II più grande predicatore dell'antica Polonia fu indubbiamente il gesuita Piotr Skarga (1536-1612), ardente fautore della Controriforma, autore delle raccolte Kazanìa na niedziele i swieja (Sermoni domenicali e festivi, 1595) e Kazania sejmowe (Sermoni di Dieta, 1597), considerato maestro dai contemporanei e dai posteri praticamente fino alla fine del XVIII secolo. Skarga, predicatore alla corte di Sigismondo III Vasa per oltre vent'anni, era molto impegnato sul piano politico e civile, il che non mancò dì influenzare l'oratoria sacra in Polonia soprattutto nel periodo barocco. Sulla scia di Skarga si mettono infatti i padri Fabian Birkowski (1566-1636) e Szymon Starowolski (1588-1656), cui spetta un posto di rilievo tra i nostri predicatori secenteschi. Né si scostano molto da lui, almeno quanto ai contenuti, gli esponenti minori dell'oratoria sacra più legati al concettismo barocco, come il domenicano Jacek Mijakowski (1597-1647) e il carmelitano scalzo Andrzej Kochanowski (1618-1667). Nel Settecento l'arte predicatoria decade: sarebbe diffìcile citare nomi di qualche importanza. Con la fine dell'indipendenza nazionale viene meno il fattore politico-patriottico, e nell'Ottocento i predicatori cattolici polacchi, specie nelle parti del Paese soggette ormai alla Prussia protestante e alla Russia ortodossa, avranno uno spazio di manovra piuttosto ristretto. La loro situazione sarà migliore nella Polonia austriaca, appartenente a uno stato cattolico; il governo imperiale di Vienna, poi, nella seconda metà del secolo concesse ai suoi sudditi polacchi un margine di libertà abbastanza ampio. Cracovia, dove la vita religiosa era fiorita da sempre, fu anche allora il centro più importante del cattolicesimo polacco. Non c'è da meravigliarsi, quindi, che proprio lì vengano pubblicate, rispettivamente nel 1883 e nel 1896, le versioni polacche di due opere di Segneri, II penitente istruito a ben confessarsi(2) e L'esposizione del Pater Noster tratta dalla Manna dell'anima(3) La prima versione in ordine cronologico uscì invece, per la verità, non già nella Polonia austriaca, ma in quella prussiana, nei pressi di Danzica, a Pelplin, cittadina che fu all'epoca un baluardo dei Polacchi nella lotta contro la germanizzazione: è la traduzione anonima del Confessore istruito(4) del 1870.
Quanto però alla versione del Quaresimale, occorre tornare nella provincia di Cracovia, a Tarnów, dove essa fu pubblicata nel 1902 e ristampata poco più tardi.(5) Il traduttore, il sacerdote dott, Jakub Górka (1864-1917), godeva di una certa notorietà: figlio di contadini, dopo a-ver studiato al Seminario vescovile di Tarnów e all'Università di Vienna, ritornò al Seminario per insegnarvi storia della Chiesa per ben 25 anni, dal 1892 fino alla morte; autore di libri su Sant'Angela Merici e su Giovanna d'Arco, collaborò a giornali e riviste e soggiornò per qualche tempo in Francia, tra operai polacchi emigrati.(6)
Della versione del Quaresimale di Górka (complessivamente 703 pagine, più una introduzione di 30 pagine contenente la vita dell'autore), nonché di alcune opere tedesche,(7) si servì il sacerdote dott. Ildefons Bobicz, parroco del villaggio di Hermanowicze in quel di Przemysl (nella Polonia sudorientale, già austriaca) per scrivere il suo articolo sulle prediche di Segneri, pubblicato in una rivista specializzata nel 1925,(8) che qui intendo presentare.
