Un Gesuita, un intellettuale quarantenne che è già predicatore famoso, che padroneggia, assieme a un'ampia cultura devota, una non minore, approfondita conoscenza della cultura classica; che ha fatto l'insegnante di grammatica nei collegi dell'Ordine e che più tardi, nell'ultimo quindicennio della sua vita, darà prova di competenza e rigore in opere di istruzione devota, riflessione morale, dottrina e polemica teologica, mentre pur attende a organizzare la politica culturale - e forse la politica tout court - del Granducato dì Toscana e partecipa con vivacità inesausta ai problemi teorico-pratici della Compagnia e alla sua raffinata diplomazia internazionale;(1) quest'uomo, questo dotto, attorno al 1665 e continuatamente fino ai primi anni '90, condusse missioni rurali(2) meglio, ne inventò la forma, ne curò l'organizzazione, le condusse e le perfezionò con un'attenzione acuta e protratta che basta da sola a negare una funzione marginale o secondaria delle missioni stesse nell'ambito di una pratica di vita intellettuale, come quella di Paolo Segneri, che nella sua vastità e varietà di intenti e di intraprese appare però sempre riconducibile a un nucleo definito e certissimo di valori forti, di obiettivi determinati.
Da molti decenni la Compagnia di Gesù inviava in missione - 'quella "classica", in terre da cristianizzare oltremare - i suoi figli migliori, i più solidi nel fisico e nella dottrina, i più consapevoli della necessità primaria di essere elastici e fermi, sicuri negli obiettivi e genialmente creativi negli strumenti: ma perché in Italia? Non era forse questa terra cattolica, non vi erano forse stati sradicati per sempre i polloni d'eresia che erano nati dalla crisi del secolo precedente? Chi poteva aver bisogno di missioni, in Italia?
Eppure, chi avesse bisogno di educazione cattolica in Italia risalterà con evidenza qualche decennio più tardi agli occhi di Francesco di Geronimo,(3) evangelizzatore delle campagne meridionali chiuse ai missionari secenteschi dalla colonizzazione spagnola e dall'Inquisizione di Spagna, gelosa delle proprie prerogative: i bovari illetterati delle colline dietro Battipaglia, interrogati su chi fosse Dio, davano risposte di tipo animistico - il cielo, il sole - o addirittura identificavano un dio nel missionario, così diverso da loro e dalla loro vita.
Le campagne non saranno certo state tutte in quest'estremo di deficit culturale indotto e aggravato dalla crisi economica nazionale che percorre il secolo; ma certamente le campagne e le montagne del centro-nord, fuori dalle ordinarie vie di comunicazione, prive di servizi e di scuole, depresse da una condizione economica agghiacciante sulla quale nessuno Stato o Staterello riesce a intervenire, mentre le produzioni agricole si sviliscono, cresce il pascolo brado e diminuiscono gli abitanti, non dovevano trovarsi in condizioni molto migliori.(4)
Anche la Chiesa e la sua cultura, nell'Italia delle città, è cittadina; come lo Stato, le cui ordinanze e " grida " cessano di aver valore fuori delle mura e lontano dalla portata degli sbirri, la rete delle parrocchie rurali, spesso poverissime, talvolta abbandonate a se stesse, non basta a raggiungere una popolazione ancora numerosa e dispersa, vittima delle peripezie di una lenta consumazione neo-feudale.
Ecco allora l'idea della " missione ": non stabile luogo fisico di occupazione-evangelizzazione, come nelle Terre d'Oltremare, ma itinerante, intenso cammino di risveglio dei valori della fede, della pratica della vita cristiana. Otto giorni, al più dieci: un campo base in un centro maggiore, visite lampo, in genere processionali, alle località viciniori dotate di chiesa; la sera e la mattina, predica e/o processione, accompagnata da canti corali, il pomeriggio, confessioni, istruzioni al clero locale, colloqui miranti al patteggiamento di faide e liti o a più precise indicazioni a proposito di locali necessità, fornite da informatori attendibili. Per fare tutto questo, un predicatore, un aiutante - con funzioni precipue di confessore - e la collaborazione del clero stanziale e delle eventuali congregazioni o confraternite.
