I" Frugando in questi mirabili emporii delle Biblioteche fiorentine "(1)
Silvio Giannini,(2) nel dedicare all'amico monsignor Pirro Tausch(3) la sua edizione delle lettere di Paolo Segneri(4) al granduca Cosimo III,(5) non esitava a definirle un " notevole documento di Storia e di Letteratura ".(6)
L'anno, registrato alla fine della Dedicatoria, era il 1857,(7 )cosicché pare addirittura scontato, nel contesto del nascente Positivismo, che l'interesse destato da quei " due volumi di Lettere inedite di Paolo Segneri ", rinvenute " frugando " nei " mirabili emporii delle Biblioteche fiorentine ", si rivestisse dei termini di una deferenza quasi obbligata, imposta più che altro dalla " antichità " di quel manoscritto (assimilato infatti ad altri " cimelii ")(8)e dal rispetto che ancora si doveva ai corrispondenti di quell'epistolario.(9)
Senonché il ricorso ad una categoria oggettiva come quella del " documento ", tanto cara alla scuola positivistica, produce oggi un effetto pressoché contrario a quello che si prefiggeva l'illuminato curatore, allorquando si sforzava di accentuare l'autorità storica dei manoscritti che dava alle stampe e prometteva al dedicatario l'opportunità di osservare, per il loro tramite, un lacerto di sicuro valore per i cultori della maggiore storia e letteratura. È proprio quella pretesa di considerare l'epistolario segneriano alla stregua di un asettico contenitore di informazioni, quell'intenzione manifesta di adoperarlo come strumento di indagine storiografica prima ancora di vagliarne la genesi e la natura, che si traduce, a distanza di oltre ceni'anni, in un limite per la ricerca. Lungi dall'essere estranee ad un processo creativo cosciente, molte delle lettere di Segneri a Cosimo III si collocano esattamente al nodo che lega la testimonianza storica con il veicolo narrativo e stilistico che organizza e interpreta gli eventi mentre li racconta.
Del resto è sufficiente ripensare alla presenza così numerosa di riferimenti storici maggiori e minori, attinti da fonti classiche e moderne, che si rintraccia nelle prediche del Quaresimale (dedicate per l'appunto a Cosimo),(10) per ammettere che non si può intraprendere l'esame dell'epistolario segneriano, e specialmente di quelle parti dedicate agli avvenimenti politici contemporanei, senza impegnarsi a ricercare i segni e le fasi di quel metodo che fa dello stile un agente consapevole di mediazione fra la realtà della vita sociale e la pagina scritta, fra le convenzioni della forma e le ragioni della verità storica.(11)
Ovviamente Giannini non ignorava con quale sofisticata preparazione Segneri affrontasse Tatto della scrittura, e gliene rende ampio merito: il Gesuita fu " egregio scrittore ",(12) " scrittore meraviglioso pel tempo in cui visse ";(13) fra gli estimatori del suo stile si annoverano " uomini insigni " come Giuseppe Parini e Pietro Giordani;(14) nelle sue lettere " risplende la proprietà delle voci, la concisione dello stile, la schietta semplicità, l'eleganza, la forza, l'evidenza del dire ".(15) Dalla somma di questi giudizi, però, risulta chiaro che lo stile appare agli occhi del Giannini come un fatto puramente accessorio, affatto incapace di lasciare un'impronta nella sostanza documentaria racchiusa nelle lettere. " Storia " e " Letteratura " sono sì presenti e ben documentabili all'interno di questa raccolta, ma le due categorie si mantengono perfettamente distinte, impermeabili l'una all'altra: si potrà leggere l'epistolario alla ricerca di dati storici oppure di esempi del bello scrivere, ma il sospetto che possano verificarsi interferenze o reazioni tra analisi dei fatti e scrittura non entra mai nella mente (o nella cultura) del curatore. La scrittura resta per lui un gesto puramente formale, esornativo, che solo più tardi si aggiunge alla catena delle osservazioni e dei pensieri, piuttosto che modellarla e nascere insieme con essa. Perfino quando Giannini ha finito di elencare le buone qualità retoriche dello stile di Segneri, e passa ad affermare che " davvero i moderni Diplomatici e Segretarii potrebbero apprender molto da questo volume ",(16) il contesto indica apertamente che il rimando alla diplomazia deve essere interpretato in chiave circoscritta, con riferimento all'ornato piuttosto che al metodo o alla sostanza della corrispondenza epistolare diplomatica.
Se lì si arrestava il giudizio critico di Giannini, l'intento della ricerca da me intrapresa (di cui il presente lavoro costituisce soltanto una parte) è proprio quello di rivendicare le pagine del carteggio segneriano ad un'analisi storiografica che porti alla luce in quelle lettere la transizione, che avviene tra Cinque e Seicento, dalla historia intesa tradizionalmente come genere letterario (opus oratorium maxime, secondo la nota classificazione quintilianea), ad un genere storico che si sforza di illustrare le ragioni dell'agire politico secondo la logica intrinseca di quel mondo. Mi preme altresì di correggere il tiro per quel che riguarda un'altra questione proposta dal Giannini. È fin troppo facile sgombrare il campo dell'indagine dalle accuse di cortigianeria e di machiavellismo che echeggiano severe nella Prefazione alla stampa ottocentesca, secondo le quali nelle lettere si riconoscerebbe " l'arguzia dell'uomo esperto dei mondani negozii; la destrezza di un faccendiere; [...] l'operosità infaticabile di un Direttore di Polizia: vedrai [...] il devotissimo servo di un tristo Principe, il frate cortigiano (e peggio che cortigiano)".(17)
Smessi gli abiti del moralista, che poco si confanno allo scettico lettore moderno, sarà tuttavia possibile ripercorrere le tracce di un'assimilazione della dottrina machiavelliana che avviene entro uno spettro culturale più ampio di quanto non appaia a prima vista, dalla sfera morale a quella politica, dallo stile della narrazione storica al metodo stesso dell'in-terpretazione e dell'analisi degli eventi.(18)
II. "Di V.A.S.ma Umiliss.o Divotiss.o Obblig.mo Servitore Paolo Segneri "(19)
Prima di affrontare l'esame delle pagine d'interesse storico e politico, conviene fermarsi a considerare la natura composita dell'epistolario. Occorre precisare infatti che non siamo qui in presenza di una scrittura prò posteriate, nella quale l'autore abbia pesato o rielaborato parole e contenuti in vista di una consapevole esposizione al pubblico del proprio operato. Le banalità della vita quotidiana, i tratti di un'amicizia non sempre ruffiana o di convenienza,(20) i lamenti e le preghiere di un anziano religioso formano una parte non esigua del carteggio, insieme ad altri elementi concernenti la biografia di Segneri, come le tappe delle Missioni, la concezione e la pubblicazione delle opere, il suo stato di salute. Ho creduto pertanto opportuno censire tutte quelle informazioni, di vario genere, che sono incluse nelle lettere raccolte nell'edizione del 1857; censimento ancor più necessario perché molti dei riferimenti in esse contenuti sono indiretti o velati, e appaiono impenetrabili o perlomeno ambigui a una lettura superficiale.
L'edizione ottocentesca si fonda su due codici che Giannini trovò nella Biblioteca Magliabechiana di Firenze.(21) Giannini descrive i documenti raccolti nei codici (oltre alle lettere da lui pubblicate) e ricostruisce sommariamente la storia del carteggio(22) le lettere di Segneri " conservate, come cosa di famiglia, nel gabinetto segreto di quella Corte ",(23)
furono raccolte dallo stesso Cosimo III, passarono quindi dalle mani dei Medici a quelle dei Lorena, loro successori, finché nel novembre del 1785 furono donate alla Magliabechiana dal granduca Pietro Leopoldo. Riguardo alla natura e alla qualità dell'edizione del Giannini mi limiterò qui ad osservare che essa sembra aderire a principi rigorosamente conservativi, come attestano alcune delle note editoriali.(24) Non infrequenti sono gli errori di stampa o di trascrizione, quantunque il senso originale non risulti mai travisato grossolanamente.(25)
Il volumetto curato da Giannini contiene in totale 333 lettere del padre Segneri, scritte tra il 19 dicembre 1679(26) e il 4 dicembre 1694 (cinque giorni prima della morte); in merito a tale cronologia va rimarcato che la distribuzione della corrispondenza nell'arco dei quindici anni indicati è diseguale, con una netta concentrazione sugli ultimi cinque: 21 lettere risalgono al 1690, 37 al 1691, 45 al 1692, 48 al 1693, 18 al 1694, mentre si ha 1 sola lettera per il 1679, ancora 1 per il 1680, 5 per il 1681, 2 per il 1682, e con la lettera n. 63 siamo già all'inizio del 1686.(27)
Oltre alle lettere di Segneri ed all'introduzione di Giannini, l'edizione del carteggio contiene le Notizie su Cosimo III e sui personaggi della sua famiglia, ai quali si accenna frequentemente nel carteggio del Segneri, tratte dalla rara opera dì Pompeo Lina " Famiglie celebri d'Italia” ;(28) e una copia della Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri, scritta dal Padre Giovanni Pietro Pinamonti(29) per commissione di Cosimo III;(30) quest'ultima è una relazione scritta a pochi giorni di distanza dalla morte di Segneri, e, a dispetto della definizione di " panegirico " attribuitagli impropriamente da Giannini,(31) pare un documento composto per avviare un eventuale processo di canonizzazione.(32) Una curiosa appendice, proveniente dal primo dei due codici magliabechiani, è collocata alla fine dell'introduzione: si tratta di una " Nota di quello si è operato dal Molto Reverendo Padre Segneri Missionario Apostolico con l'assistenza del signor Tenente Colonnello Costa Governator dell'armi della Banda per S.A.S. nell'infrascritte missioni ",(33) che riporta incolonnate e sommate le cifre esatte delle " paci di sdegni, rancori e risse ", delle " paci d'omicidi " e dei " compromessi " conclusi (o da concludersi, pendente l'approvazione finale di Cosimo) ad opera del padre Segneri nel corso di alcune missioni in Valdinievole e nel Pesciatino,(34) una stravagante partita doppia del perdono su cui si esercita nella Dedicatoria lo scetticismo del Giannini.(35)
Le informazioni di maggior rilievo contenute nelle lettere di Segneri a Cosimo III si possono raggruppare sotto tre categorie: 1) riferimenti alla vita privata del Gesuita, alla sua opera missionaria, alla carriera ecclesiastica e alla professione di scrittore; 2) notizie concernenti la storia dei Gesuiti e la storia della Chiesa; 3) indizi del complesso ruolo assunto da Segneri in rapporto a Cosimo e alla sua strategia di governo, un insieme di funzioni che vanno dall'intermediazione fra singoli individui e la corte medicea, alla raccolta di informazioni confidenziali (di carattere privato o anche politico), alle consulenze in materia di amministrazione dello stato e di gestione delle relazioni con gli altri stati italiani e con le potenze europee.(36)
È proprio in quest'ultima categoria che l'analisi dell'epistolario produce apporti significativi all'indagine, illuminando un lato della complessa figura di Segneri che finora è rimasto in ombra(37) rispetto al lavoro di predicazione (analizzato dal punto di vista formale), o al servizio missionario (considerato in una chiave genericamente sociale e civile, come attenzione rivolta alle campagne italiane più povere, trascurate dall'apparato centrale degli stati). Quel più diretto impegno a fianco del governo mediceo, anziché suscitare studi e approfondimenti, ha fornito talora il pretesto per ironie preconcette e polemiche antigesuite di bassa lega, secondo le quali nella corte fiorentina Segneri avrebbe messo in mostra soprattutto la propria attitudine servile, e si sarebbe adoperato esclusivamente nella cura degli interessi personali e di quelli della Compagnia di Gesù. Soltanto attraverso un'equa valutazione dei dati che emergono da questo carteggio si possono comprendere le premesse culturali di un'attività che si svolse in settori diversi della politica, fra teoria e prassi della cosa pubblica, fra osservazione e scomposizione dei grandi eventi contemporanei.
1. Riferimenti alla vita e alle opere di Segneri
II primo posto tra i riferimenti alla vita di Segneri spetta naturalmente alle missioni,(38) le quali, occupando il Gesuita per buona parte dell'anno, compaiono spesso sullo sfondo delle lettere, solitamente sotto forma di brevi accenni(39) ai contatti con le autorità civili ed ecclesiastiche, agli spostamenti, ai risultati conseguiti ed agli sforzi fatti per pacificare fazioni avverse nelle località attraversate. Quando Segneri si stabilisce a Roma, poi, l'attività missionaria diventa oggetto di nostalgia e termine di paragone costante negli astiosi giudizi che colpiscono l'ambiente romano:
il Papa sta bene; due ore mi ha tenuto questa mattina con esso sé, presente il Cardinale Albani; ma io assicuro V.A.S. che molto più volentieri sarei andato questa mattina col Padre Pinamonti e col Padre Fontana alle Missioni di questo anno [...]. Il Signore per i miei peccati me ne ha privato.(40)
Per li miei peccati Iddio mi ha discacciato dalle Missioni, e mi ha confinato qui, donde, umanamente parlando, bramerei d'essere esule mille miglia.(41)
Il trasferimento a Roma segna una svolta nella carriera ecclesiastica di Segneri, e le lettere ci danno puntuale notizia degli incarichi che gli vengono assegnati presso il Vaticano; dopo la nomina a Predicatore Apostolico,(42) Segneri annuncia il conferimento dei titoli di " Teologo della Penitenzieria ", " Esaminatore dei vescovi " (carica poi assegnata ad un altro Gesuita, su insistenza di Segneri), " Qualificatore " del Santo Uffizio, " Procuratore " della Compagnia di Gesù.(43) Da Roma Segneri comunica a Cosimo anche alcuni dettagli in merito ai tempi e ai modi della composizione delle sue prediche, nonché talvolta rapidi commenti sulle reazioni che esse hanno suscitato nell'uditorio:
[...] io non ho mai predicato a braccia, sempre ho dette Prediche composte, e il comporle mi han [sic] portato comunemente da un mese l'una.(44)
Ho cominciato dal fare l'ultima Predica, che è quella della Passione, e in otto giorni col favore divino l'ho terminata. Ne vorrei fare almeno un'altra [...]: di più non èmmi possibile che mi aggravi, attesa la necessità di mandarle a mente.(45)
Nella predica [...] solo peccai, per quanto mi han detto poi, di troppo possesso. Vero è, ch'io dalla mia parte avea messa ogni diligenza per tenerla bene a memoria, come per favor divino mi riusci.(46)
In tutte le dette prediche mi studio più che posso di discendere sempre ai particolari, perché so che in questo sta il frutto: non sapendo chi ode, o non volendo applicare a sé la dottrina universale, qual pezza intera, se non gli è tagliata al suo dosso.(47)
Nelle lettere scritte durante il soggiorno romano si moltiplicano altresì, per ovvi motivi, i segnali del deterioramento delle condizioni di salute di Segneri; nel complesso dell'epistolario è nell'ultima parte infatti che si concentrano le descrizioni di sintomi e la discussione sui possibili rimedi.(48)
Abbracciano un arco di tempo maggiore i riferimenti all'edizione, la stampa e la circolazione di molte delle opere di Segneri, che si susseguono per tutto il carteggio. I testi che vengono citati a questo riguardo sono: la Manna dell'anima.,(49) la Lettera di risposta al signor Ignazio Bartolini,(50) il Penitente istruito,(51) il Cristiano istruito,(52) l' Incredulo senza scusa,(53) la Concordia fra l'orazione di quiete e l'orazione di fatica(54) il Confessore istruito,(55) il Parroco istruito,(56) il Miserere, (57) la Divozione, di cinque venerdì in ossequio di S. Maria Maddalena de ' Pazzi,(58) le Prediche dette nel Palazzo Apostolico.(59)
Se poco veniamo a conoscere della fase creativa dell'ampia produzione segneriana, e qualcosa di più sulla storia editoriale delle singole opere, è possibile comunque trarre dall'epistolario alcune informazioni utili circa le letture fatte da Segneri e l'opera di promozione culturale da lui svolta a Firenze.(60) Il tramite di tali informazioni sono di solito le richieste di libri (specialmente testi di autori stranieri)(61) che egli rivolge al Granduca, o i doni che di tanto in tanto gli invia.
Ad esempio nel 1687 Segneri si fa aiutare da Cosimo a reperire le opere di Antonietta Bourignon, " inventrice di nuova setta che abusa l'amor divino ".(62) In un'altra occasione prega Cosimo di inviargli " un libro dato fuori novellamente da un Predicante di Brandeburgo sopra la divinità di Cristo ";(63) durante il medesimo anno ricerca presso di lui " il tomo di Ugone Cardinale in Psalmos ",(64) e poi " gli opuscoli di San Tommaso ", " perché il suo testo è migliore un pezzo del nostro ".(65) Più avanti si fa prestare dal Granduca il " tomo primo del Peringh ", di cui espone nell' incipit di una lettera il paragrafo che chiarisce quale siano i termini della " giurisdizione del Legato ".(66)
A sua volta nel 1686 Segneri manda a Cosimo tre copie di una antologia di " piccole poesie [...], tutte di autori insigni italiani ", stampata a Venezia dal Baglioni, e contenente, tra le altre, cinque " canzoni " di Chiabrera " in lode di alcuni personaggi spettanti alla serenissima Casa Medici ", e " la satira di Monsignor Azzolino contra la lussuria ".(67) Un anno e mezzo più tardi gli spedisce " molte rime del signor Maggi ",(68) probabilmente per la stampa fiorentina a cui si allude nella lettera precedente.(69)
2. Notizie sulla storia della Chiesa e della Compagnia di Gesù
Piuttosto numerosi, come è da aspettarsi, sono i luoghi in cui Segneri discute questioni e fatti che riguardano direttamente la Compagnia di Gesù, in particolare le elezioni e le nomine,(70) le riunioni periodiche della Congregazione Generale e di quelle Provinciali,(71) le proposte di riforma dell'ordine,(72) accusato da più parti di condurre oscure manovre per il tramite dei confessori di corte.(73)
Segneri tiene al corrente Cosimo delle vicissitudini di Miguel de Molinos, il teologo spagnolo alfiere del Quietismo, attaccato da lui nella Concordia e infine condannato per eresia dall'Inquisizione il 20 agosto 1687, dopo due anni di prigione.(74) Ringrazia il Granduca per avergli inviato notizie intorno ai Quietisti,ls e discute la differenza tra Quietisti e Cattolici in materia di confessione, con un rimando al suo " Ragionamento XVI della terza parte del Cristiano istruito ".(76)
Le numerose lettere a Cosimo scritte negli anni della permanenza a Roma permettono di seguire da vicino e con una certa ricchezza di particolari anche le dispute sul probabilismo, che vedono Segneri schierato insieme ad altri(77) contro il padre generale Tirso Gonzàlez e le sue tesi probabilioriste. Segneri informa Cosimo circa il decreto emanato dal Re di Spagna sui Gesuiti, a tutela di Gonzàlez.(78)
Da Roma naturalmente Segneri invia a Firenze notizie e voci di corridoio sull'elezione del nuovo Papa, dopo la morte di Alessandro VIII (1 febbraio 1691), sull'andamento del Conclave e l'esito previsto; descrive a Cosimo le condizioni di salute dei Cardinali papabili, e il favore di cui godono presso il Conclave, a seguito di conversazioni con il cardinale Colonna e con altri religiosi.(79) Impegnato in frequenti colloqui con il nuovo Papa, come predicatore e teologo, Segneri aggiorna fedelmente il Granduca non solo sui terni discussi, ma anche sullo stato di salute e l'umore del Pontefice.(80)
Allusioni costanti ma più scarne e a volte prive di dettagli precisi si leggono nelle lettere dei primi anni '90, a proposito delle trattative tra i Cardinali di Francia e papa Innocenzo XII, condotte per il tramite di Segneri, sul problema del Gallicanesimo.(81) Altri riferimenti che appartengono più genericamente alla storia della Chiesa sono le notizie sulla Romanorum decet Pontificem, la " Bolla del Nepotismo " emanata da Innocenzo XII, sulla sua redazione e la sua accoglienza,(82) e i ragguagli circa un provvedimento papale contro i Giansenisti.(83)
A conclusione di questa parte mi pare essenziale rilevare che nella Curia romana, così come già nel Granducato toscano, Segneri svolge un ruolo che non è esclusivamente intellettuale o mistico-teologico, né si limita alla cura della politica maggiore. Coerentemente con quanto accade negli altri versanti della sua esistenza il Gesuita si cala anche a Roma negli aspetti più pratici della realtà che lo circonda e vi agisce in modo incisivo (quasi eroico, secondo la rappresentazione delle lettere). E questo il caso di una vicenda che si dipana tra il 1692 e il 1693: con abilissime manovre Segneri aiuta papa Innocenzo XII a smascherare un traffico di nomine false (con l'aggiunta di pensioni e benefici mai autorizzati dal Pontefice), all'interno della Dateria.(84) Un ruolo attivo e variegato, questo di Segneri in rapporto alla Chiesa, legato a responsabilità di diverso valore, ma che a pieno titolo si affianca alla varietà di compiti da lui svolti per conto di Cosimo III. Diventa motivato, in questo contesto, l'orgoglio con cui Segneri, verso la fine del suo primo difficile anno a Roma, traccia il bilancio del suo operato: " Per altro forse il Signore mi ha voluto qui per qualche servizio spettante alla Religione, che Dio sa come sarebbe andato senza di me: e pur era di gran rilievo. [...] ed io credo di avere sagrifìcato al ben pubblico il ben privato ".(85)
3. Segneri a servizio del Granduca: mediatore, informatore, consigliere
La tradizione ci ha consegnato un'immagine completamente negativa di Cosimo III, dipingendolo come l'incarnazione della decadenza che porta alla scomparsa della dinastia medicea.(86) Storici e letterati si sono accaniti contro i suoi difetti: l'esagerata devozione (sulla quale ironizzava perfino la consorte),(87) la sciocca superstizione, la presunta ottusità nella scelta dei membri della corte.(88) Galluzzi nella sua Istoria del Granducato di Toscana a più riprese denuncia il " trionfo della ipocrisia ",(89) il " trionfo dei Frati " e la " debolezza " di Cosimo III;(90) Remolo Caggese parla di un Cosimo " credente fino al bigottismo più ridicolo ", intollerante e stolido;(91) e l'inglese Maurice H. Hewlett, autore di romanzi storici ambientati in Italia e di cronache di viaggio che hanno per oggetto varie parti della Toscana, ce lo descrive come una marionetta nelle mani dei Gesuiti.(92)
II fatto che ad assistere Cosimo in varie circostanze importanti ci fosse un Gesuita come padre Segneri ha dunque fornito ai detrattori dell'uno e dell'altro la possibilità di affermare una perfetta corrispondenza tra la stupidità del Granduca e la furbizia o l'ambizione del religioso, secondo la tipologia già indicata all'inizio del Seicento da Ferrante Pallavicino, in una lettera del Corriero svaligiato(93) e di cui sembra appropriarsi anche Giannini, il quale afferma con tono sarcastico: "Degni l'uno dell'altro erano al certo il religioso e il reale corrispondente ".(94) In sostanza l'accostamento di questi due argomenti polemici (la pretesa inettitudine di Cosimo e la supposta ipocrisia del Gesuita) ha finito per ridurre, indirettamente, il valore dell'apporto di Segneri alla politica del Granducato, trasformando la questione in un problema di natura morale.
Se del destino di Cosimo e della sua fama presso i posteri poco ci importa in questa sede (fatta salva la constatazione che intorno alla sua corte sì muovevano non solo religiosi ipocriti, come vorrebbe la tradizione, ma anche persone capaci come Segneri),(95) è invece più utile e urgente ricostruire la somma di funzioni che Segneri svolse per conto del i Granduca, misurare pregi e limiti dei suoi interventi e dare un senso alle sparse indicazioni che emergono dalle lettere, a quei dettagli spesso j marginali, se considerati isolatamente, ma che motivano nel loro insieme l'ipotesi di un Segneri non " servo " bensì collaboratore del governo granducale, uomo dì Stato in senso lato, politico sui generis.
A far comprendere l'importanza del ruolo multiforme di Segneri basterebbero da soli i continui richiami alla segretezza che sono ripetuti ' nel carteggio. In un passo scritto in relazione a don Livio Odescalchi, nipote di papa Innocenzo XI, Segneri accenna a una " cifera ", cioè una lettera in cifra, che egli ha ricevuto o comunque letto;(96) e, secondo quanto riporta il Giannini, alcune parole in cifra (sotto forma di codice numerico) si leggono in un'altra lettera della raccolta magliabechiana.(97) Frequenti inoltre sono le attestazioni circa la natura confidenziale e politicamente delicata di certi scambi epistolari: " Gratissimo a Nostro Signore [=al Papa] è stato quel viglietto che a lei rimando, e glielo lessi appunto l'altro jeri. Egli m'inculcò tenerlo segreto ".(98) In una missiva del 1692 Segneri annuncia a Cosimo di essere in possesso di informazioni che non sarebbe prudente " mettere in carta con chiari termini ", e chiede quindi al Granduca come sia meglio procedere.(99) In un'altra occasione lo invita a bruciare o a rimandare indietro sigillato un foglio aggiunto a una lettera, di cui ignoriamo il contenuto;(100) e mentre in un caso Segneri affida a Cosimo la responsabilità di decidere se " sia spediente squarciar la copia della risposta qui acclusa ",(101) in un'altra circostanza può affermare con disinvoltura: " La lettera è già bruciata, onde l'A.V. su questo può star sicura ".(102)
A giudicare dalle lettere in nostro possesso, la natura delle informazioni che Segneri si premura di trasmettere a Cosimo III è varia: si va dagli sviluppi della politica italiana o europea, alla discussione di eventuali partiti per i figli del Granduca, ad avvenimenti che riguardano il mondo della cultura e dell'arte. Il fattore costante è che il Gesuita non si limita a fare da osservatore per il suo corrispondente, e appare di solito ampiamente coinvolto, o per iniziativa personale o per istigazione di altri, negli eventi che si prospettano sulle pagine delle lettere: nel corso del tempo emerge e trova conferma proprio il suo atteggiamento pragmatico nei confronti della politica interna ed estera del Granducato, che tuttavia non è mai disgiunto dalla sua concezione della religione.(103)
II coinvolgimento di Segneri si manifesta con chiarezza fin dall'inizio dell'epistolario. In risposta ad una sollecitazione di Cosimo, Segneri traduce subito nella richiesta di un provvedimento concreto (accompagnata perfino da considerazioni di bilancio) quella che era una semplice osservazione sul mantenimento dell'ordine pubblico in un paese dell'alto Mugello, nata probabilmente nel corso dei viaggi e delle missioni in cui era impegnato in quel periodo:
[.,.] io crederei che Marradi, per esser luogo dove la confìnanza di Stato altrui dà maggior animo a commettere dei delitti, sarebbe forse necessario che avesse un ufficiale per suo governo di grazia, e non di quelli i quali toccano a caso. E con sopprimere forse qualch'altra carica, non così necessaria, si potrebbe trovare da mantenerlo.(104)
È evidente che Segneri crede nella necessità di uno " Stato forte " ed assegna interamente alle istituzioni pubbliche la responsabilità di garantire la retta condotta dei cittadini. Al tempo stesso non si può fare a meno di sottolineare, nel passo appena riportato, il tono deciso e quasi di rimprovero nei confronti di chi trascura i bisogni delle zone periferiche dello Stato; e non è questa l'unica volta che Segneri esprime il suo parere in merito alla scelta di pubblici funzionari dell'amministrazione medicea, o riguardo all'opportunità di un loro avanzamento.(105)
La posizione di Segneri in materia di ordine e giustizia si concilia comunque con la sua visione cristiana dell'uomo. Egli è pessimista per ciò che concerne l'onestà della creatura umana(106) e perciò dubita della capacità del singolo cittadino di trattenersi, con le sue sole forze, dal commettere il male; così commenta infatti la solidità di una tregua, che ha promosso lui stesso, tra fazioni rivali nell'appennino tosco-emiliano:
Io dico bene che questo è un fuoco grandissimo, e che ci vuole acqua grande per ismorzarlo. Frattanto le parti mi hanno ambe data parola di non offendersi; e quantunque ciascuna sta su la sua, ciò è solo a ragione di buona guardia.(107)
E giacché una pace vera e propria tra le parti non è stata ancora conclusa, il Missionario acconsente (contro il suo costume) che alcuni membri delle due fazioni portino in spalla l'archibugio quando si recano ad ascoltare le sue prediche.(108)
Infine, dopo aver elogiato la proposta (fatta da altri) di introdurre in Toscana il Sant'Uffizio, e dopo avere accennato all'Inquisizione, Segneri racchiude il suo pensiero in una massima politica che esprime con chiarezza il suo modo di concepire i rapporti tra governo, religione e società civile:
[...] al buon governo de' popoli si provvede eminentemente con tenere in essi forte quel freno(109) che più di tutto fa starli a segno, che è il timore, non solamente di Dio, ma del suo Principe.(110)
Questa formula segneriana del " buon governo " è ricca di implicazioni e si raccorda al nocciolo del dibattito politico coevo. Occorre tuttavia sgombrare il terreno da un possibile equivoco: Segneri non intende proporre una distinzione rigida fra potere dello Stato (rappresentato dalla Legge e dai suoi tutori) e potere della religione (che agisce principalmente per via etica o psicologica), e nemmeno vuoi negare ogni validità al principio machiavelliano della religione come instrumentum regni;(111) è lo Stato, piuttosto, che ha il dovere, per la natura stessa delle sue funzioni, di istituzionalizzare la legge sancita dalla morale religiosa. È lo Stato, dunque, che diventa semmai strumento della religione, che ne difende e ne promuove la causa. Sostenere il primato del " timore del Principe " sopra il timor di Dio, nel " buon governo de' popoli ", non significa per Segneri affermare la laicità della politica a detrimento della religione; il suo è solo un riconoscimento dell'autorità e del prestigio di cui godono storicamente il sovrano e tutti coloro che agiscono a suo nome. Lo scopo del Gesuita, quindi, è indirizzare tale forza naturale (o sociale) al servizio della fede, come risulta anche da un altro passo che mi sembra perfettamente speculare rispetto alla massima politica contenuta nella lettera sopra citata.