Fin dalle prime righe Bobicz chiama Segneri " il più grande predicatore italiano e uno dei più grandi dell'intera Chiesa ". Seguono alcune notizie biografiche, tratte dall'Introduzione di Górka, basata a sua volta sull'Introduzione all'edizione torinese delle Opere del Nostro.(9) Segneri, nato a Nettuno " in riva al Mar Tirreno " da pii genitori, primo di 18 figli, amava predicare fin da piccolo: riuniva intorno a sé altri bambini e rivolgeva loro lunghi discorsi moraleggianti. A quattordici anni entrò a far parte della Compagnia di Gesù, e per un certo tempo fu predicatore alla corte pontificia. Estremamente laborioso e di santa vita, faceva volentieri penitenza ricorrendo al cilicio e all'autoflagellazione, spesso in pubblico, davanti ai fedeli. La santità di Segneri va tenuta presente da chi studia le sue prediche: essa garantisce infatti l'autenticità del suo impegno missionario, estraneo a ogni tentativo di lusingare il pubblico per strappargli un facile applauso, che l'omerista aveva in orrore.
Segneri - continua l'autore polacco - è considerato un classico della letteratura italiana grazie ai pregi della sua lingua, ma soprattutto perché " egli seppe opporsi all'influenza allora imperante del poeta Marino, che aveva introdotto il cattivo gusto in letteratura "; il giudizio negativo di Bobicz su Marino è chiaramente ispirato a quello del noto polonista Ignacy Chrzanowski, la cui Storia della letteratura della Polonia indipendente (leggi: antica) egli adduce in nota.(10) Bobicz volle dunque presentare Segneri come il campione dell'antimarinismo, ripetendo senza dubbio l'opinione di altri.
Secondo l'autore polacco, i testi raccolti nel Quaresimale appartengono piuttosto, malgrado il titolo, alla predicazione missionaria, perché riguardano - salvo qualche rara eccezione (il n. XXXV sulla Passione di Gesù Cristo, il n. XXXIX su San Giuseppe, il n. XL sulla Vergine Maria) - le verità fondamentali della fede e della morale cristiana, che vengono trattate abitualmente in occasione delle missioni nelle campagne. Il contenuto di queste prediche è ricchissimo; tant'è vero che il traduttore polacco - ribadisce Bobicz - in un'appendice alla sua versione, è riuscito ad assegnarne una a ogni domenica e a ogni giorno festivo dell'intero anno ecclesiastico. Alla base dell'oratoria segneriana stanno, oltre alle Sacre Scritture, gli scritti dei Padri della Chiesa e i discorsi degli oratori profani antichi (soprattutto Cicerone) e moderni. Il pubblico di Segneri proveniva da vari ceti sociali, ma era prevalentemente composto - e qui Bobicz si contraddice un po', avendo parlato prima di missioni nelle campagne - di persone appartenenti alle classi più alte, perché l'omelista parla di " un uditorio così saggio " nella predica XXXVIII, par. VII. Il successo che il predicatore riscuoteva era enorme, anche perché molti lo ritenevano un santo. A questo punto Bobicz cita la biografìa redatta dal traduttore del Quaresimale:
In verità, le sue [di Segneri] vittorie spirituali, i suoi trionfi sull'inferno e sul peccato, furono più belli delle vittorie militari che riportavano allora i capitani di Luigi XIV, Turenne, De Condé, Catinat. Infatti i loro eserciti causavano pianto, orrore, morte e distruzioni, mentre il nostro missionario arrecava pace, concordia e felicità alle tormentate coscienze.(11)
Sul piano tecnico, il pregio principale dell'oratoria sacra di Segneri consiste nell'abilità con cui egli riesce a far concentrare l'attenzione degli uditori sul pensiero fondamentale che ogni sua predica contiene. L'oratore ci ricorda uno stratega che schiera le sue truppe e le fa manovrare in modo da conquistare la posizione nemica che ha per lui la maggiore importanza. Le prediche di Segneri sono molto lunghe; ciascuna di esse si divide in due parti ineguali, suddivise a loro volta in vari paragrafi che, nella prima parte del sermone, possono essere anche più di dieci. Sembrerebbe che, avendo da trattare una materia tanto vasta e variegata, il predicatore, nel fervore dell'eloquenza, potesse facilmente smarrirsi, perdere di vista il tema principale del suo discorso, e poi faticare parecchio prima di ritrovarlo. Ebbene, nel caso di Segneri ciò non succede mai. Egli sapeva sempre controllarsi, benché fosse dotato di un temperamento focoso e di una immaginazione molto vivace. Nei suoi testi ogni frase sta al proprio posto, tutto è concatenato in maniera da illustrare nel migliore dei modi ciò che egli si era proposto di provare. Soprattutto questo lo rende potentissimo.