Nei cinque o sei mesi in cui le strade sono ben praticabili si possono condurre una quindicina o più di queste missioni: durante l'inverno, mentre si attende ad altro, si può organizzare la campagna missionaria successiva.(5)
La formula segneriana, apparentemente così semplice, ottenne lo sterminato successo che tutti sappiamo e che tutti i biografi, da subito, ci segnalano, e aprì la strada a una maniera di pastorale che ha avuto ed ha vita ininterrotta presso svariati ordini religiosi: per i Gesuiti, che presto seguirono l'esempio di Paolo, costituì sempre un modello di riferimento e un termine di paragone inarrivabile quanto esemplare.(6)
Che gli Stati secenteschi e le diocesi vescovili abbiano accolto con soddisfazione e consenso l'iniziativa segneriana, lasciandoci univoche testimonianze di esaltazione e di lode, sì capisce facilmente: gli uni, incapaci di gestire non dico una " politica sociale ", ma spesso la più ovvia politica interna, ben contenti che qualcuno si prendesse carico dell'educazione delle masse ai valori del lavoro, della famiglia, del rispetto dell'autorità e delle leggi morali; le altre in genere soddisfatte che le misere reti dei loro pescatori d'anime fossero rinforzate, irrobustite da una fiammata di devozione convinta, austera ma affascinante.
Ciò che può stupire di più è l'autentico successo della missione rurale presso i suoi destinatari, esempio raro di efficace accostamento alle masse più indotte da parte di un intellettuale riconosciuto e apprezzato dalle élites culturali del suo tempo: il concorso di folla è enorme, le prenotazioni e le richieste sono così tante che Segneri non può soddisfarle neanche in più anni; mucchi di dadi, di carte da gioco, di " vanità " vengono regolarmente bruciati in ogni tappa, faide antiche, incanaglite dai puntigli e dall'" onore " secentesco, si esauriscono durevolmente.(7)
Non è esagerazione dei biografi, se è vero che uno di questi, Gian Pietro Pinamonti,(8) era stato il suo compagno di missione e sarà uno dei suoi principali continuatori, fino alla morte; se è vero che Segneri fu da quel successo spinto a protrarre la sua attività fino agli estremi della sua salute fisica, e soprattutto se l'Ordine promosse e favorì l'ampliamento e l'incremento dell'attività missionaria in Italia per opera del citato Pinamonti, del nipote di Paolo, Paolo iuniore,(9) del beato Antonio Baldinucci,(10) evangelizzatore specialmente del Lazio meridionale, dalla Ciociaria ai Lepini alla piana di Fondi.
Noi siamo in grado di seguire la fama e la fortuna, ma anche di indagare la struttura della missione rurale segneriana, di valutarne appieno la forza captativa e quindi di misurarne obiettivi, strumenti e finalità non soltanto dalle testimonianze dei biografi, compagni e continuatori, ma anche, fortunatamente e da non moltissimi anni, da una fondamentale attestazione diretta: il manoscritto autografo delle missioni rurali, conservato nell'Archivio della Casa generalizia della Compagnia di Gesù, a Roma.(11)
È un libro, ma certo è un libro sui generis; è un libro da leggersi, si direbbe, per diritto e per traverso, in cui l'impianto in qualche modo tradizionale della scrittura sulla pagina ha subito continue aggiunte, modificazioni, varianti, avvertimenti a se stesso, inserti ed excursus finché il margine e i bordi superiore e inferiore, oramai colmi, non richiedessero un foglio in più o divenissero illeggibili per successive cancellature e ripensamenti.
Non è questa la sofferta testimonianza di un poeta alla ricerca della parola, dell'armonia più sublime o del termine più ricercato e sonoro; è piuttosto il risultato del continuo lavorio di chi vuole fissare sulla carta non solo il testo della predica, ma l'intero programma della missione; e poi modificarlo nel tempo, per adattarlo a nuove situazioni, a pubblici particolari, a effetti speciali, in modo che tutto nella missione sembri spontaneo e tutto sia attentamente, astutamente corrispondente a un programma predefinito.
