTO SULPIZI

Comune di Nettuno
Istituto Culturale Italo-Tedesco

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Roma anni cinquanta

E’ l’inizio degli anni cinquanta. Nei primi tre anni a Roma madre e figlio Keil si rimboccano le maniche e iniziano la lotta “per arrivare alla sera con un tetto sulla testa e lo stomaco pieno”, lotta comune a tantissimi che, come loro, in quei giorni, nella capitale e in tutta l’Italia, cercano di ripartire dopo la lunga e dolorosa esperienza della guerra. Durante quei primi tre anni la madre riprende il lavoro di istitutrice presso famiglie italiane residenti a Roma, aiutandosi anche con il lavoro a maglia. Georg non dimentica le tante fredde stanze e i modesti appartamenti a Roma, i tanti traslochi con le loro poche cose che diventano sempre di più ad ogni trasloco. Ricorda i proprietari, scontenti della
poca puntualità nel pagamento dell’affitto ed il momento della decisione di lasciare Roma per trasferirsi altrove. Per un periodo hanno anche le tessere per pranzare nella mensa della Pontificia Opera di Assistenza, vicino Piazza Fiume. “Tanta gente come noi, c’era di tutto: poveri, stranieri, ufficiali nazisti in fuga; era un rifugio per tutti anche perché era territorio Vaticano”.
Ricorda però anche lo stupore per le sue continue scoperte. Roma è “un tesoro da scoprire giorno per giorno”. Continue scoperte, che solo gli occhi di un artista ancora giovane riescono a carpire. E tutto sempre a piedi. Intanto Georg inizia a frequentare la scuola tedesca, ma solo sei mesi dopo l’arrivo a Roma, perché fino ad allora sono clandestini e senza il permesso di soggiorno.
In quegli anni non è semplice ottenere permessi di soggiorno necessari per la scuola, per avere un affitto regolare, per l’assistenza sanitaria.
Grazie alla dichiarazione di Aldo Menardi, uno dei nove Kriegsgefangene conosciuti a Graz, nella quale descrive il comportamento tenuto da Elisabeth nei confronti dei nove Kriegsgefangene, l’allora questore di Roma, il dottor De Stefano, racconta Georg, dopo aver letto la dichiarazione esclama: “A questa
signora diamo il massimo”: permesso di soggiorno permanente. Con questo documento Georg può iniziare a frequentare la scuola tedesca a Piazza Ungheria, scuola che riprende le lezioni dopo la guerra e che poi si trasferisce vicino Porta Pinciana, nei locali di una Chiesa Evangelica. Gli alunni sono di diverse età, istruzione, livello sociale: vi sono anche italiani.
Georg ha solo buoni ricordi di quella scuola, nella quale “si sentiva a casa” e dove sono gli italiani “a farla da ospiti, ben graditi”. La scuola tedesca è accettata bene, al pari di tutte le altre scuole della capitale. Nonostante le ferite della guerra non siano ancora del tutto rimarginate ed i ricordi ancora vivi, non vi è ombra di ostilità da parte dei romani.
L’italiano di Georg nel frattempo migliora. La lingua gli piace e coltiva tante letture in italiano. Legge molto: dai fumetti, il Corsaro nero e Tex Willer, ai giornali, sia i quotidiani che i pochi settimanali. Passa anche molto tempo con i
libri di avventura.
Nei primi due anni a Roma Georg si rifiuta di parlare italiano. Poi all’improvviso, comincerà e si esprimerà subito correttamente. Ci spiega che non voleva parlarlo come uno straniero, in un modo che lo avrebbe fatto sentire ridicolo, perciò è stato zitto per tanto tempo. “Sono sempre stato un perfezionista e non volevo parlare male l’italiano”.
In Austria torneranno due volte, nel 1950 e nel 1951. La madre organizza un viaggio da Roma a Mittersill per un gruppo di circa venti persone. Per loro due il viaggio sarà naturalmente gratis ed avanzerà anche qualche soldo.
I rapporti con familiari, parenti ed amici in Austria, si sono nel frattempo molto allentati e raffreddati. A Georg il viaggio piace ma non più di tanto. Ha parlato in tedesco “wieder wie dir die Schnabel gewachsen ist”, come ti è cresciuto il becco, in altre parole, come imparato da bambino. Ma non si sente a casa sua
come invece a Roma e, certo, non gli piace stare in Austria come invece gli piace stare in Italia. Tornano quindi in Italia, convinti e felici della loro scelta.
A Roma, quando Georg esce da scuola incontra la madre al laghetto di Villa Borghese dove lei passeggia con il bambino di cui si prende cura. Elisabeth è esasperata dai piccoli scafi sui quali Georg monta delle vele traballanti e fa “segeln“, veleggiare, nella fontana di Villa Borghese. “In questa fontana sperimentavo i velieri al vento”, i velieri che avrebbe riprodotto nei suoi quadri. Lascia la scuola tedesca dopo due anni di frequenza regolare per iniziare a lavorare.
Dal momento che èmolto bravo a disegnare viene preso come apprendista in una bottega nei locali della ex Accademia delle Arti tedesca, non lontana da Piazza Bologna, tenuta da due artigiani tedeschi, Götz e Pinkl, stabilitisi a Roma da prima della guerra, molto conosciuti ed apprezzati non solo a Roma. Tutto si esegue quasi esclusivamente a mano, addirittura il martello al posto del torchio per stampare le stoffe con lastre di linoleum sulle quali Georg crea disegni incidendole e preparandole per la stampa delle stoffe.
Non mi pagavano, dice Georg, adducendo il motivo che fossi un apprendista. Quel periodo gli sarà molto utile perché lo avrebbe introdotto nell’arte e nella tecnica dell’incisione. Conosce poi, una signora che costruisce paralumi. A lei piacciono molto i disegni di Georg: i velieri o i monumenti romani sullo stile di Piranesi. “Piranesi è stato la mia scuola” dice Georg,ma un giorno, per caso, viene a sapere che la signora vende i paralumi ad alto prezzo poiché “… i disegni sono di un famoso artista austriaco, molto affermato, e sono degli originali”, ma a Georg dà molto poco. Elisabeth affronterà a muso duro la signora, chiudendo il rapporto con lei. Georg continuerà a disegnare e a vendere qualche opera ma …sta arrivando “il tempo delle barchette”.


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