17 febbraio 1944
La permanenza della popolazione nella zona di guerra intralciava in vari modi le operazioni militari. Di più, continuava lo sbarco di ingenti quantitativi di materiale bellico che veniva sistemato un po' dovunque con evidente pericolo dei civili. Sicchè il Comando militare ordinò che si procedesse ad un regolare sfollamento.
Il 17 febbraio salpò il primo convoglio con a bordo coloro che avevano scelto di raggiungere i propri parenti nell'Italia meridionale. Qualche giorno dopo fu esteso l'invito a tutti e molti aderirono. Finalmente fu ordinato a tutti di allontanarsi da Nettunia.
Nel pomeriggio del 22 febbraio molti autocarri americani attraversarono la campagna rilevando i civili già pronti per l'imbarco. In breve la grande pineta della "Campana" nascose un gran numero di profughi e verso la ore 16 tutti partirono, in colonna, diretti alla basilica di Santa Teresa in Anzio.
Lungo la strada le truppe sbarcate di fresco venivano in senso inverso, in fila indiana e a distanza, verso il fronte. Qualcuno al vederli commentò: "Poveri figli di mamma!".
La notte i profughi, quando non venivano imbarcati immediatamente, la passavano o nel Santuario di Nettuno o nella Basilica di Santa Teresa in Anzio, monumento della devozione dei fedeli d'Italia alla piccola Santa di Lisieux.
Ma povera Chiesa, com'era mal ridotta! A renderla più triste si aggiungeva tutta quella schiera di gente chiassosa, affaccendata a prepararsi alla meglio un po' di cibo e un giaciglio per la notte. La quale passava fredda e buia, solo illuminata di tanto in tanto dal fuoco di sbarramento della contraerea alleata. Il cappellano militare cattolico celebrava la santa Messa nella cappella della Santa invocando dal Cielo la protezione di tutte quelle sventurate famiglie che la cattiveria degli uomini strappava spietatamente alla propria terra.
In balia del mare Giunto il tempo stabilito, i profughi vanivano trasportati direttamente sulle navi nelle quali accedevano con gli stessi autocarri sui quali avevano preso posto, attraverso un'ampia apertura che si richiudeva dopo ultimate le operazioni d'imbarco. Il rullio della nave segnalava il momento della partenza. Ma quando, usciti dal porto, al rullio si aggiunse il beccheggio, si notarono subito molti visi pallidi e poco dopo scoppiò "l'epidemia" del mal di mare. E fu un disastro! Il malessere era così generale che i soldati ordinarono di salire al piano superiore per poter riposare più comodamente nelle cuccette. Ci fu chi salì in coperta. Si viaggiava insieme ad altre navi di trasporto alla volta di Napoli.
Adagiata sulla riva ricamata di bianco, sullo sfondo di un cielo di madreperla, spiccava un'incantevole riviera con pinete e campanili indorati dagli ultimi raggi di un sole tristissimo. Era la nostra riviera; bella, mai vista così. Si pianse e le si disse "addio". Erano passati solo pochi minuti, quando ci accorgemmo che i tedeschi stavano salutandoci a colpi di cannone, sollevando attorno a noi enormi colonne d'acqua. Fortunatamente non ci colpirono.
Buono il trattamento da parte dei marinai. Dispensavano viveri in abbondanza e soccorrevano con sollecitudine i più bisognosi. Giunti a Napoli, ridiscesi nella stiva e ripresi i propri posti sugli autocarri, i profughi furono accompagnati e ospitati provvisoriamente in diversi luoghi: al Carminiello, al Piccolo Cottolengo di via Donnalbina e altrove, in attesa di proseguire il viaggio verso la Calabria e la Sicilia.
Non si udivano più tuonare i cannoni; non assordava più il rombo di mille motori; non urlava più lo schianto delle granate, nè s'udiva più il canto lugubre della micidialissima mitraglia... Salvi, eravamo salvi!
Inseguiti da un sommergibile
12 aprile 1944 Il 12 aprile del 1944 partì da Nettunia uno degli ultimi convogli con a bordo 1200 profughi. Fino a Napoli nessun incidente di rilievo. Dopo quattro giorni di sosta, si iniziò il viaggio verso la Sicilia. Non avevano ancora oltrepassato lo Stromboli quando all'interno della nave si udì un tremendo boato. I profughi, sballottati dalle onde e in preda al mal di mare, si guardarono l'un l'altro esterefatti. A rendere più tragica la situazione, giunse il Comandante della nave, anch'esso visibilmente preoccupato, a dare ordine di indossare il salvagente aggiungendo, ad incoraggiamento, che il pericolo sarebbe stato scongiurato fra dieci minuti... Si prepararono tutti al salto nell'acqua. Poco tempo dopo, e quel poco sembrò un'eternità, il pericolo cessò davvero. Era accaduto che una nave vicina, carica di truppe, era stata silurata e colpita in pieno da un sommergibile tedesco. Fortunatamente tutti furono tratti in salvo.
Ma era passata appena qualche ora ed ecco un nuovo allarme: questa volta il pericolo veniva dall'aria. Per la seconda volta i profughi si credettero perduti e destinati a finire in pasto ai pesci. Mezz'ora dopo, però, anche quel pericolo cessò. Finalmente, dopo tre giorni di paurosa navigazione, il convoglio raggiunse il porto di Siracusa e i profughi trovarono buona accoglienza ad Agrigento e paesi vicini.
Dal luogo del suo esilio un nettunese scriveva
Dopo un viaggio lunghissimo e straziante ci hanno gettati in una località diversa da quella che si prevedeva. Ci hanno fatto credere che ci avrebbero sistemati a Reggio Calabria, ma forse ce lo dissero per tenerci calmi e per evitare sommosse. A Reggio fummo ospitati dentro un magazzino ferroviario ove le autorità pensarono a ristorarci. La mattina seguente fummo imbarcati per la Sicilia. Qui fummo trattati molto male e mi renderei ridicolo a scriverlo... Trattenuti sotto tenda come prigionieri per due giorni; il terzo giorno ci spedirono al campo di concentramento di S.C.- Da S.C. a B. paese di circa diecimila anime, dove ancora ci troviamo. Questo paese è poverissimo di acqua e di pulizia. Le nostre donne sono molto preoccupate perchè non possono attendere alle loro faccende domestiche... Le autorità del paese stanno provvedendo per trovare degli alloggi; ma è cosa molto difficile, perchè se c'è qualche casa libera è piena d'insetti... Non abbiamo persone amiche che ci diano un po' di conforto. Viviamo esiliati ecc..." Ma dobbiamo dire che finalmente tutti i profughi furono discretamente sistemati, anche se qualche volta non incontrarono subito quella doverosa comprensione necessaria in quelle circostanze. i più furono ospitati in edifici scolastici o in collegi e seminari messi a disposizione delle autorità civili e religiose. Quelli che ci riuscirono ebbero accoglienza da famiglie private. A tutti veniva elargito un modesto sussidio giornaliero per far fronte alle più urgenti necessità.
Per ovvie ragioni sono stati omessi i nomi dell'autore della lettera e del paese ospitale. |