In una carta iniziale, dopo il titolo dell'opera, Segneri scrive:
I Ragionamenti sono più che lunghi in carta; ma non tutto lo scritto si ha da dire in ogni predica, che non deve passare un'ora. Il molto serve i per provare una spezie in un luogo, un'altra in un altro, per un poco di .,, varietà. La maggior parte di questi ragionamenti è un aggregato di varie spezie e di vari affetti, piuttosto che un discorso ben tessuto. Io giudico che, per convertire popoli nelle missioni, più giovi battere la fantasia e la volontà, che l'intelletto. A priori tanto, e non più. Il far viaggio in una predica con molte ragioni è simile al corso dell'onde nei fiumi: un'onda caccia l'altr'onda; così una ragione caccia l'altra dalla mente di uditori rozzi, che sempre sono i più. Quella Verità, quella massima cristiana più s'imprime in essi, che si va ripetendo con varie spezie sensibili. Un popolo non ci tiene dietro, ci perde di vista, in un discorso non popolare; e parte dalla missione tale, quale è venuto.(12)
Il libro si precisa così non tanto come un libro di prediche, quanto come il luogo di raccolta di possibili prediche, caratterizzate tutte dalla tecnica della ripetizione di concetti semplici e dell'accumulo di " spezie sensibili "; esempi palmari, luoghi dell'evidenza che eccitano la fantasia e stimolano la volontà.
Consigli non dissonanti da questa impostazione, del resto, Segneri rivolgerà ai parroci nella sua più tarda operetta a loro dedicata,(13) polemizzando con la tendenza ad astrarre le " verità utili, ma sottili " e a evitare, rispettando supinamente l'obbligo imposto dall'educazione letteraria, che aborre dalla ripetizione, la pratica della replicazione continua di " Verità fondamentali ": " Lo spianargli [al popolo] la strada si fa col rimuovere dal discorso tutta quell'arduità e tutta quell'altezza che impedirebbegli la pronta cognizione del vero ".
Ma questa linea di disponibilità " popolare ", benché assai netta ed esplicita in Segneri, non costituisce un motivo originale per chi si sia occupato con qualche attenzione di pastorali popolari, dalle iniziative antichissime del Concilio di Tours, via via fino ai predicatori domenicani del Due-Trecento, ai grandi esempi quattrocenteschi di Bernardino da Siena, fino alle polemiche sull'educazione e la partecipazione religiosa delle masse scaturite dalla Riforma.(14) Altrove, mi pare, poggia la forza dell'invenzione segneriana: e questa forza, questa efficacia non va a collocarsi quasi mai nel testo della predica, ma ai suoi margini, nei suoi complementi.
Segneri appare, in abito semplice da penitente, scalzo e con piccolissimo seguito, alle porte del paese centro della missione, la sera, sul far della notte; i popoli, avvertiti da tempo tramite avvisi a stampa firmati dal Vescovo(15) - perentoriamente richiesti dall'organizzatore della missione - e guidati dai loro parroci, gli vanno incontro, cantano il Veni creator, poi una lauda in volgare; subito dopo, il Gesuita si sottrae a ogni familiarità: " [...] dirittamente mi porto alla Canonica, senza parlar con alcuno. Non è questo tempo di complimenti ".(16)
Mentre parla, si aiuta con pochi ma essenziali strumenti: un crocifisso, qualche stampa - almeno un'immagine della Madonna, una del Sacro Cuore di Gesù e una, orribile e paurosa, di un dannato tormentato dai diavoli. Oltre ciò, la fune del penitente, la sferza e un particolare strumento che pare - a detta dei suoi biografi - da lui stesso inventato: lo smagliarino,(17) grosso tappo di sughero incastrato in un recipiente e irto di aghi, corti ma numerosi - più di cinquanta, dice un biografo. Con esso, in determinati momenti della missione, Segneri si batte il petto, aggiungendo alla pena corporale il grande effetto visivo del sangue che scorre abbondante: è il culmine della violenza emotiva richiesto da peccatori troppo ostinati o da famiglie riottose alla pacificazione proposta loro dal missionario.
Segneri non parla mai per più di un'ora, ma, almeno tre volte negli otto giorni, parla di notte, prima, dopo o durante una processione, penitenziale o no, alla luce delle torce, accompagnato e seguito da canti devoti, mentre si raccolgono e poi si bruciano i simboli impuri del peccato.