La struttura delle quaranta prediche del Quaresimale è abbastanza uniforme. All'inizio della prima parte di ogni predica viene indicato l'obbiettivo da raggiungere, il pensiero fondamentale, formulato in maniera chiara e incisiva. Fa seguito una serie di paragrafi dedicati ai moventi che dovrebbero spingerci a raggiungere l'obiettivo proposto; il pensiero fondamentale viene così sviluppato e motivato. La composizione della seconda parte del sermone è meno rigorosa, i contenuti sono meno impegnativi, spesso molto vicini alla realtà quotidiana e improntati a una certa cordialità. La seconda parte del discorso non sempre è organicamente legata alla prima, formando una specie di aggiunta alla tesi principale; talvolta potrebbe costituire un sermone a sé stante. Tra le due parti della predica si faceva abitualmente una pausa durante la quale l'omelista si riposava un po'.
Segneri - prosegue Bobicz - approfondisce gli argomenti presi in esame con la massima accuratezza. Qualche volta tratta lo stesso argomento in più sermoni, ma sempre da un punto di vista diverso. Così abbiamo nel Quaresimale ben sei prediche relative al peccato e al peccatore, e ciò nonostante nessuna delle sei somiglia all'altra. Vi sono dunque queste prediche: sulla spensieratezza del peccatore (I), sulla sua stupidità (VI), su coloro che si vantano dei loro peccati (XII), sulle angosce del peccatore perseguitato dai rimorsi (XXIV), sulla triste condizione di coloro che si rallegrano peccando mortalmente (XXVIII), sui peccatori recidivi (XXXVII). Ecco com'è strutturata la predica VI sulla stoltezza del peccatore che si mette contro Dio:
- riferimento biblico: Gesù scaccia i mercanti dal tempio (M., 21, 10);
- obiettivo: impedire al peccatore di peccare dimostrandogli quanto sia tremenda l'ira del Signore;
- pensiero fondamentale (status}: Peccatori, Iddio non è così debole come voi credete;
- premessa (propositio): Riflettete oggi assieme a me su quanto sia stupido il peccatore che non teme di mettersi in certo senso contro lo stesso Dio (par. I);
- esposizione (expositio): movente primo (par. II): Iddio con piccoli mezzi ottiene grandi effetti; che cosa può il peccatore contro la sua potenza? L'uomo dipende da Dio completamente quanto al patrimonio (par. III) e quanto alla salute (par. IV); movente secondo (par. V): la punizione divina è sicura, sebbene non se ne conosca l'ora; movente terzo (par. VI): la caduta di Gerico, esempio della punizione divina e della stoltezza del peccatore; da quell'esempio risulta chiaramente (par. VII) che la punizione divina colpisce i peccatori quando meno se l'aspettano.
Occorre ribadire la stringente e persuasiva logica delle prediche di Segneri, scrive l'autore polacco; gli ascoltatori venivano per così dire costretti ad accettare le sue argomentazioni e a trame conclusioni pratiche. Non è sorprendente che egli fosse chiamato il Bourdaloue italiano, avendo effettivamente le stesse qualità del celebre omelista francese. Bobicz cita a questo punto, per illustrare l'impegno di Segneri, le parole tolte dalla nota predica XXXVIII, par. VIII (la fanciulla e il crocifisso):
Amatissimi peccatori. Io, per farvi desistere dal peccato, ho procurato di usare, in presso a quaranta prediche, tutte le arti che son potute sovvenirmi al pensiero. Ora vi ho ammoniti con le ragioni, ora consigliati con le autorità, ora confortati con gli esempi, or atterriti con le minacce, or allettati con le promesse, ed ora ancora supplicati, genuflesso a' pie vostri, con gli scongiuri.(12)
Segneri - sottolinea l'autore polacco - si serve egregiamente delle Sacre Scritture, che conosce a fondo. Sa scegliere esempi nuovi o poco conosciuti, commenta e interpreta in maniera originale quelli più noti. Non è mai banale; qualche volta rischia però di travisare un poco il testo biblico per renderlo conforme alle sue tesi. Meno spesso attinge ai Padri della Chiesa, tra i quali predilige San Giovanni Boccadoro; stima moltissimo San Tommaso d'Aquino. Gli autori classici ai quali si richiama, sono innanzi tutto: Cicerone, Seneca, Plutarco, Fiatone, Tacito, Terenzio, Plauto. Le citazioni inserite nei suoi testi sono piuttosto brevi, la fonte è sempre indicata.