Nella conclusione della predica XII del Quaresimale Segneri si chiede quale sia il modo più efficace di prevenire il " male [...] per l'avvenire ", quando si sia già fatto ammenda dei peccati commessi; e risponde:
II maggior mezzo a mio parere sarà, che quegli, presso a cui risiede qualunque parte di pubblica autorità, porti innanzi i virtuosi, li rimeriti, li rimuneri, e tenga indietro risolutamente i malvagi. Allora ognuno per vantaggiarsi procurerà, quando ancora egli avesse vita da empio, di aver fama da pio. [...] e il desiderio della grazia di un uomo potrà ottenere quel che non può ottenere il timore della disgrazia di un Dio. Oh se sapessero i principi, tanto secolari, quanto ecclesiastici, con quanto poco potrebbon essi santificare la faccia di una loro città, d'un loro clero, stupirebbono della loro potenza!(112)
Chiesa e Stato, quindi, lavoreranno fianco a fianco per estirpare il peccato; ma ciò che è più notevole è che entrambe le istituzioni possono avvalersi dello stesso mezzo, cioè la loro autorità naturale, il loro peso sociale.(113) Non a caso Segneri dopo una missione predicata a Fivizzano (in Lunigiana) raccomanda a Cosimo un funzionario locale, l'auditore Bucci, il quale " è stato qui il primo a dare esempio agli altri in ogni atto, o fosse di pietà, o fosse di penitenza ".(114) È questo il genere di interventi che Segneri sollecita dalle istituzioni pubbliche: il pio funzionario che con il suo comportamento indirizza la comunità all'ossequio della religione costituisce un esempio tanto più potente quanto è maggiore il prestigio della carica che egli ricopre. Pienamente consapevole della lezione machiavelliana, Segneri non pretende che un pubblico ufficiale mantenga quello stesso atteggiamento nell'esercizio di altre funzioni, dove un'eccessiva pietas sarebbe addirittura di ostacolo al raggiungimento dei fini imposti dalla politica.(115)Ecco perché nel fornire informazioni in merito al futuro ambasciatore dell'Ordine di Malta presso la corte spagnola, " il signor Bali Segili Majorchino ", Segneri aggiunge in margine al suo profilo morale queste illuminanti parole: " Si confessa e si comunica ogni mattina, ma la divozione non lo rende niente men franco a qualunque sorta di negoziato ".(116)
Naturalmente i fini, almeno quelli, dovranno essere buoni e moralmente giusti, mentre per i mezzi valgono senz'altro le leggi naturali della politica. Stato e Chiesa, in quanto organismi che agiscono nella storia, condividono almeno in parte certi aspetti e metodi secolari. Anche senza invocare castighi divini, colui che rappresenta Cristo può aiutare la causa della giustizia e dell'ordine sociale, così come il Principe, quando pure non sia interamente virtuoso,(117) può favorire con le sue scelte la diffusione di una condotta morale, consona ai dettami della religione. Non insiste Segneri su un rapporto servile o strumentale che si venga a stabilire fra potere civile e potere religioso, perché non scorge alcuna contraddizione tra promozione umana ed evangelizzazione,(118) tanto è vero che in un altro passo del Quaresimale ribadisce con un e-sempio non casuale (ispirato ad uno degli esercizi ignaziani)(119) la tesi della perfetta equipollenza tra l'azione del Principe e quella della Chiesa - esagerando semmai, con la sua vis olemica, l'efficacia attribuita all'autorità politica;
Se un principe non facesse altro, se non che pigliare di peso questo testo medesimo dell'apostolo, e riscrivendolo tutto di proprio pugno, il facesse affiggere sopra i principali cantoni delle vie pubbliche con quest'unica varietà, che dove l'apostolo dice regnum Dei non possidebunt, egli cancellasse quel regnum Dei, e vi scrivesse in vece, amicitiam meam non possidebunt: non dicesse, non possederanno il regno di Dio, ma dicesse, non possederanno la mia grazia, non possederanno i miei carichi, non possederanno i miei guiderdoni; quanto maggiore emendazione del pubblico si vedrebbe in ciascuno di que' delitti?(120)
Una società ordinata e rispettosa delle leggi non è tutto; certamente non basta ad assicurare la salvezza, come Segneri si sforza di dimostrare nel prosieguo della predica XII. È comunque un buon punto di partenza e diventa addirittura un requisito essenziale per chiunque voglia porre in atto una strategia di conversione fondata su dati storici, sulla realtà concreta della natura umana e sui meccanismi che regolano azioni e reazioni della collettività.(121) La lezione della politica aggiunge insomma una dimensione effettuale alla trattazione della teologia. E la storia, anche nei suoi aspetti meno edificanti, non si può rinnegare: al contrario, dopo averla studiata, occorre farne un punto di forza. Al massimo sarà dunque " un argomento di nostra giovevolissima confusione " il fatto che " un'amicizia umana " possa più di quella divina, che " un signor temporale " abbia più potere di " un celeste ",(122) e la predica allora si chiude su una nota fortemente negativa, di fronte alla constatazione di un'apparente supremazia dei valori e delle signorie terreni: " si corre il rischio di dubitare, se della fede altro più si ritruovi sopra la terra, che il suo cadavero ".(123)
Ma Segneri non può concludere una predica tanto pragmatica e che tanto spazio dedica ai temi dell'inganno e della simulazione senza chiamare in causa ancora una volta lo spettro di messer Niccolo, per dare forma con le idee del Segretario fiorentino ad una possibile obiezione del suo uditorio: " Ma voi mi direte, che [...] per aver fama di buono, basta parere, non è necessario di essere ".(124) E tuttavia mentre si premura di smentire Machiavelli (principalmente col dimostrare che " l'ipocrisia è il più difficile vizio che si possa praticare "),(125) Segneri ne abbraccia sostanzialmente il credo, sia perché ribadisce che anche un'ipocrita adesione a certe norme di condotta produce un risultato non indifferente, in quanto apporta conseguenze positive nella società (e questo gli sembra già importante), sia perché si preoccupa di scendere dai pulpiti della teologia per invocare un atteggiamento pragmatico nei confronti del peccato, una soluzione che tenga nel giusto conto quel " parere ", quella questione d'immagine e d'opinione pubblica che tanto stava a cuore all'autore del Principe: il peccato " segreto ", commesso " in casa a portiere calate ed a porte chiuse ", per quanto sia un atto esecrabile e contrario alla legge divina, potrà anche essere perdonato, mentre il peccato " pubblico " subirà invece un castigo certo e durissimo.(126)
Quanto il pensiero di Segneri appaia qui influenzato dalle teorie sulla ragion di Stato lo si può comprendere leggendo un illuminante passo di Anthony Ascham (ambasciatore inglese a Madrid), tratto dal suo Discourse, wherein is examined, what is particularly lawfull during the Confusions and Revolutions of Government (Londra, 1648): " reason of state is not busied so much about inward piety and vertue, as it is about publique quiet and repose [...] malus homo potest esse bonus civis ".(127) La tutela dell'ordine (e dunque del potere), in Ascham così come in Segneri non esige l'invocazione del timore di Dio e la conversione sincera dei cittadini; saranno sufficienti il timore del Principe e la salvaguardia di " publique quiet and repose ". D'altra parte la logica della ragion di Stato può venire applicata agevolmente all'azione della Chiesa perché l'ordine e la tranquillità diventano davvero, più che il contesto in cui realizzare con maggior facilità la penetrazione della religione nella società,(128) il cardine (o almeno uno dei cardini) di ogni strategia di evangelizzazione.(129)
Tanto più complessa è pertanto l'ideologia di Segneri rispetto alle sbrigative interpretazioni che parecchi studiosi del passato hanno offerto ogniqualvolta si trattava di analizzare il modo in cui egli concepiva il rapporto tra il Granducato e la Chiesa. È stato ritenuto sufficiente, per molto tempo, subordinare l'immagine di Segneri a quella di un Cosimo "persuaso che la religione più che le leggi fosse efficace a sottomettere i popoli alla sua volontà, e che i frati fossero il mezzo più opportuno per questo effetto ".(130) È facile anzi notare che questa citazione di Conti, tratta da un paragrafo intitolato sarcasticamente " Frati e sempre frati ", è l'esatto contrario del passo di Segneri sul " buon governo de' popoli ", ciò che se non altro prova che egli conosceva a menadito le trappole e le insidie politiche inerenti alla questione dei rapporti tra Stato e Chiesa, e di conseguenza non è mai stato un semplice " mezzo " nelle mani di Cosimo, docile e manipolabile.
A guardar bene, una conferma decisiva della natura prettamente ideologica della riflessione segneriana nella predica XII proviene dal fatto che perfino in questa sede, nel corso della meditazione quaresimale, Segneri non rinuncia a suggerimenti di politica spicciola, quando, dopo aver rinnovato la sua condanna contro gli effetti nocivi che si hanno allorché è permesso non solo " esser malvagio ", ma anche " appetire " il male,(131) aggiunge: " Questa sarebbe una pratica ch'io più distesamente darei, quando fosse bisogno darla; e il darla toccasse a me. Ma noi non siamo nel caso ".(132)
Insomma, se ne avesse il potere, Segneri vorrebbe intervenire concretamente contro le occasioni di scandalo,(133) per imporre un rispetto anche solo formale del bene e della giustizia. Se da un lato è ovvio come egli stia pensando ad azione censorie più incisive da demandare allo Stato o al Sant'Uffizio e all'Inquisizione, dall'altro conviene ricordare chi sia l'interlocutore principale a cui si rivolge il predicatore in quel punto, chi è che veramente ha l'autorità di porre in esecuzione quel proposito: è lo stesso Cosimo III, che non solo è il dedicatario di questo Quaresimale, concepito e pubblicato a Firenze, ma che, si badi bene, è stato anche l'attento ascoltatore di quelle prediche, per due anni e in due città diverse del suo Granducato(134) (con tutta probabilità Firenze e Pisa).(135)
Ecco dunque motivati e inquadrati ideologicamente non solo il riferimento al Sant'Uffizio e al " buon governo de' popoli ", ma anche tante altre minute questioni sollevate da Segneri di fronte al Granduca, come quando sollecita da lui un'indagine sui preti di Foiano (un paese vicino a Cortona), la maggior parte dei quali " tengono la concubina ",(136) o quando spedisce a Cosimo copia di una " grida pubblica " che contiene la proibizione dei " balli in giorni solenni ", che il Gesuita auspica di veder applicata anche in Toscana (ciò che infatti puntualmente avverrà);(137) ed è sempre in quest'ottica che Segneri caldeggia l'espulsione da Siena di un " Apostata " francese, e ringrazia Cosimo quando la ottiene, mettendo in chiaro il principio politico che governa un simile atto: " Prudentissimamente la S.A.V. avrà detto già a quel Francese ch'ella non entra a giudicare s'egli sia Apostata, o se non sia: ma che frattanto egli si contenti di andare altrove, mentre la Religione pretende che sia, e la presunzione è a favor della Religione ".(138) Lo Stato deve rispettare l'autonomia della Chiesa, e pertanto non può entrare nel merito della questione di apostasia;(139) ma non può nemmeno tollerare la presenza di un individuo già condannato dalla Chiesa, giacché i due poteri, civile ed ecclesiastico, agiscono nella società con piena armonia di intenti, formando una naturale alleanza(140) ignorare il giudizio dato contro l'apostata, e non trasformarlo in provvedimento pubblico, equivarrebbe, per Segneri, a disconoscere il ruolo che la Chiesa e la Compagnia di Gesù hanno in quanto agenzie sociali e istituzioni politiche.(141)
Sotto la stessa rubrica si iscrivono anche considerazioni che a prima vista appaiono più discoste da religione e morale e tutte legate invece alla ragion di Stato, ma che costituiscono, a ben guardare, l'altra faccia della stessa medaglia, e non possono essere liquidate frettolosamente e in modo moralistico come una semplice contraddizione o un segno del cinismo machiavellico di Segneri. È il caso di una lettera del 1693, in cui egli racconta di aver elogiato di fronte al Pontefice " la prudenza mostrata da V.A. nel negare il suo Palazzo della Trinità de' Monti a chi l'avea chiesto ", e affianca alla presunta inimicizia fra il papa Innocenzo XII e la persona, non nominata, che intendeva affittare il palazzo, un giudizio di carattere eminentemente pratico, militare, che suggella la decisione di Cosimo: " E veramente è da lodarsi che V.A. mai non lo conceda a veruno, perché quivi è facile l'armarsi come in fortezza ".(142)
Non è lecito accusare Segneri di doppiezza, solo perché sembra mescolare il suo interesse per la religione con motivi politici; e neppure si può parlare di ambivalenza del suo ruolo, perché quei due elementi sono congiunti da un legame che è fìlosof ìco quanto ideologico. Il Segneri informatore e consigliere del Granduca è la stessa persona che si preoccupa delle necessità più impellenti dei territori che attraversa durante le missioni;(143) e d'altra parte agisce in tal senso giacché è convinto che le autorità civili e la Chiesa abbiano pari interesse (sia pure con finalità talora divergenti) alla cura della società. È questa la premessa a partire dalla quale è possibile spiegare l'intreccio di diplomazia e politica sociale che caratterizza certi riferimenti contenuti nelle lettere, come quelli che alludono alle relazioni sullo stato e i bisogni dei paesi da lui visitati, che Segneri indirizzava a Cosimo o al suo segretario Apollonio Bassetti(144) dai luoghi di missione:
Oltre a ciò che io scrivo al signor Bassetti intorno al luogo ove noi siamo, ho giudicato nell'annessa carta esporre a V.A.S. quello che mi par di più espressa necessità.(145)
Ora, se si tiene presente che la regione da cui Segneri scriveva queste righe era stata al centro di una controversia diplomatica con lo stato di Parma, per una questione di confini, non è difficile ipotizzare l'invio a Firenze di due relazioni diverse, una più strettamente politica o politico-sociale, indirizzata direttamente all'amministrazione ("ciò che io scrivo al signor Bassetti intorno al luogo ove noi siamo "),(146) e un'altra (l'" annessa carta ") incentrata sui problemi di ordine sociale e diretta personalmente a Cosimo affinché egli si prendesse cura di persona di quelle " necessità " che l'amministrazione ordinaria sembrava ignorare o trascurare(147)
Alla luce di quanto è stato detto finora assumono un senso anche tutte quelle lettere in cui Segneri interviene su questioni inerenti i rapporti fra giurisdizione ecclesiastica e civile all'interno del Granducato,(148) sull'immunità tradizionalmente accordata ai criminali nei luoghi sacri,(149) o quelle con cui accompagna la sua funzione di intermediario e latore di missive tra Cosimo III e don Livio Odescalchi,(150) impegnato in "trattati altissimi "(151) per sfruttare la posizione di vantaggio offertagli dalla sua parentela col Pontefice.
Sul versante della politica " estera " Segneri invia al Granduca pareri e informazioni attinenti alle trattative diplomatiche, economiche e politiche intraprese dal governo o dalla famiglia regnante toscana, con particolare riguardo a quelle inerenti i contratti di matrimonio in corso di stipulazione fra i Medici ed altre case reali italiane e straniere, negoziati importanti per i giochi di alleanze politiche che passavano attraverso quelle unioni matrimoniali,(152) e tanto più vitali in quanto di lì a poco la dinastia dei Medici si sarebbe estinta.
Fra tutte, la trattativa che si dispiega ai nostri occhi con maggior dovizia di particolari, stante il ruolo non secondario giocatevi da Segneri, è quella condotta con la casa di Parma.(153)
In una lettera dell'autunno 1685 Segneri scrive di essersi adoperato per portare a buon fine un contratto di matrimonio, secondo le istruzioni ricevute da Cosimo; afferma che, almeno per quanto riguarda l'Italia, non esiste un partito " né pur eguale "; chiede infine come procedere per il futuro.(154) Non v'è alcun richiamo diretto a Parma, all'interno della lettera; è evidente tuttavia, dalla data (vicina a quella della lettera n. 67, in cui i riferimenti sono espliciti) e dalle parole usate da Segneri, che si tratta di un possibile accordo matrimoniale con i Farnese. Segneri caldeggiava la conclusione di un accordo tra Medici e Farnese, per fare sposare il principe Ferdinando con l'infanta Margherita, e la principessa Anna con il principe Odoardo; tuttavia sono passati poco più di due mesi dalla prima lettera quando, all'inizio del 1686, Segneri riferisce a Cosimo di aver trasmesso per iscritto al Duca di Parma il cortese rifiuto dei Medici su entrambe le unioni.(155) Nonostante questo il Gesuita continua a sperare in una soluzione positiva e si dà da fare in tal senso, tanto è vero che informa il padre Federico Cusani, il quale già aveva agito come intermediario e latore di messaggi per il Duca,(156) che un " confidente " del principe Ferdinando si sta recando a Milano e potrebbe sostare a Parma per " pigliare nel suo passaggio qualche contezza intorno alle qualità di tal Principessa ".
Sembra quasi che Segneri si sforzi di persuadere sia il duca di Parma Ranuccio II sia Cosimo che un'intesa è ancora possibile, a dispetto delle apparenze.(157) E si espone a tal punto che, a febbraio del 1686, nel biglietto che accompagna una lettera per Cosimo provienente dalla corte di Parma (e che ha nuovamente per oggetto piani di matrimonio), Segneri si scusa con il Granduca, chiede di nuovo istruzioni e cerca di dissimulare il ruolo fin troppo attivo che ha avuto nella vicenda. Esordisce scrivendo: " II signor Duca di Parma mi tien da troppo, mentre m'impiega in affari che sono ancora sopra la mia intelligenza "; e cautamente allude persino ad una nuova trattativa da lui intrapresa: " Ho stimato bene di metterle tutto in mano: perché mentre V.A. per sua bontà mi dona così immediata corrispondenza, non sapea s'ella avesse caro che io tenessi col signor Marchese Ferroni trattato alcuno ".(158)
Cosimo da a Segneri indicazioni circa la risposta da dare al Duca di Parma,(159) e a marzo del 1686 traspare dal contenuto di una lettera che, se anche esiste una possibilità di accordo tra le due case, questa al momento riguarda Anna e non più Ferdinando.(160) Tuttavia Segneri appare in questa fase ansioso di uscire dal campo ormai rischioso della trattativa ufficiosa, condotta per suo tramite; desidera sottrarsi a quella posizione estremamente ambigua, che lo vede amico segreto di Parma e al tempo stesso informatore (ma quanto sincero?) di Firenze, e dichiara che ha risposto seccamente al Duca, a stretto giro di posta, che non può " intercedere " per lui, e nemmeno vuole " rappresentarlo " ufficialmente.(161)
Forse la risposta di Segneri sarà stata meno brusca di quanto egli non voglia far sembrare scrivendo a Cosimo, al quale il Gesuita non invia la copia (con la solita scusa che non c'è abbastanza tempo per fargliela leggere in anticipo). Certo è che il favore di cui Segneri gode alla corte di Parma non si affievolisce, se a distanza di un paio di settimane il Duca lo interpella ancora su una delicata questione monetaria, perché lo aiuti ad ottenere che la valuta parmense circoli legalmente in Toscana.(162) Ma Segneri ormai è consapevole di aver fatto un passo falso con Cosimo, perché nei mesi seguenti, quando deve mandare risposte fuori Firenze, su ogni genere di questioni, mostra una cautela ed uno spirito di obbedienza addirittura esagerati:
Ecco a V.A.S. la risposta al signor Principe Rinaldo conforme io l'ho concepita. Muti, cancelli, aggiunga, com'ella giudica [...]. E quando questa non piacciale, si degni farne stendere una al signor Bassetti, perché, non avendo io altro desiderio che di servire V.A.S., la copierò, e la manderò come mia.(163)
La medesima prudenza traspare da una lettera della fine di settembre 1686, in cui si torna a parlare distesamente del negoziato interrotto con Parma; sebbene Segneri sia ancora in primo piano nella vicenda (Ranuccio ha indirizzato personalmente a lui una nuova lettera), è possibile notare quanto egli stavolta sia preoccupato di specificare e limitare il suo ruolo, a scanso di ogni equivoco: avverte Cosimo che è stato il Duca a riprendere i contatti (" in questo corso di lettere fu egli il primo a scrivere, non fui io "), definisce quasi superflua una sua replica, e anziché invocare l'urgenza di una risposta - come aveva fatto più volte in passato affinché questa apparisse sincera e non concordata -, prega il Granduca di consigliarlo, " massimamente per essere più sicuro di non mi dipartir dalla sua intenzione su questo affare ".(164) Dalle prime righe di questa lettera veniamo anche a scoprire che il Duca di Parma insiste sul matrimonio di Anna, e che Cosimo recalcitra adducendo come scusa i negoziati ancora in corso con il Re del Portogallo; il Duca replica che ha notizia di un accordo quasi concluso " di Portogallo con Neoburgo ", e Segneri si incarica di rispondergli che " non sol non era concluso, ma più tosto vi s'incontravano gravi ostacoli ".(165)
Dopo tre settimane Segneri riceve una nuova lettera da parte del Duca, e la trasmette a Cosimo perché ne faccia partecipe la principessa Anna, un fatto che di per sé indurrebbe a pensare che un accordo è di nuovo possibile.(166) Comunque da questo punto in poi di matrimoni non si parla più nelle lettere, e il silenzio dura quasi un anno,(167) finché, scrivendo da Piacenza, Segneri, reduce da un viaggio a Milano, afferma di aver raccomandato a San Carlo " i due matrimonii, cui mi son figurato che V.A. si trovi al presente intenta ". Ma si capisce, dall'uso del verbo " figurarsi " e del congiuntivo, che Segneri è fuori dal gioco di quei negoziati, e perfino la ricerca della protezione del Santo è fatta passare per un'iniziativa giustificata, cautamente, da un'ispirazione quasi divina, che ha fatto nascere in lui quello " speciale impulso ".(168)
I due matrimoni saranno, a quella data, quello di Ferdinando con la principessa Violante di Baviera, sorella della Delfina di Francia, e di Anna con un Principe d'Este o Farnese.(169)
Ritroviamo Segneri attivo nel promuovere il matrimonio di Anna nel 1689, quando descrive a Cosimo un colloquio che ha avuto con Tirso Gonzàlez, nel quale il nettunese ha esposto al Padre Generale i " vantaggi " che il Re di Spagna avrebbe conseguito scegliendo la Principessa toscana, e lo invita a scrivere a Madrid in suo favore.(170) E quando anche le trattative con la casa di Spagna si arenano, Segneri chiama in causa le vie misteriose della Provvidenza divina,(171) alla quale si affida oltre un anno più tardi mentre allude ai nuovi " trattati accesi intorno alla Serenissima Principessa " con Giovanni Guglielmo, Principe elettore palatino e fratello dell'Imperatrice e delle Regine di Spagna e Portogallo.(172)
Ma Segneri segue la cosa dall'esterno, e poco traspare dall'epistolario circa l'andamento delle trattative.(173) Rientra in gioco soltanto quando si tratta di scegliere un confessore, e allora discute a lungo le caratteristiche dei candidati proposti da lui stesso e da Cosimo, il padre Giovan Battista Freligh o Frelich, che era venuto l'anno prima a Firenze " ad insegnar la lingua tedesca a cotesti Serenissimi Principi ",(174) e i padri gesuiti Pier Antonio degli Alberti (per il quale propende chiaramente Segneri),(175) e Luigi Goti, che aveva una cattedra di Scolastica al Collegio Romano.(176) Anche in questa faccenda Segneri mette in luce la sua concezione pragmatica dei rapporti tra politica e religione; tracciando una distinzione tra i due Padri italiani suscita lo sdegno di Giannini, il curatore dell'epistolario, perché scrive:
quando ella abbia caro che il Confessore si adoperi ne' maneggi ancora di corte, è forse migliore il primo [=Goti]: ove abbia caro ch'egli si contenga ne' limiti dell'ufficio, è senza dubbio più sicuro il secondo [=Alberti].(177)
Fondamentale, a intendere bene pregi e difetti del pragmatismo segneriano, è fermarsi a considerare che Segneri, con buona pace di Giannini, palleggia per Alberti, ossia il candidato più spirituale, definito addirittura " alieno dalle corti ";(178) e se alla fine Segneri convince anche Cosimo che Alberti è la scelta migliore, questo risultato l'ottiene non senza fatica, grazie a raccomandazioni cortesi e insistenti, dopo aver smontato con pazienza tutte le eccezioni mossegli dal Granduca.(179)
Per quel che riguarda la principessa Anna e il suo matrimonio, il resto dei riferimenti nelle lettere appartiene semplicemente alla cronaca: veniamo informati del viaggio di Anna verso la Germania e della sua accoglienza a Dusseldorf,(180) leggiamo, mescolate alle generiche speranze che ella dia presto alla luce un erede, gli accenni alle gravidanze credute o concepite ma non portate a compimento (forse a causa della sifilide che ella aveva contratto dal nobile sposo).(181)
Quel che conta è rilevare il diverso peso che Segneri ha avuto finché le trattative con Parma erano attuali. Lo stesso mutamento di ruolo avviene per il matrimonio di Ferdinando con Violante di Baviera: quando Segneri ne parla di nuovo, il matrimonio è ormai " concluso "(182) e infatti la cerimonia nuziale sarà celebrata all'inizio del 1689, pochi mesi dopo gli accenni delle lettere.(183) L'unico riferimento che segue è incentrato ovviamente sulle speranze di una " successione opportuna ", espresse a Segneri dalla stessa Violante (che avrebbe perfino letto le opere del Gesuita): una testimonianza chiara della considerazione nella quale Segneri era tenuto, a dispetto di ogni circostanza, da tutta la corte
fiorentina.(184)
II notevole grado di coinvolgimento di Segneri nelle trattative matrimoniali con i Farnese non stupisce considerati i precedenti: la traduzione del De Bello Belgico (opera scritta su invito di Alessandro Farnese), le missioni predicate a Parma, l'interessamento del Gesuita in una controversia circa un tratto dì confine che divideva lo stato toscano da quello parmense, pressappoco nel punto in cui si incontrano Liguria, Toscana ed Emilia.(185) Parlare dei legami tra Segneri e Parma, inoltre, riconduce il discorso sulla molteplicità di ruoli e di campi in cui egli era impegnato sul fronte della politica. Nelle sue lettere Segneri affronta temi di ordine economico, come la partecipazione dei mercanti fiorentini alle " fiere di cambii " che si svolgevano a Piacenza,(186) e la circolazione della valuta parmense nello stato mediceo;(187) persino per trovare un accordo su quest'ultimo problema il Duca di Parma reputa opportuno ricorrere alla mediazione di Segneri, dopo aver ricevuto una risposta negativa, per giunta " mal sussistente ",(188) da parte del marchese Ferroni. Infine, in anni cruciali per i trattati matrimoniali sopracitati, Segneri si adopera presso il Granduca perché accetti la dedica di un'opera scientifica scritta dal padre Paolo Casati, personaggio di un certo rilievo, molto vicino ai Farnese in quanto confessore della duchessa Maria d'Este, moglie di Ranuccio II.(189)
E tuttavia il panorama degli interventi di Segneri non è limitato alla politica maggiore di Firenze o all'economia e alla giustizia. Regolarmente egli si propone come intermediario per un certo tipo di corrispondenza ordinaria, di carattere amministrativo, quasi fosse per Cosimo una sorta di segretario: a lui indirizza richieste di raccomandazione di religiosi a cariche varie e parrocchie,(190) e a lui si rivolge costantemente, nel corso degli anni, per ottenere favori per conto di terzi, pensioni o doti, doni e condoni per persone meritevoli, ringraziando puntualmente per ogni aiuto ricevuto;(191) e in questo quadro si inseriscono i riferimenti dell'epistolario ai finanziamenti e all'avanzamento dei lavori di restauro del Collegio di San Giovannino a Firenze, le nomine all'interno del Collegio e le sue vicende.(192)
II Granduca da parte sua chiede a Segneri di redigergli lettere destinate specialmente a religiosi e istituzioni ecclesiastiche (alcuni testi di tali missive sono inclusi nel carteggio);(193) invoca più volte il parere di Segneri quando insorge il caso di Lorenzo Magalotti, a seguito della crisi religiosa che lo vide entrare in convento nel 1691, iniziare il noviziato nell'ordine degli Oratoriani di San Filippo Neri e poi ritornare allo stato laicale nel giro di pochi mesi.(194) Una volta che Segneri è nominato Predicatore Apostolico, inoltre, Cosimo gli domanda con una certa frequenza di intervenire presso il Papa a favore di altri ecclesiastici vicini alla corte fiorentina.(195)
Da Roma, oltre a inviare informazioni di valore politico, Segneri tiene Cosimo al corrente delle novità nel mondo dell'arte: annuncia l'inaugurazione degli affreschi di Andrea Pozzo sulla volta della chiesa di Sant'Ignazio a Roma;(196) rammenta di aver visto un quadro di Annibale Carracci lasciato in eredità al Papa dal cardinale Chigi.(197)
Infine non si può fare a meno di documentare gli scambi materiali tra Segneri e il Granduca di cui resta traccia nell'epistolario. Il loro rapporto crea un intenso traffico di oggetti, che include lo scambio di reliquie(198) e la reciproca spedizione di doni, come libri (dei quali ho già trattato), orologi,(199) immagini sacre,(200) ma anche limoni,(201) cacao,(202) e vino;(203) a dimostrazione che siamo di fronte a una relazione variegata, per nulla riducibile all'incontro di " due canizie " di manzoniana memoria.
III " Una maliziosa ragion di stato "(204)
Fino ad oggi chi ha tentato di condensare in una formula la collaborazione di Segneri al governo del Granducato toscano ha peccato di parzialità o di genericità. Ad un estremo sta lo spirito polemico di un Giannini, a quello opposto la cauta neutralità di un Pinamonti (" ha goduto sì lungamente i favori de' Principi grandi "),(205) o la semplificazione di un Biagiotti: " del Segneri, così pio, mortificato e di retta intenzione, se ne volle fare un uomo di politica... Chi sfugge al dente aspro di certa gente? ".(206) Si avvicinava di più alla verità Raffaello Fornaciari, quando proprio nelle Lettere al Granduca intravedeva un unico movente dietro le strategie politiche e quelle religiose,(207) un punto di vista a cui forniscono sostegno e riscontro (per altre vie e a partire da altri testi) sia Mario Scotti, il quale ha saputo cogliere con grande acume la natura pervasiva e dominante dell'" impegno ideologico " nel Segneri scrittore, predicatore e missionario,(208) sia Ezio Bolis, con il suo recente tentativo di unificare sotto la cifra del pragmatismo gli ideali teologici e religiosi del Gesuita.
Il punto cruciale, in questa fase della ricerca, non è il risarcimento della fama di Segneri o il chiarimento dei dettagli oggettivi di certi suoi interventi(209) tali obiettivi sono a portata di mano. Il vero traguardo è la ricostruzione della cultura storico-politica di Segneri. Si tratta adesso di individuare e catalogare i principii e gli strumenti che governavano le sue analisi di certi eventi contemporanei,(210) le sue decisioni, perfino i presunti " raggiri " e gli occasionali inviti alla simulazione.(211)
Gli indizi finora puntano tutti nella direzione delle teorie sulla ragion di Stato e della lezione machiavelliana rivista alla luce della Controriforma.(212) Proprio contro la " maliziosa ragion di stato " si scaglia Segneri nel primo paragrafo della predica XXXIII del Quaresimale,(213) dove il Gesuita intende dimostrare che, soprattutto in politica, " non è mai utile quello che non è onesto ";(214) e se la prende con " quegli iniqui statisti " e certi " politicastri "(215) (che non nomina), spostando il contesto storico della discussione ai tempi del Nuovo e del Vecchio Testamento o dell'impero romano, ma conducendo una polemica inequivocabilmente moderna e attuale, all'interno della quale infatti non si discorre genericamente di peccati, bensì di un sistema di comportamenti, di strategie, di " arti malvage ".(216) Con mirabile coerenza la prima parte di questa predica sfocia in un attacco indiretto contro Machiavelli (di cui ovviamente non si fa il nome) e contro " questi odierni sconsigliatissimi consiglieri ",(217) cosicché si trovano riuniti in un unico luogo i bersagli polemici di Segneri, e i suoi parametri culturali. Non è difficile pensare che, mentre si affaticava a neutralizzare certi aspetti delle dottrine machiavelliane e postmachiavelliane, Segneri si appropriasse del loro insegnamento in materia di politica e di stile.(218)
E non stupisce, d'altra parte, che il suo interlocutore Cosimo sembri richiamarsi ai suggerimenti di Boterò quando sollecita l'appoggio di Segneri per ottenere il parere e l'aiuto del padre Giovanni Maria Baldigiani, della Compagnia di Gesù, il quale si era recato in Francia a studiare i rimedi adottati in quel paese contro il problema dei poveri e dei mendicanti.(219) I cittadini più poveri, ammoniva Botero, rappresentano un pericolo per la stabilità sociale perché, non avendo niente da difendere, non hanno alcun interesse concreto a mantenere la " quiete pubblica ".(220)
Ciò che comunque appare acquisito è che la collaborazione tra Paolo Segneri e Cosimo III non rappresentò un episodio secondario, né all'interno della storia toscana né dentro la biografia e l'opera segneriana. I provvedimenti granducali ispirati da Segneri e la natura dei negoziati in cui egli si trovò coinvolto sono un segno chiarissimo della sua potenza, e posti nel contesto delle relazioni inviate dai luoghi di missione (insieme con i giudizi sui funzionar! locali) confermano la qualità intellettuale del suo operato, la profondità con la quale egli seppe esplorare il nesso tra potere politico e religione, un tema la cui attualità non sfugge a nessuno.(221)
ANDREA FEDI
University of Stony Brook
NOTE
1 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, tratte dagli autografi, a cura di Silvio Giannini, Firenze, Felice Le Monnier, 1857, p. i. Tutte le citazioni dalle lettere di Segneri, ove non sia diversamente indicato, provengono dall'edizione di Giannini. Il sistema adottato per tali citazioni è il seguente: il primo numero si riferisce al numero d'ordine della lettera nell'edizione a stampa; seguono il luogo e la data di stesura, e il numero di pagina. Quando una lettera non rechi in calce la data o il luogo della sua redazione, la data e il luogo presunti (secondo le mie congetture, perché il curatore ottocentesco di solito non azzarda ipotesi) sono accompagnati da un punto interrogativo, racchiuso tra parentesi quadre.
2 - Finora non sono riuscito a trovare informazioni di rilievo su Silvio Giannini. La mia ricerca ha portato alla luce solamente un altro testo sicuramente scritto da lui, il sonetto " Alla viola del pensiero. Commiato ", che chiude una raccolta curata da anonimo (forse lo stesso Giannini) e pubblicata nella collana " Miscellanea di Letteratura e Morale ": cfr. La viola del pensiero. Ricordo pel MDCCCXLII Anno terzo, Livorno, Al Gabinetto Scientifico Letterario (pei tipi di Giulio Sardi), 1841, p. 335.
3 - Pirro Tausch aveva scritto varie opere di contenuto religioso o moraleggiante, tra cui la Novena in onore dì S. Giulia vergine e martire protettrice della città e porto di Livorno, Livorno, Tip. E. Pozzolini, 1842, e la Istoria apologetica della prodigiosa immagine di Maria Santissima di Montenero, Livorno, Tip. Antonelli Antonelli e C., 1845. Di lui si può leggere anche una Benedizione data da Monsignor Pirro Tausch Roth nella Chiesa Parrocchiale di S. Miniato a Signa la Domenica in Albis 1856, Firenze, Tip. Birindelli, 1856: si tratta di una pubblicazione non rilegata, di poche pagine, che contiene una predica nella quale Tausch, a un certo punto, rievoca e cataloga con uno stile non troppo dissimile da quello di Segneri una lunga serie di sciagure (guerre, disastri naturali ecc.), che hanno afflitto l'umanità nei due decenni precedenti (un catalogo simile si trova nella predica XV del Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, Torino, Giacinto Marietti, 1850, pp. 157-60). La famiglia Tausch, nobile, di origine boema, si stabili in Toscana, dove alcuni dei suoi membri svolsero compiti di rappresentanza per conto del governo austriaco. All'inizio dell'800 i Tausch ereditarono titolo e patrimonio da Gianfranco Mastiani Brunacci, nobile pisano, e si iscrissero alla nobiltà di Fiesole: cfr. Vittorio Spreti et al, Enciclopedìa storico-nobiliare italiana, vol. IV, Milano, Ed. Enciclopedia Storico-Nobiliare italiana, 1931, p. 486.