Il beato Antonio Baldinucci, nei suoi Avvertimenti a chi desidera impiegarsi nelle Missioni (post 1709-1717),(18) ricorda espressamente la pratica delle processioni notturne organizzate da Segneri più di vent'anni prima, sostenendo che " il p. Segneri ricusava quanto poteva quelle Missioni nelle quali non avesse avuto libertà di farle [le processioni] nella forma sua consueta".(19) Mentre era dunque tanto convinto dell'efficacia emotiva della notte - come sfondo necessario agli effetti luministici delle torce, alle grida dei penitenti, ai roghi delle vanità e alle sue suggestive invocazioni - da rinunciare addirittura alla missione, se motivi d'ordine pubblico o difficoltà organizzative gli avessero impedito di strutturarla secondo i suoi piani, egli si preoccupava di non disperdere la concentrazione dei partecipanti e di non mescolare altre emozioni a quelle che voleva indurre: così, vieta la partecipazione alle processioni di figuranti in costume, anche di scene devote tradizionali, e proibisce le nudità durante le penitenze.
Se pacifica liti in pubblico (1112 in Valdinievole, in più missioni, secondo il notarile resoconto del governatore militare di quella regione a Cosimo III),(20) lo fa solo quando è ben sicuro che siano durevoli e non diano scandalo: così, pacifica di preferenza capifamiglia, che assicurano la disciplina dei loro consorti, ma risolve in privato tutte le altre controversie, specie quelle fra sacerdoti e quelle fra donne.(21) Non confessa donne fuori vista di testimoni né parla con loro in privato. Nel complesso, non lascia margini a sorprese per se stesso, mentre ne organizza di continuo al suo pubblico.
La sequenza canto-predica-canto-penitenza-canto, intervallata da istruzioni a bambini o a sacerdoti, a colloqui propedeutici alle pacificazioni, alle confessioni e alle catechesi ordinate dal padre Pinamonti, riempie la giornata dei fedeli "di tensioni convergenti: ma l'emozione straripa quando il missionario, facendo avanzare un gruppo di bambine con mazzi di fiori, chiude la predica sul peccato (VI) rivolgendosi direttamente, ex abrupto, a loro e gridando: " Coltivate per Maria cedesti fiori! "; oppure: " Ditelo voi [alla Madonna], con santa allegrezza, o vergini innocenti: cara Madre, mai vi ho passato il cuore, mai ve lo passerò! ".(22) O quando, commentando le prime parole del Pater, esclama, in persona di Dio: " Padre nostro?! E chi è che mi chiama padre? [...] Non ti contenti di aver bestemmiato il mio nome in quel giuoco? [...] Non ti contenti [...]? ".(23) E si lascia al margine della pagina spazi di nuove sequenze invettive, " conforme le notizie che si ricevono o dai sig.ri curati o da altri ".(24)
Quando descrive la vita dell'uomo - con tipica metafora manierista e barocca - come un mare in tempesta, e addita in Cristo l'unica salvezza, sola zattera per l'uomo in procinto di annegare, annota a lato: " Tengo il Crocifisso disteso e, con decoro, lo muovo come se galleggiasse ".(25) Nel finale della predica Cantra l'impurità (IX) preseleziona un infante, lo pone in vista di tutti e gridando " Bambino/bambina, prendi!", oppure "Candida l'hai da conservare!", oppure ancora " Avrai in premio l'eterna vita in Paradiso, con il tuo Dio, ", lo copre con una bianca veste battesimale. Sotto, scrupoloso, annota: " Un sacerdote, in genocchio sul palco, con modo decoroso tiene sopra una fruttiera o altro recipiente un bianco pannolino ".(26)
In altri momenti organizza perdoni collettivi ai figli posti in scandalo da parte di genitori imprudenti, o fa sì " che i padri e le madri benedicano i figliuoli ".(27) A un tratto, chiede al pubblico: " Si formi qui un coro di vergini! ", e annota di lato come alcune fanciulle vestite di bianco, prima scelte e ammaestrate, debbano allora salire sul palco e cantare: " Lodato sempre sia - il nome di Gesù e di Maria ".(28)
Ho già citato altrove,(29) ma qui giova ripetere, la cura con cui Segneri organizza anche la fustigazione, sua e collettiva, studiando le reazioni dei gruppi alle invocazioni e alle anafore di incoraggiamento: " Questo moto è di maggior commozione ";(30) " È di maggior commozione prima le donne ".(31)
Nella comunione finale, modifica il paesaggio campestre innalzando dietro al palco una scenografia di chiesa e facendo costruire balaustre, come ringhiere d'altare; ad ogni muta che s'accosta per comunicarsi, il Gesuita rivolge brevi e calde allocuzioni, appositamente preparate.(32)
Se, in questo quadro animato di azioni e di espedienti emotivi, la parola sembra assumere addirittura un'importanza secondaria, l'esame ravvicinato del testo e delle sue varianti ci fa scoprire invece un impegno non meno costante alla ricerca di un'oratoria nuova e diversa da quella in cui Segneri è riconosciuto maestro della sua età. Dalla stessa struttura fìsica del manoscritto sembra anzi di poter riconoscere che, ad ogni correzione, variante o innovazione, Segneri faccia un passo avanti nella scoperta di un linguaggio semplice e diretto, nell'uso sempre più frequente di esempi tratti dalla realtà umile dell'ambiente e nell'individuazione specifica, fra gli uditori, di un gruppo d'ascolto " speciale ", di un interlocutore diretto che possa sentirsi, e di fatto sia, personalmente coinvolto nel dialogo pastorale.