Nelle prediche segneriane abbondano in particolare esempi tratti dalla storia sacra e profana, tra cui qualcuno relativo alla Polonia che, nel XVII secolo, era ancora una grande potenza europea. Bobicz ne segnala due, che chi scrive ha esaminato da vicino. Nel par. III della predica XV leggiamo che basta " passeggiare un poco pel mondo " per vedere ovunque guerre, distruzioni, ecc., e, tra l'altro, " [...] ancora stampate per le campagne polacche Torme di ben trecentomila soldati tra turchi e tartari condotti là dal Sultano; e pure peggiori ancora de' turchi e de' tartari sono di poi stati a' polacchi i polacchi stessi, c)he non solamente i cosacchi ribelli altieri ".(13)
Come sappiamo, le prediche del Quaresimale, pubblicate nel 1679, furono stese, con ogni probabilità, nel decennio 1655-1665.(14) Segneri si riferisce pertanto con certezza alle " guerre cosacene " (l'insurrezione di Chmielnicki, alleatesi poi con la Russia) degli anni 1648-1655, e, mentre accenna al male che i Polacchi fecero a se stessi, al tradimento di una parte dei magnati all'epoca dell'invasione svedese (il cosiddetto " diluvio ", 1655-1656), che portò la Polonia sull'orlo della rovina, è verosimile anche un'allusione alle lotte fratricide degli anni 1665-1666 (la ribellione del magnate Jerzy Lubomirski contro il re Giovanni Casimiro che condusse all'abdicazione di quest'ultimo). Il riferimento molto concreto alla marcia dell'esercito turco pone invece un problema di datazione. Deve trattarsi infatti dell'invasione voluta dal sultano Maometto IV nel 1672, quando le truppe turche e tartare, al comando del visir Ahmed pascià Kòprulu occuparono gran parte della Polonia sudorientale, minacciando Leopoli; per salvarsi, la Polonia fu allora costretta a concludere con la Turchia il vergognoso trattato di Buczacz (1672), che ne fece - per poco tempo - quasi uno stato vassallo del sultano.(15) Ne risulterebbe che la predica XV, o almeno il paragrafo citato sopra, fosse stato scritto dopo questa data.