4 - Sulle lettere di Segneri a Cosimo III non si trovano che scarsi e superficiali riferimenti, nella bibliografia critica segneriana: cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, Palermo, G.B, Palumbo, 1950, p. 22; Domenico Mondrone, Paolo Segneri, in Letteratura italiana. I minori, vol. III, Milano, Marzorati, 1961, pp. 1758-59; Cannine Jannaco e Martino Capucci, Storia letteraria d'Italia. Il Seicento, Milano, Vallardi, 1966, p. 647; Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, a cura di Mario Scotti, Torino, UTET, 1967, p. 479; Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj (1624-1694). Emblema di un approccio "pratico-morale " alla teologia, Roma, Pontificio Seminario Lombardo; Milano, Glossa, 1996, p. 93 e nota 165. Sull'edizione curata dal Giannini si veda la lunga recensione-articolo che apparve anonima sulla Civiltà Cattolica, nella sezione " Rivista della Stampa italiana ": Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, in " Civiltà Cattolica ", s. III, vol. VIII, 1857, pp. 454-69. L'anonimo autore era Carlo Maria Curci, primo direttore della rivista. È da notare, tra l'altro, che nemmeno Curci sembra conoscere troppo bene il curatore dell'edizione Le Monnier, che chiama, con sprezzo evidente, "un Silvio Giannini " (ibidem, p. 455); a corto di dettagli su di lui, e alla ricerca di un precedente che giustifichi e inquadri la pubblicazione delle Lettere, Curci appunta i suoi strali polemici sull'editore Felice Le Monnier, istigatore di un pericoloso " Italianismo " che segue la " maniera degli ammodernati " (ibidem, p. 454 e nota 1).
5 - Lo studio più esteso (anche se non il più approfondito) sulla figura e i tempi di Cosimo III resta ancora oggi quello di Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena. Storia - Cronaca aneddotica - Costumi (1670-1737), Firenze, Bemporad, 1909 [ristampato in anastatica, s.l, Giunti Marzocco, 1993], che dedica al Granduca la parte più cospicua del testo, pp. 1-767. Alla figura di Cosimo III è dedicata la maggior parte del libro di Harold Acton, The last Medici, s.l [U.S.A.], Thames and Hudson, 19803 [prima edizione, 1932; seconda edizione riveduta, 1958]; nel testo di Lord Acton si incontrano anche due riferimenti a Segneri, di cui uno (ibidem, p. 163) è ripreso parola per parola da Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit, p. 94, e l'ultimo è collegato proprio all'epistolario con il Granduca (Harold Acton, The last Medici, cit., p. 198): Acton traduce e riunisce nella stessa citazione, senza rispettarne l'ordine cronologico, alcuni passi su Gian Castone tratti dalle lettere n. 190 (Roma, 3 marzo 1691, p. 146), n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, pp. 147-48), n. 193 (Roma, 28 marzo 1691, p. 151). Furio Diaz nel suo saggio intitolato Il Granducato di Toscana. I Medici (Torino, UTET, 1976) dedica alcune pagine a Cosimo III (pp. 465-522): cita anche Segneri (pp. 494-96 [non pp. 490-92, come reca l'indice analitico], 505), e fra le altre cose indica alcune lettere di Segneri a Cosimo III che non sono comprese nella raccolta di Giannini e che si trovano presso l'Archivio di Stato di Firenze. Su Cosimo III si può consultare utilmente anche la storia di Firenze scritta da Piero Bargellini, La splendida storia di Firenze, vol. IlI, Da capitale di Granducato a capitale di Regno, Firenze, Vallecchi, 1967 (spec. le pp. 107-42, 149-53), compilazione aneddotica e talora romanzata, ma ricca appunto di informazioni su quei fatti di cronaca minuta a cui spesso allude Segneri nelle lettere; tra l'altro Segneri vi è menzionato brevemente (pp. 112, 125); cfr. anche Antonio Panella, Storia di Firenze, Firenze, Le Lettere, 1984, pp. 254-69. Per una fonte ufficiale e più vicina ai fatti storici discussi nelle Lettere, cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, tomi IV-V, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1974 [riproduzione anastatica dell'edizione stampata a Firenze, Gaetano Cambiagi stampatore granducale, 1781]; è spesso solo una sintesi delle notizie fornite dal Galluzzi l'opera di Francesco Inghirami, Storia della Toscana compilata ed in sette epoche distribuita, s.l, Poligrafìa Fiesolana, 1843 (su Cosimo III si veda il tomo X, Storia della Toscana. Epoca 6. Dall'anno 1530 al 1737 dopo G. Cr. Dei tempi medicei, pp. 470-550). Tra gli studi più recenti, cfr. La Toscana nell'età di Cosimo IlI: atti del convegno, Pisa-San Domenico di Fiesole (FI), 4-5 giugno 1990, a cura di Franco Angiolini, Vieri Becagli, Marcelle Verga, Firenze, EDIFIR, 1993.
6 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. I. Alla fine della Prefazione Giannini ritorna sul concetto del valore storico che va ascritto alla raccolta: " [...] ritratto migliore di Cosimo è in questo Libro, dal quale come si rivelano importanti particolari della vita dello Scrittore [..-], così si diffonde gran luce sulla storia sincrona della Toscana" (ibidem, p. XVI).
7 - Ibidem. La " Lettera di Silvio Giannini intorno alla pubblicazione di questo volume " fu ristampata senza modifiche in una rivista letteraria che non sono ancora riuscito a identificare: l'informazione è contenuta in Lettere inedite di Paolo Segneri d C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit, p. 469.
8 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. i.
9 - Molteplici sono le attestazioni di rispetto disseminate nelle pagine della Prefazione (ibidem, pp. II, VI-VII, X-XI, XV), sebbene le lodi cedano qua e là il passo a osservazioni critiche sui due personaggi, imbevute di un moralismo di marca prettamente risorgimentale (ibidem, pp. XII, XVI).
10 - Cfr. la lettera dedicatoria, intitolata " Serenissimo Granduca " e datata Firenze, 5 aprile 1679, che segue le pagine dell'" Autore a chi legge ": Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p. 6. Per una serie di riferimenti alla storia contemporanea della Polonia, tutti databili tra il 1655 e il 1672, cfr. in questo volume il capitolo di Krzysztof Zaboklicki, Segneri in Polonia nell 'Ottocento e nel Novecento.
11 - Non va dimenticata, come testimonianza essenziale di quell'interesse costante per la storiografia che Segneri nutrì fino dagli esordi giovanili, la traduzione dal latino della seconda deca del De Bello Belgico, scritto dal confratello Famiano Strada: Della Guerra di Fiandra: Deca seconda composta da Famiano Strada della Compagnia di Gesù e volgarizzata da Paolo Segnere della medesima Compagnia, Roma, Corbelletti, 1648 (cfr. Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, a cura di Quinto Marini, Roma, Ugo Magnanti editore, 1995, p. 24; ristampata più volte: Fatti d'arme del principe Alessandro Farnese all'assedio d'Anversa, Torino, Giacinto Marietti, 1829; Fatti d'arme del principe Alessandro Farnese all'assedio di Anversa volgarizzati da Paolo Segneri, a cura di Carlo Cordié, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1947). Sul De Bello Belgico cfr. Sergio Bertelli, Storiografi, eruditi, antiquari e politici, in Storia della Letteratura Italiana, voi. V, Il Seicento, dir. Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, Milano, Garzanti, 1967, p. 386; Cannine Jannaco e Martino Capucci, Storia letteraria d'Italia. Il Seicento, cit., p. 689; sulla concezione che Strada aveva della storiografia, cfr. ibidem, pp. 658-59; Eric W. Cochrane, Historians and historiography in the italian Renaissance, Chicago, University of Chicago Press, 1981, p. 489. Sullo Strada cfr. anche Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, tomo Vili, parte II, Firenze, Molini, Landi e Co., 1812, pp. 414, 416-20. Sulla traduzione di Segneri, cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., pp. 210-12; Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, cit., p. 461; Mario Scotti, s.v. " Segneri, Paolo ", Dizionario critico della letteratura italiana, dir. Vittore Branca, voi. Ili, Torino, UTET, 1973, p. 367; Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj, cit., p. 37. La traduzione è rammentata anche dal Giannini (Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. XIII-XIV), ma solo in margine alla questione del cognome esatto del Gesuita, in quella stampa indicato più volte come " Segnere ": Giannini la liquida come un errore, ma la forma " Segnere " compare anche in alcune lettere autografe (cfr. in questo volume Mario Zanardi, Per la biografìa di Paolo Segneri: documenti dell 'Archivio Romano della Compagnia di Gesù [ARSI], p. 462 nota 35).
12 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. VI. Il corsivo è nell'originale.
13 - Ibidem, p. IX (un giudizio simile si legge anche a p. X).
14 - Ibidem, p. VI. Il fatto stesso che Giannini avvertisse l'esigenza di intraprendere la difesa dello stile di Segneri, nella sua introduzione, la dice lunga sull'effetto che centosessant'anni di cultura e di letteratura avevano avuto sulla ricezione dell'opera segneriana. Tra gli autorevoli personaggi citati a favore di Segneri vi sono anche Giuseppe Massei, gesuita, autore di una biografia del religioso nettunese (Breve Ragguaglio della Vita del Venerabil Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù: su quest'opera si veda l'ampia analisi condotta dallo stesso Marini in questo volume., pp. 63-83), Antonio Maria Meneghelli e Giulio Perticari. Tra i detrattori si cita solamente il padre servita Alessandro Bandiera, alfiere del purismo arcaicizzante, contro il quale si era schierato il Panni: si leggano in proposito, all'interno di questo volume, alcuni passi dei capitoli scritti rispettivamente da Antonio Franceschetti (La fortuna critica del Segneri, pp. 13-19) e Gennaro Savarese (Avventure segneriane tra Sette e Ottocento: Parini, Leopardi, De Sanctis, pp. 47-53). Giannini definisce gli attacchi del padre Bandiera " ridicoli " (cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. VI); salvo che, poi, egli stesso si impegna in una polemica lunga e pesante (cfr. ibidem, pp. VIII-IX) contro la presenza nelle lettere, accanto ad " elettissimi modi e bene appropriati vocaboli " (ibidem, p. IX), di un certo numero di locuzioni e termini ricalcati sul francese, che da lui vengono additati come gravi " peccati per gl'Italiani " (ibidem, p. VIII).
15 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. V. Cfr. anche il giudizio riportato poco più avanti: " è certo che il Segneri fu non meno infaticabile Missionario e operoso Gesuita, che grande Oratore, e studiosissimo dei Classici nostri e della nostra bellissima lingua " (ibidem, pp. VI-VII).
16 - Ibidem, p. V
17 - ibidem, p. X. Il passo citato si conclude con un'accorata apostrofe che il curatore indirizza al Gesuita: " Oh Padre Segneri! [...] prostituire così la Religione cristiana a me pare bruttissimo sacrilegio! " (ibidem); per una critica sferzante della teatrale reazione di Giannini, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., pp. 455, 459. Va detto comunque, a parziale difesa del Giannini, che le sue accuse sono rivolte a Segneri in uno spirito che appare in certi momenti più laicista (ispirato alla logica di una auspicata separazione fra Stato e Chiesa), che anticlericale (ibidem, pp. X-XII). Cfr. in particolare p. XII: " ogni savio lettore giudicherà se nelle mìe parole sia intemperanza di passione, e falso giudizio; o se non piuttosto sia in questi documenti una prova di più, che male si congiungono gli ufficii e gl'intenti della Religione cristiana con quelli del Governo civile, e colle sollecitudini delle temporali bisogne ".
18 - Sulla sopravvivenza e la fortuna di Machiavelli nel Seicento, cfr. Sergio Bertelli, Storiografi, eruditi, antiquati e politici, cit., pp. 388-90 et passim; Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from the Counter-Reformation to Milton, Princeton, Princeton University Press, 1994, spec. pp. 68-69, 93-131, 144-65, 171-84. Capita di frequente in testi politici e religiosi del Seicento, in Inghilterra, che si accusi la Compagnia di Gesù di essere una vera e propria " scuola di machiavellismo "; sull'associazione tra Machiavelli e i Gesuiti cfr. Felix Raab, The Englìshface of Machiavelli. A changing interpretation 1500-1700, Londra, Routledge & Kegan Paul; Toronto, University of Toronto Press, 1965, pp. 59, 77 (nota 4), 107, 230-31 (di particolare interesse la nota 3, a p. 230), 238-39; cfr. anche ibidem, pp. 3, 69. In quel periodo il dibattito sui rapporti tra politica e religione è generalmente influenzato dalle idee di Machiavelli: cfr. ibidem, pp. 77-101.
19 Così, secondo il costume corrente all'epoca sua, si firmava Segneri nella prima lettera dell'epistolario (Firenze, 19 dicembre 1679, p. 2).
20 - Non ha alcun dubbio sulla sincerità e il disinteresse di quell'amicizia l'autore della recensione di " Civiltà Cattolica " (cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., pp. 458, 465, 468), il quale aggiunge che tra i religiosi " Segneri per oltre a tre lustri tenne un precipuo luogo nell'animo di Cosimo e forse il precipuo " (ibidem, p. 467).
21 - Alla Magliabechiana fino al 1874, i due codici si trovano ora all'Archivio di Stato di Firenze (Mediceo del Principato 1131 a-b).
22 - Ibidem, pp. II-V. Il carteggio è certamente incompleto, come Giannini si premura dì sottolineare: " È da credersi che gran parte di questo Carteggio andasse perduta prima che le Lettere che ne rimangono fossero riunite nei detti volumi " (ibidem, p. II).
23 - Ibidem, p. II. Almeno una parte delle lettere edite dal Giannini era conservata presso il Collegio di San Giovannino, e ne vennero ricavate, prima del 1773, delle copie, che oggi si trovano nell'Archivio Romano della Compagnia di Gesù (ARSI, Hist. Soc. 5c, ff. 285-291r, Notizie sopra il libro del P. Tirso Gonzalez e le cose accadute nella insorta controversia tra lui e la Compagnia, cavate dalle lettere originali scritte dal P. Paolo Segneri all' Alt. Ser.ma di Cosimo III Gran Duca di Toscana}: cfr. in questo volume Mario Zanardi, Per la biografia di Paolo Segneri: documenti dell 'Archivio Romano della Compagnia di Gesù (ARSI), p. 475 nota 65. Non sembra che sia questa la copia a cui avrebbe fatto ricorso Curci (l'autore della recensione delle Lettere apparsa su " Civiltà Cattolica "), per verificare la correttezza della trascrizione di Giannini.
24 - Si consideri ad esempio la nota 1 a p. 22, dove Giannini giudica strana la costruzione latineggiante " in missione Montepulciano ", ma si astiene comunque da qualsiasi intervento; di analoga natura anche le osservazioni che si leggono alle pp. 41 nota 1, 105 nota 1, 161 nota 2, 168 nota 1, 184 nota 1, 282 nota 1.
25 - Oltre ai tre citati nell" Errata Corrige " che completa il volume (Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 327), altri passi contengono errori: "Papa ||dopoli " anziché " Papa-||dopoli " (n. 31, Firenze, 17 marzo 1684, p. 26); " mirabilìsime " per " mirabilissime " (n. 45, Firenze, 17 dicembre 1685, p. 54); "Astudilli" invece che " Astudillo " (n. 49, Missioni di Piacenza, 6 settembre 1685, p. 40); " (in età già di 22 anni " senza la parentesi di chiusura (n. 67, Firenze, 8 gennaio [?] 1686, p. 52); " provedimento " anziché "provvedimento" (n. 280, da Roma, 14 marzo 1693, p. 261); "Vero è" anziché "Vero è" (n. 231, Roma, 29 marzo 1692, pp. 191-92); " può ".invece di " può " (n. 247, Roma, 23 agosto 1692, p. 211); "Non creda" per "Non credeva" (n. 314, Roma, 24 ottobre 1693, p, 299); " avrano " per " avranno " (n. 319, Roma, 14 marzo 1694, p. 307). Quando vengono citati in questo intervento, i suddetti passi sono stati corretti come sopra. Per ciò che concerne le altre citazioni tratte dal Giannini sono stati modificati gli accenti da gravi a acuti, quando necessario secondo l'uso corrente. Altri errori di trascrizione sono identificati dall'autore della recensione di " Civiltà Cattolica ", sulla base di una " copia accuratissima " da lui rinvenuta a Roma: cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., p. 456 e nota 1 (della copia usata dal recensore non v'è traccia nell'Archìvio della Compagnia di Gesù: cft. in questo volume Zanardi, pp. 459-60 nota
17).
26 - II 1679 è l'anno in cui Segneri stabilisce la sua dimora presso il Collegio di San Giovannino a Firenze.
27 - Va aggiunto che mentre in certi casi intercorrono settimane o mesi tra una lettera e l'altra, parecchie volte (prima ovviamente del trasferimento di Segneri a Roma) capita di trovare due o anche tre messaggi mandati nell'arco della stessa giornata, a causa della loro urgenza e importanza, o semplicemente per l'estrema familiarità di Segneri con Cosimo: cfr. le lettere n. 54 (Firenze, 17 dicembre 1685, pp. 44-45), n. 55 (Firenze, 17 dicembre 1685 [?], p. 45), e n. 56 (Firenze, 17 dicembre 1685 [?], p. 46); n. 57 (Firenze, 22 dicembre 1685, pp. 46-47) e n. 58 (Firenze, 22 dicembre 1685, p. 47); n. 73 (Firenze, 29 gennaio 1686, p. 57) e n. 74 (Firenze, 29 gennaio 1686, pp. 57-59); n. 93 (Firenze, 14 maggio 1686, p. 76) e n. 94 (Firenze, 14 maggio 1686, pp. 76-77); n. 106 (Firenze, 5 ottobre 1686, p. 82) e n. 107 (Firenze, 5 ottobre 1686, pp. 82-83). Capita però una volta anche da Roma: cfr. le lettere n. 273 (Roma, 7 febbraio 1693, pp. 253-54) e n. 274 (Roma, 7 febbraio 1693, pp. 254-55).
28 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. XVII-XXXVIII. L'opera a cui si riferisce il Giannini è la seguente: Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane. Medici di Firenze, Milano, Dalla Tipografìa del Dottore Giulio Ferrano, MDCCCXXIX; a Cosimo III ed alla sua famiglia è dedicata la Tavola XVI, riprodotta, sotto lo stesso numero, in Id.s Famiglie celebri toscane, tomo II, s.l., s.d.
29 - Sulla relazione del padre Pinamonti si legga l'Introduzione di Quinto Marini in Giuseppe Massei S.I, Vita di Paolo Segneri, cit., p. 10; in questo volume cfr. Mario Zanardi, Per la biografia di Paolo Segneri: documenti dell'Archivio Romano della Compagnia di Gesù (ARSI), p. 474 nota 62; copia della relazione è riprodotta in appendice al testo di Massei, pp. 87-91. Il padre Pinamonti, pistoiese, era legato a Segneri da una profonda amicizia che risaliva ai tempi in cui appartenevano entrambi al Collegio dei Gesuiti a Pistoia, intorno al 1653 (cfr. Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit., p. 25; Trattatisti e narratori del Seicento, a cura di Ezio Raimondi, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960, p. 653; Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, cit, p. 478). Per molto tempo il Pinamonti ha accompagnato Segneri nelle missioni rurali, e le lettere portano ampia testimonianza della sua presenza a fianco del nostro Autore; dopo che Segneri fu assegnato alla corte pontificia, con vari incarichi, Pinamonti continuò, da solo e con altri religiosi (come il padre Fontana), l'opera missionaria in terra d'Italia (cfr. le lettere n. 237, Roma [?], 17 maggio 1692, p. 199; n. 320, Roma, 20 marzo 1694, p. 309). Segneri in una lettera annuncia a Cosimo l'invio di " cinquanta di questi libriccini dell'Umiltà stampati dal Padre Pinamonti " (n. 115, Firenze, 18 gennaio 1687, p. 87); in un'altra afferma: " II Padre Pinamonti stampa ora un libro ordinato alla conversion degli Ebrei " (n. 316, Roma, 8 gennaio 1694, p. 304); e il libro più tardi è inviato a Cosimo (n. 325, Roma, 24 luglio 1694, p. 315; n. 326, Roma, 31 luglio 1694, p. 316). Nella lettera n. 124 (Roma, 26 aprile 1687, p. 94), Segneri annuncia che ritarderà il suo rientro a Firenze espressamente per trattenersi una settimana a Monte Cavallo (tra l'Umbria e le Marche?) " per conferire con esso lui varie cose ". Sulla figura e l'opera del Pinamonti cfr. Joseph De Guibert S.I, La spiritualità della Compagnia di Gesù, edizione italiana a cura di Giandomenico Mucci S.L, Roma, Città Nuova Editrice, 1992, p. 326, e la voce redatta da Giuseppe Mellinato S.I. per il Dictionnaire de Spiritualità ascétique et mystique, tome XIV, Beauchesne, Paris, 1990, coli. 1763-65. Un interessante ritratto del Pinamonti e dei suoi rapporti di collaborazione con Segneri (nelle missioni così come nella stesura delle o-pere) si legge in Vittorio Capponi, Biografìa pistoiese, o Notizie della vita e delle opere dei pistoiesi illustri, Pistoia, Tipografia Rossetti, 1878. Cfr. anche Il compagno del p. Segneri nell'apostolato missionario, in Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, con lettere inedite e documenti, Torino, Soc. E. Internazionale, 1925, pp. 35-50.
30 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. XXXIX-LX.
31 - Ibidem, p. XI.
32 -Infatti la relazione del padre Pinamonti ricalca i luoghi comuni della letteratura agiografica: prende le mosse da un'esperienza mistica di Segneri, occorsa "circa l'anno 1662, oppure 63 " (ibidem, p. XXXIX), durante la quale egli " sentì nel suo cuore una di quelle voci del Signore che fanno liquefar l'anima [...]. La voce del Signore fu questa: Voglio che ci amiamo insieme " (ibidem, p. XXXIX; corsivo nell'originale); passa poi a raccontare le penitenze e le privazioni che Segneri si infliggeva, per concluderne che " anche tra i Santi rari sono quelli, che, come San Girolamo, abbiano tenuto il libro ed il sasso, e con una mano abbiano atteso a scrivere e con l'altra a percuotersi " (ibidem, p. XLIX); rammenta quindi che l'attività missionaria gli aveva guadagnato presso il popolo il titolo di " Padre Santo " (ibidem, pp. LII, LIV,LV, LVIII, ed allude in più passi al fatto che i fedeli riservavano a Segneri il trattamento che spetta a una persona in odore di santità (ibidem, pp. LII-LV, LVIII-LIX), compresa l'usanza di conservare tutto ciò che era appartenuto a lui come una reliquia. A chiusura della relazione, infine, Pinamonti mostra di ritenere verisimili alcuni dei miracoli di guarigione attribuiti a Segneri, sebbene non fornisca i dettagli di nessun caso specifico (ibidem, p. LX). Quinto Marini trova la stessa intenzione nella biografia di Massei: " forse il buon padre Masseì puntava addirittura a farne una prima raccolta documentaristica per un futuro processo di beatificazione " (Le biografie di Paolo Segneri, p. 72 e nota 25); infatti Massei scrive, quasi alla conclusione della sua Vita, che " un porporato di gran fama, esaminato alla lunga il tenor del suo vivere, non dubitò di asserire ad un nostro religioso che s'egli fosse Papa dopo la morte del padre Segneri dispenserebbe a tutte le bolle de' suoi antecessori e presto presto lo metteria sugli altari " (Giuseppe Massei S.I, Vita dì Paolo Segneri, cit, p. 63; circa i segni che proverebbero la santità del Gesuita, cfr. ibidem, pp. 41-47, 63, 64, 67-68, 71, 78, 79; cfr. anche l'Introduzione di Quinto Marini, ibidem, pp. 13, 15-16 [note 56, 61]). Comunque alla fine dell'opera Massei aggiunge, per rispetto verso l'autorità della Chiesa, una " Protestatio Auctoris " in cui afferma di non aver voluto incoraggiare con il suo scritto " cultum, aut venerationem aliquam [...], vel famam aut opinionem sanctitatis " (ibidem, p- 72; sulla " Protestatio " cfr. ibidem, pp. 84, 98, e l'Introduzione di Marini, ibidem, p. 13; una " Dichiarazione " non dissimile si trova all'inizio di Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., p. n.n,, dove si avverte: " valore esclusivo di forma ha il titolo di santo "). Nella " Civiltà Cattolica " Curci non esitava a definire Segneri " uno dei più santi uomini del suo tempo " (cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo IH. tratte dagli Autografi, cit., p. 457; cfr. anche ibidem, p. 461).
33 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. LXI.
34 - Le missioni a cui si riferisce il documento potrebbero essere quelle dì cui si ragiona alle lettere n. 20 (Firenze, 15 dicembre 1683, p. 20) e n. 34 (Monsummano Terme, 29 aprile 1684, p. 28); infatti poco più avanti Segneri, per una missione che farà a Pontremoli a settembre del medesimo anno, invoca da Cosimo gli " ordini che diede già al signor Colonnello Costa per le Missioni di Pescia " (n. 36, Piacenza, 9 agosto 1684, p. 30; cfr. anche la lettera n. 35, Borgo Val di Taro, 2 giugno 1684, p. 29). Le missioni di Pescia sono rammentate anche nelle lettere n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, p. 153), n. 261 (Roma, 22 novembre 1692, p. 237). Sulle missioni predicate da Segneri in Valdinievole e nel Pesciatino negli anni 1665 (che secondo quanto ricorda Pinamonti fu il primo anno in cui Segneri si dedicò " stabilmente " alle missioni: cfr. la Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri, in Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. XLI-XLII) e 1684, cfr. Dante Biagiotti, II padre Segneri in Valdinievole, in " Bollettino di ricerche e di studii per la storia di Pescia e di Valdinievole ", anno II, fase. II, 4 nov. 1928, pp. 51-58. Il Biagiotti, già curato di Montevettolini (Monsummano Terme), eseguì una ricerca in molti casi fruttuosa presso le biblioteche, gli archivi parrocchiali, comunali e delle confraternite situate nei luoghi limitrofi. Integrò poi le informazioni trovate con quelle fornite dalle Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo.
35 - Ibidem, pp. XI-XTI. Per una diversa opinione si leggano i commenti del Pinamonti sulle " innumerabili paci " concordate da Segneri durante le Missioni (Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri, ibidem, pp. LV-LVI). Per un riscontro delle " infinite paci " concluse a Pescia grazie a Segneri, cfr. la trascrizione di un passo contenuto in un manoscritto di anonimo (Biblioteca Comunale di Pescia), che si legge in Dante Biagiotti, II padre Segneri in Valdinievole, cit., p. 57 (dal testo si ricava che l'anonimo redattore della cronaca della missione pesciatina era un nobile del luogo, che ospitò in casa sua Segneri e gli altri Padri al suo seguito); Biagiotti cita a più riprese il documento sulle " paci " riprodotto dal Giannini: cfr. pp. 53, 54, 57. Di una "pace" che Segneri stava trattando, con il coinvolgimento di Cosimo, a Raggiolo (un paese del Casentine) si parla nella lettera n. 1 (Firenze, 19 dicembre 1679, pp. 1-2); cfr. anche la lettera n. V, al Padre N.N. (s.l, s.d.), in Paolo Segneri, Opere, volume IV, Lettere varie, raccolte da Giuseppe Boero, Torino, Giacinto Marietti, 1856, pp. 396, 397; e le lettere n. XIX, al signor N.N. (Lucca, 15 agosto 1665: non autografa), ibidem, pp. 405-06; n. CIX, Molto ill.stre e molto rev. sig. pad. mio sing. (Marina di Diano, 17 giugno 1690), ibidem, p. 429 (cfr. anche ibidem, pp. 429-30 nota 1). Sull'argomento delle " paci " cfr. inoltre Giuseppe Massei S.L. Vita di Paolo Segneri, cit., pp. 29, 37-40, 65; Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., p. 13. Nell'epistolario di Segneri particolare rilievo assume la cronaca delle trattative da lui condotte per sedare " le discordie di Treppio " (n. 6, Missioni di Bologna, 3 settembre 1681, p. 6), un paese dell'appennino tosco-emiliano, fra Pistoia e Bologna; se ne trova menzione nelle lettere n. 5 (Missioni di Bologna, 16 agosto 1681, p. 5), n. 6 (Missioni di Bologna, 3 settembre 1681, p. 6), n. 7 (Missioni di Bologna, 22 settembre 1681, pp. 7-8), n. 20 (Firenze, 15 dicembre 1683, pp. 19-20), n. 24 (Firenze, 11 gennaio 1684, p. 22), n. 29 (Firenze, 7 marzo 1684, p. 25), n. 37 (senza luogo né data, presumibilmente agosto o settembre 1684, p. 31). Il Ragionamento vigesimosecondo del Cristiano instruito è intitolato Sopra il dar la Pace a ' Nimici, e Segneri vi riporta l'esempio di una pace da lui ottenuta, durante una missione, tra un " Soldato " e il suo " Oltraggiatore " (Il cristiano instruito nella sua legge. Ragionamenti morali dati in luce da Paolo Segneri della Compagnia di Giesù, Parte I, In Firenze, Nella Stamperia di S.A.S., 36 MDCLXXXVJ, pp. 326-27).
36 - Per comprendere quanto fosse diretta e costante la collaborazione tra Segneri e Cosimo, basterà leggere il seguente passo: " Io vivo molto mortificato dentro me stesso, mentre io considero che da che sono in Roma, che sono già da sei mesi, non ho potuto servire V.A.S. in cosa alcuna. Ma sì come V.A.S. non me ne ha né anche data alcuna occasione, così non ho potuto passare verun ufficio in particolare a prò della sua persona, ma solo in universale " (n. 246, Roma, 16 agosto 1692, p. 209). Per simili attestazioni cfr. anche le lettere n. 247 (Roma, 23 agosto 1692, p. 212), n. 248 (Roma, 30 agosto 1692, p. 213), n. 295 (Roma, 6 giugno 1693, p. 277), n. 321 (Roma, 6 giugno 1694, p. 309).
37 - L'esempio massimo di tale sottovalutazione mi pare quello citato e analizzato da Quinto Marini, nelle pagine del suo intervento su Le biografie di Paolo Segneri (pp. 97-100): un biografo ottocentesco, Ferdinando Ranalli, nella sua Vita di Paolo Segneri arriva al punto di identificare nella politica la causa principale della morte del Gesuita, perché " un uomo di studi e di chiesa non è possibile che prenda dimestichezza ed abito a vivere fra negozi di stato " (citato in Quinto Marini, p. 100). Non sarebbe però corretto affermare che manchi oggi fra gli studiosi più attenti un riconoscimento del ruolo politico svolto da Segneri durante il suo tempo. Ad esempio, Valerio Marucci, ad apertura del capitolo da lui scritto per questo libro, afferma che Segneri " attende a organizzare la politica culturale - e forse la politica tout court - del Granducato di Toscana e partecipa con vivacità inesausta ai problemi teorico-pratici della Compagnia e alla sua raffinata diplomazia intemazionale " (Paolo Segneri e le missioni rurali, p. 141; cfr. anche Valerio Marucci, La teologia dell'invettiva: una pasquinata contro Paolo Segneri, in " Filologia e critica ", anno X, 1985, p. 87). Manca tuttavia un tentativo coerente e oggettivo di ricostruire le modalità e le premesse dell'agire politico segneriano.