Qui, fra rozzi e semplici, non solo si può, ma si deve parlare di cose innominabili nelle chiese cittadine d'Italia: l'aborto, l'infanticidio e la problematica sessuale sono affrontati direttamente, senza troppe perifrasi e fin nei minuti particolari del comportamento:
Padri, madri, intendetemi, e mi basta che voi soli mi intendiate. Come mandate una figliuola semplice, una putta nubile, un figliolo in cui la curiosità è la prima fonte de' suoi peccati, come gli mandate ad assistere ad una bestia? Che sarà a loro maestra d'iniquità? Perché non andate voi, in cui e l'età, e le altre circostanze rendono meno pericoloso un tale oggetto? Perché alla rinfusa unite ne' pascoli fanciulli e fanciulle, senza divisione e di siti e d'armenti? (33)
Vi accorgete, o padre, o madre, che certo modo di vivere in casa, che certa libertà di conversare, di prendere il fresco, apre gli occhi al male negli innocenti di vostra famiglia, e con tutto ciò volete vivere così, volete una libertà sì dannosa?(34)
Co' giovanotti parli, o donna maritata, di oscenità?(35)
Mariti e mogli, che siete legati insieme solamente per rodervi, è questa carità coniugale?(36)
Quella figliuola senza particolare aspirazione di Dio, non deve vivere sempre celibe in casa. O monisterio, o matrimonio: deh, non vi acciechi l'interesse! Non tradite l'anima d'una figliuola per avere una serva stabile senza salario. Come stanno le pecorelle chiuse fra le rete? Tengono il muso rivolto al prato. Regolarmente parlando, come stanno in casa le figliuole nubili? Col cuore, col volto rivolto al prato. Intendetemi bene, o padri: oh, di quanti peccati dovrete rendere conto a Dio!(37)
Che fa il padre in quella casa? Dorme. E la figliuola ov'è? Fa all'amore nell'orto. Ecco il peccato in casa.(38)
Vi raccomando, o madri, i depositi di Dìo che portate nelle vostre viscere. Custoditeli bene. Guai a voi se, per colpa vostra, muoiono non battezzati!(39)
Appare ormai chiaro che la missione segneriana si costruisce, e nel tempo si precisa alla mente del suo stesso inventore, all'interno della complessa categoria della teatralità: anzi, a ben vedere, essa è tutta intessuta di espliciti riferimenti alle strutture portanti della tragicommedia devota, per mezzo della quale i Gesuiti fin dalla prima metà del secolo avevano tentato di concorrere con lo straordinario successo del teatro profano, di esercitare gli alunni dei propri collegi in un intrattenimento " istruttivo " e devoto e di autocelebrare i propri santi e martiri presso il pubblico delle città.(40)
Inizio austero e tragico, svolgimento in forma di peripezia " maravigliosa " e ardua, anche sanguinosa; e scioglimento finalmente felice, fra canti di giubilo e promesse di conferma della ritrovata purezza. Linguaggio diretto, spesso incline a simulare il dialogo, l'appello, la conversazione con tutto o con parte del pubblico presente; movimenti drammatici, innovazione e sovraccarico dei significati della parola tramite continuo e pertinente ricorso a tratti sensibili, visivi e uditivi.(41) Ma Segneri è andato ben oltre i limiti di quel teatro, di tutto il teatro professionale o dilettantesco del suo secolo.