Con il secondo esempio ci trasferiamo nella Polonia medievale. Nella predica XXX, par. V, Segneri scrive:
Tanto niuna eccelsa maestà da verun estremo ludibrio fu mai sicura. Casimiro II, re di Polonia, mentre in dì solennissimo, convitati tutti i principali del regno, non altro udiva che applausi alle sue prodezze, encomi al suo nome, augurj di lunga vita, dimandò da bere per rendere a tutti grazie: ma non sì tosto appressò le labbra alla tazza, che si morì, e fé que' tanti lieti augurj ad un'ora restar bugiardi.(16)
In questo caso non è difficile indicare la fonte che l'autore non nomina. È la Chronica Polonorum di Wincenty (Vincenzo) detto Kadlubek (c.1150-1218), vescovo di Cracovia all'inizio del XIII secolo, dove al re - o piuttosto principe di Cracovia, cioè il primo tra i principi polacchi dell'epoca - Casimiro II il Giusto (1138-1194), è riservato un ampio spazio; Kadlubek gli era infatti molto devoto e lo considerava un sovrano modello. Nel libro IV della Chronica così viene descritta l'ultima giornata di Casimiro:
Fuit autem semper illi sollempne, sanctorum venerar! sollempnia. Unde cum beati Floriani diem(17) nunc in divinis officiis, nunc in oracionibus, nunc in graciarum accionibus, totum domino inpendisset, sollempnes in crastinum [cioè il 5 maggio] principibus ac satrapis et primis regni convivium epulis instiruit, illis multa super epulas leticia. Primo de hostibus undique triumphus. Secundo, post tanta laborum discrimina principis incolumitas. lercio, tam propria quam amicorum securior tranquillitas. Quarto et rerum et temporum festivior ammenitas. Nec deerat omnibus deliciis suavior, serenissima principis alacritas; omnibus exultandi animos excultancius infundens. Cumque omnimode vox exultacìonis inter omnes celotenus atollitur; tante glorie serenitas repentina subito tempestate obruitur. Nam tanti extrema gaudii, proh dolor, luctus occupat et meror iocunditatem rapit, opprimit et in suum concatenat ancillatum. Omnibus enim undique versum exultantibus, illud unicum et singulare sidus patrie, cum quasdam de salute anime questiones pontificibus proponeret, permodico hausto loculo(18) humi prolabitur et expirat.(19)
Segneri riassunse quindi abbastanza fedelmente, adattandolo un poco ai suoi fini (ad es., nella sua versione il Re brinda per ringraziare gli ospiti degli auguri di lunga vita, invece di bere conversando con i Vescovi) il testo di Kadlubek, la cui opera, edita per la prima volta a Dobromil, nella Polonia meridionale, nel 1612, sotto il titolo Historia Polonica Vincentii Kadlubkonìs episcopi cracoviensis, doveva essergli ben nota, il che dimostra, caso mai ce ne fosse bisogno, la sua vastissima e solida erudizione.
Chiusa questa parentesi storica, forse non priva di interesse, ritorniamo all'articolo di Bobicz. Il temperamento focoso di Segneri - scrive il sacerdote polacco -, la sua emotività mista a una certa irruenza si notano benissimo nei suoi sermoni che, da quel punto di vista, vanno paragonati alle Filippiche e alle Catilinarie, alle prediche di San Ber-nardo propagatore della seconda Crociata, o a quelle di Savonarola. Tra i predicatori polacchi ottocenteschi colui che, quanto a temperamento, si avvicina di più a Segneri - senza tuttavia uguagliarlo - è, secondo Bobicz, il gesuita Karol Boloz Antoniewicz (1807-1852) che si rivolgeva alle popolazioni rurali della Polonia austriaca intorno al 1846, cioè nel periodo di violenti disordini sociali, contribuendo a pacificare gli animi sconvolti dall'odio di classe.(20)
L'autore polacco rimane colpito dalla chiusa della predica III in cui vengono maledetti a varie riprese coloro che cercano vendetta sul prossimo:
Pera il miserabile, pera chi niega a Cristo una domanda sì giusta; e questo sangue che lo doveva salvare, questo lo condanni. Non trovi pietà, non impetri misericordia. Cada egli, prevalgano i suoi nimici, rimanga vedova la sua sposa [...]. Vendetta gridino tutte le creature contro di esso, gridino vendetta gli angeli, vendetta i santi, vendetta le sante, vendetta i demonj, tutti vendetta [...].(21)
Non è giusto, afferma Bobicz, che un predicatore chiuda il suo discorso con una imprecazione. Segneri avrebbe almeno dovuto aggiungere una benedizione per coloro che perdonano i loro nemici. Così del resto fece nella predica XXXV sulla Passione di Cristo: dopo l'invettiva contro i peccatori, la benedizione ai buoni. Bobicz ha qualcosa da obiettare anche su alcuni esordi che gli sembrano troppo impetuosi, come quello della predica V sul Giudizio Universale, di ispirazione chiaramente ciceroniana: " E fino a quando ardirassi più di abusare tanta pietà, quanta Dio fin qui si è degnato di dimostrarci? ".(22) Bellissimo, invece, veramente estatico è, a suo parere, l'esordio della predica X: " Al cielo, al cielo, fedeli miei divotissimi, al cielo, al cielo. Èvvi alcuno di voi, il qual sia vago di ascendere a tanta gloria? ".(23) Del resto tutta la predica X è eccezionalmente bella, fa pensare a una visione dantesca e poteva esser composta soltanto da un uomo il cui spirito veleggiava negli spazi celesti.