38 Cfr. soprattutto le lettere n. 4 (Bologna, 29 luglio 1681, p. 4), n. 8 (Firenze, 19 marzo 1682, pp. 8-9), n. 14 (Castelvetro, 18 giugno 1683, p. 14), n. 16 (montagne di Modena, 2 agosto 1683), n. 20 (Firenze, 15 dicembre 1683, p. 20), n. 22 (Firenze, 28 dicembre 1683, p. 21), n, 34 (Monsummano Terme, 29 aprile 1684, p. 28), n. 35 (Borgo Val di Taro, 2 giugno 1684, p. 29), n. 36 (Piacenza, 9 agosto 1684, p. 30), n. 37 (senza luogo né data, presumibilmente agosto o settembre 1684, p. 31), n. 38 (Missioni di Piacenza, 21 settembre 1684, pp. 31-32), n. 44 (Missioni di Piacenza, 10 giugno 1685, p. 36), n. 48 (Missioni di Piacenza, 27 agosto 1685, p. 39), n. 50 (Piacenza, 27 settembre 1685, p. 41), n. 73 (Firenze, 29 gennaio 1686, p. 57), n. 89 (Firenze, 16 aprile 1686, p. 72), n. 75 (Firenze, 5 febbraio 1686, p. 59), n. 127 (Piacenza, 19 maggio 1687, p. 97), n. 128 (Missioni di Piacenza, 10 giugno 1687, p. 98), n. 129 (Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, p. 99), n. 130 (Borzonasco, 2 agosto 1687, p. 100), n. 131 (Missioni di Piacenza, 16 agosto 1687, pp. 100-01), n. 132 (Piacenza, 17 settembre 1687, p. 102), n. 133 (Piacenza, 20 settembre 1687, p. 102), n. 134 (Parma, 1 ottobre 1687, pp. 102-03), n. 139 (Firenze, 29 marzo 1688, p. 107), n. 140 (Firenze, 6 aprile 1688, p. 108), n. 141 (Genova, 29 aprile 1688, p. 109), n. 142 (Missioni di Genova, 5 giugno 1688, p. 110), n. 143 (Missioni di Genova, 18 luglio 1688, pp. 111-12), n. 145 (Missioni di Genova, 29 agosto 1688, p. 113), n. 155 (Loreto, 16 aprile 1689, p. 120), n. 156 (Missioni di Fermo, 7 maggio 1689, p. 121), n. 159 (Gubbio, 16 ottobre 1689, p. 124), n. 179 (Genova, 8 aprile 1690, p. 136), n. 180 (Sanremo, 18 maggio 1690, pp- 136-37), n. 181 (Genova, 25 luglio 1690, p. 138), n. 182 (Missioni di Genova, 18 agosto 1690, pp. 138-39), n. 183 (Missioni di Genova, 4 settembre 1690, p. 139), n. 184 (Missioni di Genova, 26 settembre 1690, p. 140), n. 185 (Chiavari, 15 ottobre 1690, p. 141), n. 189 (Roma, 24 febbraio 1691, pp. 144-45), n. 192 (Roma, 17 marzo 1691, p. 150), n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, p. 153), n. 201 (Firenze, 2 maggio 1691, p. 159), n. 203 (Serravezza, 19 maggio 1691, p. 161), n. 204 (Massa, 25 maggio 1691, pp. 163-64), n. 207 (Casola, 22 giugno 1691, p. 166), n. 208 (Soliera, 29 giugno 1691, p. 167), n. 209 (Bagnone, 7 luglio 1691, pp. 169-70), n. 210 (valle di Zeri, 13 luglio 1691, p. 171), n. 212 (Barbarasco, 28 luglio 1691, p. 172), n. 213 (Barbarasco, 3 agosto 1691, p. 173), n. 214 (Caprigliola, 10 agosto 1691, p. 174), n. 215 (Vezzano, 18 agosto 1691, p. 175), n. 216 (Calice, 24 agosto 1691, p. 176), n. 217 (Lerici, 14 settembre 1691, p. 177), n. 218 (Sarzana, 7 ottobre 1691, p. 178), n. 219 (Firenze, 20 ottobre 1691, p. 179), n. 220 (Firenze, 24 ottobre 1691, pp. 179-80), n. 226 (Firenze, 10 febbraio 1692, p. 185). Sull'attività missionaria di Segneri, cfr. Valerio Marucci, L'autografo di un 'opera ignota: le missioni rurali di Paolo Segneri, in " Filologia e critica ", anno IV, fase. I, gennaio-aprile 1979, pp. 73-92; Armando Guidetti S.I., Il P. Paolo Segneri, in Le Missioni popolari. I grandi gesuiti italiani, Milano, Rusconi, 1988, pp. 104-27.
39 - Rare sono le occasioni in cui Segneri si dilunga a descrivere nei dettagli ciò che avviene nel corso delle missioni. Oltre al caso delle " discordie di Treppio ", che ho citato alla nota 35, Segneri dedica uno spazio di qualche rilievo alle difficoltà insorte durante una missione in Liguria (cfr. la lettera n. 145, Missioni di Genova, 29 agosto 1688, p. 113). In questa lettera Segneri spiega le vere ragioni, politiche e di ordine pubblico, che gli hanno impedito di predicare la missione a San Pier d'Arena; osserva, fra le altre cose: " Pare che la plebe la quale là concorrerebbe ogni giorno dalla città in numero così grande, potrebbe dar qualche soggezione alla Nobiltà " (i-bidem). Sui problemi verificatisi nel Genovesato, cfr. Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit, pp. 12, 15 (nota 51); sulle missioni " dell'una e dell'altra riviera di Genova ".si sofferma, per le difficoltà incontrate, anche il Pinamonti nella sua Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri: cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. LIV-LV, LV1I. Problemi analoghi Segneri incontrò anche in territorio veneziano: cfr. Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell 'opera di Paolo Segneri sj, cit., p. 27 nota 82. Che le missioni di Segneri richiamassero un grande numero di persone (fino a trentamila, e forse anche di più a Pescia) lo confermano le relazioni locali citate da Dante Biagiotti, Il padre Segneri in Valdinievole, cit., pp. 53, 54, 56-57; Biagiotti cita anche una deliberazione della Comunità di Pescia che deputa otto cittadini per soprintendere all'organizzazione delle varie funzioni. Trentamila è la cifra che si fa anche nella lettera n. LVII, Al medesimo [al P. Gio. Paolo Oliva generale], Roma (Missioni di Brescia, 10 giugno 1676), in Paolo Segneri, Opere, volume IV, Lettere varie, cit., pp. 418-19.
40 - Lettera n. 283 (Roma, 31 marzo 1693, p. 264).
41 - Lettera n. 303 (Roma, 8 agosto 1693, p. 287). In merito all'insofferenza di Segneri per le pratiche dell'ambiente romano, si legga anche la lettera n. 256 (Roma, 25 ottobre 1692, p. 228): " II signor Abate [Vaiani] pensò di far bene quando tanto cooperò alla mia chiamata a Roma. Ma se egli avesse indovinato il disgusto che egli mi dovea dar con ciò, non lo avrebbe fatto ". E così Segneri comunica a Cosimo la notizia del conferimento di nuove cariche da parte del Papa: " Frattanto a V.A.S. do questo avviso, ma con dolore, perché mi veggo fermato in Roma sino alla morte " (n. 265, Roma, 15 dicembre 1692, p. 242). Cfr. anche le lettere n. 241 (Roma, 21 giugno 1692, p. 204): "Ora le mie opere saranno venute a fine, perché questa vita non mi permette la libertà da me goduta una volta "; n. 290 (Roma, 9 maggio 1693, p. 272): " dove sto, sto malissimo volentieri "; n. 295 (Roma, 6 giugno 1693, p. 277): " Nello stato in cui sono, una sola cosa mi da qualche sollievo, ed è che per forza vi venni, e per forza anche vi dimoro: atteso che se domani io potessi tornar costì, domani vi tornerei "; osservazioni simili si ripetono nelle lettere n. 297 (Roma, 27 giugno 1693, pp. 280-81), e n. 318 (Roma, 20 febbraio 1694, p. 306). Affermazioni analoghe Segneri faceva all'amico Pinamonti: cfr. la Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri, in Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. XLII. Cfr. anche Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit., p. 49.
42 - Cfr. le lettere n. 225 (Firenze, 10 febbraio 1692, p. 184), n. 226 (Firenze, 10 febbraio 1692, pp. 185-86), n. 227.(Firenze, 12 febbraio 1692, pp. 186-87), n. 228 (Roma, 19 febbraio 1692, pp. 187-89), n. 229 (Roma, 1 marzo 1692, p. 189).
43 - Cfr. le lettere n. 265 (Roma, 15 dicembre 1692, pp. 242-43), n. 266 (Roma, 20 dicembre 1692, pp. 243-45), n. 269 (Roma, 10 gennaio 1693, pp. 249-50), n. 282 (Roma, 28 marzo 1693, p. 263), n. 287 (Roma, 18 aprile 1693, p. 268).
44 - Lettera n. 225 (Firenze, 6 febbraio 1692, p. 184). Sulla fatica di comporre le prediche cfr. anche la lettera n. 228 (Roma, 19 febbraio 1692, p 189).
45 - Lettera n. 229 (Roma, 1 marzo 1692, p. 189). Sulla memorizzazione delle prediche cfr. anche la lettera n. 228 (Roma, 19 febbraio 1692, p. 188).
46 - Lettera n. 231 (Roma, 29 marzo 1692, pp. 191-92). Massei riporta nel cap. LXIII della Vita un passo in cui Segneri dichiara di voler offrire a Dio, come sacrificio e mortificazione estrema, " lo scordarsi bruttamente in qualche predica " (Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit, p. 64).
47 - Lettera n. 264 (Roma, 13 dicembre 1692, p. 241). Sulle prediche di Segneri cfr. anche le lettere n. 230 (Roma, 15 marzo 1692, pp. 190-91), n. 232 (Roma, 5 aprile 1692, pp. 192-93), n. 233 (Roma, 18 aprile 1692, p. 194), n. 262 (Roma, 29 novembre 1692, pp. 238-39), n. 263 (Roma, 6 dicembre 1692. p. 240), n. 266 (Roma, 20 dicembre 1692, pp. 243-45), n. 273 (Roma, 7 febbraio 1693, pp. 253-54), n. 275 (Roma, 14 febbraio 1693, p. 256), n. 276 (Roma, 21 febbraio 1693, p. 257), n. 277 (Roma, 28 febbraio 1693, p. 258), n. 280 (Roma, 14 marzo 1693, p. 261), n. 281 (Roma, 21 marzo 1693. p. 262), n. 308 (Roma, 12 settembre 1693, p. 291).
48 - Problemi di salute sono rammentati specialmente nelle lettere n. 15 (Firenze, 15 luglio 1683, p. 15): per guarire da una febbre " terzana " Segneri beve " acqua benedetta con le reliquie di Sant'Ignazio <e> di San Francesco Saverio infusevi dentro " (Pinamonti riferisce che Segneri portava con sé nelle missioni una " reliquia di San Francesco Saverio " con la quale era solito " benedire gl'infermi ": cfr. Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Paolo Segneri, in Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. LVI; su questo particolare cfr. Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit., cap. XXXIII, p. 44; su come Segneri si fosse procurato la reliquia, cfr. la lettera n. XLIV, al P. Torquato Parisiani della compagnia di Gesù, Goa [Mantova, 4 aprile 1671], in Paolo Segneri, Opere, volume IV, Lettere varie, cit., p. 415); n. 121 (Firenze, 22 marzo 1687, pp. 91-92): soffre di un " male [...] in capo " che attribuisce all'" applicazione al tavolino continua di un anno e mezzo "; n. 203 (Serravezza, 19 maggio 1691, p. 161), n. 218 (Sarzana, 7 ottobre 1691, p. 178), n. 325 (Roma, 24 luglio 1694, pp. 314-15), n. 326 (Roma, 31 luglio 1694, pp. 315-16), n. 328 (Tivoli, 25 settembre 1694, p. 318), n. 330 (Roma, 6 novembre 1694, p. 320), n. 331 (Roma, 12 novembre 1694, pp. 321-22), n. 332 (Roma, 20 novembre 1694, pp. 322-23), n. 333 (Roma, 4 dicembre 1694, p. 323).
49 - Cfr. la lettera n. 19 (Firenze, 9 novembre 1683, p. 19). Dieci anni più tardi Segneri rinvia Cosimo a un passo della stessa opera perché ne ottenga sollievo da una sua " croce ": cfr. la lettera n. 292 (Roma, 23 maggio 1693, pp. 274-75); un caso simile anche nella lettera n. 320 (Roma, 20 marzo 1694, p. 308), scritta a meno di due settimane di distanza dalla morte della granduchessa Maria Vittoria, madre di Cosimo, avvenuta il 6 marzo: cfr, Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit, tomo IV, pp. 317-18; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 457; erroneamente G.F. Young (The Medici, vol. II, New York, E.P. Dutton, 1930, pp. 471-72) data la morte della Granduchessa al 1693.
50 - Cfr. la lettera n. 84 (Firenze, 23 marzo 1686, p. 68).
51 - Cfr. le lettere n. 85 (Firenze, 31 marzo 1686, p. 69), n. 217 (Lerici, 14 set-j tembre 1691, p. 177).
52 - Cfr. le lettere n. 115 (Firenze, 18 gennaio 1687, p. 87), n. 118 (Firenze, 1 marzo 1687, p. 89), n. 121 (Firenze, 22 marzo 1687, p. 92).
53 - Cfr. la lettera n. 182 (Missioni di Genova, 18 agosto 1690, p. 138).
54 - Cfr. le lettere n. 183 (Missioni di Genova, 4 settembre 1690, pp. 139-40), n. 184 (Missioni di Genova, 26 settembre 1690, p. 140), n. 189 (Roma, 24 febbraio 1691, p. 144), n. 192 (Roma, 17 marzo 1691, p. 149), n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, p. 153). In un passo di quest'ultima lettera si allude anche ad un'altra opera, un " nuovo libro [...] dato a rivedere amichevolmente al Padre Trueses, e al Padre Giattini " (ibidem). Sulla Concordia, cfr. anche Pietro Tacchi Venturi, Lettere inedite di P.S., Cosimo IH, Giuseppe Agnelli intorno alla condanna dell 'opera segneriana " La concordia ", in " Archivio Storico Italiano ", s. 5, 31 (1903): pp. 127-65.
55 - Cfr. la lettera n. 217 (Lerici, 14 settembre 1691, p. 177).
56 - Cfr. la lettera n. 223 (Firenze, 17 gennaio 1692, p. 181).
57 - Cfr. le lettere n. 223 (Firenze, 17 gennaio 1692, pp. 181-82), n. 224 (Firenze, 26 gennaio 1692, p. 182), n. 240 (Roma, 14 giugno 1692, p. 204), n. 241 (Roma, 21 giugno 1692, p. 204).
58 - Lettera n. 268 (Roma, 3 gennaio [?] 1693, p. 247): Segneri annuncia l'invio a Firenze, insieme ad una lettera diretta a Cosimo, di " una scrittura originale spettante ai Venerdì di Santa Maria Maddalena de' Pazzi ch'egi1 [" il Marchese degli Albizi "] brama darsi alle stampe ". L'opera fu pubblicata soltanto nel 1856: cfr. Ezio Bolis, L 'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj, cit., pp. 67, 235 (dove però la data di pubblicazione è indicata come 1853-1855); non da informazioni precise sulla pubblicazione Carlos Sommervogel, Bibliotheque de la Compagnie de Jésus, tome VII, Bruxelles-Paris, Oscar Schepens, Alphonse Picard., 1896, col. 1081, n. 21. Di un " libretto " ristampato da Segneri " ad istanza del signore marchese degli Albizi " si parla nella lettera n. CXXXI, al P. Cristoforo Segneri, Ancona (Roma, 27 giugno 1693), in Paolo Segneri, Opere, volume IV, Lettere varie, cit., p. 435.
59 - Cfr. le lettere n. 283 (Roma, 31 marzo 1693, p. 265), n. 308 (Roma, 12 settembre 1693, p. 291). Un'" opera da stamparsi ", non meglio precisata, di cui si invia la prima parte a Firenze, è rammentata nella lettera n. 46 (Piacenza, 26 luglio 1685, p. 37); in un'altra occasione Segneri scrive: "Ho consegnato al Gualtieri il corpo dell'opera da indirizzare al signor Cardinale Barbarigo, perché col mezzo del signor Bassetti o di altri lo faccia capitare a V.A.S. " (n. 109, Firenze, 10 novembre 1686, p. 84); altrove accenna ad una " opera nuova " che intende spedire al conte Marescotti, dopo che è stata rivista dal Padre Assistente di Germania e dal padre Giovanni Giuliani "confessore e teologo del signor Cardinale d'Este" (n. 157, Missioni di Fermo, 30 maggio 1689, p. 122); infine in alcune lettere del 1693, in cui difende la correttezza del probabilismo contro la posizione del Gonzàlez, Segneri allude ad una sua " scrittura " sull'argomento, inviata a Cosimo: cfr. le lettere n. 311 (Roma, 3 ottobre 1693, pp. 294-95), n. 312 (Roma, 10 ottobre 1693, pp. 295-96); cfr. anche Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettera n. 67 (indirizzata probabilmente a Lelio Boscoli, Roma, 3 luglio 1694, p. 163), e p. 164 nota 3. Potrebbe trattarsi in questo caso delle Lettere sulla materia del probabile: cfr. in questo volume Mario Zanardi, Per la biografia di Paolo Segneri: documenti dell'Archivio Romano della Compagnia di Gesù (ARSÌ), pp. 476-77 nota 68.
60 - Un capitolo a parte, nella politica culturale fiorentina, meriterebbe l'interessamento di Segneri al Vocabolario della Crusca, e alla preparazione di una nuova edizione. Per un approfondimento teorico rimando il lettore all'articolo di Stefania Stefanelli che compare in questo volume. Mi limito qui a riportare i passi delle lettere a Cosimo che contengono riferimenti alla Crusca: " Trovo il Padre Assistente suddetto [della Germania] aspettare impazientemente il Vocabolario nuovo della Crusca" (n. 153, Roma, 5 marzo 1689, p. 118). Sei mesi più tardi, dopo aver avuto un colloquio con il Redi, Segneri incoraggia Cosimo a riunire l'Accademia per un'accurata revisione del Vocabolario, che prevenga ogni critica: " È venuto il signor Redi a trovarmi; e veduto che abbiamo insieme come la cosa è di considerazione non ordinaria, abbiamo dopo lunga consultazione conchiuso ancora non parervi rimedio più decoroso, se non che questo: che V.A.S. dica aver lei saputo come in Francia si prepara al Vocabolario una critica rigorosa, e di ciò il signor Redi fa certa fede, e simil critica potere apprestarsi ancora da altri, come avvenne alla primiera edizione: e che però, a non aspettar l'avversario, quando lo possiam prevenire, par giusto che prima di dar fuori questa edizione novella, si raduni l'Accademia con la dovuta pienezza; si ripartiscano a ciascuno degli Accademici una o due lettere dell'alfabeto per uno, come sarà giudicato; si oda sopra quelle il loro giudizio su le difficultà che potrebbono quivi addursi, e si provegga poi di concerto a quanto accadesse secondo che sarà giudicato su questo ancora. Quando il signor Redi venga da V.A.S., può ella dirne a lui pure qualche parola, e udire il suo senso. Certo è che varie cose, così come stanno, sarebbono da decidersi, e dall'altro lato con poco si potrà provvedere a molto, sì che l'opera aspettata con tanta avidità esca fuori più pura che sia possibile. Ho giudicato di non tardare a dare a V.A.S. questa risposta, perché il rimedio porta seco alquanto di tempo" (n. 163, Firenze, 19 novembre 1689, pp. 126-27).
61 - Dalle testimonianze dei suoi collaboratori risulta che Cosimo fece venire dall'estero un buon numero di libri, tra cui ad esempio un dizionario latino, lituano e polacco, una grammatica russa e Paradise lost di Milton (di cui Magalotti tradusse i primi 234 versi): cfr. Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 192-93. Tuttavia Antonio Magliabechi, bibliotecario di Cosimo, più volte si lamentò con visitatori stranieri dello stato di abbandono in cui giacevano i manoscritti raccolti nella biblioteca granducale: cfr. ibidem, p. 194. Dell'amore di Cosimo per la cultura e degli sforzi da lui fatti per accrescere le collezioni di varie biblioteche toscane parla a lungo Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, cit., tomo VIII, parte I, pp. 15-16, 75-76 (sui Medici e la promozione della cultura nel XVII secolo, cfr. anche ibidem, pp. 6-7, 10,39-40,55-58).
62 - Lettera n. 1 13 (Firenze, 12 gennaio [?] 1687, p. 86). Le opere ricercate sono " quelle [...] stampate in Ansterdam [sic] dopo l'anno 1679 sino al presente ", e Segneri le richiede a nome di padre Domenico Brunacci, come risulta dalle lettere n. 1 18 (Firenze, I marzo 1687, p. 89), n. 120 (Firenze, 8 marzo 1687, p. 91), n. 122 (Firenze, 30 marzo 1687, pp. 92-93). Cfr. in proposito anche la lettera n. 121 (Firenze, 22 marzo 1687, p. 92), Antoinette Bourignon de La Porte (1616-1680), visionaria, nemica dichiarata del Cattolicesimo, operò soprattutto in Germania e in Olanda. Si credeva chiamata a resuscitare la semplicità e la purezza primitiva del Vangelo; fu accusata di eresia e stregoneria. I suoi scritti furono pubblicati in 19 volumi (Toutes les Oeuvres de Mile Antoinette Bourignon, Amsterdam, 1679-1686) da Pierre Poiret, che vi premise una biografia e una prefazione apologetica: è questa l'edizione a cui si riferisce Segneri. Proprio nel 1687 i testi della Bourignon furono messi all'Indice (v'era stato a questo riguardo un primo decreto nel 1669, e un altro tu emesso nel 1757). Su di lei, cfr. Anselmo Musters, s.v. " Bourignon, Antoinette de La Porte ", Enciclopedia cattolica, dir. Mons. Pio Paschini, voi. II, Città del Vaticano, Ente per l'enciclopedia cattolica e per il libro cattolico, 1950, coli. 1990-91; Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 86 nota 1 .
63 - Lettera n. 157 (Missioni di Fermo, 30 maggio 1689, p. 122).
64 - Lettera n. 161 (Firenze, 6 novembre 1689, p. 125). Il testo è il seguente: Ugonis de S. Charo, Opera omnia in universum Vetus et Novum Testamentum..., Venetiis, apud Sessas, 1600, opera stampata più volte nel Cinque e Seicento (ad es. Parigi, 1532-45; Colonia, 1621; Lione, 1645); in tutte le edizioni citate il II tomo è In Psalterium universum Davidis.
65 - Lettera n. 162 (Firenze, 11 novembre 1689 [?], p. 126).
66 - Lettera n. 187 (Firenze, 9 febbraio 1691, p. 142). In un'altra lettera (n. 297, Roma, 27 giugno 1693, p. 281) Segneri ringrazia Cosimo " del carattere conceduto per lo risarcimento di alcuni Quaresimali ", che si impegna a cedere al Collegio di San Giovannino.
67 - Lettera n. 80 (Firenze, 23 febbraio 1686, pp. 64-65): l'antologia descritta da Segneri è Scelta di poesie italiane non mai per l'addietro stampate de' più nobili autori del nostro secolo, Venezia, P. Baglioni, 1686; contiene una Lettera dedicatoria di Francesco Baglioni alla Regina di Svezia, e poesie di vari autori, tra cui, oltre ai già citati Chiabrera e Azzolino, anche Sforza Pallavicino. I tre esemplari mandati a Firenze erano destinati a Cosimo, al fratello di lui Francesco Maria e a Gian Castone, quantunque Segneri temesse che la satira dell'Azzolino potesse essere lettura sconsigliabile per un adolescente (alla data della lettera Gian Castone non aveva ancora compiuto quindici anni).
68 - Lettera n. 132 (Piacenza, 17 settembre 1687, p. 101).
69 - Lettera n. 131 (Missioni di Piacenza, 16 agosto 1687, pp. 100-01): "ho animo di fare [...] una breve scorsa sino a Milano [...] per trattare col signor Carlo Maria Maggi intorno a quelle sue tanto nobili poesie, che egli volea sotto la mia direzione stampar costì ". L'edizione a cui allude Segneri, con tutta probabilità, è la seguente: Rime varie di Carlo Maria Maggi, In Firenze, Nella Stamperia di S.A.S., 1688. Per l'invio a Cosimo di una canzone del Maggi, cfr. anche n. 137 (Firenze, 16 novembre 1687, p. 106).
70 - Cfr. ad esempio le lettere n. 123 (Roma, 19 aprile 1687, p. 93) e n. 129 (Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, pp. 99-100).
71 - Nella lettera n. 119 (Firenze, 5 marzo 1687, pp. 90-91), Segneri prima di partire per Roma, per la Congregazione Provinciale, chiede a Cosimo un appuntamento per ricevere da lui eventuali istruzioni (così fa anche nella lettera n. 227, Firenze, 12 febbraio 1692, pp. 186-87). Cfr. anche le lettere n. 287 (Roma, 18 aprile 1693, p. 268), n. 315 (Roma, 31 ottobre 1693, pp-300-02), n. 322 (Roma, 19 giugno 1694, pp. 311-12).
72 - Cfr. la lettera n. 290 (Roma, 9 maggio 1693, pp. 271-72).
73 - Sugli " affari " dei Gesuiti cfr. anche le lettere n. 302 (Roma, 1 agosto 1693, p. 285), n. 310 (Roma, 26 settembre 1693, p. 293), n. 316 (Roma, 8 gennaio 1694, pp. 303-04), n. 317 (Roma, 6 febbraio 1694, pp. 304-05), n. 318 (Roma, 20 febbraio 1694, p. 306).
74 - Sessantotto proposizioni tratte dalla sua Guìa espiritual (1675) vennero riprovate come eretiche. Esse riguardavano i benefici della cosiddetta " via interna ", metodo che riconduce l'anima a Dio attraverso l'annullamento della volontà umana (prop. 1) e l'abbandono totale all'azione di Dio (prop. 7-13), alle pulsioni naturali (prop. 14-17), e perfino alle tentazioni (prop. 41-52). Le idee quietiste trovarono in Italia un acceso sostenitore in Pietro Matteo Petrucci, vescovo di lesi (dal 1681), nominato cardinale da Innocenzo XI nel 1686. Contro il Petrucci si schierò Segneri, con la sua Lettera di risposta (Venezia, 1681), e la controversia alla fine ebbe come risultato un'inchiesta da parte dell'Inquisizione, in seguito alla quale cinquantaquat-tro proposizioni tratte da otto scritti del Petrucci furono condannate, nel 1688. Sul Molinos cfr. anche il commento di Giannini, Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. 101-02 nota 1, e, in questo volume, l'intervento di Quinto Marini, Le biografie di Paolo Segneri, cit., pp. 68-69. Al Molinos si riferiscono anche le lettere n. 63 (Firenze, 1 gennaio [?] 1686, p. 49: invia a Cosimo una copia dell'" editto di Spagna sopra la Guida del Dottor Molinos "), n. 68 (Firenze, 11 gennaio 1686, p. 53), n. 119 (Firenze, 5 marzo 1687, p. 91), n. 132 (Piacenza, 17 settembre 1687, pp. 101-02: annuncia con malcelato entusiasmo di aver saputo a Milano " la strepitosa condannazione dell'infelice Dottor Molinos "), n. 133 (Piacenza, 20 settembre 1687, p. 102). Su Segneri e il quietismo, cfr. Henry C. Lea, Molinos and the Italian Mystics, in " The American Historical Review ", vol. XI, No. 2. (Germ. 1906), pp. 253-54; Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, cit., pp. 472-74, 480; Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj, cit., pp. 79-93, 185-86,194-95,202-07,228-29.
75 - Lettera n. 118 (Firenze, 1 marzo 1687, pp. 89-90).
76 - Lettera n. 121 (Firenze, 22 marzo 1687, p. 92).
77 - La lettera n. 305 (Roma, 22 agosto 1693, p. 288) descrive una voce proveniente dalla Spagna, secondo la quale Segneri e La Chaize avrebbero unito le forze per " far cadere " Gonzàlez; non si tratta di un caso isolato: anche la pasquinata dei manoscritto casanatensc proclama che Segneri " fa la spia al Padre delle scese " (Valerio Marucci, La teologia dell'invettiva: una pasquinata contro Paolo Segneri, cit, p. 94). Che la calunnia iberica sia vera o no, resta il fatto che Segneri aveva inviato poco tempo prima una lettera al padre La Chaize, consigliere spirituale e poi confessore di Luigi XIV, e ne aveva ricevuto risposta nel giro di poche settimane: cfr. le lettere n. 293 (Roma, 26 maggio 1693, p. 275), n. 299 (Roma, 11 luglio 1693, p. 282), n. 301 (Roma, 25 luglio 1693, p. 284). Tuttavia l'oggetto della missiva poteva essere l'affare delle Bolle di cui si occupava Segneri in quel periodo o addirittura la condotta della granduchessa, Margherita Luisa d'Orléans, che dal 1675 viveva a Parigi, separata dal marito: in più di un'occasione La Chaize fu sollecitato ad intervenire e a mediare tra i coniugi o, a turno, tra uno di loro e il Re di Francia, cugino di Margherita Luisa (cfr. Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 170-71, 196; Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 279-80, 307, 309; Giannini, Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. XXIV). Va notato però che mai nelle lettere Segneri cita la Granduchessa (un'assenza di per sé significativa); ogni volta che nel carteggio compare il termine " Granduchessa ", senza altre specificazioni, Segneri si riferisce chiaramente alla madre di Cosimo, Maria Vittoria della Rovere: cfr. le lettere n. 134 (Parma, 1 ottobre 1687, p. 103), n. 211 (Pontremoli, 20 luglio 1691, p. 172), n. 220 (Firenze, 24 ottobre 1691, p. 179), n. 223 (Firenze, 17 gennaio 1692, p. 182), n. 288 (Roma, 25 aprile 1693, p. 269), n. 319 (Roma, 14 marzo 1694, p. 307). In ogni caso Cosimo, il quale " sapeva scovare i gesuiti e i frati dappertutto " (Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 120), trovò davvero in La Chaize un prezioso alleato: per esempio, secondo Galluzzi il confessore del Re nel 1687 " procurò di ristabilire alla Corte di Francia la reputazione del G. Duca già decaduta per le antecedenti diffamazioni e ridicolezze sparse dalla G. Duchessa " (Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 279-80; cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp, 308, 323-28, 330). E appunto sotto l'anno 1692, una data abbastanza vicina a quella dei riferimenti contenuti nell'epistolario segneriano, Galluzzi scrive che Cosimo " avea saputo guadagnarsi la confidenza del Gesuita la Chaise " (ibidem, tomo IV, p. 305). Su Francois d'Aix de La Chaize, cfr. Dictionnaire de Biographie Francaise, dir. M. Prevost, Roman D'Amat, H. Tribout de Morembert, J.-P. Lobies, fase. 108, Parigi, Letouzey et Ané, 1994, coli. 1481-83; sui suoi contatti con Segneri, cfr. Valerio Marucci, La teologia dell'invettiva: una pasquinata contro Paolo Segneri, cit,, pp. 95-96.
78 - Su Gonzàlez e Segneri si leggano le pagine di Quinto Marini, Le biografie di Paolo Segneri, cit., pp. 69-72; Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj, cit., pp. 53-57; su Gonzàlez cfr. William V. Bangert S.I., Storia della Compagnia di Gesù, a cura di Mario Colpo S.I., Genova, Marietti, 1990, pp. 296-301. Sull'elezione di Tirso Gonzàlez al generalato cfr. le lettere n. 127 (Piacenza, 19 maggio 1687, p. 97), n. 129 (Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, p. 100), n. 130 (Borzonasco, 2 agosto 1687, pp. 99-100). Circa il Tractatus succinctus de recto usu opinionum probabilium, " fatto stampare furtivamente " dal Gonzàiez per sfuggire alla censura ecclesiastica, cfr. le lettere n. 278 (senza indicazioni di luogo e data, ma annessa a una lettera scritta da Roma, 28 febbraio 1693, p. 259), n. 284 (Roma, 4 aprile 1693, pp. 265-66), n. 303 (Roma, 8 agosto 1693, pp. 286-87), n. 309 (Roma, 15 settembre 1693, p. 293), n. 312 (Roma, 10 ottobre 1693, p. 296), n. 313 (Roma, 17 ottobre 1693, pp. 297-98), n. 314 (Roma, 24 ottobre 1693, pp. 299-300). Per una descrizione delle opposte posizioni tattiche e teologiche in seno alla Compagnia, cfr. le lettere n. 290 (Roma, 9 maggio 1693, pp. 271-72), n. 311 (Roma, 3 ottobre 1693, pp. 294-95), n. 312 (Roma, 10 ottobre 1693, pp. 295-96). Un foglio scritto da Segneri in merito alla convocazione della Congregazione Generale per risolvere la disputa si legge in appendice alla lettera n. 315 (Roma, 31 ottobre 1693, pp. 300-02); sul medesimo argomento cfr. anche la lettera n. 322 (Roma, 19 giugno 1694, pp. 311-12). Gonzàlez e le divisioni createsi all'interno della Compagnia sono rammentate brevemente anche nelle lettere n. 286 (Roma, 11 aprile 1693, p. 267), n. 287 (Roma, 18 aprile 1693, p. 268), n. 288 (Roma, 25 aprile 1693, p. 269), n. 289 (Roma, 2 maggio 1693, p. 270), n. 318 (Roma, 20 febbraio 1694, p. 306), n. 323 (Roma, 26 giugno 1694, pp. 312-13), n. 324 (Roma, 3 luglio 1694, p. 313), n. 326 (Roma, 31 luglio 1694, p. 316), n. 327 (Roma, 7 agosto 1694, pp. 317-18). Un suo colloquio con Segneri su un possibile accordo matrimoniale fra i Medici e la Casa di Spagna è citato nella lettera n. 154 (Roma, 19 marzo 1689, p. 119); altri " abboccamenti " su questioni inerenti il Collegio di San Giovanni sono riferiti nelle lettere n. 189 (Roma, 24 febbraio 1691, pp. 144-45), n. 190 (Roma, 3 marzo 1691, pp. 145-47); per la questione della nomina di Segneri a Predicatore Apostolico, cfr. le lettere n. 225 (Firenze, 6 febbraio 1692, p. 184), n. 226 (Firenze, 10 febbraio 1692, p. 185). Sul decreto del Re di Spagna in favore di Gonzàlez, cfr. le lettere n. 304 (Roma, 15 agosto 1693, pp. 287-88), n. 305 (Roma, 22 agosto 1693, p. 288), n. 312 (Roma, 10 ottobre 1693, pp. 296-97), n. 315 (Roma, 31 ottobre 1693, pp. 301-02), n. 321 (Roma, 6 giugno 1694, pp. 310-11).