Già Bernardino Stefonio,(42) la più spiccata personalità del teatro gesuitico all'inizio del secolo, aveva ben capito che musica, danza, canto monodico e corale, oratoria ben composta e commovente formano un impasto da cui nessun petto, per quanto ferreo, può salvarsi. Se questi elementi captativi, fusi nella drammaticità sorprendente dell'azione missionaria, escono dal luogo teatrale propriamente detto, se coloro che lì sarebbero stati semplici spettatori divengono attori inconsapevoli, anche se soltanto comprimari, di una grande actio collettiva sapientemente organizzata da un regista che è anche il protagonista, e che paga in prima persona il sacrificio della fatica, delle battiture, dell'autocontrollo sui sentimenti che pur mira a indurre nei presenti, chi potrà resistere, chi non si scioglierà in lagrime, chi non confesserà le proprie colpe e non mirerà al proprio ravvedimento?
Se il teatro secentesco è il luogo magico in cui il concorso delle arti seduce, incanta e intrattiene gli animi su una finzione che simula la realtà, l'azione missionaria è piuttosto una realtà di penitenza e di ravvedimento dai contenuti semplici, assiomatici e ripetuti, il cui significato è indotto tramite l'applicazione estremistica e di massa degli strumenti seduttivi della finzione -- oggi si potrebbe dire, assecondando fino in fondo la " natura " del mezzo di trasmissione. L'importante, come capiranno benissimo compagni e prosecutori dell'opera segne-riana, è che la tensione non venga meno, che tutto proceda secondo le intenzioni verso la massima concentrazione di affetti e di volontà, comunque eccitati: secondo una metafora, a quanto pare, meno ardita di quanto può sembrare - quella con cui Antonio Baldinucci richiama i missionari alla cura organizzativa prima e durante l'actio - " mai scena vota "(43)
Ingannare a buon fine, come sapeva bene già Torquato Tasso,(44) non è colpa; è, anzi, altissimo merito trovare e applicare forme di persuasione che cancellino l'errore e portino alla verità; ed è questo compito precipuo del sacerdote, tanto più se si tratta di un sacerdote che è anche un raffinato intellettuale, cosciente dei problemi dell'educazione popolare quanto del fatto che ogni anima salvata o dannata, di re o di bracciante, è uguale di fronte a Dio.
Sorretto da una fede certa, consapevole tanto della fragilità umana quanto delle cose meravigliose che l'uomo può operare sulla terra, suo transitorio ma ricchissimo regno, Segneri pensa anche al dopo-missione: tornerà, o tornerà qualche suo confratello, dopo quattro o cinque anni; i curati locali saranno nel frattempo stati corroborati dalle sue istruzioni; ma, ancora una volta, il Gesuita vuole esplorare tutte le possibilità insite nell'inedito " protagonismo " delle masse rurali, nella consapevolezza inebriante quanto illusoria dei contadini di essere stati a lungo soggetti e attori della missione. Così, al momento di congedarsi, partono per prime le chiese più lontane,(45) raccolte dai curati sotto gli stendardi delle loro congregazioni, e dal palco Segneri le saluta, chiamandole per nome e additandole agli altri.
Come in un moderno talk show, in cui le vittime del conduttore entrano o escono al suono del loro nome, fra uno scrosciare di applausi, i rurali se ne vanno inorgogliti e festanti, perché l'uomo di Dio ha parlato proprio con loro e a loro, li ha chiamati per nome; e per l'ultima volta si sentono un po' più importanti, al centro dell'attenzione dei loro vicini, attori di un lieto congedo; inconsapevoli di essere, come sempre, ancora agiti, al margine di un meditato foglio, dalla sapiente scenografia devota di Paolo Segneri.