Bobicz vede in Segneri un grande cultore e maestro di retorica dal quale ogni omelista ha molto da imparare. Le figure che il " focoso " italiano predilige sono: comparazione, antitesi, apostrofe, domanda retorica, dialogismo; esse convengono di più al suo temperamento e alla sua vivace immaginazione. Egli non abusa peraltro dei mezzi stilistici, e soltanto in rari casi indulge al marinismo cui era decisamente contrario.
Le prediche di Segneri, osserva infine il sacerdote polacco, non sono scevre di piccoli difetti. Egli tende talvolta a far sfoggio di erudiziene, conformemente alla moda dell'epoca; ciò si nota in particolare nelle prediche VI e IX. Inoltre attinge volentieri i suoi esempi - sempre seguendo la moda dell'epoca - alla mitologia pagana; nella versione polacca, ci comunica con soddisfazione Bobicz, tali esempi per lo più mancano, eliminati giustamente dall'accorto traduttore. Nei testi di Segneri si possono trovare poi dei frammenti troppo realistici e di cattivo gusto, come nella predica IV, par. V (vi è detto tra l'altro che, durante l'assedio di Totila, " Roma [...] mangiò i cani quali saporosi mannerini di prato "), e nella predica IX, par. II (dove si menzionano le piaghe " fi-acide e fetenti " di Giobbe), nonché delle voci che un predicatore non dovrebbe usare, come " cagna ", " abbaiare ", e " rospo "; nella predica III, par. V, un cavaliere, benché ammogliato, frequenta " oscenissimi lupanari ", ecc.
Sono però tutte inezie a confronto degli squisiti pregi del Quaresimale dal quale si potrebbe forse togliere qualcosa - vista la lunghezza delle prediche segneriane - ma al quale non si può aggiungere nulla, tale è la sua eccellenza. Si potrebbe eventualmente levare qualche esempio, perché ce ne sono tanti, qualche confessione personale dell'autore, qualche dialogismo. Tuttavia, ribadisce Bobicz, ciò non è affatto indispensabile, perché tutto, nei testi di Segneri, contribuisce ad arricchirli e a renderli più persuasivi.
Le prediche segneriane vanno studiate assiduamente dagli omelisti, specie da coloro che si dedicano alla predicazione missionaria che - conclude l'autore polacco - assume grande importanza ai tempi nostri (cioè suoi). Evidentemente, essendo state composte nel Seicento, non si potrebbe ripeterle oggi tali e quali dal pergamo; occorre studiarle per comprendere il loro spirito, che dovrebbe animare anche i predicatori odierni. Segneri, dichiarato venerabile subito dopo la morte, è per loro non solo un chiarissimo esempio di oratore sacro, ma anche un modello di zelo apostolico, di umiltà, di amore e di ogni altra virtù cristiana.
Dopo aver presentato il contributo di Bobicz che è, a quanto mi risulta, l'unico lavoro pubblicato in polacco su Segneri, vorrei soffermarmi brevemente sulle traduzioni del Penitente istruito e della parte della Manna dell'anima che ho già avuto modo di menzionare.
La versione del Penitente (1883, seguita da 3 ristampe)(24) non si allontana molto dall'originale. Il traduttore, anonimo padre gesuita (così leggiamo sul frontespizio), tende tuttavia ad abbreviare e a semplificare i complessi periodi di Segneri, e ciò si può anche comprendere. Purtroppo, gli capita anche di prendere qualche granchio. Vediamo alcuni esempi.