79 - Cfr. le lettere n. 189 (Roma, 24 febbraio 1691, p. 144), n. 190 (Roma, 3 marzo 1691, pp. 145-46), n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, p. 149), n. 192 (Roma, 17 marzo 1691, p. 150), n. 193 (Roma, 28 marzo 1691, pp. 150-51), n. 194 (Roma, 31 marzo 1691, p. 1,52), n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, p. 153), n. 207 (Casola, 22 giugno 1691, p. 166), n. 211 (Pontremoli, 20 luglio 1691, p. 171). Sulle manovre dei Medici in occasione della scelta dei Papi, durante il regno di Cosimo III, cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 291; per l'elezione di Innocenzo XII, cfr. ibidem, p. 304; per quella di Clemente XI, cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 580-82.
80 - Cfr. ad esempio la lettera n. 234 (Roma, 26 aprile 1692, p. 195). Va sottolineato che quelli erano esattamente i dettagli che all'epoca erano richiesti agli ambasciatori o agli informatori residenti presso una corte straniera.
81 - Cfr. le lettere n. 238 (Roma, 31 maggio 1692, p. 201), n. 267 (Roma, 27 dicembre 1692, p. 246), n. 269 (Roma, 10 gennaio 1693, p. 250), n. 272 (Roma, 31 gennaio 1693, p. 252), n. 277 (Roma, 28 febbraio 1693, p. 258), n. 281 (Roma, 21 marzo 1693, p. 262), n. 282 (Roma, 28 marzo 1693, p.263), n. 283 (Roma, 31 marzo 1693, p. 264), n. 284 (Roma, 4 aprile 1693, p. 265), n. 285 (Roma, 7 aprile 1693, p. 266), n. 286 (Roma, 11 aprile 1693, pp. 266-67), n. 287 (Roma, 18 aprile 1693, p. 268), n. 288 (Roma, 25 aprile 1693, p. 269), n. 289 (Roma, 2 maggio 1693, p. 270), n. 290 (Roma, 9 maggio 1693, p. 272), n. 291 (Roma, 16 maggio 1693, p. 273), n. 292 (Roma, 23 maggio 1693, p. 274), n. 293 (Roma, 26 maggio 1693, pp. 275-76), n. 295 (Roma, 6 giugno 1693, pp. 277-78), n. 297 (Roma, 27 giugno 1693, p. 280), n. 298 (Roma, 4 luglio 1693, p. 281), n. 299 (Roma, 11 luglio 1693, pp. 282-83), n. 301 (Roma, 25 luglio 1693, pp. 284-85), n. 305 (Roma, 22 agosto 1693, p. 288), n. 307 (Roma, 5 settembre 1693, p. 290). La questione, com'è noto, nacque dalla Declaratio cleri Gallicani del 1682, voluta da Luigi XIV, il quale aveva convocato un'assemblea dei Vescovi e dei rappresentanti del clero francese perché lo appoggiasse nel contrasto con la Santa Sede a proposito della regalia (l'amministrazione regia delle diocesi vacanti). Già Innocenzo XI aveva espresso la sua riprovazione per le decisioni dell'Assemblea dell'82, e Alessandro VIII nel 1690 pubblicò la condanna dei quattro articoli gallicani nei quali si affermava la superiorità del Concilio sul Papa: Innocenzo XII giunse ad un accordo con Luigi XIV ed ottenne la revoca dell'obbligo, per i Vescovi francesi, di insegnare i quattro articoli (cfr. Michele Maccarrone, s.v. " Gallicanesimo ", Enciclopedìa cattolica, vol. V, cit., 1950, coli. 1898-1900; per una recente rivisitazione dei principii gallicani, in favore dell'autonomia dei vescovi, si leggano le parole di Klaus Schatz nell'intervista di Marco Politi, 11 primato del Papa? Un gesuita lo mette in forse, in " La Repubblica ", 5 dicembre 1997, p. 42). Non è un caso che, nel bel mezzo della disputa con i Cardinali francesi, Segneri annunci una predica " sopra il pregiudicio che porta fra gli ecclesiastici lo spirito nazionale " (n. 272, Roma, 31 gennaio 1693, p. 252), la quale, pronunciata, procura un po' di scompiglio per la natura delicata dell'argomento (cfr. anche la lettera n. 273, Roma, 7 febbraio 1693, pp. 253-54).
82 - Cfr. le lettere n. 232 (Roma, 5 aprile 1692, p. 193), n. 235 (Roma, 3 maggio 1692, p. 197), n. 239 (Roma, 7 giugno 1692, p. 202), n. 240 (Roma, 14 giugno 1692, p. 203), n. 241 (Roma, 21 giugno 1692, pp. 204-05), n. 249 (senza indicazioni di data e luogo, probabilmente del 28 giugno 1692, scritta ovviamente a Roma, pp. 214-15: cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 214 nota 1): la Bolla venne promulgata il 28 giugno 1692, secondo gli Annali del Muratori, citati nella nota del Giannini, o il 22 giugno, secondo quello che reca l’Enciclopedia cattolica (Roberto Palmarocchi, s.v. " Innocenzo XII ", vol. VII, cit., 1951, coli. 25-27); la Bolla vietava ai Papi di arricchire nipoti e parenti. Sulla riforma della Chiesa intrapresa da papa Innocenzo XII, contro " il Nepotismo, e la Venalità ", cfr. anche le lettere n. 252 (Roma, 27 settembre 1692, p. 223), n. 254 (Roma, 11 ottobre 1692, pp. 225-26), n. 255 (Roma, 18 ottobre 1692, pp. 227-28), n. 25S (Roma, 8 novembre 1692, p. 232), n. 260 (Roma, 15 novembre 1692, p. 235), n. 261 (Roma, 22 novembre 1692, pp. 236-37), n. 271 (Roma, 24 gennaio 1693, p. 251). Un accenno al Nepotismo si trova nella lettera prefatoria Beatissimo Padre (datata 20 maggio 1693), in Paolo Segneri, Prediche dette nel Palazzo Apostolico, e dedicate alla Santità [sic] di Nostro Signore Papa Innocenza Duodecimo, In Roma, A Spese di Gio: Giacomo Komarek, MDCXCIV, senza numero di pagina.
83 - Cfr. la lettera n. 295 (Roma, 6 giugno 1693, p. 278). A proposito dei Giansenisti, vale la pena di ricordare che in una lettera precedente Segneri aveva riferito d'aver incontrato personalmente " l'insigne Padre Decamps, martello de' Giansenisti ", di passaggio da Piacenza diretto a Roma (n. 127, Piacenza, 19 maggio 1687, p. 97). Altri brevi riferimento ai Giansenisti e alle loro dottrine si leggono nelle lettere n. 314 (Roma, 24 ottobre 1693, p. 299), n. 330 (Roma, 6 novembre 1694, p. 321).
84 - Segneri, indignato, parla di questi imbrogli come di " porcherie " (n. 259, Roma, 9 novembre 1692, p. 234), e aggiunge con tono drammatico: " Se il Papa stesso è ingannato in questa maniera, V.A. ben vede a che tutti i Principi sian soggetti " (ibidem). Sui falsi cfr. anche le lettere n. 260 (Roma, 15 novembre 1692, p. 235), n. 261 (Roma, 22 novembre 1692, pp. 235-36), n. 262 (Roma, 29 novembre 1692, p. 238), n. 263 (Roma, 6 dicembre 1692, pp. 239-40), n. 279 (Roma, 7 marzo 1693, p. 260), n. 280 (Roma, 14 marzo 1693, p. 261), n. 302 (Roma, 1 agosto 1693, p. 285). Nello spirito pratico che lo contraddistingue, Segneri comporrà anche una predica ispirata alla vicenda, sulla " fedele amministrazione delle entrate ecclesiastiche " (n. 275, Roma, 14 febbraio 1693, p. 256).
85 - Lettera n. 256 (Roma, 25 ottobre 1692, p. 229). Altrettanto fiero è Segneri della sua opera di mediazione tra il Vaticano e il clero francese dopo le dichiarazioni dell'82: " V.A. sia certa che tutta la superazione delle diffìcultà seguita finora, che è stata grande, si può dire [...] dovuta a me, più che a qualunque altro " (n. 267, Roma, 27 dicembre 1692, p. 246); cfr. anche la lettera n, 269 (Roma, 10 gennaio 1693, p. 250). Sull'attività politica, diplomatica e teologica svolta a Roma dal Segneri, cfr. Valerio Marucci, La teologia dell'invettiva: una pasquinata contro Paolo Segneri, cit.
86 - Cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 3: " II principato mediceo, che con Ferdinando II iniziò insensibilmente il periodo della sua decadenza, sotto il mal governo di Cosimo III s'incamminò fatalmente alla sua completa rovina "; il concetto è ovviamente ripetuto nel corso dell'opera (cfr. ad esempio ibidem, pp. V, 84, 453), e sembra aver ispirato la scelta del detto collocato in epigrafe alla prima parte: " Non più Medici... tutti sani! " (p. 1 ; corsivo nell'originale). Così scrive, all'inizio del capitolo dedicato a Cosimo III, G.F. Young (The Medici, cit., p. 459): " Down the steep path from degradation to degradation go the Medici " [" Giù per la china di degradazione in degradazione procedono i Medici "]; Young di seguito afferma che il regno di Cosimo incarna, per l'osservatore moderno, la morte di tutti i sentimenti più alti e generosi, la fine della potenza e della forza di carattere, l'annullamento di ogni talento; e aggiunge che mentre grandi cose avvenivano in Europa, in Toscana c'erano solo decadenza e rovina (ibidem). Il ritratto che Young fa della personalità del Granduca è fé rocemente negativo, oltreché superficiale dal punto di vista del giudizio storico (ibidem, pp. 462-64). Furio Diaz intitola uno dei paragrafi su Cosimo " Cosimo III: depressione e oscurantismo di un regno senza prospettive " (Il Granducato di Toscana, I Medici, cit, p. 466), e usa senza risparmio termini come " decadenza ", " tramonto ", " crisi " (ibidem, pp. 466-67), accanto a espressioni come " degradazione dello Stato " (ibidem, p. 499).
87 - Così gli scriveva infatti da Parigi, con mordacità popolaresca: " La vostra devozione non vi servirà di niente, e potete fare quello che volete perché siete un fior di ruta, Dio non vi vuole e il Diavolo vi rifiuta " (Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 255; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 61). Anche altrove Galluzzi riporta l'accusa a Cosimo di essere " un falso devoto " (Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., p. 263); cfr. anche Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit, pp. 9, 11, 34-35, 193, 283.
88 - Anche il Giannini cita a proposito di Cosimo le parole denigratorie usate da Antonio Zobi per descriverlo (" caparbio, fiero e ridicoloso santoccio " [corsivo nel testo]), e sia lui che Conti riportano quattro versi satirici scritti sul Granduca, attribuiti a Benedetto Menzini (1646-1704): cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. xv-xvi; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 280; il " fiele del satirico poeta Menzini " è rammentato anche da Galluzzi, quando afferma che la Toscana divenne sotto Cosimo oggetto di derisione: cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato dì Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 262 (sul Menzini, cfr. Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, tomo VIII, parte II, cit., pp. 471-72; Mario Saccenti, s.v. " Menzini, Benedetto ", Dizionario critico della letteratura italiana, vol. II, cit., pp. 595-98). Le stesse pagine di Pompeo Litta che Giannini riproduce al termine della Dedicatoria contengono una serie interminabile di critiche rivolte al Granduca, soprattutto per la sua " mal regolata divozione " (ibidem, pp. XIII, XXV); e ciò a dispetto del fatto che Litta era sembrato al Giannini " lo storico più temperante e discreto fra quanti altri scrissero della famiglia medicea " (ibidem, p. XV). Sui giudizi di Litta e Galluzzi, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d, C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., pp. 457-58. Viceversa, per una difesa letteraria degli ultimi Medici, venata da un'ironia paradossale e ammiccante, si legga la conclusione di Toscana immaginaria di Curzio Malaparte, che comincia con l'esclamazione " Sapienza dei Granduchi! " (Curzio Malaparte, Toscana immaginaria, in Il dorato sole dell'inferno etrusco e altre prose, introd. di Luigi Testaferrata, Firenze, Franco Cesati Editore, 1985, p. 21); Malaparte si riferisce ai Medici con espressioni quali " Zii d'America ", " Patemi Granduchi ", " cari parrucconi " (ibidem).
89 - Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 262. Anche Stendhal, nell’Abbesse de Castro, scrive che fra i " tiranni " che si impadronirono dell'Italia dopo il Medioevo i Medici furono " les moins belliqueux et les plus hypocrites de tous " (M. de Stendhal, L'abbesse de Castro, Bruxelles, Société Belge de Librairie Hauman et ce., 1840, p. 3).
90 - Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici., cit., tomo IV, pp. 261, 410 et passim; cfr. anche ibidem, tomo IV, p. 210: " i Frati disponevano di tutto, e nulla si risolveva senza il loro consiglio ". Anche Young rammenta " Cosimo's subordination to priestly influence " [" la sottomissione di Cosimo all'influenza dei preti "] (The Medici, cit., p. 460); cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 291. Sul grande numero di religiosi presenti nella città di Firenze, insieme a una schiera dì " Penitent whores, renegade Turks and con-verted Jews " [" prostitute pentite, Turchi rinnegati e Ebrei convcrtiti "], insiste Harold Acton (The last Medici, cit., p. 169), riprendendo liberamente le parole di Giuseppe Conti (Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 120, 121-22). Acton tuttavia ha un atteggiamento generalmente moderato nei confronti di Cosimo (con alcune eccezioni: The last Medici, cit., pp. 173, 184, 187-88, 197, 211), mentre rivolge attacchi più pesanti e diretti ai suoi collaboratori (ibidem, pp. 169, 181, 186, 191, 201) e ai figli (ibidem, pp. 164, 169, 172, 198, 209, 217-18). Sul controllo dell'istruzione da parte dei Gesuiti, cfr. ibidem, pp. 192, 206.
91 - Romolo Caggese, Firenze dalla decadenza di Roma al Risorgimento d'Italia, vol. III, II Principato, Firenze, Bemporad, s.d., p. 25. Di bigotteria ridicola parlano anche Galluzzi (Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 318), Conti (Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 291-92), Young (The Medici, cit., p. 462), Acton (The last Medici, cit., p. 197), Diaz (II Granducato di Toscana. I Medici, cit., pp. 493, 494, 495-96, 501-02), J. Lucas-Dubreton (La vita quotidiana a Firenze ai tempi dei Medici, trad. Rosanna Pela, Milano, Rizzoli, 1996, pp. 362, 363-64). Perfino in un recente articolo sulla nuova leva di comici toscani, Alberto Asor Rosa trova modo di parlare, per il passato della Toscana, di una fase di " bigotteria " e di un " Granducato [...] triste " (Che ridere siamo toscani. Benigni, Pieraccioni & Co., in " La Repubblica ", 20 maggio 1998).
92 - Così si esprime Hewlett nel suo The road in Tuscany, un'opera in due volumi che narra un viaggio da lui compiuto nel 1902, a piedi e in carrozza, e che si colloca a metà strada tra la guida turistica e la cronaca romanzata: " [...] the Medici power [...] fell to powder when the blood was mixed, and fhttered out with Cosimo III, and Giovanni Gastone, the first a Jesuit, the second a dreary frip " [" [...] il potere dei Medici [...] cominciò a dissolversi quando il loro sangue si mescolò, e si ridusse a nulla con Cosimo III e Giovanni Gastone, il primo un Gesuita, il secondo un noioso fronzolo "] (Maurice H. Hewlett, The road in Tuscany. A commentary, Londra-New York, Macmillan, 1904, vol. I, p. 34). Poco più avanti, tracciando di nuovo la parabola della decadenza di Firenze dopo il Quattrocento, Hewlett, che aveva letto non solo Machiavelli e Guicciardini, ma anche Galluzzi (ibidem, pp. 3-4), afferma: " There were the Spaniards to come after that, and the Grand Dukes, Alessandro the black satyr, and Cosimo with his iron club [Cosimo I], and the Jesuits, and the cicisbei, and the Academy " [" arrivarono gli Spagnoli, dopo, e i Granduchi, Alessandro il satiro nero, e Cosimo con il suo pugno di ferro, e i Gesuiti, e i cicisbei, e l'Accademia "] (ibidem, p. 36). E ancora: " Cosimo Terzo [sic], haunted by Jesuits " [" Cosimo III, perseguitato dai Gesuiti "] (ibidem, p. 166; cfr. anche ibidem, p. 151); per converso Hewlett rileva come un singolare pregio il fatto che Lucca sia stata immune, a suo dire, dall'intrusione dei Gesuiti (ibidem, p. 382). Un simile giudizio su Cosimo, completamente in mano ai religiosi, è ripetuto da vari personaggi del romanzo storico di Hewlett che ha per titolo Thefool erranti being the memoirs of Francis-Antony Strelley, esq., citizen of Lucca, 2 voll., Leipzig, Bernhard Tauchnitz, 1906: cfr. vol. I, pp. 243, 268. Maurice Henry Hewlett (1861-1923), membro della Royal Society of Literature, dopo avere iniziato una carriera legale, e dopo avere ricoperto per pochi anni la carica di Keeper of Land Revenue Records and Enrollments, lavorò per gran parte della sua vita come lecturer di arte medievale alla South Kensington University. Nel 1898 pubblicò The foresi lovers, un romanzo che ha per sfondo l'Inghilterra medievale e che ebbe un grande successo di vendite, rendendo l'autore immediatamente famoso. Hewlett scrisse molti altri romanzi storici, tra cui alcuni dedicati all'Italia, come ad esempio i testi raccolti nel volume Little Novels ofltaly, London, Chapman
& Hall, 1899. Alla Toscana, oltre ai testi già ricordati, dedicò Earthwork out of Tuscany, con illustrazioni di James Kerr Lawson, New York, G.P. Putnam, 1899 [prima edizione, Londra, 1895].
93 - Cfr. Ferrante Palìavicino, Il corriero svaligiato, a cura di Armando Marchi, Parma, "Progetto Archivio Barocco", 1984. Una delle lettere è appunto diretta ad illustrare le trame dei Gesuiti: " Conchiusero d'udire questa lettera al vedere ch'era d'un Padre Giesuita. "Conterrà in sé - disse il Barone - alcun interesse de' Principi, spiato da questo buon Padre nell'anticamera d'alcun Grande". "E perché non nel suo proprio Gabinetto? - soggiunse il Cavaliere -. Rassembra bene che siate poco esperto de' costumi di questi tali, e massime dell'ordinaria proprietà d'ambire la privanza de' Principi, più forse che quella di Christo" " (ibidem, pp. 42-43). Su Pallavicino e i Gesuiti, cfr. Antonio Ricci, Ferrante Paliavicino, the Incogniti, and the Print Revolution, in " McLuhan Studies ", 1 (1993), p. 215. Sovviene il motto pascaliano " les grands ont souhaité d'étre flattés; les Jésuites ont souhaité d'étre aimés des grands " (Pascal, Oeuvres complètes, a cura di Jacques Chevalier, Gallimard [" Bibliothèque de la Plèiade "], s.l., 1969, Fragments divers, Sur la casuistique et la probabilité, p. 1063). Giuseppe Conti imposta su tale modello della corrispondenza di maliziosi affetti il rapporto tra La Chaize e Luigi XIV: cfr. Firenze dai Medici ai Lorena, cit, p. 330.
94 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., pp. X-XI. Gli stessi Fiorentini, nel 1716, fecero circolare nella città diverse copie di un'immagine che ritraeva Clemente XI, Cosimo III e un Gesuita mentre si inchinavano l'uno di fronte all'altro davanti alle porte dell'Inferno, facendo strada ognuno al compagno (e il diavolo poi li spingeva dentro tutti e tre simultaneamente): cfr. Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 262-63. Giuseppe Conti dirige tutto il suo disprezzo contro " la bieca oscurità dell'animo loiolesco di Cosimo III " e il suo " gesuitismo " (Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 148, 272). Anche Raimondi insinua che la relazione tra Cosimo e il Gesuita avesse poco a che fare con il talento politico, quando descrive Segneri come un " consigliere devoto, e perciò ascoltato, del granduca Cosimo III " (Trattatisti e narratori del Seicento, cit., p. 654).
95 - Una strenua difesa di Cosimo III, condotta a partire proprio da quel che di lui si apprende leggendo l'epistolario segneriano, è contenuta nella recensione di " Civiltà Cattolica " al volume di Giannini: cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo HI, tratte dagli Autografi, cit., pp. 455, 456-57, 459, 460, 462-65, 469. Ribaltando la formula adottata dal Giannini, il recensore si dichiara convinto che " le lettere [...] mostreranno il vecchio Segneri ed un nuovo Cosimo " (ibidem, p. 457; corsivo nell'originale), cioè un Cosimo ben diverso da quel bigotto tiranno che la tradizione ha voluto fame. Negli ultimi anni un accenno di revisione della figura di Cosimo III e della sua politica religiosa è stato tentato da Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nel! 'opera di Paolo Segneri sj, cit., pp. 25-26. Più impegnativo e sistematico il tentativo di Jean-Claude Waquet (Le Grand-ditché de Toscane sous les derniers Médicis: Essai sur le système desfinances et la stabilite des institutions dans les anciens états italiens, Roma, Ecole francaise de Rome, 1990); ma il suo giudizio positivo delle strategie amministrative del Granduca non è sembrato interamente convincente agli occhi di alcuni recensori: cfr. R. Burr Litchfield, " The American Historical Review ", vol. XCVII, No. 4. (Ott. 1992), p. 1244.
96 - Lettera n. 109 (Firenze, 10 novembre 1686, p. 84). È difficile capire se l'Odescalchi fosse l'autore del messaggio cifrato (dato che lo spunto del riferimento è una sua lettera, pervenuta in un secondo momento nelle mani di Segneri), oppure ne fosse l'oggetto. L'esigenza di mantenere la segretezza a copertura di questi contatti era chiara fino dall'inizio: " Egli [l'Odescalchi] desidera che la notizia richiesta non esca fuori da V.A. e da me " (n. 53, Firenze, 14 dicembre 1685, p. 44); e in quell'occasione Segneri suggeriva a Cosimo di dargli una risposta a voce, che egli poi avrebbe trasmesso all'Odescalchi.
97 - Lettera n. 238 (Roma, 31 maggio 1692, p. 201: cfr. ibidem, p. 201 nota 1). Nel testo della lettera qualcuno ha aggiunto la spiegazione sopra alle cifre. La presenza e le caratteristiche del codice cifrato usato da Segneri riflettono abitudini consuete a quell'epoca (se ne vedono esempi numerosi nel carteggio tra Paolo Sarpi e l'ambasciatore inglese a Venezia, Sir Dudley Carleton: cfr. Paolo Sarpi, // carteggio con l'ambasciatore inglese Sir Dudley Carleton, in Opere, a cura di Gaetano e Luisa Cozzi, La letteratura italiana. Storia e testi, voi. XXXV, tomo I, Storici, politici e moralisti del Seicento, Milano, Ricciardi, 1969, pp. 635-719).
98 - Lettera n. 300 (Roma, 18 luglio 1693, p. 283). Cfr. anche le lettere n. 76 (Firenze, 9 febbraio 1686, p. 61): " Della mossa di V.A. a suo tempo stia pur certissima che non dirò nulla a niuno "; n. 78 (Firenze, 12 febbraio 1686, p. 63): " Dacché V.A.S. mi ha imposto silenzio al resto [...] "; n. 97 (Firenze, 8 luglio 1686, p. 78): " [...] premendo a me bensì che rimanga occulto il nome di chi lo scrive "; n. 160 (Firenze, 6 novembre 1689, p. 125): " Amerò di udire da V.A.S. il suo sentimento: tanto più che ponendolo ancora in carta, lo può con facilità porre in modo che io solo intenda " (corsivo mio); n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, p. 148): " Nel resto V.A.S. sia certa che io terrò il tutto segretissimo a chi che sia "; n. 194 (Roma, 31 marzo 1691, p. 152): " V.A.S. si prometta pure da me tutta la segretezza desiderabile in questo affare "; n. 256 (Roma, 25 ottobre 1692, p. 229): " II Padre Alamanni ne ha qualche poco d'informazione, perché non era di cosa facile a porsi in carta ". Di " segreti " e azioni occulte si parla anche nelle lettere n. 107 (Firenze, 5 ottobre 1686, pp. 82-83), n. 190 (Roma, 3 marzo 1691, p. 147).
99 - Lettera n. 234 (Roma, 26 aprile 1692, p. 195).
100 - Lettera n. 168 (Firenze, 21 gennaio 1690, p. 129).
101 - Lettera n. 70 (Firenze, 15 gennaio 1686, p. 54).
102 - Lettera n. 258 (Roma, 8 novembre 1692, p. 232). Questi particolari potrebbero dare ragione, almeno in parte, delle ampie lacune dell'epistolario; senonché le lettere raccolte nei due codici magliabechiani sono più numerose proprio in corrispondenza degli anni politicamente più travagliati. Sicché alla distruzione di lettere eseguita direttamente dai due corrispondenti si può imputare solo in parte la mancata integrità dell'epistolario.
103 - D'altronde la teologia segneriana esibisce allo studioso moderno una natura eminentemente " pratica ": su tale concetto si fonda il volume di Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell 'opera di Paolo Segneri sj, cit: cfr. soprattutto le pp. 19-20, 102-04, 116, 131, 219-27; cfr. anche la prefazione di Angelo Bertuletti allo stesso volume (spec. p. VIII). Forse si riferiva a questo anche Marzot, quando individuava nella " morale guerriera ed eroica [...] l'aspetto saliente del gesuitismo e dell'opera del Segneri " (Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., p. 21; cfr. anche p. 56)
104 - Lettera n. 3 (Missioni di Bologna, 7 giugno 1681, p. 3). Sembra che a causa delle condizioni economiche delle campagne il brigantaggio fosse in aumento intorno a Firenze, proprio all'inizio degli anni Ottanta del Seicento, almeno a giudicare dal numero di condanne eseguite: cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit, pp. 451-52; Harold Acton, The last Medici, cit., p. 201; (Galluzzi sposta però l'acuirsi del fenomeno al 1693, nel pieno della crisi internazionale e sotto il peso delle contribuzioni richieste dall'Imperatore: cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 315-16). Che la criminalità a Marradi fosse comunque un problema più serio che in altri luoghi lo confermerebbe anche un proverbio toscano, a volergli dar credito: " A Marradi seminano fagioli e nascon ladri " (Carlo Lapucci, Proverbi e motti fiorentini, Firenze, SP 44 Editore, 1993, p. 167). Senz'al-tro la vicinanza di Marradi al confine del Granducato, in epoche in cui l'estradizione era una pratica relativamente rara, fornisce al proverbio una spiegazione più seria rispetto all'aneddoto dantesco citato da Lapucci, che peraltro ribadisce la cattiva nomea di quel paese (ibidem, p. 89). Non si può ignorare, tuttavia, che l'epiteto di ladri è un'offesa comune nei proverbi toscani, che colpisce anche gli abitanti di altri paesi, primi fra tutti quelli di Campi Bisenzio (cfr. ibidem, pp. 53, 260; Curzio Malaparte, Maledetti toscani, Milano, Leonardo, 1994, pp. 111 e sgg.).
105 - " [...] io poi godei molto di conoscere un cavaliere di sì belle parti qual è quel signor commessario Astudillo, e mi rallegro che V.A. abbia in esso un ministro in fiore " (n. 38, Missioni di Piacenza, 21 settembre 1684, p. 32; su questa lettera, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., p. 461, dove erroneamente si fa del suggerimento di Segneri un caso unico); l'Astudillo ebbe un ruolo di primo piano nelle trattative sui confini con Parma. Per un episodio simile, cfr. la lettera n. 205 (Fivizzano, 8 giugno 1691, p. 164): " [...] questo signore Auditore Bucci [...] mi è riuscito un giovane impareggiabile, e spero di verità dover lui fare un'ottima riuscita in qualunque genere "; cfr. anche le lettere n. 143 (Missioni di Genova, 18 luglio 1688, p. 112), n. 145 (da Genova, 29 agosto 1688, pp. 112-13), n. 236 (Roma, 10 maggio 1692, p. 198), n. 320 (Roma, 20 marzo 1694, p. 308), n. 321 (Roma, 6 giugno 1694, pp. 310-11), n. 325 (Roma, 24 luglio 1694, p. 315), n. 326 (Roma, 31 luglio 1694, p. 316), n. 327 (Roma, 7 agosto 1694, p. 317). In un'altra lettera Segneri riporta giudizi negativi intorno all'operato di un Cancelliere: cfr. la lettera n. 85 (Firenze, 31 marzo 1686, p. 69). Esagera però Galluzzi quando afferma che i religiosi erano divenuti sotto Cosimo " i dispensatori delle cariche " e " l'unica efficace mediazione tra il Principe e i sudditi " (R-guccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 261; l'argomento è ripreso in chiave risorgimentale da Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 142). Bolis accusa Segneri e altri missionari di avere avuto una " mentalità fissista ", che impediva loro di promuovere " fermenti o critiche nei confronti dei poteri e delle autorità locali " (Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell 'opera di Paolo Segneri sj, cit., p. 33).
106 - Ad esempio in vuipost scriptum della lettera n. 7 (Missioni di Bologna, 22 settembre 1681, p. 8) Segneri si compiace dell'imparzialità dell'auditore Capponi, che sta trattando la pacificazione di due parti avverse, ma la deduce solo dalla " diffidenza " che entrambe le fazioni dimostrano nei suoi confronti. Lo stesso ragionamento, che gli deve parere di grande forza logica, applicherà a se stesso, dodici anni più tardi: " gli Spagnuoli mi stimano francese, ed i Francesi spagnuolo, onde io confido di non essere però ne l'uno né l'altro " (n. 295, Roma, 6 giugno 1693, p. 278). Con tono enfatico Bolis indica come precipua nella visione segneriana la " gravita del peccato, che stende la sua ombra nefasta su ogni aspetto dell'esistenza umana " (Ezio Bolis, L 'uomo tra peccato, grazia e libertà nell 'opera di Paolo Segneri sj, cit., p. 5; sull'" uomo peccatore " cfr. anche ìbidem, pp. 122-34, 210-12,228).
107 - Lettera n. 6 (Missioni di Bologna, 3 settembre 1681, p. 6). L'uso della forza è invocato e giustificato anche in un caso di minore importanza, quando " alcuni scorretti giovani " arrecano disturbo al seminario di Borgo San Sepolcro; Segneri afferma: " come i molestatori son tutti alcuni giovani sregolati, con le buone è difficile che si vincano " (n. 30, Firenze, 9 marzo 1684, p. 26). E nella lettera n. 34 (Monsummano Terme, 29 aprile 1684, p. 28), il Gesuita nettunese invoca la pronta espulsione dal Granducato di " una vecchia zinghera, per nome Maria, che in questo Comune ha fatta strage di più d'una agnelletta ch'ella mettea in bocca ai lupi "; ritorna poi sul medesimo caso più avanti, per informare Cosimo circa l'attuale residenza della zingara e per insistere sulla necessità e la ragionevolezza del provvedimento punitivo già richiesto: cfr. n. 35 (Borgo Val di Taro, 2 giugno l684,p.29),
108 - Lettera n. 7 (Missioni di Bologna, 22 settembre 1681, pp. 7-8). Sull'abitudine di portare le armi in chiesa, cfr. la predica XXIII del Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p. 248.
109 - II freno compare spesso nell'Iconologia del Ripa, soprattutto per rappresentare il controllo delle passioni e dei sensi, ma anche in relazione al governo, al rispetto delle leggi e alla religione: cfr. ad esempio Cesare Ripa, Iconologia, overo Descrittione d'imagini delle Virtù, Viti], Affetti, Passioni humane, Corpi celesti, Mondo e sue parti, In Padova per Pietro Paolo Tozzi, MDCXI, Nella Stamparla del Pasquali, pp. 126-27 (" DOMINIO DI SE STESSO"), 145-46 ("ETICA"), 256 (" INUBIDIENZA "), 388 ("Obedienza "), 425 (" PIACERE HONESTO "), 446 (" PUNITIONE "), 447 ("Punirtene"), 450 ("RAGIONE"), 450-52 ("RAGIONE"), 452 ("Cagione "), 455-56 (" RELIGIONE VERA CHRISTIANA "), 508 (" TEMPERANZA "), 526 ("EOLO RE DE VENTI"); per un elenco completo dei luoghi dell'Iconologia in cui è citato il freno si rimanda, piuttosto che alle " Tavole " che accompagnano alcune edizioni secentesche (non sempre accurate), a Yassu Okayama, The Ripa Index. Personifications and their attributes infive editions ofthe Iconologia, Doornspijk, Davaco, 1992, pp. 347-48,
110 - Lettera n. 174 (Firenze, 8 febbraio 1690, p. 133). Per un breve commento del passo citato, cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., p. 89: a Marzot il passo pare perfettamente in linea sia con con le idee di Machiavelli che con quelle di Boterò.