VALERIO MARUCCI
Liceo Santifico Statale Primo Levi, Roma
NOTE
1 - Per la biografia di Paolo Segneri occorre tuttora rivolgersi ai testi antichi, che insistono soprattutto sulla sua attività di predicatore e di missionario: cfr. Giovan Pietro Pinamonti, Lettera al Padre Rettore del Collegio di Firenze sopra le virtù del Padre Segneri, in Paolo Segneri, Opere, Torino, Marietti, 1855, voi. IV, pp. 387 e sgg.; Giuseppe Massei, Breve ragguaglio della vita del p. Paolo Segneri, in Paolo Segneri, Opere, Parma, Pazzoni e Monti, 1701-1720, voi. I, pp. 1-45; Angelo Fabroni, Vitae Italorum doctri-na excellentium, Pisa, 1792, tomo XV, p. 8; Angelo Giovanni Tenoni, Missioni del padre Paolo Segneri nei ducati di Piacenza e di Parma ed affari di essi da lui trattati (1664-1691), in " Rassegna Nazionale ", anno XVII, 16 die. 1895; Dante Biagiotti, II padre Segneri in Valdinievole, in " Bollettino di ricerche e di studii per la storia di Pescia e di Valdinievole ", anno II, fase. II, 4 nov. 1928, pp. 51-58. Moderne notizie biografiche in Daniello Bartoli e Paolo Segneri, Prose scelte, a cura di Mario Scotti, Torino, UTET, 1967, pp. 483-84. Sull'attività missionaria rurale porta qualche nuova luce il mio L'autografo di un 'opera ignota: le missioni rurali di Paolo Segneri, in " Filologia e critica ", anno IV, fase. I, gennaio-aprile 1979, pp. 73-92; su quella politico-diplomatica e teologica degli ultimi anni, ancora il mio La teologia dell 'invettiva: una pasquinata contro Paolo Segneri, in " Filologia e critica ", 1985, anno X, pp. 87-97.
2 - Cfr. il mio L'autografo, cit.
3 - Cfr. Francesco Di Geronimo, Conciones (1702-1712): mss. giacenti nell'Archivio della Compagnia di Gesù, a Roma, segnati OPP. NN. 43 e 46.
4 - La condizione delle classi rurali in Europa fra Cinque e Seicento è ben descritta in Hans Kamen, II secolo di ferro, Roma-Bari, Laterza, 1975.
5 - La prassi organizzativa di Segneri si ricava in prevalenza da Pinamonti, Lettera, cit., pp. 393-97, ma anche da spunti offerti dalle Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, tratte dagli autografi, a cura di Silvio Giannini, Firenze, Felice Le Monnier, 1857.
6 - Lo dimostrano, oltre alle biografie succitate, le tracce residue della predicazione rurale gesuitica postsegneriana in Copia / delle dottrine del Rev.do Padre / Pietro Pinamonti della Comp. ia / di Giesù, fatte sentire / nelle sue missioni / che egli andava prati- / cando, ms. nell'Archivio del Gesù segnato Fondo Gesuitico (Mss. selecta, XX 62); e soprattutto l'opera teorico-pratica di Antonio Baldinucci, Avvertimenti / a chi desidera impiegarsi nelle /Missioni. Il ms. autografo è nell'Archivio del Gesù, segnato OPP. NN 299, e ne esiste pure una.accurata trascrizione calligrafica, che pare di fine Ottocento-primi del Novecento, segnata OPP. NN. 97. A proposito di Baldìnucci e delle sue opere, sarà utile chiarire che il ms. segnato OPP. NN. 96, intitolato Missioni / del Venerabile Padre / Antonio Baldinucci / della Comp.a di Gesù è in realtà la moderna trascrizione, sempre dei primi del nostro secolo, delle Missioni segneriane presentate dal ms. OPP. NN. 211. A qualcuno in passato - e ne restano tracce in un biglietto anonimo inserito tuttora nel ms. segneriano: " ma per me è del r. p. Baldinucci " - deve esser piaciuta l'idea di attribuire quelle Missioni al più giovane beato; ma il confronto grafico del ms. segneriano con l'autografo di Baldinucci (OPP. NN. 299) e con una sua lettera fa cadere quest'ipotesi, del resto già discussa e rifiutata nel mio L'autografo, cit, pp. 76-80.
7 - Cfr. Lettere inedite di Paolo Segneri al Granduca Cosimo terzo, cit, p-LXI, e Giuseppe Massei, Breve ragguaglio, cit., pp. 12-23.