Il titolo del cap. I dell'originale suona: " Invito al penitente perché si accosti alla confessione "; nel testo polacco si legge: " Pobudka do spowiedzi ", vale a dire " Invito alla confessione " tout court.(25) Fin qui, poco male; però, continuando la lettura, troviamo subito: " Un povero peccatore, il quale col laccio al collo aspettasse d'ora in ora di andar al supplizio, ecc. "; mentre nel testo polacco il condannato ha al collo una catena (" z lancuchem na szyi "); è senz'altro una inesattezza, perché così sarebbe stato perlomeno difficile impiccarlo.(26)
I tagli sono certe volte molto consistenti. Dal cap. X sono stati eliminati gli otto precetti che riguardano il comportamento dei sacerdoti, forse perché alcuni di essi sono giudicati ormai superati o troppo crudi, come il quarto che si riferisce a " Quelli che fanno pubblicamente all'amore, che ballano pubblicamente e che pubblicamente vanno alle bettole con vilipendio dello stato sacerdotale ", e il quinto relativo a " Quelli che tengono in casa donne sospette con mormorazione del popolo ".(27)
Altrove il traduttore aggiunge invece ciò che ritiene opportuno. Così Nabucodonosor mutato in bue diventa un bue " che mangiava erba e fieno ",(28) mentre i padri di famiglia che " consumano in giuochi quel che si deve al sostentamento de' loro figliuoli ", lo consumano " in giuochi, spese voluttuarie e gozzoviglie ",(29) alla maniera dei Polacchi usi a mangiare e soprattutto a bere smoderatamente. Infine, laddove Segneri accenna alla decapitazione di un Re d'Inghilterra (Carlo I, nel 1649), il traduttore polacco aggiunge un Re di Francia,(30) giustiziato ben dopo la morte dell'autore italiano.
Il traduttore inserisce poi nel testo polacco tutto un capitolo di cinque pagine, il XVII, che è un interrogatorio rivolto alle persone che si confessano raramente (evidentemente ai tempi suoi esse erano già piuttosto numerose). Mancano invece " le preghiere devote da dirsi ogni giorno della settimana ",(31) probabilmente ritenute superflue.
Abbastanza fedele è anche la traduzione dell'Esposizione del Pater Noster(32) che corrisponde ai giorni XVI-XXVIII del mese di ottobre della Manna dell'anima.(33) Il traduttore, padre Klemens Baudiss della Compagnia di Gesù, sostituì semplicemente la suddivisione in giorni con una in capitoli (che sono pertanto tredici); osserveremo che egli non indica da nessuna parte (neanche nella sua Introduzione di due pagine) che il testo da lui tradotto è tratto da una opera più ampia, sicché il lettore rimane convinto che Segneri scrisse un'operetta intitolata Esposizione del Pater Noster, il cui titolo ricorderebbe evidentemente l'Esposizione del Miserere. Ogni capitolo reca un titolo aggiunto dal traduttore in sostituzione delle citazioni latine tratte dal Pater Noster, preposte dall'autore ai singoli giorni di ottobre; tali titoli si riallacciano del resto anch'essi alla preghiera presa in esame. Tutte le citazioni latine dell'originale sono tradotte in polacco, com'era già avvenuto nella versione del Penitente istruito.
Dei quattro testi di Segneri messi a disposizione dei lettori polacchi tra Otto e Novecento, la diffusione più ampia l'ebbe certamente il Penitente che, in una ventina d'anni, raggiunse ben quattro edizioni; alla sua popolarità accenna infatti il traduttore dell'Esposizione del Pater Noster nella sua Introduzione, dove si legge che grazie ad esso " mi-gliaia di persone hanno conosciuto la vera penitenza, e per lo stesso, la beata pace dell'animo che il mondo non può dare ".(34) Possiamo quindi concludere dicendo che Paolo Segneri appartiene alla vasta schiera degli scrittori italiani che hanno avuto in Polonia una fortuna tutt'altro che trascurabile.