111 - Di diverso avviso è Giulio Marzot, ibidem, p. 90. Il pensiero di Machiavelli su religione e politica (su cui cfr. Emanuele Cutinelli-Rendìna, Chiesa e religione in Machiavelli, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 1998) venne ripreso ed approfondito da Giovanni Boterò: cfr. Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from thè Counter-Reformation to Milton, cit., pp. 73-74.
112 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 133. Anche Marzot mette a confronto il passo della lettera n. 174 con alcuni luoghi della predica XII del Quaresimale: cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., pp. 89-90.
113 - Una simile interpretazione dei rapporti tra Stato e Chiesa, a partire dalla predica XII, si legge in Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., p. 92.
114 - Lettera n. 205 (Fivizzano, 8 giugno 1691, p. 164).
115 - A conclusione di una lettera in cui allude in maniera coperta ad una questione importante e delicata (tanto che invita Cosimo a bruciare la missiva o a rimandargliela sigillata), Segneri inserisce un'interessante riflessione, che ha tutta l'aria di un adattamento in chiave religiosa e morale del machiavellismo: " Bisogna molto bene fermare in coscienza quello che si può fare e si debbe fare, e di poi procedere con intera risoluzione, perché Dio vede l'intimo del cuor nostro, e sa se le opere nostre hanno fine buono " (n. 368, Firenze, 21 gennaio 1690, p. 129); alla stessa questione va riferita la lettera successiva (n. 169, Firenze, 29 gennaio [?] 1690, p. 130), in cui i personaggi implicati nella faccenda sono descritti enigmaticamente come " l'amico ", il " seniore ", lo " juniore ". Per un diverso parere circa la lettera n. 168, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., p. 464.
116 - Lettera n. 289 (Roma, 2 maggio 1693, p. 270). Il medesimo personaggio, citato con il nome di " Bali Seralta " "o " Balio di Seralta ", è rammentato di nuovo alle lettere n. 290 (Roma, 9 maggio 1693, p. 272), n. 291 (Roma, 16 maggio 1693, p. 273), n. 292 (Roma, 23 maggio 1693, p. 275), n. 311 (Roma, 3 ottobre 1693, p. 295), n. 312 (Roma, 10 ottobre 1693, p. 296), n. 313 (Roma, 17 ottobre 1693, p. 297). Segneri afferma di aver visto "le lettere da lui scritte, anzi stampate al Gran Maestro di Malta, e a più altri, che son da santo " (n. 311, Roma, 3 ottobre 1693, p. 295), e così ribadisce che spregiudicatezza politica e potenza dell'esempio morale possono convivere e offrire frutti tangibili alla società. È grazie a tale ottica che Segneri si eleva al di sopra della tradizione moraleggiante in materia di governo e religione, di cui offre un ampio catalogo (e un'imperturbabile celebrazione) il Discorso II della Piazza universale di tutte le professioni del mondo, in Tommaso Garzoni, Opere, a cura di Paolo Cherchi, Ravenna, Longo, 1993, pp. 547-64, spec. pp. 558-59.
117 - "S'egli ["un signor pubblico"] ricerchi ne' suoi la virtù, ancor quando non l'abbia in sé, farà più per pubblico benefizio, che se l'avesse in sé, ma non la ricercasse ne' suoi " (Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 133).
118 - Con le debite cautele mi approprio qui della terminologia messa in voga da un dibattuto convegno della Chiesa italiana, intitolato " Evangelizzazione e promozione umana " (1976). Nelle Prediche dette nel Palazzo Apostolico, nella Predica undecima, Nel Venerdì dopo la Domenica di Passione, Segneri usa i termini " giurisdizione temporale " e " giurisdizione spirituale " per ribadire che entrambe appartengono alla Chiesa (Paolo Segneri, Prediche dette nel Palazzo Apostolico, cit., p. 234; cfr. anche ibidem, p. 136); a suo avviso si tratta semplicemente di trovare il giusto equilibrio tra l'esercizio del potere politico e di quello spirituale. E dunque il Gesuita predica contro " l'arte infelice di un'Ecclesiastico, il quale procuri di promuovere la sua giurisdizion temporale, per altro giusta, col pregiudizio della spirituale, sì più stimabile "; tuttavia Segneri pretende di non trovare nei " presenti tempi " nessun " bersaglio ", nessun esempio su cui indirizzare le sue critiche (ìbidem, p. 234).
119 - Si tratta del primo esercizio della seconda settimana: " EI llamamiento del Rey temperai ayuda a contemplar la vida del Rey eternai ". Ignazio invita a considerare il caso di un Re temporale rispettato ed obbedito dagli uomini e dagli altri Principi; se un simile Re invitasse i propri sudditi a intraprendere una crociata contro gli infedeli, chi non rispondesse a quella chiamata incorrerebbe nelle critiche del mondo. Ea seconda parte della meditazione ignaziana invita a confrontare il caso appena delineato con la situazione del cristiano; se il cristiano è disposto a seguire gli ordini di un Re giusto e stimato, tanto più potente deve essere l'effetto della chiamata di Gesù, re eterno: cfr. Ignacio de Loyola, Obras completas, a cura di Ignacio Iparraguirre S.I., Madrid, Biblioteca de autores cristianos, 1963, par. 91-98, pp. 218-20 (per un commento del passo ignaziano, cfr. The Spiritual Exercises oflgnatius of Loyola, trad. e commento a cura di W.H. Longridge, M.A., Londra, Robert Scott, 1922, pp. 76-84, 230-42, 310-14; Alexandre Brou S.I., ignatian methods ofprayer, trad. William J. Young S.I., Milwaukee, Bruce, 1949, pp. 49-53, 142-43, 153; circa i possìbili modelli storici del buon re, cfr. Ignatius of Loyola. The Spiritual exercises and selected works, a cura di George E. Ganss S.I., con la collaborazione di Parmanan-da R. Divarkar S.I., Edward J. Malatesta S.I., Martin E. Palmer S.I., New York, Paulist Press, 1991, pp. 400-01; il ragionamento di Ignazio mi sembra affine ai capp. XVI-XVIII del V libro del De civitate Dei, in cui Sant'Agostino introduce l'idea che le gesta dei Romani, compiute per amore della gloria e per il bene comune, dovrebbero ispirare i Cristiani, motivati dal desiderio di raggiungere la città eterna, ad imprese ancora maggiori: cfr. Sancii Aurelii Augustini episcopi, De civitate Dei libri XXII, ree. Bernardus Dombart et Alfonsus Kalb, vol I, lib. I-XIII, Stutgardiae in aedibus B.G. Teubneri, MCMLXXXI, pp. 221-28). Una situazione molto simile ricorre anche nella seconda aggiunta agli esercizi della prima settimana, in cui il peccatore è invitato a sentirsi come un cavaliere che ha offeso il suo Re, da cui aveva ricevuto in passato grazie e favori: cfr. Ignacio de Loyola, Obras completas, cit., par. 74, p. 215 (su cui cfr. The Spiritual Exercises of Ignatius of Loyola, cit, pp. 70-71). La grande familiarità di Segneri con questi passi degli Esercizi ignaziani è confermata da una lettera che riporta Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit., pp. 57-58: in essa Segneri dichiara di trattare con Dio ogni giorno sotto una forma diversa, " il lunedì [...] come giudice, il martedì come re, il mercordì come medico, il giovedì come sposo, il venerdì come redentore, [...] il sabbato come fratello, [...] la domenica come glorificatore "; e dichiara, nella stessa lettera dì raccomandarsi a Dio " or come reo, or come suddito, or come infermo " (ibidem, p. 58; cfr. anche ibidem, p. 54). Il parallelo tra questo passo di Massei e l'itinerario delle quattro settimane degli Esercizi spirituali di San-t'Ignazìo è suggerito da Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj, cit., pp. 59-60 nota 72; cfr. anche ibidem, pp. 148-49 nota 33. Un exemplumfìctum simile a quello ignaziano, basato su un episodio della vita dell'imperatore Costantino, si legge nel Cristiano istruito: in questo caso si tratta del dilemma morale che scaturirebbe dall'ordine paradossale impartito per salvare un altro Re terreno molto amato e ammirato dai sudditi (cfr. ibidem, p. 220 nota 2).
120 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit,, p. 134.
121 - Per una discussione più approfondita di questi temi, cfr. Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri s.i., cit pp 103,225.
122 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 134. La stessa idea è ribadita nel finale della predica XX, dove un " cavaliere " che si è armato per andare a vendicarsi di un nemico, non si arresta di fronte a chi gli ricorda le leggi cristiane, e invece si ferma e acconsente alla pace e al perdono per " l'ordine del suo principe " (ibidem, pp. 217-18). All'opposto, nel racconto inserito dentro la predica XXI, due cortigiani dell'imperatore Teodosio passano per fortuita ispirazione celeste dalla condizione di amici Imperatoris a quella di amici Dei (ibidem, pp. 221 -22).
123 - Ibidem, p. 134.
124 - Ibidem, p. 133. Viceversa Boterò aveva ammonito i principi ricordando loro che " la riputazione dipende dall'essere, non dal parere ": cfr. Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from the Counter-Reformation to Milton, cit., pp. 74-77. "Essere" e "parere" sono oggetto di commento anche nella lettera n. 294 (Roma, 30 maggio 1693, p. 277). Contro le accuse di " ipocrisia " e di " machiavellismo ", in relazione a questa predica, cfr. quanto scrive Mario Scotti in Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, cit., p. 471.
125 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 133. Anche Aristotele nel I capitolo del II libro dell' Etica aveva affermato che si diventa onesti facendo azioni oneste, e che il buon legislatore crea buoni cittadini inducendoli a comportarsi onestamente (ribadisce il concetto nel IV capitolo dello stesso libro): sulle applicazioni di queste idee alla dottrina politica del Cinquecento cfr. Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from the Counter-Reformation to Milton, cit., p. 65.
126 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 131 ; su ciò che a Firenze costituiva oggetto di scandalo in materia di corteggiamento, cfr. anche Furio Diaz, Il Granducato dì Toscana, I Medici, cit., pp. 496, 497. J. Lucas-Dubreton a proposito del governo di Cosimo III parla di " un regime austero, che sotto certi aspetti può ricordare i tempi remoti del Savonarola ", e aggiunge esempi simili (La vita quotidiana a Firenze ai tempi dei Medici, cit. p. 364). Nell'ottica del pragmatismo appena citato sarà da vedere anche il caso in cui Segneri chiede ed ottiene un posto di soldato a Livorno per nascondere e proteggere un " giovane nobile da Fermo, [...] a cagione di un omicidio da lui commesso, a sangue caldo, nella persona d'un proprio contadino ", " fino a tanto che potesse aggiustare le cose sue " (n. 173, Firenze, 7 febbraio 1690, p. 132; sulla vicenda cfr. anche la lettera n. 176, Firenze, 14 febbraio 1690, p. 134; è degna di nota l'omissione chiaramente partigiana che si verifica in Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo IH. tratte dagli Autografi, cit., p. 466: si cita l'interessamento di Segneri, ma il particolare dell'omicidio è taciuto; sul giovane fermano cfr. anche Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., pp. 12-13). Segneri non intende certo negare la responsabilità personale del giovane per la violenza commessa; tuttavia sarà stato convinto che le circostanze consentissero un trattamento diverso del problema: sia perché il servizio militare, compiuto a tutela del bene pubblico, costituisce di per sé un'ammenda del crimine commesso (secondo un caso tipico della ragion di Stato esemplificato dal Ripa: cfr. Cesare Ripa, Iconologia, cit., " RAGIONE DI STATO ", p. 454); sia perché si può presumere che il nobile indennizzerà con discrezione i parenti della vittima, una volta che si sia placato lo scandalo destato dal crimine. Anche altrove, mentre sollecita l'intervento di Cosimo in una lite testamentaria in cui è coinvolto un religioso, e lo invita ad usare il suo " arbitrio [...], da che non vi è causa ch'ella non possa da qualsisia tribunale avvocare a sé con far sopra quella una deputazione speciale" (n. 42, da Firenze [?], 27 novembre 1684, p. 34), Segneri lamenta soprattutto lo scandalo generato dalla lite, poiché l'altra parte, il marchese Guadagni (esecutore di quel testamento) " in altre maniere molto più quiete, e molto men dispendiose, può ottenere ciò che fia giusto " (ibidem}. Circa la necessità di evitare scandali in situazioni simili, cfr. anche la lettera n. 90 (Firenze, 17 aprile 1686, p. 73).
127 - " La ragion di stato non si preoccupa tanto della pietà interiore e della virtù, quanto della quiete pubblica e della tranquillità ". Ricavo la citazione di Anthony Ascham da Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from the Counter-Reformation to Milton, cit., p. 162. La " quiete pubblica" è un'idea centrale in molte opere sulla ragion di Stato: cfr. ad esempio Giovanni Boterò, Detta ragion di stato libri dieci, con Tre libri delle cause della grandezza, e magnificenza delle citta di Giouanni Boterò Senese, In Venetia, Appresso i Gioliti, 1589; Giovanni Antonio Palazzo, Discorsi del governo e della ragion vera di Stato, Venezia, presso Gio. Antonio e Giacomo de' Franceschi, 1606 (una prima edizione di quest'opera apparve sotto il titolo Del governo e della ragion vera di Stato, Napoli, G.B. Sottile, 1 604); su questo tema cfr. Gianfranco Borrelli, Ragion di Stato. L 'arte italiana della prudenza politica, Atti della mostra bibliografica dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e dell'Archivio della Ragion di Stato (luglio 1994), Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 1994. Proprio della " quiete e tranquillità di ciascheduna città subalterna " si preoccupava il Domenicano che perlustrava il Granducato per conto dell'Inquisizione (Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 142; cfr. più avanti la nota 147). Su Anthony Ascham e il suo Discourse cfr. Felix Raab, The Englishface of Machiavelli. A changing interpretation 1500-1700, cit., pp. 158-59; Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from thè Counter-Reformation to Milton, cit., pp. 159-65. È bene tuttavia far notare come il risalto che Segneri da all'ossequio esteriore della morale, giustificato dal bene pubblico, sia contenuto alla resa dei conti nei limiti di un atteggiamento pragmatico sì, ma rispettoso comunque dell'individuo; ad esempio egli si rifiuta di raccomandare ad ogni costo il matrimonio riparatore nel caso di una giovane " disonorata ", e pare preoccupato più della sostanza che della forma, quando scrive: " Tutto è però che il Bali dica davvero, perché sposarla e non trattarla, sarebbe peggio assai che non la sposare. [...] come il Bali l'avesse a sposar per forza (cosa che non è da curarsi), meglio sarebbe il cavare da esso una buona dote " (n. 75, Firenze, 5 febbraio 1686, p. 59). Segneri aveva comunque raccomandato in questo caso che il giovane passasse un periodo " chiuso in una buona prigione ", a meditare sull'" error fatto ": cfr. la lettera n. 74 (Firenze, 29 gennaio 1686, pp. 58-59). Sulla vicenda, cfr. anche la lettera n. 76 (Firenze, 9 febbraio 1686, p. 61).
128 - Se così fosse, vale a dire se ci si limitasse a immaginare una società ben governata come premessa alla diffusione della fede, si ricadrebbe in quella concezione medievale (espressa da Dante con le parole di Giustiniano, nel VI canto del Paradiso) che vedeva la Pax Romana e l'unificazione del Mediterraneo sotto l'Impero come eventi voluti dalla Provvidenza per preparare la cristianizzazione del mondo. Il ragionamento di Segneri invece presuppone una relazione sincronica e dialettica tra Chiesa e Stato (in maniera non troppo dissimile da come Boterò concepiva gli esperimenti dei Gesuiti in Sudamerica: cfr. Giovanni Boterò, Della ragion di stato, cit., pp. 296-97); solo indirettamente tale ragionamento si inquadra nel processo di sostegno e di rafforzamento dell'Inquisizione. " La religione era l'Inquisizione ": così sintetizza la situazione del Granducato toscano Giuseppe Conti, con evidente semplificazione (Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 141); e non mi pare che valga per Segneri la seguente affermazione di Mario Cavalli: " I Gesuiti, che con Lainez e Bellarmino avevano proclamato il principio della sovranità popolare e il diritto di rivolta, sono ora i più strenui difensori del dispotismo e si servono della Fede come di uno stromento di dominazione " (Mario Cavalli, Degli scrittori politici della seconda metà de lsec. XVII, Bologna, Zanichelli, 1903, p. 9).
129 - L'immagine di Segneri difensore dell'ordine è trapassata in certe sue biografie; cfr. Vita di Paolo Segneri scritta da Ferdinando Ranalli, in Quaresimale del P. Paolo Segneri della Compagnia di Gesù. Prato, Ranieri Guasti, 1853, p. vi: " Ecco, dicevano, il padre santo; l'uomo inviato dal ciclo [...] a rimetter la pace nelle famiglie, l'ordine nella città, la giustizia ne' magistrati, la religione ne' sacerdoti, il timor di Dio in tutti "; " Le sue conquiste furono la pace, la prosperità, la quiete: le sue vittorie, la concordia la beneficenza, il buon costume " (corsivi miei; traggo la citazione da Quinto Marini, Le biografie di Paolo Segneri, p. 99). L'importanza di certe idee nella cultura della Chiesa arriva almeno fino alla Rerum Novarum di Leone XIII (1891), dove si legge, al n. 29: " Ora, interessa il privato come il pubblico bene che sia mantenuto l'ordine e la tranquillità pubblica " (Re-rum Novarum, Lettera enciclica di S.S. Leone XIII, Paoline Editoriale, Milano, 1996, p. 19); e al n. 30: " Oggi specialmente [...] bisogna che le popolazioni siano tenute a freno " (ibidem., p. 20).
130 - Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit, p. 302 (il corsivo è nell'originale); Conti qui sta citando una fonte non precisata, probabilmente il Galluzzi; comunque ne sottoscrive il giudizio senza riserve. Aderendo ad una visione altrettanto limitata dei rapporti tra governo e religione in Toscana, Young scrive: " Theology became a substitute for statesmanship " [" la teologia venne a sostituire l'arte politica "] (The Medici, cit., p. 461). Nel caso di Segneri dovremmo piuttosto dire che teologia e dottrina dello Stato sì intrecciano e si spiegano a vicenda.
131 - Sì riferisce evidentemente, come già aveva fatto in apertura di predica, all'attenzione nociva che si concede alle " malvagità " nei circoli dei benpensanti, nei testi poetici e nel teatro (Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 124). Una simile condanna è ripetuta più avanti, con l'inclusione della pittura nel novero dei veicoli di nequizia (ibidem, pp. 131, 132). E da rilevare, come segno forse di un diverso atteggiamento maturato nei confronti del rapporto tra religione e società, che il Malmusi, nella sua analisi di questa porzione della predica XII si limita a indicare il concetto esposto da Segneri (ossia che l'ipocrisia aiuta a evitare i pericoli che nascono dag'1 scandali), e tralascia del tutto l'invito a metterlo in pratica all'interno dello Stato (Analisi del Quaresimale del P. Paolo Segneri d. C. d. G. date in luce dal Sac. Dott. Giuseppe Malmusi, in Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit, p. 51).
132 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 134.
133 - Non si tratta di un caso isolato; anche altrove Segneri invia segnali indiretti, solo leggermente velati, all'autorità pubblica: nel Ragionamento trigesimoprimo del Cristiano instruito (Paolo Segneri, Il cristiano instruito nella sua legge, Parte III, cit., pp. 460-81), egli ricorda ai lettori che Aristotele raccomandò ai " Legislatori " di vietare " alla Gioventù l'assistere alle Commedie " (ibidem, p. 471). La strategia politica di Segneri viene poi alla luce in una lettera al Segretario di Stato dei Farnese, con la quale è annunciato l'invio a Parma di un esemplare del Cristiano instruìto: " Nella terza parte troverà un ragionamento sopra le commedie scorrette. Havrei caro che lo leggesse per prendere qualche stimolo di opporsi a quelle che forse costì si fanno, con qualche eccesso di libertà, dai commedianti venali " (Vigenio Soncini, Il p. Paolo Segneri [1624-94] nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettera n. 46, probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Firenze, 17 dicembre 1686, p. 144).
134 - Tutto questo si fa premura di sottolineare l'autore nella lettera dedicatoria, insistendo appunto sul fatto che per ben due volte Cosimo ha ascoltato tali prediche " con tanta assiduita e con tanta attenzione " (Quaresimale del Padre Paolo Segneri, cit., p. 6). Circa gli esiti delle ricorrenti raccomandazioni di Segneri a Cosimo, Lord Acton ricorda che nel 1691 il Granduca emanò un editto che vietava espressamente ogni comportamento improprio in materia di amore e di corteggiamento, con il proposito manifesto di prevenire i gravi effetti (violenze, aborti e infanticidi) di atteggiamenti immorali e scandalosi: veniva proibito, tra l'altro, di amoreggiare in prossimità di porte e finestre (The last Medici, cit, p. 184), un provvedimento che sembra riecheggiare letteralmente le parole di Segneri nella predica XII! Per altri provvedimenti presi da Cosimo contro l'immoralità, cfr. ibidem, pp. 199-200, 202, 203-04; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 35, 141-43, 154-71, 334-37, 366-72,436-37. Incapace di comprendere le ragioni di questa politica, Galluzzi si limita in proposito a superficiali attacchi contro " i Frati divenuti gli inquisitori dei costumi dei laici " (Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 262; cfr. anche ibidem, tomo IV, p. 287); il passo di Galluzzi è citato anche in Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 86 (cfr. anche ibidem, p. 454).
135 - O Pisa e Siena, secondo l'elenco dato da Ezio Bolis, L'uomo tra peccato, grazia e libertà nell'opera di Paolo Segneri sj, cit., p. 25.
136 - Cfr. la lettera n. 74 (Firenze, 29 gennaio 1686, p. 58). Segneri agisce allo stesso modo con il governo di Parma, quando scopre che il " sig. Arciprete di Trave, [...] nella casa sua parrocchiale unita alla chiesa, tien figliuoli e figliuole con tal possesso ch'è di stupore ": cfr. Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei 'Farnese a Parma, cit., lettere n. 12 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Piacenza, 14 luglio 1683, p. 117), n. 13 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Piacenza, 16 luglio 1883 [ma 1683: l'edizione di Soncini presenta una gran quantità di refusi], p. 119).
137 Lettera n. 128 (Missioni di Piacenza, 10 giugno 1687, pp. 97-98); secondo quello che dice Segneri, nel provvedimento (o nella sua copia) erano inserite anche regole particolari riguardo alle prostitute, promosse dal Pinamonti. La lettera successiva, tra l'altro, reca traccia della volontà di Cosimo di introdurre anche in Toscana leggi simili (n. 129, Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, p. 98; per un riscontro di tali notizie cfr. Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri [1624-94] nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettera n. 60, indirizzata probabilmente a Lelio Boscoli, Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, p. 157), con la possibilità di estendere le proibizioni alle veglie: ma Segneri si mostra scettico sull'opportunità di limitare le veglie. Un editto contro " i balli attorno alle chiese " era stato già emesso in Toscana il 14 maggio 1686, e la proibizione fu rinnovata ed estesa proprio nel 1687, contro i balli fatti " al coperto [...] ne' giorni delle Feste solenni ": cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 164-66; Furio Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, cit., pp. 495-96, 497. Poiché quest'ultimo bando contiene diversi paragrafi sulle meretrici, pare certa la sua identificazione con i provvedimenti sollecitati da Segneri e Pinamonti. DÌ " buoni ordini [...] contra i balli de' dì solenni e contra le donne che tenevansi nelle osterie " Segneri tratta nella lettera n. 12, probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli (Piacenza, 14 luglio 1683): Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., p. 118; cfr. anche ibidem, lettera n. 23 (probabilmente a Lelio Boscoli, Modena, 1 novembre 1684, p. 127). Si riferisce sicuramente all'episodio citato il seguente passo dì Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit., p. 60: " Servissi [...] del favore de' grandi per impedire diversi scandali, come appunto gli accadde col serenissimo Ranuccio duca di Parma, dal quale ottenne alcuni editti molto salutari, che furono anche abbracciati da altri prencipi con notabile miglioramento della pietà e de' costumi ". Contro i balli discorre il Ragionamento vigesimonono del Cristiano instruito (Parte III, cit., pp. 429-43); ad un certo punto Segneri specifica che " questi medesimi disordini si praticano più che mai ne' giorni di Festa " (ibidem, pp. 440-41).
138 - Lettera n. 241 (Roma, 21 giugno 1692, p. 204). Cfr. anche le lettere n. 239 (Roma, 7 giugno 1692, p. 202), n. 240 (Roma, 14 giugno 1692, p. 203), n, 249 (senza indicazioni di data e luogo, probabilmente del 28 giugno 1692, scritta ovviamente a Roma, p. 215).
139 - E nell'ambito di una simile norma che Segneri inquadra la risposta del Consiglio di Spagna a " un tale Fra Diaz, spagnuolo, francescano degli Osservanti " il quale invocava un provvedimento contro il Gesuita nettunese: " II Consiglio ha risposto con gran saviezza di non vedere come in tali materie entri né il Consiglio né il Re " (n. 295, Roma, 6 giugno 1693, p. 278; il Diaz compare di nuovo nelle lettere n. 314, Roma, 24 ottobre 1693, pp. 299-300; n. 321, Roma, 6 giugno 1694, pp. 310-11; n. 322, Roma, 19 giugno 1694, p. 312). E sulla stessa base Segneri liquida anche la pretesa del Segretario di Stato spagnolo di far valere nella Congregazione Provinciale | il fatto che Tirso Gonzàlez " era sotto la protezione del Re " (n, 303, Roma, 8 agosto 1693, p. 286): un monarca può bene assecondare o contrastare una decisione presa dalla Compagnia di Gesù, ma non gli è consentito intromettersi nel processo che conduce a quella decisione (cfr. la lettera n. 321, Roma, 6 giugno 1694, p. 310), a meno che non sia in grado di fornire un contributo strettamente religioso e non politico. Come si legge in un'altra lettera, " che il Re di Spagna sia quello che dia leggi alla Religione è cosa da portare disturbi sommi " (n. 312, Roma, 10 ottobre 1693, p. 297); e nella stessa lettera Segneri lamenta che l'Ambasciatore spagnolo a Roma " sia divenuto già nostro Superiore " (ibidem; cfr. anche la lettera n. 314, Roma, 24 ottobre 1693, pp. 299-300), giacché quello ha chiesto e ottenuto l'allontanamento del padre gesuita Giovanni di Caneda, ostile al Gonzàlez (cfr. la lettera n. 313, Roma, 17 ottobre 1693, p. 297). E più avanti Segneri, di fronte alle rinnovate pressioni dell'Imperatore e del Re di Spagna a favore di Gonzàlez scrive: " questo è per la Religione un pessimo esempio, perché è spogliarla della sua libertà" (n. 327, Roma, 7 agosto 1694, p.( 317). Sulle ripercussioni internazionali della politica spagnola nei riguardi! della Compagnia, cfr. la lettera n. 315 (Roma, 31 ottobre 1693, p. 302).
140 - Tale idea si vede riflessa nella formulazione di leggi e bandi emessi per or-| dine di Cosimo: Giuseppe Conti tra le pp. 152 e 153 del suo Firenze dai Medici ai Lorena, cit., riproduce il facsimile di un " Bando contro i vagabondi e birboni e accattoni " del 22 giugno 1688, nel quale si imputa lorol non solo di commettere " indegnità e delitti " e di arrecare " fastidio a popoli ", ma anche di portare " impedimento al Culto Divino "; e non si fa alcuna differenza, nel Bando, tra l'ultima colpa e le altre. Del resto in un passo assai rilevante della predica XXXIII (Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., pp. 355-56), Segneri aveva esaltata' le " belle arti " con cui l'imperatore Onorio governava lo Stato, muovendo;! guerra agli eretici ogniqualvolta i barbari si avvicinavano ai confini; proprio perché Onorio sosteneva la religione e la proteggeva dalle " ingiurie dei donatisti, il suo potere si manteneva saldo: " allora più sicura trovavast' la repubblica, quando per la religione esponevasi a più cimenti " (ibidem p. 356; cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., p. 92); la logica di quest'esempio ricorda le riflessioni di Sant'Agostino nei capp. XXIV-XXV del V libro del De Civitate Dei (cfr. Sancti Aurelii Augustini episcopi, De civitate Dei libri XXII, cit., pp. 236-38), e una massima del De Regimine Principum di San Tommaso d'Aquino, che è citata e commentata in San Francisco Borja, Tratados Espirituales, a cura di Candido De Dalmases S.I., Barcelona, Juan Flors, 1964, cap. V, p. 179: " Quod omnes reges soliciti ad reverentiam Dei habuerunt felicem exitum, qui autem neglexerunt fuerunt infelices " (per un concetto analogo, cfr. la conclusione del cap. I, ibidem, p. 169). Le opere del Borgia, generale della Compagnia di Gesù dal 1565 al 1572, furono tradotte sia in latino che in italiano e stampate più volte: cfr. ad esempio Tutte l'opere spirituali dell 'illustrissimo S.D. Francesco Bargia, duca di Gandia et marchese di Lombaio, diuise in 8 trattati, e tradotte dal loro uolgar castigliano, per l'eccellente medico M. Vincenzo Buondì Mantouano..., In Vìnegia, Appresso Gabriel Giolito de' Ferrari, 1561.
141 - Infatti nella lettera n. 241 (Roma, 21 giugno 1692, p. 204), Segneri sottolinea che perfino il "Padre Generale [...] vive su questo affare in qualche sollecitudine ".
142 - Lettera n. 300 (Roma, 18 luglio 1693, p. 283). Si tratta ovviamente di Villa Medici, che ospitava abitualmente, nel Seicento, i Cardinali di quella famiglia, o il Granduca, quando si recava a Roma (cfr. Harold Acton, The lasi Medici, cit., p. 222). Napoleone se ne impadronì e vi trasferì l'Accademia di Francia.
143 - Oltre a quanto già detto fin qui si considerino i commenti di Segneri sulla difficoltà del vivere nei paesi di montagna: cfr. le lettere n. 129 (Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, p. 99), n. 159 (Gubbio, 16 ottobre 1689, p. 124).
144 - Apollonìo Bassetti, figlio del cocchiere del cardinale Giovan Carlo de' Medici, fu canonico del Capitolo di San Lorenzo (cfr. la lettera n. 217, Lerici, 14 settembre 1691, pp. 176-77), segretario " intimo ", consigliere e direttore dì coscienza di Cosimo III, amico del Magalotti, e scrittore. Nella Biblioteca Riccardiana di Firenze si conservano di lui un manoscritto intitolato Memorie delle occorrerne del viaggio intrapreso dal Ser.mo Principe Cosimo di Toscana per Alemagna et Olanda il di 22 ottobre 1667, e un " volume di Lettere " (I manoscritti detta Biblioteca Moreniana, vol. II, fase. 12, p. 448; lettere sue al Magliabechi si trovano nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Magliab. CI. VIII, 425). Godeva fama di intellettuale raffinato e di politico esperto; da molti è considerato " il migliore, se non l'unico, buon servitore " di Cosimo (Roberto Cantagalli, s.v. " Bassetti, Apollonio ", Dizionario biografico degli Italiani, dir. Alberto M. Ghisalberti, vol. VII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1965, p. 118); sulla figura e la vita di Bassetti cfr. anche ibidem, p. 117; Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit, p. 241 nota 1; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 147, 282-84, 307 (indicato sempre con il nome di " Basetti "); Harold Acton, The last Medici, cit., p. 189; Furio Diaz, Il Granducato di Toscana. I Medici, cit., p. 495 nota 2. Come segretario della Cifra, carica che ricoprì da quando Cosimo divenne Granduca fino alla morte (1699), tra i suoi compiti c'era appunto quello di occuparsi della corrispondenza più delicata, " con le Corti e con i personaggi qualificati " (Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 283). Segneri scrive a Cosimo di averlo " amato e apprezzato ad ogni gran segno " (n. 320, Roma, 20 marzo 1694, p. 308), È a lui che Segneri fa riferimento quando ha bisogno di informazioni riservate: cfr. le lettere n. 81 (Firenze, 2 marzo 1686, p. 65), n. 258 (Roma, 8 novembre 1692, p. 232): nella lettera n. 279 (Roma, 7 marzo 1693, p. 261), Segneri riferisce di aver avuto notizia proprio da Bassetti della morte del marchese Coppoli, e delle reazioni nella corte fiorentina. È a lui che Segneri invia relazioni più dettagliate sulle persone per le quali ha invocato l'aiuto di Cosimo (cfr. le lettere n. 13, Firenze, 2 marzo 1683, p. 14; n. 24, Firenze, 11 gennaio 1684, p. 22), ed è con lui che definisce alcuni particolari delle Missioni compiute in terra toscana e ne riporta gli esiti (cfr. le lettere n. 22, Firenze, 28 dicembre 1683; n. 205, Fivizzano, 8 giugno 1691, p. 164; n. 208, Soliera, 29 giugno 1691, p. 167; n. 213, Barbarasco, 3 agosto 1691, p. 173); era il Granduca, del resto, che pagava le spese affrontate da Segneri nel corso di quelle missioni, come prova, nel caso di Pescia, Dante Biagiotti, II padre Segneri in Valdinievole, cit., p. 57. Lo tiene anche informato circa i suoi spostamenti, quando va fuori dal Granducato (cfr. le lettere n. 39, Missioni di Piacenza, 8 ottobre 1684, p. 33; n. 179, Genova, 8 aprile 1690, p. 136), e fa riferimento a lui quando ha problemi o favori da chiedere per la stampa delle sue opere (cfr. le lettere n. 46, Piacenza, 26 luglio 1685, p. 37; n. 84, Firenze, 23 marzo 1686, p. 68; n. 109, Firenze, 10 novembre 1686, p. 84). Trasferitosi a Roma, infine, Segneri gli scrive a proposito delle prediche da lui dette e degli onori ricevuti dal Papa: cfr. le lettere n. 232 (Roma, 5 aprile 1692, pp. 192-93), n. 238 (Roma, 31 maggio
Ms 1692, p. 201), n. 264 (Roma, 13 dicembre 1692, p. 241).