8 - Cfr. le note 1 e 6 di questo capitolo.
9 - Dell'omonimo nipote di Segneri, oltre alle numerose lettere giacenti all'Archivio del Gesù, si veda il ms. 2128 della Biblioteca Casanatense di Roma, che contiene alcune sue prediche.
10 - Cfr. la nota 6. Baldinucci morì il 7 novembre 1717, mentre Pinamonti era morto già nel 1703. Cfr. Ménologe de la Compagnie de Jesus, a cura di p. Elesban De Guilhermy, Assistance d'Italie I, Paris, Schneider, 1893, pp. 717-19 e II, 1894, pp. 473-75.
11 - È il ms. segnato OPP. NN. 211 già citato alla nota 6, intitolato Ragionamenti per le missioni, descritto e discusso a lungo ne L'autografo, cit., pp. 73-80.
12 - Ragionamenti, cit, e. 5r.
13 - Paolo Segneri, Il Parroco istruito, in Opere, cit., pp. 831-906, a p. 832.
14 Sull'atteggiamento generale della Chiesa nei confronti della predicazione popolare, si veda almeno Vittorio Coletti, Parole dal pulpito, Torino, Marietti, 1983, con utili rimandi bibliografici in calce; sulla predicazione domenicana e sugli exempla si veda l’introduzione di Guido Baldassarri (pp.XIII-LX) in Racconti esemplari di Predicatori del Due e Trecento, a cura di Giorgio Varanini e Guido Baldassarri, 3 voli., Roma, Salemo ed., 1993.
15 - Antonio Baldinucci, Avvertimenti, cit.,c. 17v.
16 - Ragionamenti, cit., c. 9r.
17 - Per esso cfr. Giuseppe Massei, Breve ragguaglio, cit., c. XIII, e il mio L'autografo, cit., p. 77.
18 - Cfr. la nota 6. Il ms., diviso in XV capi, discute rapidamente ma con acuto realismo le condizioni umane, fisiche e psicologiche, religiose e organizzative, degli aspiranti missionari, rinviando assai spesso - e in tre capi diffusamente - al modello segneriano.
19 - Ragionamenti, cit, c. I3r.
20 - Cfr. la nota 7. Per una parziale trascrizione di quel resoconto si legga, in questo volume, Quinto Marini, Le biografie di Paolo Segneri, p. 76 nota 34.
21 - Antonio Baldinuccì, Avvertimenti, cit., c. I5r.
22 - Ragionamenti, cit.,cc. 58r e v.
23 - Ibidem, c. 62r.
24 - Ibidem, c. I34r.
25 - Ibidem, c. 74v.
26 - Ibidem, c. 84r.
27 - Ibidem, c. 94r.
28 - Ibidem, c. 102v.
29 - L 'autografo, cit., pp. 84-86.
30 - Ragionamenti, cit., c. 38v.
31 - Ibidem, e. 102v.
32 - Ibidem, cc. 199v-200v.
33 - Ibidem, c. 91v.
34 - Ibidem, c. 88r.
35 - Ibidem.
36 - Ibidem, c. 108v.
37 - Ibidem, c. 137v.
38 - Ibidem, c. 57r.
39 - Ibidem, c. 29v.
40 - Sul teatro gesuitico, utili indicazioni e bibliografia in Franca Angelini, Poesia e letteratura tragica, in La letteratura italiana, dir. Carlo Muscetta, vol. V, tomo II, Il Seicento. La nuova scienza e la crisi del Barocco, Roma-Bari, Laterza, 1974, pp. 203-11; in questo volume, cfr. Lucia Strappini, Esercizi dello spirito: qualche nota sul teatro dei Gesuiti tra fine Cinquecento e metà Seicento.
41 - Sull'impostazione drammatica delle prediche di Paolo Segneri si veda, in questo volume, Davide Conrierì, Sulla struttura del Quaresimale.
42 - Bernardino Stefonio, Crìspus tragoedia, Roma, 1620, prefazione, c. n.n.
43 - Antonio Baldinucci, Avvenimenti, cit., c.8v.
44 - Torquato Tasso, Gerusalemme Liberata, a cura di Lanfranco Caretti, Torino, UTET, 1971, cantoI, ott.3.
45 - Ragionamenti, cit.,c.122r. |