KRZYSZTOF ZABOKLICKI
Accademia Polacca delle Scienze di Roma
NOTE
1 - Purtroppo non mi è stato possibile prendere in considerazione le traduzioni polacche di Segneri anteriori al 1800, che furono numerose (specie nel Settecento); cfr. Karol Estreicher, Bibliografia polska [Bibliografia polacca}, vol. XXVII, Cracovia, 1929, pp. 343-47.
2 - Paolo Segneri, O sakramencie pokuty, [trad. anonima], Cracovia, 1883 [ristampe: 1892, 1901, 1902].
3 - Paolo Segneri, Wyklad Modlitwy Panskiej " Ojcze nasz ", trad. Klemens Baudiss, Cracovia, 1896.
4 - Paolo Segneri, Nanfa o dobrej spowiedzi, [trad. anonima], Pelplin, 1870.
5 - Paolo Segneri, Kazania wielkopostne, trad. Jakub Górka, 2 voll., Tarnów, 1902 [rist. 1906].
6 - Cfr. Polski Slownik Biografìczny [Dizionario Biografico dei Polacchi], vol. VIII, Wroclaw, 1959-1960, s.v. " Górka, Jakub ".
7 - Franz Krus S.I., Fragen der Predigt-Ausarbeitung, Innsbruck, 1916; Josef A. Jungmann S.I., Theorie der geistlichen Beredtsamkeit, Freiburg im Breisgau, Herder, 19084.
8 - Ildefons Bobicz, Twórczosc kaznodziejska o. Pawla Segneri'ego T.J. [Le prediche dip. Paolo Segneri S.I.], " Przeglajd Homiletyczny " [" Rassegna omiletica "], anno III, 1925, pp. 161-75.
9 - Paolo Segneri, Opere, Torino, Marietti, 1856, 4 voll.
10 - Ignacy Chrzanowski, Historia literatury niepodlegìej Polskìt Cracovia,1908 [numerose ristampe].
11 - Jakub Górka, in Paolo Segneri, Kazania wielkopostne, Tarnów, 1906, Przedmowa [Prefazione], vol. I, p. XII.
12 - Paolo Segneri, Opere, cit, vol. I, p. 420.
13 - Ibidem, voi I, p. 158.
14 - Cfr. Mario Santoro, Disegno storico della civiltà letteraria italiana, Firenze, Le Monnier, 1985, p. 203; Ugo Dotti, La letteratura italiana, Roma-Bari, Laterza, 1993, p. 307.
15 - Cfr. AA.VV., Historia Polski [Storia della Polonia], vol. I, tomo II, Varsavia, 1957, p. 706.
16 - Paolo Segneri, Opere, cit., vol. I, p. 322.
17 - II 4 maggio: la festa di San Floriano, le cui reliquie erano state portate a Cracovia dall'Italia nel 1184, veniva celebrata con particolare solennità.
18 - Probabilmente morì avvelenato.
19 Magistri Vincentii [...] Chronica Polonorum, a cura di Aleksander Przezdziecki, Cracovia, 1862, p. 204 e sg. Nella citazione è conservata l'ortografia dell'originale.
20 - Cfr. Encyklopedia Katolicka [Enciclopedia cattolica], vol. I, Lublin, 1973, s.v. " Antoniewicz, Karol Boloz ".
21 - Paolo Segneri, Opere, cit., vol. I, p. 38.
22 - Ibidem, p. 48
23 - Ibidem, p. 161.
24 - Cfr. la nota 1.
25 - Paolo Segneri, Opere, cit, vol. IV, p. 186, e Id., O sakramencie, cit, 1902, p.9.
26 - Ibidem.
27 - Ibidem, p. 192 e sg., p. 36.
28 - Ibidem, p. 186 e p. 10.
29 - Ibidem, p. 193 e p. 36.
30 - Ibidem, p. 22l e p. 141.
31 - Paolo Segneri, Opere, cit., vol. IV, p. 232.
32 - Cfr. la nota 3.
33 - Paolo Segneri, Opere, cit., vol. III.
34 - Paolo Segneri, Wyklad Modlitwy, cit., p. 2. |