145 - Lettera n. 210 (valle di Zeri, 13 luglio 1691, p. 171).
146 - Anche altrove Segneri allude ai risultati positivi di una missione, e afferma che informerà dei particolari il Bassetti: cfr. la lettera n. 37 (senza luogo né data, presumibilmente agosto o settembre 1684, p. 31). Riferimenti generici al Bassetti si trovano nelle lettere n. 2 (Firenze, 5 marzo 1680, p. 2), n. 5 (Missioni di Bologna, 16 agosto 1681, p. 5), n. 11 (Firenze, 13 febbraio 1683, p. 11), n. 19 (Firenze, 9 novembre 1683, p. 19), n. 26 (Firenze, 27 gennaio [?] 1684, p. 24), n. 44 (Missioni di Piacenza, 10 giugno 1685, p. 36), n. 45 (Piacenza, 11 luglio 1685, p. 37), n. 82 (Firenze, 5 marzo 1686, p. 67), n. 89 (Firenze, 16 aprile 1686, p. 72), n. 92 (Firenze, 11 maggio 1686, p. 74), n. 100 (Firenze, 20 luglio 1686, p. 79), n. 145 (da Genova, 29 agosto 1688, p. 113), n. 147 (Firenze, 7 dicembre 1688, p. 114), n. 157 (Missioni di Fermo, 30 maggio 1689, p. 122), n. 162 (Firenze, 11 novembre 1689 [?], p. 126), n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, p. 153), n. 233 (Roma, 18 aprile 1692, p. 193), n. 234 (Roma, 26 aprile 1692, p. 195), n. 243 (Roma, 19 luglio 1692, p. 206), n. 255 (Roma, 18 ottobre 1692, p. 227), n. 270 (Roma, 17 gennaio [?] 1693, p. 251), n. 273 (Roma, 7 febbraio 1693, p. 254), n. 275 (Roma, 14 febbraio 1693, p. 256), n. 311 (Roma, 3 ottobre 1693, pp. 294-95), n. 325 (Roma, 24 luglio 1694, p. 315).
147 - Del resto abbiamo già visto il caso dell'intervento di Segneri a favore di Marradi, in cui il Gesuita dichiarava di scrivere su precisa sollecitazione di Cosimo: " Ora perché V.A. mi aggiugne con la pregiatissima sua sotto i 3 di questo, che potrebbe farsi a prò di quel paese, io crederei che Marradi [...] " (n. 3, Missioni di Bologna, 7 giugno 1681, p. 3). Da quello che Segneri scrive dopo una missione a Pontremoli appare evidente che anche le comunità da lui visitate erano pienamente consapevoli del suo ruolo di mediazione e del suo potere: " La Comunità, in ultimo, fu a pregarmi che io la volessi raccomandare a V.A.S. Dimandai ai rappresentanti di essa, se desideravano nulla in particolare; mi risposer di no, ma che bastava ch'io la raccomandassi soltanto in genere" (n. 38, Missioni di Piacenza, 21 settembre 1684, p. 32). Anche altri religiosi, in quel periodo, inviavano relazioni a Cosimo sul territorio e su possibili riforme da attuare: " Un religioso domenicano nativo di Volterra - si legge nei "Fatti attenenti all'Inquisizione" particolarmente in Toscana - scorreva ogni anno con magnifico equipaggio e plenipotenza per varie provincie del granducato ad oggetto d'informarsi dell'osservanza della religione, dei costumi de' sudditi, e della quiete e tranquillità di ciascheduna città subalterna, terra o castello, proponendo al Sovrano al suo ritorno quelle riforme che giudicava opportuno eseguirsi " (Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit, p. 142).
148 Non di sole liti si tratta, ma anche di iniziative condivise dalle autorità ecclesiastiche e civili, come nel caso delle " proposizioni " di cui si richiede " la qualificazione a pubblico ammaestramento in queste gran difficultà che or vi sono su l'orazione " (lettere n. 117, Firenze, 15 febbraio 1687, p. 88; n. 118, Firenze, 1 marzo 1687, p. 90). Cfr. anche le lettere n. 52 (Firenze, 24 novembre 1685, p. 43), n. 53 (Firenze, 14 dicembre 1685, p. 44), n. 62 (Firenze, 28 dicembre 16S5, p. 49), n. 66 (Firenze, 6 gennaio 1686, p. 51), n. 68 (Firenze, 11 gennaio 1686, pp. 53-54), n. 69 (Firenze, 12 gennaio [?] 1686, pp. 53-54), n. 72 (Firenze, 26 gennaio 1686, p. 56), n. 73 (Firenze, 29 gennaio 1686, pp. 56-57), n. 74 (Firenze, 29 gennaio 1686, pp. 58-59), n. 76 (Firenze, 9 febbraio 1686, p. 61), n. 89 (Firenze, 16 aprile 1686, p. 72), n. 90 (Firenze, 17 aprile 1686, p. 73), n. 92 (Firenze, 11 maggio 1686, p. 74), n. 96 (Firenze, 25 maggio 1686, pp. 77-78), n. 153 (Roma, 5 marzo 1689, p. 118), n. 166 (Firenze, 15 gennaio 1690, p. 128), n. 168 (Firenze, 21 gennaio 1690, p. 129), n. 243 (Roma, 19 luglio 1692, p. 206), n. 244 (Roma, 2 agosto 1692, p. 207), n. 245 (Roma, 9 agosto 1692, p. 208), n. 246 (Roma, 16 agosto 1692, p. 209), n. 247 (Roma, 23 agosto 1692, p. 211), n. 248 (Roma, 30 agosto 1692, p. 212), n. 258 (Roma, 8 novembre 1692, p. 232).
149 - Cfr. le lettere n. 272 (Roma, 31 gennaio 1693, pp. 252-53), n. 273 (Roma, 7 febbraio 1693, p. 254), n. 279 (Roma, 7 marzo 1693, pp. 260-61). Questioni penali sono discusse anche nella lettera n. 6, al Duca di Parma (Firenze, 8 agosto 1679): Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., p. 112.
150 - Su di lui cfr. anche Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. iv, dove è narrato un aneddoto che lo riguarda; una lettera dell’Odescalchi a Segneri (e la relativa risposta del Gesuita) sono incluse nel primo dei due codici magliabechiani. Anche nel caso della corrispondenza con l'Odescalchi (così come farà con il Duca di Parma: cfr. più avanti), Segneri si sforza talora di nascondere il fatto di aver concordato i contenuti delle sue risposte con Cosimo: ad esempio scrive di voler mandare l'indomani stesso la sua risposta, " perché dalla celerilà il signor Livio arguisca non aver io con V.A.S. potuto conferire ciò che gli rispondo " (n. 87, Firenze, 12 aprile 1686, p. 71).
151 - Così Segneri definisce le manovre di Don Livio nella lettera n. 107, nella quale addirittura il Gesuita chiede (tanto alta appare la posta in gioco) di " munirsi di una opportuna cautela ", per tutelarsi nel caso che i " trattati " giungano a conoscenza del Pontefice: invia a Cosimo una postilla che vorrebbe aggiungere alla lettera per l’Odescalchi, in cui dichiara di " tener per fermo " che il Papa è " consapevole " dei " segreti " di cui Segneri è stato fatto partecipe (n. 107, Firenze, 5 ottobre 1686, pp. 82-83). Infatti più avanti l’Odescalchi discute con Segneri il suo " desiderio della scoperta in congiuntura opportuna" (n. 109, Firenze, 10 novembre 1686, p. 84). Su questi " trattati " cfr. le lettere n. 53 (Firenze, 14 dicembre 1685, p. 44), n. 54 (Firenze, 17 dicembre 1685, pp. 44r45), n. 56 (Firenze, 17 dicembre 1685 [?], p. 46), n. 87 (Firenze, 12 aprile 1686, pp. 70-71), n. 88 (Firenze, 14 aprile 1686, p. 71), n. 106 (Firenze, 5 ottobre 1686, p. 82), n, 109 (Firenze, 10 novembre 1686, p. 84), n. 272 (Roma, 31 gennaio 1693, p. 252).
152 - È questo l'aspetto su cui insiste maggiormente il Galluzzi, in tutta la sua opera, quando affronta la descrizione di una trattativa per il matrimonio di uno dei Medici.
153 - Su Segneri e i negoziati matrimoniali tra Medici e Farnese, cfr. Vigenio Soncini, Il p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., pp. 82-102, e (oltre a quelle citate nelle note successive) due lettere probabilmente indirizzate a Lelio Boscoli: n. 16 (Piacenza, 13 novembre 1683, p. 121) e n. 34 (Firenze, 16 aprile 1686, p. 136). Sull'importanza e il potere dì chi nelle corti " accozzava i matrimoni e formava i parentadi dei principi ", cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 147.
154 - Cfr. la lettera n. 51 (Firenze, 22 ottobre 1685, p. 42), da mettere a confronto con Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettera n. 26 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Firenze, 23 ottobre 1685, p. 130). Sui progetti di Cosimo legati al matrimonio di Ferdinando, che giunsero a maturazione appunto nel corso del 1685, cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 270-71; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 90. Erano cinque i partiti vagliati a Firenze: " l'Infanta unica figlia ed erede presuntiva del Portogallo, una Principessa di Baviera, due figlie dell'EIettor Palatino, e una Principessa di Parma " (Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato dì Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 270; senza avvertirne il lettore, Acton traduce letteralmente il passo del Galluzzi appena riportato ed altre frasi che lo introducono: cfr. Harold Acton, The lasi Medici, cit., p. 162). Galluzzi sostiene che alla corte portoghese " un complotto di Gesuiti " mirava ad ottenere " un doppio matrimonio con la Casa Medici ", di Anna con il Re Pietro II e dell'Infanta, già promessa nel 1681 a Vittorio Amedeo Savoia, con Ferdinando: sulle trattative con il Portogallo cfr. le lettere n. 67 (Firenze, 8 gennaio [?] 1686, p. 52), n. 71 (Firenze, 23 gennaio 1686, p. 55); Vigenio Soncini, ìlp. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettere n. 16 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Piacenza, 13 novembre 1683, p. 121), n. 53 (al Duca di Parma, Firenze, 4 febbraio 1687, p. 151), n. 55 (al Duca dì Parma, Firenze, 25 marzo 1687, pp. 153-54), n. 56 (al Duca di Parma, Piacenza, 22 maggio 1887 [ma 1687], p. 154); Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 253, 270-75; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 90-93; Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 162, 165. Naturalmente ogni partito aveva i suoi sostenitori nella corte di Firenze.
155 - Cfr. la lettera n. 67 (Firenze, 8 gennaio [?] 1686, pp. 51-52). Già in una lettera di poco antecedente Segneri alludeva a dei " trattati matrimoniali " (n. 54, Firenze, 14 dicembre 1685, p. 45), che affermava di aver tenuto nascosti durante i suoi contatti con don Livio Odescalchi; e in due lettere dell'inizio di gennaio 1686 (n. 65, Firenze, 4 gennaio [?] 1686, p. 50; n. 66, Firenze, 6 gennaio 1686, p. 51) parlava di una lettera del Duca di Parma in-viatagli tramite padre Cusani.
156 - Padre Cusani è rammentato anche nelle lettere n. 67 (Firenze, 8 gennaio [?] 1686, p. 51), n. 71 (Firenze, 23 gennaio 1686, p. 55). Per notizie su di lui, cfr. anche Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettere n. 47 (al Duca di Parma, Firenze, 24 dicembre 1686, p. 145), n. 50 (al Duca di Parma, Firenze, 31 dicembre 1686, p. 148).
157 - Cfr. la lettera n. 71 (Firenze, 23 gennaio 1686, p. 55). Sul viaggio a Milano del confidente di Ferdinando, Giovan Battista Pennegalli, cfr. anche la lettera n. 73 (Firenze, 29 gennaio 1686, p. 57), e Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettera n. 30 (al Duca di Parma, Firenze, 29 gennaio 1686, p. 134).
158 - Cfr. la lettera n. 79 (Firenze, 14 febbraio 1686, pp. 63-64). Era già avvenuto poco tempo prima che Segneri fosse contattato privatamente sui trattati in corso, tanto è vero che egli si era premurato di rispondere subito, affinché non si pensasse che aveva consultato Cosimo (a cui peraltro mandava copia della risposta già inviata, chiedendogli se in futuro non dovesse piuttosto differire la risposta, in casi analoghi): cfr. la lettera n. 70 (Firenze, 15 gennaio 1686, pp. 54-55); per una simile premura, cfr. anche le lettere n. 82 (Firenze, 5 marzo 1686, p. 67), n. 94 (Firenze, 14 maggio 1686, p. 77). E nell'esordio, ambiguo, della lettera n. 74 (Firenze, 29 gennaio 1686, pp. 57-58) Segneri pare consultarsi appunto con Cosimo sugli sviluppi di tale trattativa privata. Considerato il tono apologetico della lettera n. 79, tuttavia, sembra che Segneri non abbia saputo gestire al meglio il doppio canale di comunicazione, quello privato e ufficioso con Parma, e l'altro, confidenziale e segreto, con Cosimo.
159 - Cfr. la lettera n. 80 (Firenze, 23 febbraio 1686, p. 64): Segneri però non ci fornisce alcun indizio circa il tenore della risposta inviata a Parma; si limita a comunicare che ha risposto cosi come voleva Cosimo.
160 - Cfr. la lettera n. 81 (Firenze, 2 marzo 1686, p. 65).
161 - Cfr. la lettera n. 82 (Firenze, 5 marzo 1686, p. 67).
162 - Cfr. la lettera n. 83 (Firenze, 19 marzo 1686, pp. 67-68).
163 - Lettera n. 92 (Firenze, 11 maggio 1686, p. 74; la risposta di Segneri è riportata alle pp. 75-76). Le stesse dichiarazioni di umiltà e fedeltà si ripetono a distanza di pochi giorni nella lettera n. 93 (Firenze, 14 maggio 1686, p. 76). Vero è che Segneri non doveva conoscere nei dettagli la questione discussa con Rinaldo d'Este (si tratta di una " strada ", che i sudditi del Granduca " dimandano di ridurre [...] all'antica forma "); infatti già in precedenza, prima di mandare un'altra risposta a Rinaldo, chiedeva lumi su u-na " controversia " di cui non era al corrente (lettera n. 81, Firenze, 2 marzo 1686, p. 65). Rinaldo d'Este è rammentato in altre lettere: nella n. 3 (Missioni di Bologna, 7 giugno 1681, p. 3), Segneri scrive che Rinaldo gli ha fatto visita durante le missioni; nella n. 4 (Bologna, 29 luglio 1681, p. 4), prega Cosimo di intervenire a favore del Principe d'Este in una causa " che pende in Roma tra il medesimo signor Principe e il Vescovado di Ferrara nella collazione d'un Benefizio " (che Rinaldo si sia rivolto a Segneri anziché al Granduca prova non solo i buoni rapporti che intercorrevano fra il Gesuita e la casa d'Este, ma anche e soprattutto la fama di potente di cui Segneri godeva); nella n. 5 (Missioni di Bologna, 16 agosto 1681, p. 5) trasmette a Cosimo i ringraziamenti che Rinaldo aveva rivolto a lui, per la causa romana. Segneri lo incontra ancora due anni dopo (cfr. la lettera n. 14, Castelvetro, 18 giugno 1683, p. 14). Nella lettera n. 29 (Firenze, 7 marzo 1684, p. 25), Rinaldo usa ancora Segneri come tramite per una richiesta indirizzata a Cosimo (desidera avere una lettera di raccomandazione per un Conte). Rinaldo è citato per la suddetta " controversia " o per altre questioni non sempre bene identificabili anche nelle lettere n. 76 (Firenze, 9 febbraio 1686, pp. 61-62), n. 85 (Firenze, 31 marzo 1686, p. 69), n. 86 (Firenze, 8 aprile 1686, p. 70), n. 88 (Firenze, 14 aprile 1686, p. 71), n. 89 (Firenze, 16 aprile 1686, p. 72), n. 91 (Firenze, 3 maggio 1686, p. 74), n. 93 (Firenze, 14 maggio 1686, p. 76), n. 95 (Firenze, 20 maggio 1686, p. 77), n. 99 (Firenze, 15 luglio 1686, p. 79), n. 100 (Firenze, 20 luglio 1686, p. 79), n. 101 (Firenze, 3 agosto 1686, p. 80), n. 102 (Firenze, 11 agosto 1686, p. 80), n. 103 (Firenze, 26 agosto 1686, pp. 80-81), n. 104 (Firenze, 31 agosto 1686, p. 81). Divenuto cardinale nel 1686, Rinaldo è rammentato in tale veste nella lettera n. 127 (Piacenza, 19 maggio 1687, p. 96), a seguito di un lungo incontro con Segneri, e nella lettera n. 164 (Firenze, 20 dicembre 1689, p. 127). Più avanti Segneri discute l'assunzione del Ducato da parte del cardinale Rinaldo d'Este, nel 1694, e se questi lascerà o meno la carica ecclesiastica per procurare un erede al titolo, cosa di cui Segneri dubita fortemente (sbagliando): cfr. la lettera n. 328 (Tivoli, 25 settembre 1694, pp. 318-19). Rinaldo, divenuto Duca, sposò Carlotta Felicita Brunswick-Liineburg, da cui però non ebbe l'agognato erede; la vicenda interessava a Cosimo, forse perché presagiva che lo stesso avrebbe dovuto fare Francesco Maria, suo fratello: questi infatti nel 1709 rinunciò al Cardinalato e sposò Eleonora Gonzaga, figlia del Duca di Guastalla, nella vana speranza di assicurare un successore alla dinastia medicea.
164 - Lettera n. 105 (Firenze, 30 settembre 1686, pp. 81-82). Se qui il tono di Segneri è volutamente umile, e il suo intervento appare quasi ottenuto a forza dal Duca, contro la sua volontà, in un'occasione precedente egli si era mostrato ben altrimenti deciso, e pareva quasi orgoglioso di essere stato chiamato in causa: "Riceverà VA.S. annessa qui la risposta del signor Duca di Parma, il quale ha desiderato assai ch'io la vegga, e però l'ha prima trasmessa nelle mie mani " (n. 17, Bologna, 25 settembre 1683, pp. 16-17).
165 - Lettera n. 105 (Firenze, 30 settembre 1686, p. 81). Cfr. Vigenio Solicini, Il p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cìt, p. 91, e le lettere n. 40 (al Duca di Parma, Firenze, 17 settembre 1686, p. 140), n. 41 (al Duca di Parma, Firenze, 21 settembre 1686, p. 141), n. 42 (al Duca di Parma, Firenze, 29 ottobre 1686, p. 142).
166 - Cfr. la lettera n. 108 (Firenze, 25 ottobre 1686, p. 83); si noti però che Segneri usa il termine " Serenissima ", senza alcun nome proprio o altri titoli, e in teoria potrebbe quindi riferirsi non ad Anna, bensì alla madre di Cosimo. Vi si legge tra l'altro: " L'apprensione che i trattati con Modena si vadano avanzando a gran passi, veggo esser quella che rende a un'ora solleciti tutti gli altri ". Sul trattato matrimoniale con Modena, caldeggiato da Giacomo II (al quale andava altrettanto bene un'unione con Parma) e da "Luigi XIV, cfr. Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit, lettere n. 45 (al Duca di Parma, Firenze, 14 dicembre 1686, p. 144), n. 47 (al Duca di Parma, Firenze, 24 dicembre 1686, p. 145); Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 276-77; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 112; Harold Acton, The lasi Medici, cit., p. 182. È probabile che a tale trattativa si riferisse, almeno in parte, il fìtto scambio di messaggi tra Segneri e Rinaldo d'Este.
167 - Con eccezioni solo apparenti dal lato di Parma: cfr. Vigenio Soncini, Il p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., lettere n. 43 (al Duca di Parma, Firenze, 19 novembre 1686, p. 143), n. 44 (al Duca di Parma, Firenze, 10 dicembre 1686, p. 143), n. 47 (al Duca di Parma, Firenze, 24 dicembre 1686, pp. 145-46), n. 49 (al Duca di Parma, Firenze, 31 dicembre 1686, p. 148), n. 50 (al Duca di Parma, Firenze, 31 dicembre 1686, pp. 148-49), n. 53 (al Duca di Parma, Firenze, 4 febbraio 1687, pp. 151-52), n. 55 (al Duca di Parma, Firenze, 25 marzo 1687, p. 154), n. 56J (al Duca di Parma, Piacenza, 22 maggio 1887 [ma 1687], p. 154). In queste ' lettere a Ranuccio II Segneri non fa che ribadire la sua ignoranza e la volontà di tirarsi fuori da negoziati ai quali afferma di poter contribuire ben poco.
168 - Cfr. la lettera n. 132 (Piacenza, 17 settembre 1687, p. 101).
169 - Infatti sotto l'anno 1687 Riguccio Galluzzi (Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici,, cit., tomo IV, pp. 276-77) ancora parla di Farnese ed Este come di partiti attuali, rifiutati però dalla stessa Anna che avrebbe aspirato a " maggiori grandezze " (ibidem, p. 277).
170 - Cfr. la lettera n. 154 (Roma, 19 marzo 1689, p. 119). Galluzzi, secondo il suo solito, inquadra le trattative di Cosimo con Carlo II nel contesto dello scacchiere politico europeo, ma analizza anche le ragioni private e personali che portarono la corona spagnola a rifiutare quel partito: cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 285-86; come fa spesso, Harold Acton traduce e in qualche punto riassume il passo di Galluzzi appena indicato (The last Medici, cit., p. 165). Cfr. anche Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 237-38.
171 - Cfr. la lettera n. 158 (Missioni di Fermo, 2 luglio 1689, p. 123). Sull'argomento si legga la breve nota di Giannini, Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 123 nota 1.
172 - Lettera n. 184 (Missioni di Genova, 26 settembre 1690, p, 141). Sul matrimonio di Anna con Giovanni Guglielmo, " consigliato più dalla necessità che dalla elezione ", cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 295-97; Francesco Inghirami, Storia della Toscana. Epoca 6. Dall'anno 1530 al 1737 dopo G. Cr. Dei tempi medicei, cit., pp. 487-89; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit, pp. 243-45, 248-51 ; G.F. Young, The Medici cit, p. 471; Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 181-83 (ancora una volta si tratta in gran parte di una traduzione pressoché fedele del passo di Galluzzi).
173 - Cfr. le lettere n. 192 (Roma, 17 marzo 1691, p. 149), n. 193 (Roma, 28 marzo 1691, p. 150), n. 196 (Roma, 14 aprile 1691, p. 155), n. 198 (Firenze, 24 aprile 1691, p. 157), n. 199 (Firenze, 27 aprile 1691, p. 158). L'unico dato interessante fornito da queste lettere è una conferma dei problemi che Cosimo incontrò nel trattare con il Principe d'Heiderseim, inviato a Firenze in qualità di " Ambasciatore Plenipotenziario per l'effettuazione degli sponsali ", poi sostituito a causa dei contrasti col Granduca: cfr. Riguc-cio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 296-97; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici aiLorena, cit., pp. 248-49.
174 - Lettera n. Ì75 (Firenze, 13 febbraio 1690, p. 133).
175 - Sebbene Segneri non lo dica subito, il candidato per il quale egli palleggia è quello stesso " P. Alberti [...] gesuita " che secondo il manoscritto della Biblioteca Comunale di Pescia lo accompagnò durante la missione del 1684, impegnandosi soprattutto nel ruolo di confessore: su di lui cfr. Dante Biagiotti, II padre Segneri in Valdinievole, cit., pp. 55, 56, 57. Inizialmente Segneri non indica nessun legame con l'Alberti, poi ammette soltanto che ha con lui " qualche amicizia ", ma più superficiale che con il Goti (n. 194, Roma, 31 marzo 1691, p. 152); infine a sostegno dei suoi giudizi rivela di aver " trattato col Padre Alberti nella Mission di Pescia ", nonché a Roma (n. 195, Roma, 7 aprile 1691, p. 153).
176 - Sulle caratteristiche dei due candidati e sulla scelta da fare cfr. le lettere n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, p. 148), n. 192 (Roma, 17 marzo 1691, pp. 149-50), n. 194 (Roma, 31 marzo 1691, pp. 151-52), n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, pp. 153-54), n. 196 (Roma, 14 aprile 1691, pp. 154-55), n. 197 (senza luogo né data, presumibilmente dell'aprile 1691, p. 156), n. 198 (Firenze, 24 aprile 1691, p. 157), n. 216 (Calice, 24 agosto 1691, p. 176). Anche nel caso di Violante di Baviera, secondo una lettera indirizzata da Apollonio Bassetti al Vicario Generale degli Agostiniani a Monaco, padre Francesco Benfatti, il Granduca aveva cercato un confessore gesuita: cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 147-48, 151.
177 - Lettera n. 194 (Roma, 31 marzo 1691, p. 152). Per l'ovvia quanto superficiale reazione del Giannini a questo passo cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. X. Per una difesa di Segneri, in relazione a questo episodio, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo ìli. tratte dagli Autografi, cit., p. 460.
178 - Lettera n. 197 (senza indicazioni di luogo e data, presumibilmente dell'aprile 1691, p, 156).
179 - La scelta del padre Alberti ha tanto più valore se è vero quanto afferma Conti a proposito dell'uso che faceva Cosimo dei confessori " per scoprire, indagare e spiare " (Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 308); e forse è per questo motivo che l'obiezione più frequente che Cosimo rivolge a Segneri circa l'Alberti è che egli " patisca di scrupoli " (n. 196, Roma, 14 a-prile 1691, p. 154; n. 197, senza indicazioni di luogo e data, presumibilmente dell'aprile 1691, p. 156).
180 - Cfr, le lettere n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, pp. 147-48), n. 203 (Serravezza, 19 maggio 1691, p. 161), n. 205 (Fivizzano, 8 giugno 1691, p. 164), n. 206 (Comano, 14 giugno 1691, pp. 165-66). Su tale viaggio, iniziato il 6 maggio 1691 (le nozze erano state celebrate per procura a Firenze il 29 aprile), cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, p. 297; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 250-51 ; Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 182-83.
181 - Cfr. le lettere n. 236 (Roma, 10 maggio 1692, p. 198), n. 238 (Roma, 31 maggio 1692, p. 201), n. 240 (Roma, 14 giugno 1692, p. 203), n. 249 (senza indicazioni di data e luogo, probabilmente del 28 giugno 1692, scritta! ovviamente a Roma, p. 215); cfr, su questo Giuseppe Conti, Firenze dai' Medici ai Lorena, cit., p. 251.
182 - Cfr. le lettere n. 142 (Missioni di Genova, 5 giugno 1688, p. Ili), n. 143 (Missioni di Genova, 18 luglio 1688, p. III): l'accordo per il matrimonioj era stato fincato il 24 maggio 1688 a Monaco (cfr. Harold Acton, The last Medici, cit., p. 170), e quindi possiamo dire che se non altro il Gesuita ne è stato informato tempestivamente (basti pensare che l'annuncio ufficiale al Senato è solo del 2 agosto 1688: cfr. ibidem, p. 171; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 152-53). Sui trattati matrimoniali con l'elettore Ferdinando di Baviera, cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 275-76, 280; Francesco Inghirami, Storia della Toscana. Epoca 6. Dall'anno 1530 al 1737 dopo G. Cr. Dei tempi medicei, cit., pp. 483-84; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 94-96, 146-51 ; Harold Acton, The lasi Medici, cit., pp. 163, 170-71. Galluzzi sostiene che il gesuita La Chaize fu quello che sollecitò tali trattati e li mise in buona luce presso Luigi XIV (Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 279-80; cfr. anche Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 120). E forse è proprio La Chaize l'" altissimo personaggio " che a Parigi aiuta i Medici in varie trattative matrimoniali, secondo quanto riferisce Segneri nella lettera n. 53 (al Duca di Parma, Firenze, 4 febbraio 1687): Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma,, cit., p. 151.
183 - Sull'arrivo della principessa Violante a Firenze e le nozze, cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 281-83; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 151-54, 173-88, 193; G.F. Young, The Medici, cit., p. 466; Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 171-73.
184 - Cfr. la lettera n. 196 (Roma, 14 aprile 1691, p. 155). D'altronde il Gesuita aveva un contatto costante, affidato a più di un canale, con la corte fiorentina; oltre a Bassetti, Segneri menziona spesso anche Lorenzo Gualtieri, prima staffiere e poi dispensiere di corte, uno dei favoriti di Cosimo: cfr. le lettere n. 109 (Firenze, 10 novembre 1686, p. 84), n. 181 (Genova, 25 luglio 1690, p. 137), n. 182 (Missioni di Genova, 18 agosto 1690, p. 138), n. 188 (Firenze, 11 febbraio 1691, p. 144), n. 220 (Firenze, 24 ottobre 1691, p. 180), n. 227 (Firenze, 12 febbraio 1692, p. 187), n. 228 (Roma, 19 febbraio 1692, p. 187), n. 240 (Roma, 14 giugno 1692, p. 204), n. 241 (Roma, 21 giugno 1692, p. 204), n. 330 (Roma, 6 novembre 1694, p. 320), n. 331 (Roma, 12 novembre 1694, p. 321), n. 332 (Roma, 20 novembre 1694, p. 322). Sul Gualtieri, cfr. Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. x-xi; un incidente di viaggio da cui escono miracolosamente illesi Gualtieri e Segneri è narrato da Giuseppe Massei S.I., Vita di Paolo Segneri, cit, p. 55.
185 - II territorio conteso era quello della Valle di Zeri, a Ovest di Pontremoli: cfr. le lettere n. 14 (Castelvetro, 18 giugno 1683, pp. 14-15), n. 44 (Missioni di Piacenza, 10 giugno 1685, p. 36), n. 45 (Piacenza, 11 luglio 1685, pp. 36-37), n. 46 (Piacenza, 26 luglio 1685, p. 37), n. 47 (Piacenza, 6 agosto 1685, p. 38), n. 48 (Missioni di Piacenza, 27 agosto 1685, p. 39), n. 49 (Missioni di Piacenza, 6 settembre 1685, pp. 40-41), n. 85 (Firenze, 31 marzo 1686, p. 69), n. 89 (Firenze, 16 aprile 1686, p. 72), n. 127 (Piacenza, 19 maggio 1687, pp. 96-97). Tale è la gravita del problema che la Repubblica di Venezia interviene a mediare tra i due stati, inviando sul posto un Senatore: cfr. la lettera n. 129 (Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, pp, 98-99). Alla stessa contesa si riferiscono probabilmente certi accenni a Parma, brevi oppure vaghi, contenuti in altre lettere: n. 17 (Bologna, 25 settembre 1683, pp. 16-17), n. 40 (Firenze, 14 novembre 1684, p. 33), n. 41 (Firenze, 19 novembre 1684 [?], p. 33), n. 92 (Firenze, 11 maggio 1686, p. 74). Sulla questione dei confini e il coinvolgimento di Segneri, cfr. Giuseppe Micheli, I confini tra Borgataro e Pontremoli, Parma, Fiaccadori scuola tip. salesiana, 1899; Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit, pp. 51-71, 81-82, e le lettere n. 13 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Piacenza, 16 luglio 1883 [ma 1683], pp. 118-19), n. 17 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 11 dicembre 1688, p. 122), n. 24 (probabilmente a Lelio Boscoli, Missioni di Piacenza [?], 10 giugno 1685, p. 128), n. 25 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 16 ottobre 1685, pp. 129-30), n. 26 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 23 ottobre 1685, p. 130), n. 27 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 27 novembre 1685, pp. 131-32), n. 29 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 27 novembre 1685, p. 133), n. 35 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 27 Aprile 1686, p. 137), n. 36 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 30 aprile 1686, p. 137), n. 37 (al Duca di Parma, Firenze, 19 giugno 1686, pp. 138-39), n. 38 (al Duca di Parma, senza luogo né data, p. 139), n. 39 (al Duca di Parma, Firenze, 27 agosto 1686, p. 140), n. 50 (al Duca di Parma, Firenze, 31 dicembre 1686, pp. 148-49), n. 68 (al senatore Maggi, Bologna, 17 agosto 1683, p. 165), n. 75 (al senatore Capponi, Missioni di Piacenza, 2 giugno 1685, p. 17"!), n. 76 (a Cosimo III, Missioni di Piacenza, 3 luglio 1685, p. 172), n. 77 (al senatore Capponi, Piacenza, 12 luglio 1685, p. 173), n. 78 (a Cosimo III, Piacenza, 16 luglio 1685, pp. 173-74), n. 79 (al senatore Capponi, Piacenza, 22 luglio 1685, p. 174), n. 80 (al senatore Capponi, Piacenza, 30 luglio 1685, p. 175), n. 81 (indirizzata probabilmente al senatore Capponi, Piacenza, 6 agosto 1685, p. 176), n. 82 (indirizzata probabilmente al senatore Capponi, Missioni di Piacenza, 8 agosto 1685, pp. 176-77), n. 83 (al senatore Capponi, Missioni di Piacenza, 19 agosto 1685, p. 178), n. 84 (a Cosimo III, Missioni di Piacenza, 6 settembre 1685, p. 179). In altre missive per Cosimo compaiono accenni a Parma di cui resta difficile determinare la natura: cfr. nell'edizione del Giannini le lettere n. 92 (Firenze, 11 maggio 1686, p. 74), n. 93 (Firenze, 14 maggio 1686, p. 76), n. 222 (Firenze, 23 dicembre 1691, p. 181).
186 - Cfr. le lettere n. 49 (Missioni di Piacenza, 6 settembre 1685, p. 40) e n. 50 (Piacenza, 27 settembre 1685, p. 41).
187 - Cfr. la lettera n. 83 (Firenze, 19 marzo 1686, pp. 67-68). Sui rapporti tra Segneri e il Ducato di Parma e Piacenza, cfr. Angelo Giovanni Tenoni, Missioni del P. Paolo Segneri nei ducati di Piacenza e di Parma ed affari di essi da lui trattati (1664-1691). Memoria su documenti inediti, Estratto dalla " Rassegna Nazionale ", Pistoia, tip. Fiori e Biagini, 1895. Sul ruolo di Segneri nella soluzione dei problemi relativi alle fiere e alla moneta parmense, cfr. Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., pp. 74-81, 134 nota 5, e le lettere n. 15 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Firenze, 12 ottobre 1683, p. 120), n. 29 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 27 novembre 1685, p. 133), n. 36 (probabilmente a Lelio Boscoli, Firenze, 30 aprile 1686, p. 137).
188 - Cfr. la lettera n. 83 (Firenze, 19 marzo 1686, p. 67).
189 - Cfr, la lettera n. 43 (Bologna, 11 maggio 1685, p. 35): " mando a V.A.S. la lettera dedicatoria che il padre Paolo Casati Provinciale desidera di prefìggere al suo libro Su la natura del fuoco, conforme la licenza ch'io già le chiesi in nome di lui ". L'anno dopo Segneri promette di inviare a Cosimo una lettera dello stesso Padre, non appena riceverà da Venezia una copia del libro con la dedica (n. 72, Firenze, 26 gennaio 1686, p. 56: Casati è indicato qui come " Casari "; l'errore è citato anche in Lettere inedite di Paolo Segneri d, C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., p. 456 nota 1, dove tuttavia l'autore legge erroneamente " Cesari " e non " Casari ", prima di intervenire a correggere in " Casati "). Paolo Casati, piacentino, entrò nella Compagnia di Gesù nel 1634. Insegnò retorica, filosofia, teologia e infine matematica nel Collegio Romano. Nel 1651 fu inviato a Stoccolma, con padre Francesco de Malines per esaminare la regina Cristina di Svezia, che intendeva convertirsi al Cattolicesimo. Nel 1677 si trasferì a Parma, dove fu insegnante e rettore di quell'università per circa trent'anni. L'opera dedicata a Cosimo III, a cui si riferisce Segneri nelle lettere, è De igne (parte prima: Venetiis, 1686, Lipsiae, 1688; parte seconda: Parmae, 1694): si tratta di tredici dialoghi sulla natura dei corpi, di impostazione aristotelica, giudicati " arretrati " rispetto alla scienza del tempo (Augusto De Ferrari, s.v. " Casati, Paolo ", Dizionario biografico degli Italiani, dir. Alberto M. Ghisalberti, voi. XXI, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1978, pp. 265-67). Su Casati e Parma cfr. Vigenio Soncini, II p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., pp. 52-53; Casati è rammentato da Segneri anche nelle lettere n. 10 (al Duca di Parma, Firenze, 22 dicembre 1682, ibidem, p. 115), n. 11 (probabilmente indirizzata a Lelio Boscoli, Firenze, 21 aprile, 1683, ibidem, p. 116).
190 - Cfr. ad esempio le lettere n.' 10 (Firenze, 23 gennaio [?] 1683, p. 10), n. 221 (Firenze, 12 novembre 1691, p. 180), n. 235 (Roma, 3 maggio 1692, p. 196), n. 236 (Roma, 10 màggio 1692, p. 197), n. 237 (Roma [?], 17 maggio 1692, pp. 198-200), n. 242 (Roma, 5 luglio 1692, p. 205), n. 243 (Roma, 19 luglio 1692, p. 206), n. 245 (Roma, 9 agosto 1692, p. 208), n. 250 (Roma, 6 settembre 1692, p. 216), n. 258 (Roma, 8 novembre 1692, p. 233), n. 306 (Roma, 29 agosto 1693, p. 289).
191 - Cfr. ad es. le lettere n. 2 (Firenze, 5 marzo 1680, p. 2), n. 4 (Bologna, 29 luglio 1681, p. 4), n. 5 (Missioni di Bologna, 16 agosto 1681, p. 5), n. 6 (Missioni di Bologna, 3 settembre 1681, pp. 6-7), n. 7 (Missioni di Bologna, 22 settembre 1681, p. 8), n. 9 (Firenze, 25 dicembre 1682, p. 9), n. 11 (Firenze, 13 febbraio 1683, p. 11), n. 16 (montagne di Modena, 2 agosto 1683), n. 18 (Firenze, 2 novembre 1683, p. 18), n. 19 (Firenze, 9 novembre 1683, p. 19), n. 24 (Firenze, 11 gennaio 1684, p. 22), n. 27 (Firenze, 3 febbraio 1684, p. 24), n. 39 (Missioni di Piacenza, 8 ottobre 1684, pp. 32-33), n. 43 (Bologna, 11 maggio 1685, p. 35), n. 55 (Firenze, 17 dicembre 1685 [?], p. 45), n. 57 (Firenze, 22 dicembre 1685, pp. 46-47), n. 59 (Firenze, 25 dicembre 1685 [?], p. 47), n. 60 (Firenze, 25 dicembre 1685 [?], p. 48), n. 82 (Firenze, 5 marzo 1686, p. 67), n. 111 (Firenze [?], 9 dicembre 1686, p. 85), n. 116 (Firenze, 5 febbraio 1687, pp. 87-88), n. 124 (Roma, 26 aprile 1687, p. 94), n. 126 (Firenze, 8 maggio 1687, p. 96), n. 128 (Missioni di Piacenza, 10 giugno 1687, p. 98), n. 135 (Firenze, 1 novembre 1687, p. 103), n. 137 (Firenze, 16 novembre 1687, p. 106), n. 139 (Firenze, 29 marzo 1688, p. 107), n. 144 (Missioni di Genova, 23 luglio 1688, p. 112), n. 145 (da Genova, 29 agosto 1688, pp. 112-13), n. 146 (Firenze, 4 dicembre 1688, p. 114), n. 158 (Missioni di Fermo, 2 luglio 1689, p. 123), n. 160 (Firenze, 6 novembre 1689, pp. 124-25), n. 170 (Firenze, 31 gennaio 1690, p. 130), n. 182 (Missioni di Genova, 18 agosto 1690, p. 138), n. 211 (Pontremoli, 20 luglio 1691, p. 171), n. 214 (Caprigliola, 10 agosto 1691, p. 174), n. 215 (Vezzano, 18 agosto 1691, p. 175), n. 216 (Calice, 24 agosto 1691, p. 176), n. 218 (Sarzana, 7 ottobre 1691, p. 178), n. 220 (Firenze, 24 ottobre 1691, pp. 179-80), n. 224 (Firenze, 26 gennaio 1692, pp. 182-83), n. 231 (Roma, 29 marzo 1692, p. 191), n. 238 (Roma, 31 maggio 1692, p. 201), n. 253 (Roma, 4 ottobre 1692, pp. 224-25), n. 255, Roma, 18 ottobre 1692, pp. 226-27), n. 256 (Roma, 25 ottobre 1692, pp. 228, 230), n. 257 (Roma, 1 novembre 1692, p. 231), n. 258 (Roma, 8 novembre 1692, p. 232), n. 261 (Roma, 22 novembre 1692, pp. 237-38), n. 268 (Roma, 3 gennaio [?] 1693, pp. 248-49), n. 270 (Roma, 17 gennaio [?] 1693, pp. 250-51), n. 271 (Roma, 24 gennaio 1693, p. 251), n. 273 (Roma, 7 febbraio 1693, p. 254), n. 277 (Roma, 28 febbraio 1693, p. 258), n. 296 (Roma, 13 giugno 1693, p. 279), n. 297 (Roma, 27 giugno 1693, p. 280), n. 299 (Roma, 11 luglio 1693, p. 283), n. 300 (Roma, 18 luglio 1693, p. 283), n. 307 (Roma, 5 settembre 1693, p. 290), n. 308 (Roma, 12 settembre 1693, p. 291), n. 314 (Roma, 24 ottobre 1693, p. 300), n. 317 (Roma, 6 febbraio 1694, pp. 304-05), n. 318 (Roma, 20 febbraio 1694, p. 306), n. 319 (Roma, 14 marzo 1694, pp. 307-08), n. 325 (Roma, 24 luglio 1694, pp. 314-15). Sulle grandi somme di denaro spese da Cosimo in opere pie, pensioni per i convertiti e doni o aiuti a singole chiese, cfr. Riguccio Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Casa Medici, cit., tomo IV, pp. 286-87; Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 34.
192 - Cfr. le lettere n. 9 (Firenze, 25 dicembre 1682, p. 9), n. 11 (Firenze, 13 febbraio 1683, p. 11), n. 12 (Firenze, 17 febbraio 1683, pp. 12-13), n. 13 (Firenze, 2 marzo 1683, pp. 13-14), n. 129 (Missioni di Piacenza, 4 luglio 1687, p. 99), n. 130 (Borzonasco, 2 agosto 1687, p. 100), n. 139 (Firenze, 29 marzo 1688, pp. 107-08), n. 140 (Firenze, 6 aprile 1688, p. 108), n. 142 (Missioni di Genova, 5 giugno 1688, p. 110), n. 157 (Missioni di Fermo, 30 maggio 1689, p. 122), n. 181 (Genova, 25 luglio 1690, p. 137), n. 183 (Missioni di Genova, 4 settembre 1690, p. 139), n. 188 (Firenze, 11 febbraio 1691, p. 144), n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, p. 147), n. 202 (Lucca, 11 maggio 1691, p. 160), n. 211 (Pontremoli, 20 luglio 1691, p. 171), n. 213 (Barbarasco, 3 agosto 1691, p. 173), n. 214 (Caprigliola, 10 agosto1 1691, p. 174), n. 246 (Roma, 16 agosto 1692, p. 210), n. 248 (Roma, 30 agosto 1692, p. 213), n. 250 (Roma, 6 settembre 1692, p. 216), n. 267 (Roma, 27 dicembre 1692, pp. 246-47), n. 268 (Roma, 3 gennaio [?] 1693, ppj 247-49), n, 269 (Roma, 10 gennaio 1693, p. 250), n. 274 (Roma, 7 febbraio 1693, p. 255), n. 277 (Roma, 28 febbraio 1693, pp. 257-58), n. 297 (Roma, 27 giugno 1693, pp. 280-81), n. 318 (Roma, 20 febbraio 1694, p. 306). Sulla storia del Collegio di San Giovannino, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 216 nota 1: concesso ai Gesuiti nel 1557 con un lascito di Bartolomeo Ammannati e della moglie Laura Battiferri, dopo la soppressione della Compagnia di Gesù in Toscana, nel 1775, il Collegio andò agli,Scolopi, che ancora vi risiedono. Segneri avrebbe voluto ritirarvisi " se fiori a vivere molto, almeno a morire " (cfr. la lettera n, 297, Roma, 27 giugno 1693, p. 280). Cfr. anche Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d. G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., p. 468.
193 - Cfr. ad esempio le lettere n. 12 (Firenze, 17 febbraio 1683, p. 12) e n. 90| (Firenze, 17 aprile 1686, p. 73).
194 - Sul pensiero religioso di Lorenzo Magalottì e sul suo noviziato cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 163 nota 1. Furio Diaz, che dedica varie pagine all'argomento (Il Granducato di Toscana. I Medici, cit., pp. 506-09) parla di una " vocazione [...] di paura e dì comodo", indotta dalle persecuzioni che l'Inquisizione scatenò nel 1690 contro gli " ateisti " (ibidem, p. 507). Informazioni più dettagliate sull'episodio si trovano in Eric Cochrane, Florence in the forgotten centuries: 1527-1800. A history of Florence and thè Florentines in the age of the Grand Dukes, Chicago, Chicago University Press, 1973, pp. 295-313; Cochrane ammette di essersi basato, per alcune pagine del cap. VI, sulle notizie fornite da Segneri nelle lettere a Cosimo III (p. 541), ma quando presenta il Gesuita sulla scena della vita religiosa fiorentina (p. 299) si limita a riecheggiare e fare oggetto di superficiale ironia alcuni particolari di quella relazione che il padre Pinamonti, aveva scritto per i suoi superiori dopo la morte del confratello, concentrandosi - per scelta propria o per la natura e la destinazione del documento - più sulle pratiche penitenziali e la mortificazione della carne che sullo spirito e la dottrina dì Segneri. Cfr. anche Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., pp. 15-17. Le lettere in cui Segneri parla del Magalotti sono le seguenti: n. 190 (Roma, 3 marzo 1691, pp. 145-46), n. 191 (Roma, 10 marzo 1691, pp. 148-49), n. 192 (Roma, 17 marzo 1691, p. 150), n. 196 (Roma, 14 aprile 1691, p. 155), n. 198 (Firenze, 24 aprile 1691, p. 157), n. 199 (Firenze, 27 aprile 1691, pp. 157-58), n. 200 (Firenze, 1 maggio 1691, p. 158), n. 202 (Lucca, 11 maggio 1691, pp. 159-60), n. 203 (Serravezza, 19 maggio 1691, pp. 160-61), n. 204 (Massa, 25 maggio 1691, pp. 161-63), n. 205 (Fivizzano, 8 giugno 1691, p. 164), n. 206 (Comano, 14 giugno 1691, p. 165), n. 207 (Casola, 22 giugno 1691, p. 166), n. 208 (Soliera, 29 giugno 1691, pp. 167-69), n. 209 (Bagnone, 7 luglio 1691, p. 169), n. 210 (valle di Zeri, 13 luglio 1691, pp. 170-71), n. 211 (Pontremoli, 20 luglio 1691, p. 171), n. 212 (Barbarasco, 28 luglio 1691, p. 172), n. 213 (Barbarasco, 3 agosto 1691, p. 173), n. 214 (Caprigliola, 10 agosto 1691, p. 174), n. 215 (Vezzano, 18 agosto 1691, p. 175), n. 219 (Firenze, 20 ottobre 1691, p. 179).
195 - Cfr. ad esempio le lettere n. 261 (Roma, 22 novembre 1692, pp. 236-37), n. 263 (Roma, 6 dicembre 1692, p. 240), n. 264 (Roma, 13 dicembre 1692, P- 241), n. 267 (Roma, 27 dicembre 1692, pp. 245-46), n. 296 (Roma, 13 giugno 1693, p. 279), n. 298 (Roma, 4 luglio 1693, pp. 281-82), n. 303 (Roma, 8 agosto 1693, p. 286).
196 - Cfr. la lettera n. 326 (Roma, 31 luglio 1694, p. 316). Segneri si riferisce al Trionfo di Sani 'Ignazio affrescato dal confratello sulla volta della chiesa. Per una lettera di Cosimo al Pozzo, del 21 dicembre 1694, cfr. Mario Zanardi Per la biografia di Paolo Segneri: documenti dell'Archìvio Romano della Compagnia di Gesù [ARSI], pp. 471 e 473 nota 60.
197 - Cfr. la lettera n. 309 (Roma, 15 settembre 1693, p. 292). A Cosimo il medesimo Cardinale lascia invece un " insigne suo Crocifisso " (ibidem).
198 - Cfr. le lettere n. 250 (Roma, 6 settembre 1692, pp. 219-21): Segneri chiede , a Cosimo, a nome di altri, " di quella manna che sì cava in Amalfi dalle ossa di Santo Andrea Apostolo "; n. 291 (Roma, 16 maggio 1693, p. 273); n. 292 (Roma, 23 maggio 1693, p. 274): afferma che cercherà di ottenere, per conto di Cosimo, " una copertina delle tinte col sangue del glorioso San Niccola da Tolentino " (sull'esito della cosa, cfr. le lettere n. 292, Roma, 23 maggio 1693, p. 274, n. 294, Roma, 30 maggio 1693, p. 276). Circa la grande quantità di denaro che Cosimo avrebbe speso in reliquie, cfr. Harofd Acton, The lasi Medici, cit, p. 187; sull'interesse del Granduca per il Volto Santo, conservato a Roma, cfr. ibidem, pp. 222-23; Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. 303 nota 1; Giuseppe! Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., pp. 539-44 (per altre reliquie, cfr. ' ibidem, pp. 549-50). In una lettera Segneri ringrazia Cosimo per aver donato " al corpo di San Francesco Saverio un anello di tanto pregio " (n. 143, Missioni di Genova, 18 luglio 1688, p. 111). Ad una reliquia di Bagnarea della quale Cosimo cerca di ottenere a tutti i costi una " piccola parte" alludono le lettere n. 151 (Firenze, 1 febbraio 1689, p. 116), n. 152 (Viterbo, 18 febbraio 1689, pp. 116-17), n. 153 (Roma, 5 marzo 1689, pp.j 117-18), n. 154 (Roma, 19 marzo 1689, pp. 119-20).
199 - Cfr. la lettera n. 3 (Missioni di Bologna, 7 giugno 1681, pp. 3-4). Nella lettera n. 57 (Firenze, 22 dicembre 1685, p. 46) Segneri richiede " qualche oriuolo a suono [...], o [...] a dondole " da inviare all'Imperatore cinese per il tramite di un Padre missionario gesuita. Cosimo gli propone la scelta tra un orologio che può " dietro di sé avere il lume la notte ", e un secondo che " è dotato di tante curiosità " e che sembra a Segneri " più stimabile " e "molto eccedente" (lettera n. 58, Firenze, 22 dicembre 1685, p. 47), " degno al certo di andare in mano all'Imperator della China " (lettera n. 60, Firenze, 25 dicembre 1685 [?], p. 48); cfr. anche la lettera n. 61 (Firenze, 26 dicembre 1685, pp. 48-49). Della passione dei Medici per gli orologi reca una traccia evidente la collezione di esemplari oggi raccolti ed esposti presso il Museo della Scienza di Firenze (cfr. Maria Luisa Righini Bonelli, Il Museo di Storia della Scienza a Firenze, Milano, Electa, 1968). Segnerj stesso " s'interessava assai di orologi " (Vigenio Soncini, II p. Paolo Sei gneri [1624-94] nella storia dei Farnese a Parma, cit., p. 150 nota 2). Sull'interesse di Cosimo per la Cina, cfr. anche le lettere n. 55 (Firenze, 17 dicembre 1685 [?], p. 45), n. 56 (Firenze, 17 dicembre 1685 [?], p. 46), n. 59 (Firenze, 25 dicembre 1685 [?], p. 47), n. 162 (Firenze, 11 novembre 1689 [?], p. 126), n. 331 (Roma, 12 novembre 1694, p. 321); una mascherata del carnevale fiorentino del 1704 rappresentava " il Re della China e la sua Corte "con infinite nazioni" " (Giuseppe Conti, Firenze dai Medici ai Lorena, cit., p. 108). Sul gran trattamento riservato a Palazzo Pitti ai missionari che arrivavano dall'Asia, cfr. Harold Acton, The last Medici, cit., p. 194.
200 - Cfr. la lettera n. 77 (Firenze, 10 febbraio 1686, p. 62), con la quale Segneri invia a Cosimo cinque copie di " un'Immagine di San Francesco Saverio disegnata da Ciro Ferro ". Ciro Ferri era allievo del famoso Pietro da Cortona, e aveva lavorato con il maestro agli affreschi e alle decorazioni di Palazzo Pitti, intorno al 1659, mentre ancora regnava il granduca Ferdinando II, padre di Cosimo. Nel 1679 Ciro Ferri disegnò il frontespizio per la prima edizione del Quaresimale, che fu poi realizzato dall'intagliatore Cornelio Bloemaert: cfr. la lettera n. 5 al Duca di Parma (Firenze, 23 aprile 1679), in Vigenio Soncini, lì p. Paolo Segneri (1624-94) nella storia dei Farnese a Parma, cit., pp. 110-11 (su Ferri e Bloemaert, cfr ibidem p 111 nota 5).
201 - Cfr. la lettera n. 180 (Sanremo, 18 maggio 1690, pp. 136-37).
202 - Cfr. le lettere n. 18 (Firenze, 2 novembre 1683, p. 18), n. 64 (Firenze, 2 gennaio 1686, p. 50). Il cacao e la cioccolata erano a quell'epoca ancora una novità, essendo entrati nel costume popolare da non molto. In Italia la cioccolata era stata fatta conoscere da Emanuele Filiberto di Savoia, dopo il 1577 (cfr. Gianni Mura, C'era una volta il cioccolato, in " la Repubblica ", 23 ottobre 1997, pp. 1, 15), ma a Firenze era stata introdotta solo nel 1668, e " aveva preso gran voga" appena negli anni '90: cfr. Giuseppe Conti, Fireme dai Medici ai Lorena, cit., p. 380.
203 - Segneri, molto malato, ne fa richiesta a Cosimo, per " aggiustare lo stomaco ", e specifica che i vini toscani li preferisce " non [...] punto gagliardi, ma bensì leggieri, amabili, ed abboccati " (n. 330, Roma, 6 novembre 1694, p. 320); il pronto arrivo di abbondante " vino eletto " è preannunciato e poi notificato nelle lettere successive, n. 331 (Roma, 12 novembre 1694, p. 321) e n. 332 (Roma, 20 novembre 1694, p. 322). Sull'episodio, cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri d. C. d, G. al Gran Duca Cosimo III. tratte dagli Autografi, cit., p. 468. Litta ricorda che Cosimo " studiava ogni modo di aver vini rarissimi, co' quali era vano di regalare le persone più distinte " (Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., P- XX; conferma questa abitudine Harold Acton, The last Medici, cit., pp. 188, 193); Litta aggiunge che solitamente Cosimo spediva in dono, insieme ai " fiaschi ", una copia del Vocabolario della Crusca (Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. XX).
204 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p. 351.
205 - Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit., p. XL; cfr. anche ibidem, p. LVIII.
206 - Dante Biagiotti, Il padre Segneri in Valdinievole, cit., p. 52.
207 - " II suo carteggio con Cosimo III ce lo mostra altresì cortegiano accorto, sempre però per gl'interessi religiosi " (Disegno storico della Letteratura Italiana, Firenze, Sansoni, 1902, p. 180). Citato anche da Dante Biagiotti (Il padre Segneri in Valdinievole, cit, p. 52), il quale ha giustamente colto nel giudizio del Fornaciari qualcosa di più del solito accenno ai giochi di potere, dato che lo definisce " sereno ".
208 - Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, cit., pp. 453, 455.
209 - Non è più che un semplice complimento quello al quale si limita Furio Diaz, quando definisce Segneri " più elastico del bigotto granduca " (Il Granducato di Toscana. I Medici, cit., p. 494).
210 - Commenti e informazioni riguardanti la politica italiana e quella europea si incontrano con una certa frequenza nelle lettere di Segneri a Cosimo: per evidenti motivi di spazio riservo il loro esame ad un prossimo lavoro.
211 - " Segneri raccomanda a Cosimo la simulazione, nel trattare con un altro religioso: " avendo V.A. tanta confidenza e comunicazione col Padre Serra, può parere strano che a lui non abbia partecipato niente il suo desiderio. Però rimetto al suo giudizio, se le par bene dargliene qualche cenno in simil tenore, o non glielo dare. Se glielo da, la prego a parlar come di desiderio nato in cuor suo, non come suscitato da altri" (n. 12, Firenze, 17 febbraio 1683, p. 13; corsivo mio). Per una situazione simile, si veda anche la lettera n. 94 (Firenze, 14 maggio 1686, pp. 76-77), in cui Segneri sottopone all'approvazione di Cosimo la risposta che egli ha scritto a proposito di una questione che rimane oscura, e consiglia al Granduca di fare in fretta, per tenere celata tale consultazione: " Se questa [risposta] è buona, o con poca correzione è abile ad esser tale, V.A. può rimandarmela così corretta, che io la invierò questa sera, per mostrar di parlare da me medesimo " (corsivo mio); casi analoghi riportano anche le lettere n. 195 (Roma, 7 aprile 1691, p. 154), n. 196 (Roma, 14 aprile 1691, pp. 154-55). Per i " raggiri ", cfr. la lettera n. 78 (Firenze, 12 febbraio 1686, p. 63): " Resta una difficultà, ed è che il favore si potrà ricevere, e non si potrà dire, per non pregiudicare a quel fine che muove V.A.S. a farlo con quel raggiro di cui sarà mezzano il Mannucci ". Sarebbe moralistico criticare per questi episodi del tutto secondari il Gesuita, o far rimarcare a suo carico le pubbliche professioni contro un comportamento siffatto: nella cultura controriformista sono l'intenzione e il fine che determinano il valore morale di un'azione, specialmente quando l'azione ha un risvolto politico (cfr. Victoria Kahn, Machiavellian rhetoric from the Counter-Reformation to Milton, cit., pp. 90-92, 163). Simulazione, dissimulazione e riserva mentale sono oggetto di discussione continua nella casuistica tra Cinque e Seicento, e sono spesso collegati alla prassi della ragion di Stato: cfr. ibidem pp. 65-67, 90-92, 267 nota 22.
212 - Una superficiale discussione dei legami tra il pensiero politico di Segneri e le idee di Machiavelli e Boterò si trova in Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit, pp. 88-96. Nel caso di Boterò, però, Marzot nota solo " qualche superficiale riscontro " tra lui e Segneri (ibidem, p. 89), e, quanto a Machiavelli, Marzot è troppo impegnato a difendere la validità del suo sistema filosofico (e la purezza originaria, contro le distorsioni del machiavellismo), per poter considerare la possibilità di un travaso di contenuti e di impostazione che arrivi fino a Segneri (ibidem, pp. 90, 91-92). In conclusione, Marzot si dichiara convinto che Segneri " non era né per Machiavelli né per Boterò " (ibidem, p. 90); solo che non si trattava per il Gesuita dì prendere posizione a favore dell'uno o dell'altro, quanto di rielaborare e far propria (nel contesto della prassi quotidiana) la lezione di entrambi, un'alternativa che Marzot scarta già in partenza, nel-Yincipit del capitolo in questione, quando afferma che le " idee politiche " di Segneri non erano " né molte né originali " (ibidem, p. 89).
213 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p. 351: alla "maliziosa ragion di stato" e ai "malvagi consigli" Segneri contrappone " le ragioni sincere della giustizia "; di " ragioni di stato " si parla anche a p. 358. Su tale predica e " la machiavellica ragion di stato " cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., pp. 91-92. Anche nella lettera n. LVI, al P. Gio. Paolo Oliva generale, Roma (Missioni di Brescia, 4 giugno 1676), Segneri ammette che una sua missione è stata definita " contraria alla buona ragion di stato " da " qualche nobile veneziano ", a causa del consueto problema degli " eccessivi concorsi " (Paolo Segneri, Opere, volume IV, Lettere varie, cit., p. 418). Un intero paragrafo fall"1 Incredulo senza scusa è dedicato alla ragion di Stato, che apre la strada all'ateismo: cfr. L'incredulo senza scusa. Opera di Paolo Segneri della Compagnia di Giesù Dove si dimostra Che non può non conoscere quale sia la vera Religione, chi vuoi conoscerla, In Firenze, Nella Stamperia di S.A.S., MDCLXXXX, parte II, capo XIII, par. III, pp. 318-20. (Queste pagine dell'Incredulo senza scusa sono sufficienti per Marzot a smentire ogni serio legame ideologico tra Segneri e Boterò: cfr. Giulio Marzot, Un classico della Controriforma: Paolo Segneri, cit., pp-90-91.)
214 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p. 352; cfr. anche ibidem, p. 359. Un tema simile è discusso nel Ragionamento duodecimo del Cristiano instruito, intitolato II Peccato fa l'huomo misero ancora temporalmente: Segneri si impegna a dimostrare che non giova fare il male per ottenere il bene (Paolo Segneri, Il cristiano instruito nella sita legge, Parte II, cit., pp. 159-75).
215 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p.354.
216 - Ibidem, p. 352. Nella stessa accezione politica il termine " arte " e il suo plurale " arti " ricorrono più volte nella predica: cfr. ibidem, pp. 352, 353, 355. 359; per altri esempi simili, cfr. Paolo Segneri, Prediche dette nel Palazzo Apostolico, cit., pp. 68, 233, 234.
217 - Quaresimale del Padre Paolo Segneri della Compagnia di Gesù, cit., p. 359.
218 - Non dubita della frequentazione di Machiavelli da parte di Segneri e dei suoi confratelli l'anonimo autore del pamphlet della Casanatense scoperto da Marucci: " del Macciavello non vi è dubbio nella Compagnia, perché hanno giurato in verbum sui magistri " (cfr. Valerio Marucci, La teologia dell'invettiva: una pasquinata contro Paolo Segneri, cit., p. 92).
219 - Cfr. le lettere n. 216 (Calice, 24 agosto 1691, p. 176), n. 256 (Roma, 25 ottobre 1692, pp. 228-29), n. 257 (Roma, 1 novembre 1692, p. 231), n. 260 (Roma, 15 novembre 1692, p. 236), n. 261 (Roma, 22 novembre 1692, p. 237), n. 262 (Roma, 29 novembre 1692, p. 239), n. 263 (Roma, 6 dicembre 1692, p. 240), n. 264 (Roma, 13 dicembre 1692, p. 241), n. 267 (Roma, 27 dicembre 1692, p. 245), n. 328 (Tivoli, 25 settembre 1694, p. 319). Il padre Baldigiani è rammentato anche nella lettera n. 319 (Roma, 14 marzo 1694, p. 307). Un manoscritto della Biblioteca Nazionale di Firenze (II, V, 125) contiene numerose lettere di Cardinali e nobili italiani e stranieri, indirizzate al Baldigiani fra il 1695 e il 1699 (cfr. Giuseppe Mazzatinti e Fortunato Pintor, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, voi. XI, Firenze (R, Biblioteca Nazionale Centrale, Forlì, Luigi Bordandini, 1901, p. 138): una riprova che l'interessamento di Cosimo era qualcosa di più di un occasionale slancio di carità. Sulla curiosità di Cosimo per gli usi e costumi delle nazioni europee, cfr. Harold Acton, The last Medici, cit., p. 192.
220 - Cfr. Giovanni Botero, Della ragion.di stato, cit.: un attento esame della questione si trova in Gianfranco Borrelli, La necessità della congiura nelle scritture italiane della ragion di Stato, in " Bollettino dell'Archivio della Ragion di Stato ", 2 (1994), pp. 75-86.
221 - Si consideri ad esempio quello che Fidel Castro ha dichiarato nel novembre del 1997 dì fronte a settanta rappresentanti delle chiese evangeliche cubane: " Se la crescita delle chiese significa che le persone fanno propri Ì valori religiosi: non rubare, non uccidere, questo può solo far bene alla società " (Pax Christi denuncia " Cuba isola degli abusi ", in " La Repubblica ", 29 novembre 1997, p. 18). E risale a poco tempo fa la polemica sugli : interventi del Papa e dei Vescovi contro la condotta del governo Prodi in materia di politiche per la famiglia: cfr. Giorgio Bocca, Non siamo una terra di missione, in " La Repubblica ", 29 giugno 1998, p. 1. |